Film > Frozen - Il Regno di Ghiaccio
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Autore: Feisty Pants    02/08/2020    1 recensioni
Elsa e Anna sono due sorelle di 27 e 24 anni alle prese con le proprie vite e i propri impegni. Elsa è sposata e vive la sua vita con le scatenate figlie gemelle di 7 anni. Anna, invece, è prossima alla laurea e a dire sì a un futuro roseo e carico di amore che ha sempre sognato fin da piccola.
La vita, però, non è una favola. Entrambe le sorelle vivranno dei momenti di crisi della quotidianità e, per colpa di incidenti e imprevisti, dovranno fare i conti con la cruda realtà.
Genere: Drammatico, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anna, Elsa, Kristoff, Nuovo personaggio
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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CAPITOLO 25

“Dici che posso entrare veramente? Ma fa male? Cosa ti fanno?” chiede agitato Kristoff dopo aver parcheggiato all’ospedale, pronto ad accompagnare la moglie alla sua prima ecografia.

“Amore…calmati. Non fa male, almeno questo…il resto farà male quando sarà il momento” risponde Anna alzando gli occhi al cielo e prendendo per mano il marito.

“Bene Anna, sdraiati pure sul lettino e solleva la maglietta” afferma la ginecologa accendendo il monitor per l’ecografia.

La ginecologa prepara tutti gli attrezzi del mestiere e, dopo aver applicato il gel sul grembo ancora piatto di Anna, comincia a scrutare lo schermo per analizzare la situazione.

“Si vede che è il primo figlio” commenta il dottore sorridendo, essendosi accorta di Kristoff impegnato a far tremare le gambe e mangiarsi freneticamente le unghie.

“Sì esatto” ride Anna dopo un lungo sospiro, anche lei emozionata e agitata.

“Va tutto benissimo. Il bambino per ora è sano, sta crescendo bene ed è nella giusta posizione. Vi faccio sentire il suo cuore adesso” annuncia la ginecologa togliendosi i guanti ed azionando un pulsante che permette ai neo genitori di assistere a una delle esperienze più significative della loro vita.

In pochi secondi, infatti, nelle loro orecchie rimbomba il battito accelerato di quella piccola creatura che stava nascendo. Anna, senza parole, si porta una mano alla bocca e avverte gli occhi riempirsi di lacrime. Kristoff, invece, rimane imbambolato di fronte allo schermo con un dolcissimo sorriso stampato sul viso, uno di quei sorrisi carichi di stupore e meraviglia.

“Pazzesco… un esserino così piccolo ha già un battito così forte” commenta il papà scrutando lo schermo grigio e chiedendo alla ginecologa di indicargli alcune parti del corpicino del piccolo.

“Sì, il suo cuore deve fare un lavoro enorme per permettere a tutto l’organismo di formarsi. Un battito così forte è un ottimo segnale. Significa che la mamma sta bene e che il bambino si sta sviluppando al meglio” commenta ancora la ginecologa dando ad Anna dei fazzoletti per togliersi il gel dalla pancia.

“La vita è davvero qualcosa di pazzesco amore” afferma ancora Kristoff incantato, prendendo un fazzoletto dalla mano di Anna e aiutandola a rimuovere il liquido.

“Grazie di essere venuto con me” dice Anna felice di fronte al marito premuroso, guardandolo intensamente negli occhi.

“Non voglio perdermi neanche un minuto di questa nuova vita” si limita a rispondere Kristoff rivolgendo lo sguardo ad Anna e mostrandole tutte le emozioni possibili grazie alle sfumature dorate presenti nelle sue iridi castane.

Anna abbozza un sorriso e riceve felice un dolce bacio sulle labbra da parte del marito. La ginecologa si ferma a guardare la giovane coppia e, di fronte a un amore così dolce e fresco, non può fare a meno di sorridere lieta.

Intanto…

Jack sfreccia in autostrada, diretto verso la sua vecchia abitazione. Non ha minimamente voglia di affrontare i fantasmi del suo passato, ma la notizia allarmante della madre lo aveva smosso nel profondo. Perché, dopo tutti quegli anni, lui era pronto a correre dai genitori? Perché non si stava tirando indietro nel prestare aiuto a quella che un tempo era la sua famiglia? Forse perché Jack era un ragazzo d’oro, un uomo maturo e gentile pronto a prestare soccorso in ogni situazione difficile.

Jack parcheggia la macchina lontano dalla vecchia casa, non volendo avvicinarsi troppo.

L’uomo scende dal veicolo e percorre il lungo viale alberato che costeggia la maggior parte delle villette del paese. Jack cammina spedito, con il cuore in gola, sperando di restare il meno coinvolto possibile dalla situazione. Capisce di essere quasi giunto a destinazione quando riconosce, sulla destra, la casa color rosa pastello di Stella. Jack sorride nel rivedere l’altalena in giardino, protagonista di molti pomeriggi estivi, o l’abete prontamente addobbato durante le feste natalizie, e gioisce nel rivivere quei ricordi ancora presenti in quei semplici oggetti. Accanto alla casa di Stella, si slanciava una villa bianca circondata da un giardino ben curato ma poco vissuto. Jack, infatti, ricordava il proprio prato molto più infestato e disordinato. Ora, invece, al posto della sua manodopera i genitori avranno sicuramente chiamato dei giardinieri.

Jack si presenta al portone della propria abitazione e, con il cuore in gola, suona al campanello. In pochissimo tempo una donna si presenta al suo cospetto.

“Jack! Sei venuto veramente!” afferma la donna facendo per abbracciarlo.

Jack, però, si allontana non ancora pronto a dare tutte quelle confidenze alla donna che l’aveva fatto soffrire per tutto quel tempo. L’unica cosa che cattura l’attenzione del ragazzo è lo stato fisico della donna. Erano passati dieci anni, ma la madre sembrava molto più vecchia della sua età. I capelli castani mostravano qualche capello bianco, il viso era smunto, il corpo fin troppo magro e scheletrico, la pelle bianca come il latte, il volto colmo di rughe, gli occhi appesantiti da occhiaie violacee e le iridi azzurre ormai spente da ogni vitalità.

“Sì, sono venuto. Lui dov’è?” riesce a dire finalmente Jack entrando in casa e avvertendo molte fitte al cuore nel rivedere le mura che l’avevano ospitato da più giovane.

“Nella camera da letto, ormai non esce più” afferma la donna risentita, abbassando lo sguardo.

Jack si precipita nella stanza matrimoniale dei genitori, pur avendo avuto poche volte il permesso di entrarci. Non vedeva suo padre da dieci anni e, ora, stava per rincontrarlo dopo aver chiuso il legame con lui ed aver ricevuto uno schiaffo.

Una volta entrato, Jack nota il genitore sdraiato sul letto, attaccato a una flebo strana che pareva fargli molto male. L’uomo era anche lui dimagrito, aveva le vene bene in vista e una serie di ematomi lungo le braccia. Sembrava invecchiato anche lui di parecchi anni.

“Jack?!” sussurra Arthur con un filo di voce, spalancando gli occhi di fronte alla sua visione.

Il ragazzo, dal canto suo, scosso dall’immagine del padre profondamente malato, non riesce comunque a replicare e si limita ad avvicinarsi leggermente.

“Da quanto tempo sei malato?” domanda Jack con un groppo in gola.

“Da quando ti ho scacciato” risponde il padre abbattuto, accompagnato da un altro colpo di tosse.

Jack rimane impietrito di fronte alla notizia e, in cuor suo, si sente in colpa per non aver mai accettato le innumerevoli chiamate dei genitori durante tutti quegli anni.

“Jack, lo so… io ti ho rovinato la vita” comincia a dire il padre prendendosi le sue responsabilità.

“Abbiamo rovinato…” si intromette la madre sedendosi accanto al consorte con le mani intrecciate.

“Giulia, sai già cosa ne penso. La colpa è solo mia. Tu hai sempre voluto fermarmi, ma la mia istintività ha preso il sopravvento. Jack, io vi ho fatto seriamente del male. Ti ho incolpato della morte di Emma e ti ho mandato via solo perché io non ero in grado di prendermi le mie responsabilità. Emma è morta per causa mia, non per colpa tua. Ora pagherò con la mia vita per tutti i torti che vi ho fatto” si confessa il genitore sdraiato nel letto, trovando a fatica il fiato per esprimersi.

“Non è colpa di nessuno se Emma è morta. È successo e basta” riesce a biascicare Jack, avvertendo costanti pugnalate al cuore. Da una parte vorrebbe gettarsi tra le braccia dei genitori che chiedono il suo perdono ma, dall’altra il rancore e il dolore provato in tutti quegli anni lo frenano.

“Io Jack volevo solo chiederti scusa. Ti ho cercato, volevo dirtelo molto prima ma tu, giustamente, hai sempre rifiutato il nostro incontro. Ora io sto pagando le conseguenze delle mie azioni, ma non volevo morire senza prima salutarti” continua di nuovo il padre, lasciando scivolare una lacrima sulla propria guancia.

“Morire? Che cosa dici?” commenta Jack confuso, pensando di aver di fronte una malattia curabile.

“Questa malattia al polmone mi sta divorando da troppo tempo ormai. Ora il mio corpo sta cedendo. Tieni, prendi questa” aggiunge di nuovo il padre facendo segno alla moglie di consegnare al figlio una busta.

“Lì trovi tutto. Ho lasciato in eredità a te tutto quello che possiedo. C’è anche una lettera per le mie nipotine e tutte le modalità per aiutarti a dare loro un futuro ricco di opportunità” spiega Arthur commosso, mentre osserva Jack accarezzare la busta.

“Papà, non serve darmi soldi. Non voglio che fai così” ribadisce Jack orgoglioso, facendo per riconsegnare la busta.

“Invece la devi tenere. A te non ho dato nulla, hai cresciuto le tue figlie da solo e non ti ho aiutato. Ora questo è l’unico modo che ho per rimediare” insiste il padre dopo l’ennesimo colpo di tosse.

“Ora dobbiamo farlo riposare” si intromette la madre, alzandosi in piedi distrutta dalla situazione.

Jack si limita a salutare il padre con un profondo sguardo di gratitudine e, dispiaciuto, esce dalla camera diretto verso la cucina, dove la madre stava preparando del thé.

“Mi dispiace non avervi mai risposto. Quanto gli rimane?” chiede immediatamente Jack sedendosi pesantemente sulla sedia e guardando a vuoto la tazza.

“Qualche mese al massimo…” risponde la donna sedendosi di fronte al figlio e massaggiandosi le braccia.

Jack osserva la madre distrutta e, dentro di sé, sente un dolore pungente nel vederla così deprivata.

“Perché tu sei così smunta?” domanda lui senza il minimo timore.

“Io sto bene, non devi preoccuparti per me” ribadisce Giulia, abbozzando un falso sorriso.

“No, non stai bene! Non ti ho mai vista così. Non dormi e non mangi nulla suppongo” continua serio Jack, preoccupato anche per l’instabilità della madre.

“Da quando te ne sei andato sono entrata in depressione. Tuo padre ha avuto un brutto periodo nel quale mi minacciava, tentava addirittura di picchiarmi ma fortunatamente si è sempre trattenuto. Cercavo di uscire di casa per ritrovarti, ma avevo paura. Poi abbiamo scoperto la malattia e io mi sono resa conto di aver definitivamente perso tutta la mia famiglia” spiega la donna con le lacrime agli occhi e la voce strozzata, mentre accarezza la tazza bollente tra le mani.

“Devi cercare di tirarti su, non hai perso la tua famiglia” cerca di consolarla Jack, rimanendo comunque molto freddo per colpa di tutta la sofferenza vissuta in passato.

“Invece sì! Ho perduto Emma perché non l’abbiamo tenuta d’occhio, ora perderò Arthur e ho perduto te. Mi sento una madre indegna e orribile. Forse non ne sono mai stata capace” afferma la donna scoppiando a piangere all’istante, non riuscendo più a trattenersi.

In quell’ultima frase, Jack rivede la stessa identica paura di Elsa. Sua madre aveva veramente perso tutto ma, nonostante la sofferenza, era riuscita ad andare avanti. Jack si sentiva, per la prima volta nella sua vita, simile a lei.

“Non mi hai perso. Ho solo bisogno di tempo per ricominciare” annuncia allora lui, prendendo per mano la madre.

“Ma come? Dopo quello che abbiamo fatto?! Non meritiamo il tuo perdono Jack… non ti siamo stati vicini, non sappiamo nemmeno che viso hanno le tue figlie! Che razza di persone siamo?” continua lei devastata, alzando il viso rosso e mostrando la disperazione di una madre che convive con i propri traumi.

“Solo io posso decidere se meritate il mio perdono. Ci vorrà solo un po’ di tempo, ma da questo momento ti rivoglio nella mia vita. Tieni, queste sono Lia e Sofia” afferma sicuro Jack, facendo largo alle emozioni e mostrando alla madre lo sfondo del telefono.

Giulia prende tra le mani il cellulare e sorride piangente mentre ammira la fotografia delle due piccoline in costume davanti a una piscina.

“Come hai fatto a far nascere delle meraviglie così?!” domanda la donna commossa. Finalmente nei suoi occhi brillava una nuova luce colma di gioia e di vita.

“Sono stupende e spesso mi rendo conto di non meritarle” risponde Jack riprendendosi il telefono e ammirandole anche lui.

“Mi dispiace per tutto quello che abbiamo detto su Elsa. In cuor nostro non lo pensavamo, volevamo solo una strada spianata per te in modo da non rischiare di farti perdere qualche occasione. Con Elsa, invece, hai cresciuto due bambine bellissime” si scusa ancora una volta la donna, richiedendo il cellulare a Jack per poter ammirare le gemelle.

“Se solo le cose andassero bene. Io ed Elsa non stiamo più insieme da una settimana circa” comunica Jack con rammarico, ancora scosso dalla situazione.

La madre rimane impietrita dall’affermazione e, dispiaciuta, afferra la mano al figlio.

“Tutto questo è avvenuto per colpa nostra, ma nulla è perduto. Elsa è una ragazza intelligente, bella ed è una madre stupenda sicuramente. Vedrai che tornerà sui suoi passi. Puoi contare su di me Jack, per qualsiasi cosa. Non ti lascio andare di nuovo” lo consola motivata la donna e Jack è contento di vederla grintosa, con un altro spirito rispetto a quello che aveva visto appena arrivato. Fa fatica a ripassare così facilmente sul passato, ma sapere di aver chiarito con i genitori lo rende felice e sollevato. Sua madre aveva ragione: non è mai tardi per rimediare. Ora Jack lo sapeva e, a modo suo, voleva riprendersi la sua famiglia e cucire gli errori commessi anche nei confronti dei genitori.
  
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