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Autore: Meli_mao    02/08/2020    2 recensioni
Era entrata silenziosamente all’alba, senza che la vecchia Madama Porlyusica la vedesse, perché l’orario di visite non era ancora iniziato. Si era avvicinata a lui con gli occhi gonfi e arrossati, le occhiaie evidenti e i capelli sciolti sulla schiena. Li aveva appena lavati ne era sicuro, perché il profumo del suo bagnoschiuma aveva impregnato l’aria in modo delicato ma deciso, con quella nota di familiarità che lui riusciva a percepire solo con lei.
Gli aveva portato la sua sciarpa portafortuna e teneva in braccio il gatto Happy. Aveva tentennato nel rispondere quando lui le aveva chiesto perché avesse pianto.
“Ero preoccupata per te, buzzurro ingrato!”
"Storia partecipante al contest "Favole di Oggi" indetto da Fiore di Cenere sul forum di EFP".
Una piccola OS intrecciando Fairy tail con l'universo di Harry Potter. A voi i giudizi...
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lucy Heartphilia, Natsu, Natsu/Lucy
Note: AU, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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SANDALO e VANIGLIA

 

Lucy Heartfilia avrebbe ricordato per sempre la sua prima lezione di Astronomia.
Il vento che le scompigliava senza sosta i lunghi capelli biondi; le mani fredde che sfioravano la pietra della torre più alta di Hogwarts; l’odore di lavanda della sua camicia pulita sotto il mantello di lana e le stelle brillanti e lontane nello spazio celeste.
Anche a distanza di anni sarebbe stata in grado di ripetere a memoria le parole che la professoressa Aguria Yukino aveva cantilenato come un mantra, mettendoci la stessa intensità e con lo stesso sguardo acceso dalla passione e inumidito dalla commozione della prima volta.
La verità, che ben pochi avrebbero mai conosciuto, era che per lei quella fu molto più di una semplice materia obbligatoria.
Ogni gradino che saliva per arrivare in cima alla torre era un ricordo sopito del breve tempo che aveva trascorso con sua madre.
Layla che le porgeva il piccolo regalo per il suo quarto compleanno; Layla che le spiegava cosa fossero le chiavi dello zodiaco; Layla che la stringeva con una coperta calda mentre si sedevano ad osservare la Luna insieme; Layla che le indicava come distinguere i pianeti dalle semplici stelle; Layla che le mostrava la costellazione dell’Acquario; Layla che le insegnava a non aver paura della sua magia latente.
E quando finiva la lezione e Lucy chiudeva le tende del suo baldacchino, cullandosi sotto le calde coperte blu notte di Corvonero, era sicura che avrebbe sognato una figura dai capelli biondi come i suoi, con un elegante abito lungo e un sorriso allegro che la abbracciava stretta stretta e le baciava la fronte.
Natsu Dragneel invece era di tutt’altro avviso. Capitano della squadra di Quiddich di Grifondoro, aria sbarazzina e sorriso malandrino, pensava che fosse una tortura dover arrivare fin lassù per scrutare nell’ignoto senza ricavarci nulla di pratico ed utile per le sue giornate.
Saliva di malavoglia, con la mani sprofondate nelle tasche e la cravatta allentata, i capelli rosa ancora umidi dalla doccia post allenamento e la spavalderia tipica di chi nella vita ha sempre contato solo su sé stesso e non ha bisogno di scrutare nelle stelle per scommettere sul futuro.
Lucy lo guardava in cagnesco tutte le volte, scuotendo la testa sconsolata e cercando invano di inculcargli qualcosa in quella che lei definiva ‘zucca vuota’.
“Dici che questa volta almeno ci vedo la mia vittoria nella partita di Domenica?” le sussurrava lui nell’orecchio, sbuffando per la noia.
“Sei un idiota!” riusciva a rispondergli lei prima che la professoressa li riprendesse entrambi.
Erano le uniche volte in cui lui cercava di accompagnarla fino alla torre di Corvonero e lei lo cacciava con rimproveri da pescivendola, irritata per la sua mancanza di tatto nei confronti di ciò che per lei aveva il valore di un tesoro nascosto, senza rendersi conto che il suo ermetismo statico e la sua freddezza a confidarsi rendevano il giovane mago totalmente estraneo ai ricordi seppelliti nel suo cuore.


Si erano conosciuti per caso, nonostante fossero dello stesso anno, ma appartenenti a casate diverse. Frequentavano lezioni comuni, si sedevano quasi sempre a pochi metri di distanza, passavano entrambi le vacanze invernali al castello e in un paio d’occasioni si erano beccati le stesse punizioni in simultanea. Ma non si erano mai rivolti altro che un saluto stentato. Levy si divertiva a definirli due calamite che avevano perso la carica per tanti anni, ma che avevano continuato a ruotarsi attorno attratti da una forza invisibile. Fino a quella mattina di gennaio del sesto anno in cui lui, passando davanti al loro tavolo nella sala grande le aveva lanciato un’occhiata distratta e si era immobilizzato a fissarla trascurando gli amici che lo richiamavano in lontananza.
Occhi verdi, capelli arruffati, si stuzzicava un canino appuntito con la lingua. Lucy l’aveva trovato adorabile, anche se avrebbe preferito la tortura piuttosto che ammetterlo, e aveva cercato di dissimulare l’imbarazzo portandosi alle labbra un cioccolatino caramellato che qualcuno aveva lasciato in una scatola rilegata in blu e bronzo con una dedica per lei.
“Fossi in te non lo mangerei”
L’aveva seguito mentre si sfilava la bacchetta dalla tasca, mentre prendeva un altro cioccolatino al peperoncino fra i tanti e lo annusava con scrupolosa attenzione. Il sorriso di soddisfazione che aveva riempito il suo viso, Lucy lo avrebbe ricordato per sempre, dietro quella nuvola a forma di cuore rosa che si sfumava fra loro e al profumo di sandalo e vaniglia che le aveva riempito le narici.*
“Un filtro d’amore?”
La professoressa Scarlett era giunta fra loro con ancora un piattino di torta fra le mani. Aveva studiato attentamente la scatola sul tavolo e solo dopo un’abbondante forchettata di panna e fragole si era decisa a far lievitare l’oggetto incriminato ed a sparire verso il portone principale.
Non avevano più saputo nulla fino al giorno sequente, quando una ragazzina del primo anno di nome Wendy aveva interrotto la loro comune lezione di Pozioni per chiedere al professore Clive il permesso di portare la signorina Heartfilia dal preside Makarov per discutere dell’accaduto, recitando a memoria ciò che la professoressa Scarlett l’aveva obbligata a dire, con una goccia di sudore sulla fronte per l’agitazione.
E quando Lucy era scesa dalla scala a chiocciola di pietra, con la spalle curve e la sensazione di aver perso ore di vita senza aver concluso niente, Natsu Dragneel era appoggiato ad un muro con le braccia incrociate ad aspettarla.
Erano diventati inseparabili.
Lei lo aspettava in biblioteca dopo gli allenamenti, preparando le lezioni e i compiti che sapeva lui avrebbe supplicato per copiare, e quando tardava Natsu la trovava seduta fuori dalla porta blindata, con i libri impilati su cui poggiava la testa e l’espressione rilassata di chi sta dormendo profondamente.
Se la caricava sulle spalle e gironzolava alla ricerca della strada giusta per la torre di Corvonero, obbligando le sue amiche a farlo entrare di nascosto per poterla lasciare sul divano di pelle blu della sala comune e accertarsi che il camino fosse acceso.
Nelle giornate in cui non potevano uscire all’aperto perché la neve insisteva a cadere senza sosta, lui corrompeva gli elfi delle cucine per un paio di tazze di cioccolata calda e se la bevevano insieme, divertendosi a lasciare a turno sul naso del gatto blu di Natsu ditate di panna montata.
In certi momenti Lucy si chiedeva come mai uno come lui, circondato da amici e persino con una certa nomea fra le ragazze, decidesse di passare così tanto tempo con lei. E tutte le volte Natsu le leggeva negli occhi quel sentimento bislacco di indecisione e dubbio, le cingeva le spalle con il suo braccio muscoloso portandosela vicino al petto e le diceva semplicemente “Noi siamo amici” come se fosse la cosa più ovvia e naturale del mondo e bastasse a spiegare tutto il resto.
Persino Grey, Prefetto di Corvonero, si era rassegnato a veder quella specie di mago ronzare perennemente di fronte alla loro torre e, per quanto tutti dessero per scontato fosse Lucy a farlo, non si seppe mai che le varie parole d’ordine che il rosato azzeccava ogni volta era proprio il moro a passargliele.** Vigeva fra loro una sorta di odio con rispetto. Natsu si prendeva cura di Lucy, distrattamente ma premurosamente, con un sentimento così intenso che nemmeno lui comprendeva e Grey non poteva far altro che essergliene grato. Tuttavia continuò a guardalo con aria cinica e infastidita un po' per abitudine un po' perché anche quello era il suo modo per essergli amico.
Quando arrivava Natale potevano starsene insieme nella sala di Grifondoro a giocare a scacchi magici senza che nessuno notasse i colori della divisa di lei e lui si addormentava sul pavimento di moquette di Corvonero dove lei lo copriva con la pesante coperta di pelliccia che tutte le volte lo faceva svegliare matido di sudore nonostante gli innumerevoli spifferi d’aria fredda.
Per Natsu quelli erano i momenti migliori, i soli che imprimeva nella propria mente affinché ci restassero per sempre, insieme con il profumo insolitamente familiare che accompagnava sempre Lucy e con il suono della sua risata impastata dal sonno quando le portava la colazione il giorno del suo compleanno.
Si appartenevano e si cercavano come due amanti che hanno fatto voto di castità, in un gioco di ruoli che li divertiva e spaventava allo stesso tempo.
Ma se Natsu avvolgeva Lucy con il suo calore e la sua allegria, raccontandole ogni pensiero, ogni rancore, ogni aneddoto, lei filtrava i sentimenti per paura della loro intensità, e si ritrovava a raccontare della sua infanzia smussando fatti e persone, modificando questo e quest’altro, in un gioco di prestigio così intricato che spesso si contraddiceva da sola senza che lui se ne accorgesse, perché Natsu l’ascoltava a tratti, perdendosi nel suono della sua voce e nei suoi sospiri al sapore di cioccolata.


Quasi un anno dopo, quando le vacanza estive erano imminenti e il giovane mago cominciava a lasciarsi invadere dal cattivo umore e dalla fiacchezza, agitato da un’ansia da prestazione pre-esami e sfogliando volantini alla ricerca di un lavoro sicuro dopo il diploma, Lucy sparì per un giorno intero con un permesso speciale del Preside.
Natsu l’aveva cercata per la scuola fino ai margini della foresta, in tutti i bagni per ragazze e negli spogliatoi, rassegnandosi a sedersi ai piedi della scala a chiocciola che portava alla torre per aspettarla, con gambe e braccia incrociate e gli occhi chiusi per la stanchezza.
Solo quando il sole cominciò a tramontare e i ritratti appesi iniziarono a preoccuparsi di lui credendolo pietrificato, Natsu si scosse quando Grey lo colpì in testa con un libro di trasfigurazioni.
“Che diavolo ci fai ancora qui, idiota?”
I due maghi si squadrarono in cagnesco per qualche attimo, indecisi se prendersi definitivamente a pugni o meno, ma il moro sbuffò insoddisfatto troncando la tensione fra di loro.
Si lasciò scivolare contro il muro fino a sedersi accanto all’altro e restò qualche secondo in silenzio, riflettendo su ciò che fosse meglio fare con quel mago agitato e impacciato che sarebbe stato lì ad aspettare tutta la notte per capriccio personale.
“Lucy non tornerà prima di domani mattina” disse infine, rilassando i muscoli e l’espressione.
“Tu cosa ne sai?”
“Oggi è l’anniversario della morte di sua madre… si assenta tutti gli anni in questa data” guardò di sbieco l’espressione stralunata del Grifondoro, senza riuscire a decifrare il misto di stupore, rabbia, delusione che gli attraversava lo sguardo.
“Non ne sapevo nulla” emise debolmente, stringendo i pugni sulle ginocchia.
Stava cercando di ricordare l’anno precedente, quello stesso giorno, ma non si ricordava di essere mai stato lontano da lei così a lungo. Il moro parve leggergli nel pensiero e sorrise lievemente.
“L’anno scorso eri mezzo morto in infermeria, dopo la partita coi Serpeverde. Lucy è rimasta accanto al tuo letto per due giorni e due notti fino a quando non hai ripreso conoscenza e solo dopo si è resa conto di essersi dimenticata di sua madre. Ha pianto per ore...”
Natsu spalancò gli occhi invaso da un ricordo lontano.

Era entrata silenziosamente all’alba, senza che la vecchia Madama Porlyusica la vedesse, perché l’orario di visite non era ancora iniziato. Si era avvicinata a lui con gli occhi gonfi e arrossati, le occhiaie evidenti e i capelli sciolti sulla schiena. Li aveva appena lavati ne era sicuro, perché il profumo del suo bagnoschiuma aveva impregnato l’aria in modo delicato ma deciso, con quella nota di familiarità che lui riusciva a percepire solo con lei.
Gli aveva portato la sua sciarpa portafortuna e teneva in braccio il gatto Happy. Aveva tentennato nel rispondere quando lui le aveva chiesto perché avesse pianto.
Ero preoccupata per te, buzzurro ingrato!”
Ma Natsu sapeva che stava mentendo. Non aveva insistito, l’aveva obbligata ad avvicinarsi e le aveva sfiorato la testa con un gesto d’affetto così intimo che si era lui stesso sorpreso dell’effetto che aveva avuto su entrambi.
Era tornata la sera tardi, quando tutti gli altri se n’erano già andati, con una tazza fumante di cioccolata e un odore nuovo appena percepibile. Lui non aveva fatto domande, accontentandosi del suo sorriso sereno e degli occhi marroni finalmente tranquilli. Si era sdraiata accanto a lui, lasciandosi cullare dal movimento regolare del suo torace, e gli aveva sussurrato debolmente di raccontarle come era andata la giornata. Lui l’aveva fatto, elencando tutte le persone che erano passate a trovarlo, lasciandosi abbracciare dalle mani fredde e sottili di lei mentre la cioccolata bollente gli bruciava il palato.
Erano a casa, il resto all’esterno non avrebbe mai potuto dar loro di più.


“Sono un idiota” Grey trattene a stento una risata, limitandosi ad annuire.
“Torna alla tua torre… la rivedrai domani!”
Si alzò lentamente Natsu, muovendo le gambe per inerzia senza degnarsi di salutare il moro. Guardò i suoi piedi avanzare sul lungo corridoio in pietra, lasciandosi guidare verso la propria torre dalla memoria.
Eppure qualcosa lo distraeva.
Avrebbe voluto ignorare il tutto, infilarsi nel suo letto ad osservare il cielo dalla finestra sopra al comodino e litigare con Gajeel per la temperatura troppo alta della camera. Tuttavia un profumo nostalgico gli solleticò il naso, e la Luna brillante che faceva capolino da una vetrata lo colpì in pieno viso.
Si diede dell’idiota di nuovo, prendendo a correre velocemente. Non ricordava di aver mai fatto quelle scale con tanto desiderio e ansia come quella sera.
Il vento freddo che dalla foresta soffiava verso il lago nero lo colpì in pieno petto non appena la porta si aprì davanti a lui, mentre il fiato del suo respiro pesante rumoreggiava nell’aria.
Lei era lì, in cima alla torre di Astronomia.
Portava il lungo mantello nero con lo stemma sopra al cuore, i capelli sciolti e le mani arrossate appoggiate al parapetto.
Si era voltata spaventata verso di lui, rilassandosi in un sorriso triste subito dopo, mentre la frangia le solleticava il naso arrossato.
“Natsu!” L’aveva sentita sussurrare mentre la sua voce si disperdeva nell’aria.
Il mago si era messo dritto, rallentando il respiro, stringendo i pugni caldi e sciogliendo la paura che per tutto il giorno aveva stretto attorno a lui una morsa di gelo e solitudine.
“Sono uno stupido. Ti ho cercata dappertutto meno che qui!” le si era avvicinato, affiancandola nell’osservazione del cielo limpido sopra di loro mentre la notte calava cupa e silenziosa oltre l’orizzonte. E solo allora aveva notato le scie bagnate sulle sue guance e le ciglia umide sulle palpebre socchiuse.
“Stai piangendo” lo disse con ovvietà, facendola sussultare appena, mentre lei lo osservava un attimo incerta e poi scuoteva il capo esasperata.
“Oggi…” tentò di parlare, di aprirsi con lui, ma qualcosa le bloccava la voce in gola e i pensieri nella mente. Si era imbrogliata in un intricato nodo di bugie ed omissioni ed ora, guardando gli occhi verdi di Natsu davanti a lei, non riusciva a scioglierlo. Aveva paura, l’aveva sempre avuta. Tremava costantemente, ogni volta si accorgeva che quel dettaglio non combaciava con ciò che aveva raccontato la volta precedente, ma lui alzava le spalle, senza porsi nessuna domanda, credendole senza dubbio, riscaldandola nella fiducia indiscussa che riponeva in lei.
Per quello, quando lo sentì dire “Lo so” con semplicità, Lucy si rese conto che non avrebbe potuto fermare le lacrime ancora per molto.
“Grey mi ha raccontato qualcosa poco fa...” lei non parlò, ma un singhiozzo le scappò dalle labbra.
“Anche io ho perso mio padre, quando ero piccolo. Fu il preside Makarov a portarmi a Hogwarts e a trovarmi una casa per le vacanze estive...”
Lei lo osservava in silenzio, beandosi del riflesso delle stelle sulla sua pelle e del suono basso e rauco della sua voce al vento.
Non guardava in alto lui, ma in lontananza, come se scrutasse nel futuro alla disperata ricerca di un obbiettivo.
“La verità è che Igneel non era comunque il mio vero padre. Ma lui mi ha cresciuto, mi ha insegnato tutto ciò che so sulla magia, mi ha riscaldato e amato anche se in me c’era sangue diverso dal suo. Lo chiamavo papà, ed è grazie a lui che ho deciso di non arrendermi mai, di costruirmi il mio futuro e guardare sempre oltre! Lui mi ripeteva sempre che non esiste un percorso semplice per raggiungere i nostri obbiettivi, ma come decidiamo di affrontare la vita ci rende esattamente la persona che vogliamo diventare”
Lo vide socchiudere gli occhi, rilassando l’espressione in un sorriso sereno, perdendosi in un ricordo sepolto nel cuore.
“La vita può essere spettacolare se siamo pronti a correre dei rischi ” le guance gli si imporporarono appena di rosso, mentre con gli occhi lucidi si avvicinò a lei sussurrandole semplicemente:
“Mi dispiace per l’anno scorso”
Ma lei scosse il capo convinta, accennando un sorriso rassicurante, più vicina a lui di qualche passo per poggiare la sua testa sulla sua spalla.
“Mia madre mi diceva sempre che osservare le stelle è come guardare indietro nel tempo, dato che alcune sono così distanti che la loro luce impiega milioni di anni ad arrivare da noi sulla Terra. Così appena potevo mi sedevo alla finestra della mia stanza e guardavo in alto, cercando di leggere nel passato dei miei antenati che da qualche parte avevano vissuto cose incredibili” fece una piccola pausa, lasciandosi abbracciare le spalle dal braccio del rosato e accoccolandosi contro di lui arrossendo lievemente.
“Quando è morta ho pensato di poter leggere nelle stelle tutti i momenti passati con lei, di riviverli come se stessero accadendo ora, per sempre in un mondo senza tempo. Ho preso l’abitudine di osservare la notte sperando di incontrarla di nuovo, un altra volta ancora, e mi sono rifugiata nelle illusioni”.
Lo disse senza prendere fiato, liberandosi di un macigno di paure, ansie, malinconie e incubi che la perseguitavano da troppo tempo.
“Non si può...” fu Natsu a parlare per lei, dando voce al suo stesso pensiero.
“Ora lo so” lo ammise senza pensarci, rasserenandosi improvvisamente.
“L’anno scorso è stata la prima volta che ho lasciato che la mia vita del presente venisse prima del mio passato. Ed è stato merito tuo… anche se ti è costato qualche costola rotta e una trauma cranico” Lo sentì ridere piano “Stare al tuo fianco in infermeria per tre giorni mi ha completamente annebbiato il cervello, in senso buono… ho capito che tutto ciò che davvero conta nella mia vita è in questa scuola, era in quel letto e non avrei mai potuto lasciarlo da parte”
“Ma hai pianto...”
Lucy sfregà appena il capo scontrandosi con la sua camicia.
“Ho pianto davvero per te tutta notte, imbecille… e mentre guardavo il cielo dalla finestra della torre ho visto qualcosa nelle stelle, quello che speravo di vedere ogni volta, ma non ero più la io bambina da sola. Ero con te, con Levy, con Juvia, e mia madre mi sorrideva come non aveva mai fatto prima. Sono andata a trovarla quel giorno, ma per dirle che non avrei più lasciato Hogwarts o i miei amici”
“E oggi?”
“Oggi sono sempre stata qui. Ti aspettavo… lei mi ha detto che saresti venuto”
Restarono cosi, come due ragazzini spaventati che lentamente prendono confidenza, accoccolati l’uno nel calore dell’altro, beandosi del silenzio circostante in cui potevano scorgere i loro reciproci respiri, il soffiare infastidito di Happy che li aveva raggiunti e si muoveva sinuoso vicino alle loro caviglie e la luce tenue dello spicchio di Luna sopra di loro.
“L’anno prossimo verrò con te a trovarla” Natsu lo disse scostandosi per guardarla negli occhi, annuendo convinto di fronte all’espressione di stupore che lei gli dedicò.
“L’anno prossimo avremo un lavoro...”
“E con questo? Io e te staremo insieme per sempre!”
Non c’era ombra di indecisione o dubbio in lui. Stringeva Lucy per le spalle, incatenandola al suo sguardo sincero, scuotendola appena per avere una reazione. Ma quando vide le lacrime bagnare le guance di lei non fu né sorpreso né arrabbiato. Se la portò al petto, accarezzando la sua testolina bionda scossa dai fremiti del pianto, lasciando che si sfogasse contro la sua camicia e che si alleggerisse l’anima.
Dopo minuti interminabili, quando ormai lei si stava riprendendo e le luci della scuola si erano quasi tutte spente sotto di loro, Lucy guardò il compagno pensierosa.
“Che c’è?”
“Il tuo profumo...”
Natsu alzò un braccio per sentirsi l’ascella, storcendo il naso alla risata divertita della maga.
“No, stupido… non quello! Intendo il tuo odore. Sai di… buono” spostò il pesò da una gamba all’altra, evitando di guardarlo in viso.
“Igneel usava su di me un bagnoschiuma speciale quando ero piccolo, continuo ad usarlo per abitudine” sorrise, piegando la testa di lato e portandosi le braccia dietro la nuca, incamminandosi verso le scale.
“Sandalo e vaniglia, lo faccio io… rubo dalla scorta del professor Clive”
Lucy si bloccò, osservando la sua schiena e un improvviso mancamento le risalì dalle viscere fino alle labbra socchiuse.
“Sandalo e vaniglia?” emise debolmente, richiamando appena il rosato che si fermò per osservarla da sopra la spalla.
“E che altro?”
“Segreto professionale!” rispose lui divertito.
“Dai muoviti o ci prenderemo una punizione esemplare questa volta. E non posso saltare la partita contro di voi settimana prossima” un ghigno divertito gli illuminò il viso.
Lucy lo raggiunse con una corsa accennata e il mento alto.
“Questa volta non avrete speranze… vi batteremo sicuramente”
Una risata nell’aria.
“Sei simpatica, dovresti intraprendere una carriera da comica nel mondo babbano”
“Io sono serissima!”
“Si come no, non esiste che mi faccia battere da quell’imbecille del vostro cercatore...”
“Loki non è un imbecille!”
“Dici così solo perché ti muore dietro da anni e ti ha dedicato una vittoria”
“Beh è stato romantico…”
“E’ un imbecille!”
“E tu sei solo geloso”
“Io posso dedicarti la vittoria tutte le volte che giochiamo, perché non perdiamo mai”
“Però non l’hai mai fatto...“
“Lucy Heartfilia morirai d’imbarazzo dopo la dedica che ti farò in mezzo al campo di Quiddich settimana prossima. E ricordati che l’hai voluto tu…”
“Non ti azzardare… Natsu… Ehi aspettami… Natsu!”
 


“C’è qualche problema, professor Clive?”
“Dopo tanti anni puoi anche chiamarmi per nome, Erza”
Il sorriso ammiccante del professore fece rabbrividire la rossa che indietreggiò alla porta pronta a scappare di corsa.
“Ad ogni modo, manca il solito. Olio di Sandalo, Essenza pura di Vaniglia e … certo… sale nero, quello pregiato delle Hawaii”
“Hai idea di chi possa essere?”
“I furti sono cominciati sette anni fa, regolari come un orologio svizzero. Quindi è di sicuro uno studente del settimo anno oramai, e si lava regolarmente… Anzi, dalla frequenza altalenante azzarderei pure che faccia sport...”
“Beh, il fatto che si lavi è comunque positivo…”
“Anche per noi, anche per noi. Inizieremo a spiare gli studenti mentre fanno il bagno. So già dove nascondermi nel bagno delle ragazz...”
Ma uno schiantesimo lo colpì in pieno petto senza pietà.
Erza se ne stava rilassata con la bacchetta appena alzata e un’espressione soddisfatta in viso.
“Limitati ad annusare gli studenti maschi se proprio ci tieni. Se ti vedo vicino ad una studentessa ti spedisco al San Mungo. Sono stata chiara, Gildarts?”
Senza attendere altro si voltò facendo vorticare i lunghi capelli ramati e il mantello, lasciando l’altro ancora a terra, dolorante e inconsolabile.

 

Molti anni prima

Lucy aveva trascinato per l’intero interminabile corridoio del maniero una sedia in legno e pelle. Con un ultimo sforzo indicibile era riuscita a portarla vicino alla vasca da bagno, a salirci tenendo sollevato l’abito rosa ricamato di bianco ed a scivolare all’interno dell’enorme idromassaggio vuoto. Con gli occhi soddisfatti e il sorriso sulle labbra prese a fare qualche passo verso la mensola in pietra su cui sua madre era solita lasciare i suoi sali da bagno.
Allungò la piccola mano e il braccio nell’ennesimo sforzo della giornata, sfiorando con le dita la bottiglia di vetro ad ampolla e spostandola lievemente, continuando ad accarezzarla nel tentativo di tirarla più vicino a sé il tanto necessario da poterla afferrare. Ma fu un attimo: il piede le scivolò dal bordo arrotondato, obbligandola ad attaccarsi alla pietra grezza della mensola per non cadere. Lo scossone fu così violento da are il colpo definitivo affinché l’obbiettivo delle sue fatiche scivolasse verso di lei, ormai totalmente impreparata per afferrarlo, e le cadesse addosso in un miscuglio di gridolini spaventati e rumore di vetri.
La Balia la trovò così, raggomitolata su sé stessa, in un pianto silenzioso, coi capelli unti e il vestito macchiato, mentre l’odore dell’essenza impregnava l’intera stanza.
La tolse dalla vasca, cercando di restar seria e non scoppiare a ridere, portandola nella camera di sua madre anticipandole una punizione incredibile, ma nascondendo un sorriso gentile fra i suoi capelli biondi schiacciati contro il proprio petto mentre si stringeva a lei, fragile e dispiaciuta.
Layla aveva scambiato uno sguardo di complicità con la donna, facendo spazio a sua figlia accanto a lei mentre ancora tirava su col naso.
L’aveva lasciata piangere per minuti interminabili, con pazienza, accarezzandole i capelli unti con un banno bagnato, pulendole il naso gocciolante e gli occhi gonfi.
“Cosa stavi cercando di fare, Lucy?”
“Io volevo solo essere come te, mamma”
Layla aveva riso allegramente, alzandosi piano per andare a prenderle un abito pulito dall’armadio.
“Pensavi che usando il mio profumo saresti stata come me?”
Le si era avvicinata con un sorriso rassicurante, inginocchiandosi davanti a lei e sfiorandole le ultime lacrime con le dita.
“Non è necessario. Sei già così simile a me, piccola mia”.
Per un attimo Lucy notò un velo di tristezza passarle nello sguardo.
“Tu non devi assomigliare a nessuno Lucy. Devi essere solo tu, unica e irripetibile. Perfetta esattamente così”.
L’aveva abbracciata stretta, baciandole le guance con enfasi.
“Ti dirò un segreto” Le sussurrò dolcemente “Il giorno in cui scelsi il mio profumo fu anche lo stesso giorno i cui incontrai tuo padre”
Gli occhi della piccola maga si illuminarono all’improvviso, fissando sua madre con curiosità.
“Eravamo entrambi a scuola al tempo. Avevo perso mesi interi a cercare la fragranza che mi rappresentava come compito extra di Pozioni. E alla fine, quando finalmente ci riuscii, scoprii che anche tuo padre aveva usato le stesse dosi e gli stessi ingredienti. Avevamo lo stesso profumo”
Layla scoppiò di nuovo a ridere, persa in un ricordo di felicità e innocenza, tanto da dimenticarsi per un attimo di sua figlia che la osservava ancora con l’emozione in gola.
“Faremo così, ti aiuterò a creare la tua fragranza. E sarà solo tua, ti va?”
“Mia e della mia anima gemella, proprio come te e papà?”
Layla quasi non si strozzò con la sua stessa saliva, ma alla fine annuì poco convinta.
“Ricordati, deve essere esattamente quella…” concesse divertita.
L’avrebbero scelto insieme, come ultimo momento di complicità fra madre e figlia. E sarebbe stato il suo modo per augurarle una vita di meraviglie, proteggendola come un incantesimo antico, in modo che colui che avrebbe condiviso il suo futuro avrebbe dovuto condividere anche il suo spirito.

 

Quaranta percento estratto di olio di Sandalo dell’India, affinché ti doni serenità e saggezza; quaranta percento essenza di Vaniglia del Messico, affinché tu possa conservare la tua dolcezza; e un venti percento di Sale Nero delle Hawaii, perché tu sia sveglia, curiosa e con quel pizzico di pazzia necessaria per visitare il mondo.

 

 

*L'Amortentia ha un odore diverso per ogni persona che lo sente, secondo le fragranze che gli piacciono di più, anche se la persona non si rende conto che la fragranza le piace. Solitamente la persona sente l'odore del soggetto che l'attrae di più, o di cui è innamorata. Può essere aggiunta anche a cibi o bevande senza che la vittima se ne accorga. Fonte harrypotter.fandom.com
**Come viene detto nella saga, l’entrata alla torre di Corvonero non è sorvegliata da un dipinto, ma ha solo una porta priva di serratura. Per oltrepassare bisogna rispondere correttamente all’indovinello posto dal batacchio di bronzo della porta stessa.

 

NOTE.

Questa storia partecipa al contest "Favole di Oggi" indetto da Fiore di Cenere sul forum di EFP.
Pacchetto 4. Frozen.
Prompt: magia
Obbligo: inserire un missing moment dell'opera originale in una AU.
Citazione: "osservare le stelle è come guardare indietro nel tempo, dato che alcune sono così distanti che la loro luce impiega milioni di anni ad arrivare sulla terra."


Solo due piccole cose:
La scelta di Corvonero per Lucy è stata dettata soprattutto dalla frase stessa se non dal suo passato. La sala comune infatti è sovrastata da una bellissima volta raffigurante il cielo notturno con stelle in bronzo, senza contare che il color blu mi sembrava altamente azzeccato per lei. Così come Levy e Juvia penso che anche Lucy sia dotata di spiccata intelligenza e passione per studio e scrittura, doti che me l’hanno fatta interpretare come una possibile secchiona ad Hogwarts. Discorso diverso per Natsu. Lui è un Grifondoro.

Missing Moment come penso si capisca è l’anniversario della morte di Layla. Ho pensato che nel manga sia molto snobbato, ma che per Lucy abbia un significato oltremodo importante e triste e mi piaceva potermi soffermare sul suo affrontare la giornata prima e dopo Natsu.
Ho cercato di rispecchiare quanto più fedelmente possibile il loro primo incontro, che mi sono divertita a immaginare all’interno della scuola di magia. C’è sempre un filtro d’amore, anche se in tema potteriano. Spero che la cosa sia apprezzata anche da voi.
Per rendere l’AU un po' più eterogeneo, passatemi il termine, ho cercato di far apparire anche altri personaggi, per quanto alcuni solo di sfondo. Mi piaceva l’idea di inquadrarli all’interno del mondo magico. Non nego che immaginarmi altri capitoli con loro continua a stuzzicarmi molto, come idea.


Credo di aver detto tutto.
Grazie di cuore a chi leggerà e commenterà, come sempre.
Un ringraziamento alla Giudice per il bellissimo contest, fonte di grande e nuova ispirazione.
Al di là di ogni risultato spero ci sia un sorriso sulle vostre labbra dopo la lettura.
A presto,
Meli_mao

   
 
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