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Autore: Inevitabilmente_Dea    06/08/2020    0 recensioni
I Radurai, o quello che ne rimane, hanno finalmente attraversato il Pass Verticale che li ha catapultati in una nuova realtà che tutti ormai avevano dato per scomparsa.
Finalmente Elena, i Radurai e tutti gli altri Immuni hanno la possibilità di ricostruire la loro vita da zero, lontano dalle grinfie della W.I.C.K.E.D. e lontani dagli obbiettivi violenti del Braccio Destro.
Torture, esperimenti e sacrifici sono finalmente terminati.
Ora esiste solo una nuova vita da trascorrere in un luogo sicuro e privo di Eruzione. Un vero e proprio paradiso terrestre.
Ma se qualcosa arrivasse a turbare anche quello stato di quiete, minacciando nuovamente i ragazzi?
Se in realtà la corsa per la sopravvivenza non si fosse mai fermata?
Dopotutto nulla è mai come sembra.
Genere: Avventura, Azione, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gally, Minho, Newt, Nuovo personaggio, Teresa
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Triangolo
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Fu quella la goccia che fece traboccare il vaso. Animata improvvisamente dal senso di protezione, mi lanciai sulla guardia, placcandola da dietro e scaraventandola a terra a qualche metro di distanza da Newt, ancora chiuso su se stesso e confuso.
Per via del forte impatto l'arco mi volò via, facendo un orribile suono metallico che si propagò per tutto il corridoio. Prima di iniziare a prendere a pugni la guardia sotto di me, la trattenni al suolo con una mano premuta sul collo. Con il pollice riuscii a sganciare la piccola cinghia che teneva il casco incollato alla sua testa e con una manata glielo feci volare via.

Alzai il pugno in aria e feci per mettere a segno il mio tiro, quando un'improvvisa realizzazione mi scosse. Quello che stavo affrontando non era un uomo, bensì una donna giovane, dai lineamenti dolci e con delle lentiggini sul naso a patata. Mi prese un colpo al cuore quando notai i suoi occhi colmi di paura e adrenalina allo stesso tempo, poi la ragazza sorrise, la bocca inarcata in un ghigno pieno di soddisfazione e perfidia. Fu lei a lanciarmi il primo colpo che andò a segno proprio sotto il mio mento, lanciandomi la testa all'indietro e facendomi sbattere i denti tra di loro. Sentii una scossa elettrica percorrermi il cranio, a partire dalla mandibola e boccheggiai mentre mi gettavo all'indietro nel tentativo di acquistare un po' di terreno per difermi dal prossimo colpo che mi sarei aspettata arrivare da un momento all'altro.

Serrai gli occhi quando lo stordimento di quella botta si mischiò alla testata precedente, annebbiandomi i sensi e facendomi perdere l'equilibrio. Caddi con le chiappe a terra, sbattendo forte l'osso sacro e maledicendomi mentalmente per la svista che non mi sarei mai dovuta permettere: non potevo rischiare che pietà e sentimenti facessero scalpo sui miei obbiettivi. La W.I.C.K.E.D. non aveva mai battuto ciglio prima di farci del male, perchè avrei dovuto farlo io?
Il fine giustificava i mezzi? E così sarebbe stato. Gli avrei fatto assaggiare ogni parola di quel loro motto del caspio.

Quando riaprii gli occhi, notai che Newt avesse ripreso a lottare contro la donna, assestandole qualche debole colpo al viso, ma senza riuscire a scalfirla più di tanto. Il ragazzo aveva perso entrambe le pistole nel combattimento e ora si trovava disarmato. Un colpo della donna andò a segno sul naso del ragazzo che lo stordì quanto bastava per riuscire a cavare la pistola di riserva da dietro la schiena e a puntargliela appena sopra la scapola.
"Stai fermo o..."

Non le feci nemmeno finire la frase. Mi gettai su di lei come una furia, urlando rabbiosa e scaraventandola di lato. Un colpo partì dalla sua arma, ma fortunatamente non andò a segno. Nel tentativo di usare la sua stessa pistola contro di lei, iniziai a storcerle il braccio. Lei mi urlò contro, cercando di ribattere al mio attacco e, non appena notai che non sarei riuscita a forzarla a girare la canna in sua direzione, optai per la tecnica che uno dei suoi colleghi aveva appena usato su di me: con due colpi secchi e violenti, sbattei il suo braccio a terra, colpendole il polso della mano che stringeva la pistola sul pavimento. Lei urlò e allungò la mano libera per toccarsi il polso, ma la pistola le scivolò dalle dita, strisciando sul pavimento.
Mi allungai a fatica e la presi senza fare troppe storie, poi mi misi nuovamente in posizione eretta, puntando la pistola al suo petto e sparando immediatamente senza nemmeno darmi il tempo di prendere bene la mira. Lanciai tre colpi consecutivi, che risuonarono nell'aria, ponendo la parola fine a quel combattimento.

Lasciai cadere l'arma a terra disgustata e, con il fiatone e l'adrenalina ancora in corpo, mi tirai su in piedi, affrettandomi verso Newt e controllandolo immediatamente. Il biondino, nonostante lo spavento iniziale, sembrava stare bene; Stephen invece pareva essersi svegliato totalmente e ci aveva raggiunti con una corsetta veloce, la fronte imperlata di sudore e il fiato corto.
"Avevi detto che ci sarebbe stato Gally." mi ricordò il ragazzo dai capelli bianchi. "Dove diamine si è cacciato?"



 

Eravamo arrivati troppo in ritardo per poterlo salvare, eravamo stati troppo lenti e incauti. E ora, dovevamo trovare un modo per poterlo riprendere tra di noi e strapparlo dalle grinfie della W.I.C.K.E.D.
Non avevamo altra scelta, se non quella di tornare sui nostri passi e tentare l'accesso ad altri corridoi nel tentativo di recuperare Gally. Vedermelo strappare via da davanti agli occhi senza poter fare nulla per aiutarlo era stato frustrante e mi aveva lacerato il cuore.
Avevo provato più volte ad abbattere il muro invisibile che ci divideva dal corpo del ragazzo, steso a terra e placcato da una delle guardie, ma come ben sapevo quel muro era indistruggibile. Forse solo una granata avrebbe potuto mandarlo in frantumi, ma per mia sfortuna, l'unica cosa pronta ad esplodere che avevo addosso in quel momento, era il mio cuore.

Battendomi all'impazzata contro il petto, come se volesse lacerarmi le interna e scappare via lontano, il battito del mio cuore andava a ritmo con i pugni che stavo affibbiando all'impazzata sulla parete trasparente, facendomi male alle nocche e ricordandomi per l'ennesima volta di essere viva, eppure incapace di preservare le vite altrui.
Urlai invano il nome del ragazzo che però non notò mai la mia presenza al di là della parete, troppo impegnato ad opporre resistenza, anche se le sue azioni – e ora era palese anche ai miei occhi, nonostante odiassi ammetterlo – si stavano rivelando alquanto inutili contro il bestione che gli stava sopra nel tentativo di immobilizzarlo e contro l'altra guardia, più secca, che gli puntava contro una pistola.
Ora la situazione mi era chiara e la cosa mi faceva imbestialire: quella squadra di guardie era stata più scaltra di noi questa volta e, mentre un piccolo gruppetto era tornato indietro verso di noi per tenerci occupati e catturarci, le due guardie restanti avevano continuato a dare la caccia a Gally, riuscendo ad avere la meglio su di lui.

Era ovvio che, nel caso in cui il piano di dividerci in questo modo fosse fallito, la prossima mossa della W.I.C.K.E.D. sarebbe stata una parete trasparente e, soprattutto, invaricabile.
Continuai a battere sul vetro con tutte le mie forze, finchè la prima guardia si girò verso di noi, notando solo in quel momento la nostra presenza. Come se Gally si fosse accorto di quella sua distrazione, riuscì a muoversi più liberamente senza paura di essere sotto tiro e, approfittando anche della distrazione della seconda guardia, che stava cercando probabilmente di richiamare all'attenzione la prima, il ragazzo riuscì a liberarsi dalla sua presa, strisciando via da lui in modo agile.
Battei ancora più forte sul vetro e sperai che Gally mi guardasse. Non volevo che pensasse di essere da solo, non volevo che credesse che lo avessimo abbandonato in quel modo.
Lui doveva vederci, doveva capire che, anche se non potevamo fare nulla per aiutarlo in quel momento, sapevamo cosa gli era successo e saremo tornati a prenderlo ad ogni costo.

Vidi il ragazzo notarci e improvvisamente correre verso di noi, per poi sbattere violentemente contro la parete in vetro che il ragazzo non pareva aver notato. Dopo un primo stordimento, il ragazzo fece qualche passo indietro e poi si gettò di nuovo sulla parete invisibile, appiattendo il busto contro di essa e spingendo terrorizzato verso di noi. Lo vidi battere il pugno sul vetro e appoggiai il palmo sulla parete, riuscendo a mala pena a sentire la vibrazione dei colpi del ragazzo.
"Torneremo a prenderti!" gridai con tutto il fiato che avevo in corpo. "Gally, torneremo!" sbraitai ancora, sentendomi la gola in fiamme e gli occhi bruciare.
Non volevo separarmi dal Costruttore, non volevo che lo portassero via da me.
Ma quando una capsula si andò a conficcare nella sua schiena e il ragazzo si accasciò sorpreso sulla parete, non riuscii a fare altro se non appoggiare la mia fronte sul vetro, mettendola quasi al pari della sua.
Vidi i suoi occhi illuminarsi all'improvviso non appena incrociarono i miei, sul suo volto sparì di colpo tutta la paura e l'adrenalina che avevo notato prima. "Tornerò a cercarti." gli promisi, sussurrando quel giuramento più per infondere coraggio a me stessa, che a lui.
Le sue labbra si mossero leggermente e mi sorrisero. Poi gli occhi del ragazzo si ribaltarono totalmente all'indietro e lui cadde a terra privo di sensi.

Una mano mi afferrò il polso e mi strattonò all'indietro, facendomi riacquistare solo in quel momento l'udito e riportandomi alla realtà in modo brusco.
"Dobbiamo andarcene!" mi gridò Stephen, trascinandomi all'indietro e riuscendo a farmi muovere qualche passo, ma senza attirare la mia attenzione, ancora totalmente fissa sul corpo di Gally accasciato al suolo, per metà appiccicato contro la parete.
Come se un vecchio ricordo si fosse attivato nella mia mente, all'improvviso riuscii ad associare la sua voce, alle parole che avevo precedentemente decifrato dalle sue labbra prima che il ragazzo perdesse totalmente conoscienza.
Sei tornata a cercarmi. Ripetè la voce di Gally nella mia mente, più e più volte, come ad imprimere ancora più nel profondo la promessa che gli avevo assicurato più volte. 
"Tornerò sempre." gli risposi ad alta voce, nonostante fossi consapevole che il ragazzo non potesse sentirmi. 
Un altro strattone di Stephen e, nel mio campo visivo, entrò anche la figura del bestione che aveva atterrato Gally: la guardia stava parlando ad un ricettore inserito sulla spalla della sua divisa. Ci stava fissando, ma per via del casco non riuscii a vedere la sua espressione, anche se potevo giurare che stesse sogghignando.

"Dobbiamo andarcene, Elena! Muovi il culo, diamine!" mi gridò contro Stephen, dandomi subito dopo un colpetto alla guancia. Non fu proprio uno schiaffo, ma il ragazzo non fu nemmeno delicato. Tuttavia quel colpo mi bastò per riprendermi totalmente. Il ragazzo aveva ragione, dovevamo muoverci, sparire dalla circolazione e dovevamo farlo in fretta.
Se non fosse stato per Stephen che continuava a strascinarmi corridoio dopo corridoio, svolta dopo svolta, probabilmente i miei piedi sarebbero rimasti incollati al suolo, incapaci di muovere un solo passo nella direzione opposta a Gally e abbandonarlo lì.
Non avevo la minima idea di dove lo avrebbero portato, ma ora, le parole e le spiegazioni che ci aveva riportato Newt qualche momento prima mi spaventavano a morte. Se il biondino aveva ragione, eravamo noi quelli in pericolo, noi quelli che la W.I.C.K.E.D. voleva. Le pareti per separarci, i sonniferi e le continue caccie all'uomo ne erano la prova: servivamo loro vivi e servivamo loro in fretta.

Continuammo a correre per i corridoi alla rinfusa, senza mai riceve indicazioni chiare da Newt che sembrava stesse per andare in tilt. Non sapevo cosa avesse scatenato quella confusione in lui, se la battaglia, l'imminente pericolo o la cattura di Gally, ma quello era il momento meno opportuno per cancellare i ricordi e tornare indietro nel tempo.
Con uno strattone, mi liberai dalla presa di Stephen, ordinandogli di fermarsi e ignorando completamente le sue lamentele, poi mi avvicinai a Newt, trovandolo a balbettare qualche parola tra sé e sé, il volto pallido e l'espressione confusa. "Non è veramente così." borbottò il ragazzo scocciato tra sé e sé. 
"Newt, tutto okay?." lo richiamai, portandolo a guardarmi in volto e accorgendomi immediatamente del cambiamento nel suo sguardo. Il ragazzo sembrava quasi che stesse soffrendo per qualcosa e, in principio, interpretai quell'espressione ferita sul volto come una manifestazione del dolore fisico. 
"Non è così, ti ho detto. Smettila!" sussurrò di nuovo, evitando il mio sguardo. Presi il suo volto tra i palmi e lo rigirai da una parte all'altra, alla ricerca di una ferita o di un qualcosa che non andava, ma a parte una mandibola e un naso arrossati e gonfi, il ragazzo sembrava stare bene.

O almeno così mi ripetei, finchè il biondino, con la stessa espressione ferita in volto, mi prese i palmi e li tolse dalle sue guancie, lanciandomi un'occhiata fredda, distaccata, ma ancora brutalmente ferita, nonostante stesse cercando di nasconderlo.
"Sto bene." disse secco, spaventandomi per quell'improvviso cambio d'umore. "Non è niente. Andiamo."
Inizialmente pensai che stesse ancora dialogando con sé stesso, ma l'occhiata che mi aveva affibbiato parlava da sé: il ragazzo era furioso con me, sembrava quasi offeso o deluso per qualcosa che non mi sapevo spiegare. Ciò che invece era certo, invece, era che la freddezza delle sue parole erano rivolte a me e a nessun altro. 
Poi, senza degnarmi di un altro sguardo o di un'altra parola, il biondino girò attorno e, ponendosi al fianco di Stephen, riprese a camminare in avanti, conducendoci con una freddezza e una sicurezza che mi spiazzarono. Incrociai per una frazione di secondo lo sguardo di Stephen e mi aspettai di trovarlo tanto confuso quanto me, perciò mi sentii totalmente spaesata quando in realtà nei suoi occhi trovai una consapevolezza altrettanto triste e una compresione quasi empatica nei confronti del biondino.
Non seppi dire con certezza se quello che lessi sul suo volto, fosse compassione per il suo stato fisico e mentale o se fosse un dispiacere nei suoi confronti per un qualcosa che non avevo ancora compreso – ed ero terrorizzata a morte, se era questo il caso. A quanto pareva, se io non ero riuscita a capire la causa del dolore visibile sul volto di Newt, Stephen ci era riuscito eccome.

Mi sentii ferita non appena l'espressione addolorata del ragazzo e il suo sguardo freddo mi tornarono in mente. 
Quello sguardo che mi aveva lanciato era... 
Scossi la testa. No, non può essere così, devo aver visto male. Pensai tra me e me. 
Perché mai Newt avrebbe dovuto guardarmi addirittura con disgusto?
Mettendo da parte la confusione, riuscii a continuare a seguire i ragazzi. Non ebbi il coraggio di chiedere a Stephen cosa fosse appena successo al biondino, non sarei riuscita ad ascoltare la sua risposta senza scoppiare in lacrime, perchè ero certa che la notizia che avrebbe potuto darmi riguardo lo stato emotivo di Newt mi avrebbe spezzata.
In un certo senso, però, potevo immaginare che avesse a che fare con il mio comportamento nei suoi confronti. Forse aveva percepito che ancora non riuscivo a fidarmi completamente di lui e, per quanto mi distruggesse ammetterlo, potevo capirlo se si trattava di questo. In un certo senso mi sentivo disgustata io stessa dalla mia mancanza di fiducia: essere così diffidente nei suoi confronti non era da me, avrei dovuto essere felice, riempirlo di baci e abbracci, sentire le farfalle svolazzarmi nello stomaco e invece, nulla di tutto quello stava avvenendo dentro di me. Ciò che mi circondava le viscere, non erano belle farfalle svolazzanti, bensì una sensazione di panico, confusione e terrore.

Newt era improvvisamente tornato nel mondo dei vivi, ma prima di quella sua apparizione in carne ed ossa, avevo vissuto tanti suoi ritorni enigmatici e dolorosi: la mia mente più volte aveva cercato di riportarlo in vita, non solo nei miei ricordi, ma anche nei miei sogni; più volte mi era capitato di sentire il suo profumo, o la sua voce nella mia testa nei momenti più difficili; troppe volte mi ero immaginata il suo volto sul corpo di altre persone, ingannata dal mio inconscio; per non parlare poi della copia del ragazzo che avevo dovuto affrontare e uccidere senza avere altra scelta.
Vederlo lì, davanti a me, con il suo solito zoppicare e tutte le novità che si portava dietro mi aveva spiazzata e colta talmente tanto alla sprovvista che non ero riuscita a lasciarmi andare totalmente. Accettare quella verità sarebbe stato difficile e ancora più doloroso se alla fine di tutto, il Newt che mi ritrovavo di fronte si fosse rivelato essere un altro dei giochetti della W.I.C.K.E.D.
Se quello fosse stato il caso, sarei anche potuta rimanere alla sede, offrendomi volontariamente come paziente soggetta a pazzia e facendomi analizzare per bene il cervello.

Solo dopo qualche parola scambiata in modo tranquillo con Stephen, il quale continuava a porre domande e dubbi sulla situazione di Newt, il biondino si decise a parlarmi, regalandomi però un tono freddo e quasi scocciato.
"Mentre eri intenta a piagnucolare per Gally, io e Stephen abbiamo perquisito le guardie e abbiamo trovato una chiave. Forse ci condurrà all'hangar, ma per..."
Fu come se il mio cuore avesse smesso di battere per istanti che mi sembrarono infiniti. Una stretta al petto fece sentire il suo peso su di me, obbligandomi a trattenere il fiato. Sentii tutte le certezze crollarmi addosso.
Piagnucolare per Gally? Ripetei nella mia mente. 
"Come scusa?" borbottai, sentendo un altro sentimento farsi strada nella mia pancia, arrossandomi le guance e facendomi ribollire il sangue nelle vene.
Il ragazzo sospirò scocciato. "Ho detto che per sicurezza andremmo prima a controllare in mensa, poi al massimo ci dirigeremo verso..."
Lo interruppi sedutastante, cercando di controllare la mia rabbia improvvisa e chiedendomi chi dei due avesse ragione al momento: se lui con la sua apparente gelosia nei confronti di Gally o se io, con la mia confusione in testa per quella sua apparizione improvvisa dopo aver passato mesi a crederlo morto.

Presi un bel respiro e cercai di parlare con calma. Magari l'umore del ragazzo era anche dovuto alla cura che stava seguendo, magari era facilmente suscettibile per aver passato così tanto tempo da solo. "Gally è il mio migliore amico, Newt. Cosa intendi..."
"Oh, sì, migliore amico." sbottò lui, fermandosi di botto e voltandosi verso di me. Vidi Stephen fare qualche passo di lato, appiattendosi contro la parete e desiderando probabilmente di essere in qualsiasi altro posto all'infuori di quello in cui si trovava. "Quindi mi vorresti dare a bere che tra di voi non c'è e non c'è stato un cacchio di nulla, vero? Il modo in cui parla, ti guarda e... ti tocca. Abbiamo quasi litigato, quando sei svenuta, perchè voleva ricucirti lui a tutti i costi, sai? Non mi sembra che questo sia un comportamento da amici. Per non parlare della scenetta che hai fatto quando..."
"Scenetta?" sbottai, sentendo tutti i miei filtri e le mie resistenze per contenere la rabbia andare in fumo. "Come cacchio ti permetti di parlarmi così, Newt? Che diamine ti è successo?"

"Non mi è successo proprio nulla, Eli." borbottò sarcastico, ponendo un particolare accento sul nomignolo, come a sottolinearlo o ad imitare il tono di Gally. "Prima mi abbandonate nel Palazzo degli Spaccati e non tornate più a cercarmi, poi all'improvviso vi ritrovo qua ed è come se tutti si fossero dimenticati di me. Anzi, mi avete persino dato per morto, quindi inutile dire che non mi avete mai cercato."
Sentendomi sull'orlo delle lacrime per quella sua affermazione, feci un passo indietro, ferita come se fossi appena stata colpita dall'impatto con una granata.  
"Non ti ho abbandonato." sussurrai, sentendo la mia voce tremare, quasi incerta e piena di senso di colpa. Davvero la pensava così? "Tu mi hai chiesto di..."
"Oh, giusto. Brava, sì, hai fatto ciò che ti ho chiesto. Come se non avessi una testa per pensare da te." abbaiò, muovendo un altro passo in mia direzione e attivando indirettamente l'istinto protettivo di Stephen nei miei confronti che, con un balzo, smise di stare dietro le quinte e mi si parò davanti, allungando una braccio dietro di sé e afferrandomi la mano.
"Smettila, Newt." ordinò lui, con voce ferma. "Non sai quello che stai dicendo, amico."
"Amico?" sentii il biondino ridacchiare e per un attimo desiderai solo non averlo mai incontrato, sentendomi ancora più in colpa con me stessa. Perchè non potevo semplicemente vivere con il bel ricordo che mi era rimasto di Newt? Perchè la W.I.C.K.E.D. doveva rovinare sempre tutto ciò di bello che mi tenevo stretto al cuore? Perchè, arrivati a quel punto, doveva essere per forza un brutto scherzo della W.I.C.K.E.D.

"Mi sei sempre stato sul cacchio, pure tu." sbottò Newt, lanciando a Stephen la stessa occhiata di disprezzo che mi aveva riservato qualche attimo prima. "Quindi ti sei divertita con Gally dopo che la W.I.C.K.E.D. mi ha preso dal Palazzo degli Spaccati, no? Bel modo di rimpiazzarmi." affermò sputando acido in ogni direzione.
Non riuscii nemmeno ad elaborare tutte le informazioni nascoste in quella sua accusa, troppo intenta a tenere insieme i pezzi della mia anima che stavano crollando su se stessi, come cenere al vento.
"Dopo che la W.I.C.K.E.D. ti ha preso dal Palazzo degli Spaccati?" ripetè Stephen, incredulo.

 

   
 
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