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Autore: Teo5Astor    07/08/2020    14 recensioni
E se Bulma e Vegeta si fossero in realtà incontrati su un pianeta lontano molti anni prima di conoscersi su Namecc, ma non fossero in grado di ricordarsene?
Come sarebbero andate le cose?
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bulma, Radish, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Noi due prima di Namecc
 
 
 
«Bulma, tesoro, non ti allontanare troppo dalla navicella! Non impiegherò molto tempo a prelevare i minerali che servono per le mie ricerche!»
«E va bene, papà! Ma non trattarmi come una bambina, ok? Sei tu che hai detto che questa zona del pianeta è disabitata e che gli abitanti in ogni caso sono persone pacifiche!»
«Ma tesoro, hai solo dieci anni ed è normale che mi preoccupi per te se te ne vai in giro da sola per un pianeta sperduto nella galassia! E poi le senti queste esplosioni in lontananza? Dev’essere colpa di qualche vulcano…che strano però! In base ai miei studi erano inattivi da tempo. Bah, sarà meglio che mi metta al lavoro!»
 
Il Dottor Brief sorrise alla figlia e si accese un’altra sigaretta. Poi iniziò ad armeggiare con uno strano macchinario inventato da lui che doveva servirgli ad estrarre un particolare minerale presente nel sottosuolo del pianeta Rias. Tale minerale era fondamentale per portare a termine un delicato progetto che stava portando avanti alla Capsule Corporation.
«Ci vediamo più tardi, papà!»
Lo scienziato osservò quella bella bambina dai capelli turchini raccolti in due piccoli codini salutarlo con la mano. La guardò correre entusiasta nel suo leggero vestitino rosa e sparire dalla sua vista dietro alcuni alberi.
Il pianeta Rias aveva un’atmosfera simile a quella terrestre, quindi non era stato necessario utilizzare le tute da astronauta. Lo stesso Dottor Brief indossava il suo solito camice bianco da lavoro. Aveva voluto portare con sé la giovane figlia in quella semplice missione per iniziare ad insegnarle a pilotare un’astronave nello spazio e per soddisfare almeno in parte la sua infinita curiosità e sete di conoscenza. Quella bambina si dimostrava ogni giorno di più un prodigio a livello intellettivo e sembrava fare tutto con naturalezza. Con entusiasmo.
Il Dottor Brief sorrise dolcemente al pensiero di quanto si sentisse fortunato ad avere una figlia così speciale, anche se lui l’avrebbe amata alla follia in ogni caso. Era una bimba vulcanica ma allo stesso tempo dolcissima, molto bella per la sua età ed estremamente intelligente. Lo scienziato si chiese se a sua figlia sarebbe mai tornato davvero utile l’aver imparato a pilotare una navicella spaziale, ma non seppe darsi una risposta. Si limitò a ridacchiare, prima di iniziare il suo lavoro.
 
Bulma, intanto, incurante delle raccomandazioni del padre, si era spinta sempre più all’interno di quella che aveva tutta l’aria di essere una foresta, anche se molto diversa da quelle terrestri. Alcune piante, infatti, erano addirittura azzurre, altre gialle, e si alternavano ad alberi simili a quelli che aveva sempre visto sul suo pianeta natale. Nel cielo volavano uccelli dai colori variopinti e animali simili a dei piccoli dinosauri verdastri, tra i rami invece riusciva scorgere delle specie di scoiattoli con un curioso manto lilla e rettili simili a camaleonti color magenta. Non aveva paura, tantomeno temeva di perdersi. Aveva con sé uno speciale navigatore e aveva impostato le coordinate del luogo in cui c’era suo padre, così non sarebbe stato un problema raggiungerlo.
Un’altra esplosione, stavolta più vicina, la fece sobbalzare e rabbrividire. Una colonna di fumo si stagliava oltre la foresta e l’odore acre di bruciato le arrivava fino alle narici, facendogliele pizzicare. Le sembrò anche di udire delle urla, ma non ne era sicura. Pensò tuttavia che, forse, sarebbe stata una buona idea tornare indietro e vedere se suo padre aveva finito di estrarre i minerali di cui aveva bisogno.
Recuperò dalla tasca il navigatore e si voltò nella direzione verso cui la freccia lampeggiante sullo schermo le faceva segno di andare.
«E tu chi saresti?! Sei diversa dagli altri abitanti di questo inutile pianeta!»
Una voce sprezzante le fece gelare il sangue nelle vene e la convinse a girarsi, molto lentamente e trattenendo il respiro. Non sapeva cosa aspettarsi, aveva improvvisamente paura.
La tensione si sciolse quando si rese conto che la persona che le aveva rivolto la parola altri non era che un bambino che poteva avere più o meno la sua stessa età. Era poco più alto di lei e aveva degli strani capelli neri a forma di fiamma. Sguardo truce, occhi scuri come la notte e braccia incrociate al petto.
«Per forza sono diversa, arrivo da un altro pianeta e sono qui solo di passaggio!» sbottò Bulma con voce stridula, inviperita. «Chi sei tu, piuttosto?! Mi hai fatto prendere un colpo!»
«C-come osi rivolgerti a me in questo modo, ragazzina?!» ringhiò il bambino, indignato e sorpreso da quelle parole, digrignando i denti e stringendo i pugni. «Se sapessi con chi stai parlando, ti prostreresti davanti a me! Tsk!»
«Io non mi prostrerò mai davanti a un maleducato come te! E comunque sappi che ce l’ho un nome, ma non te lo dirò di certo!» gli fece la linguaccia Bulma.
«Io sono colui che diventerà il guerriero più forte dell’universo! E sono anche un principe, stupida oca!» sbraitò il ragazzino, sempre più irritato.
Solo in quell’istante Bulma si accorse che aveva una coda simile a quella di una scimmia. Pelosa, marrone, sottile. L’aveva tenuta arrotolata in vita fino a quel momento, ma ora che era arrabbiato la sferzava nell’aria.
«Sì… il principe dei maleducati! Anzi, il principe degli scimmioni!» lo provocò, ghignando.
«C-come ti permetti?!» gridò il bambino, facendo partire improvvisamente dalla sua mano un raggio di energia incandescente che sfiorò la faccia di Bulma, togliendole il fiato.
La bambina dai capelli turchini si voltò lentamente, sconvolta e con gli occhi sgranati, seguendo la direzione di quel raggio luminoso e il boato dell’esplosione che aveva generato. Sentiva ancora il calore bruciante accarezzarle la guancia sfiorata dal fascio di luce.
«Ah!» cercò di urlare, senza tuttavia riuscire ad emettere alcun suono, quando si rese conto che in mezzo alla foresta si era creato una sorta di corridoio di terra bruciata.
Quel raggio di energia scaturito dalle mani del ragazzino aveva spazzato via tutto. Aveva incenerito qualunque cosa si fosse trovato davanti. Piante, alberi, rocce. Com’era possibile?!
«La prossima volta farò in modo di colpire anche te, stupida irrispettosa! Tsk!» sorrise sghembo, mentre Bulma tornava a guardarlo tremante, incapace di dire qualcosa di sensato.
«Ah, ecco dov’eri finito, Prince! Ho sentito un’esplosione e ho immaginato che fossi tu! Ah, ah, ah!» esclamò ridendo un altro ragazzino, volando sopra le loro teste e atterrando accanto a quello che doveva essere un suo amico.
Erano anche vestiti in modo pressoché identico. Stivali bianchi e neri con punta ocra, calzamaglia blu e corpetto simile a quello di un armatura, bianco e nero con spalline ocra. L’unica differenza era che il nuovo arrivato indossava dei leggings blu che gli arrivavano fino al ginocchio e anche dei prolungamenti ocra dell’armatura che gli coprivano alcuni punti del bacino. L’altro invece, “Prince”, portava i leggings lunghi e solo il corpetto di quella specie di armatura da battaglia che sembrava essere però leggera e flessibile.
Anche il nuovo arrivato aveva la coda. Era più alto e fisicato, con dei lunghi e folti capelli neri che gli coprivano la schiena e degli occhi attenti e vispi dello stesso colore. Doveva essere anche lui, più o meno, un loro coetaneo.
«Avete finito il lavoro?!» domandò il ragazzino dai capelli a fiamma, incrociando di nuovo le braccia al petto.
«Ah, ecco perché non tornavi! Eri in dolce compagnia! Ah, ah, ah!» rise di nuovo il capellone, volando velocissimo e materializzandosi accanto a un’attonita Bulma. «È carina per essere un’aliena!» aggiunse, sollevando delicatamente tra indice e pollice il mento di Bulma per guardarla nei suoi luminosi e spaventati occhi color cielo.
Sorrise, ammiccando e sollevando ritmicamente le sopracciglia.
«Levami le tue luride mani di dosso, scimmione!» sbraitò Bulma, tornando in sé e allontanandolo con uno spintone.
«Però, ha un bel caratterino la Fata Turchina, eh? Comunque non mi sembra molto forte» continuò a sorridere il capellone, per poi cliccare col dito su uno scouter che portava sopra all’occhio.
Solo in quel momento Bulma fece caso a quello strano congegno. Si trattava di una lente verde trasparente  sostenuta da un dispositivo bianco con un tasto rosso appoggiato alla tempia. Non appena il ragazzino ci cliccò sopra, dei numeri e delle strane scritte apparvero sulla lente.
«Livello di combattimento: 5. Cos’è, uno scherzo?! Il principe non poteva trovarsi una fidanzatina più forte?!» scoppiò di nuovo a ridere il nuovo arrivato.
«Ti ho chiesto se avete finito! Non farmi arrabbiare!» sbottò il ragazzino dai capelli a fiamma, scagliando una nuova sfera di energia che scavò un immenso cratere ai piedi del suo amico e fece perdere l’equilibrio a Bulma.
Li guardava terrorizzata. Chi erano quegli esseri con la coda in grado di volare e scagliare bombe dalle proprie mani? Cosa volevano da lei?
«Sì, abbiamo finito. Napa mi ha chiesto di venirti a cercare per dirti che, quando vuoi, possiamo partire» si fece improvvisamente serio il capellone, che aveva perso tutta la sua baldanza.
«Allora gli insulsi abitanti di questo inutile pianeta ci hanno dato tutti i soldi che avevamo stabilito?! Ho lasciato fare tutto a voi perché non avevo neanche voglia di vederli in faccia… mi irritano, tsk!» ringhiò il bambino dai capelli a fiamma.
Bulma si rese conto che era davvero pericoloso e che non stava mentendo poco prima. Doveva essere un principe e doveva essere anche molto potente, a giudicare da come il suo amico gli portava rispetto.
«Hanno provato a fare i furbi, ma alla fine ci hanno dato tutto. Si sono meritati qualche fuoco d’artificio per averci fatto perdere tempo, ma adesso almeno potranno divertirsi a ricostruire le case che gli abbiamo distrutto e a seppellire i propri cari» spiegò il capellone.
«Razza di ingrati, dovremmo sterminarli tutti! Ci fanno anche perdere tempo… dopotutto siamo stati magnanimi a permettergli di vivere in affitto su questo pianeta, visto che l’abbiamo conquistato e mi devono obbedienza!» sbottò il ragazzino dai capelli a fiamma.
«Cosa facciamo, li uccidiamo tutti prima di andarcene? O facciamo saltare in aria direttamente il pianeta? Tanto non vale niente…» domandò il capellone.
«No! N-non… non uccidete nessuno, per favore! È… è una cosa sbagliata! E… e poi loro vi hanno pagato, no?!» si intromise Bulma, pentendosi quasi subito di aver aperto bocca, a giudicare dagli occhi con cui la guardavano i suoi due interlocutori.
«Hai sentito, Prince?! È una cosa sbagliata!» scoppiò a ridere il capellone. «Cosa vuoi farne di lei?»
«Non sono affari tuoi! Ti ho già detto di starne fuori!» ringhiò il ragazzino dai capelli a fiamma, volando a velocità supersonica accanto al suo amico e colpendolo con un pugno diretto allo stomaco che lo fece piegare sulle ginocchia. «E non permetterti più simili confidenze con me quando non siamo da soli! Tsk!»
«S-scusa…» farfugliò il ragazzino più alto, sputando un grumo di sangue e rialzandosi a fatica.
«Muoviti, Rad. Di’ a Napa di accendere i motori dell’astronave e di prepararmi dieci Saibamen, ho voglia di combattere e di uccidere qualcuno che sappia difendersi almeno decentemente!»
«O-ok, ti aspettiamo» si alzò in volo il capellone, con ancora una mano sulla pancia. «Ciao turchina, magari un giorno ci rivedremo» aggiunse, accennando un sorriso e facendo l’occhiolino, prima di sparire nel cielo.
«M-ma… chi siete?!» farfugliò Bulma, guardando l’unico ragazzino rimasto, che aveva di nuovo incrociato le braccia al petto.
«Siamo gente che devi augurarti di non rivedere mai più, se ci tieni alla pelle» rispose sprezzante lui, dandole le spalle e cominciando a camminare. «Oggi sei stata fortunata perché sono di buon umore, ma non è detto che la prossima volta sarà lo stesso».
«Distruggerai il pianeta?! Come fai a sparare quelle… quelle cose dalle mani?!» balbettò Bulma.
«Ti ho già detto che oggi è il tuo giorno fortunato, tsk! Vattene sul tuo pianeta, ragazzina, e non pensare a cose che non ti riguardano!» sbottò, senza degnarla di uno sguardo. «Comunque… se ci tieni tanto non lo distruggerò, o almeno non lo farò oggi. Hai dimostrato di avere fegato, risparmio te e questo pianeta solo per questo».
«Ehi, aspetta!» esclamò Bulma, correndo e afferrandolo per un braccio.
Non sapeva nemmeno lei perché l’aveva seguito, e non capiva neanche perché a quel contatto il suo cuore aveva cominciato a battere più forte. Era solo dovuto alla paura? No, si rendeva conto che non lo temeva, nonostante tutto.
Il ragazzino si voltò sorpreso e la guardò negli occhi per un istante. E, solo in quel preciso istante, i suoi lineamenti si addolcirono in modo quasi impercettibile. Anche il suo cuore cominciò a battere più forte, e quella sensazione sconosciuta lo confuse e lo irritò.
«Cosa vuoi?!» sbottò, liberandosi con uno strattone.
Si sentiva la gola secca e un peso nel petto. Un alito di vento smosse i capelli turchini della ragazza e il sole illuminò il suo sorriso. I suoi occhi brillavano come lucciole in una notte d’estate.
«Niente, volevo solo ringraziarti. Magari un giorno ci rivedremo» disse Bulma candidamente, e il ragazzino si ritrovò costretto a distogliere con stizza gli occhi da quelli di lei, incapace di sostenere il suo sguardo.
Lei ne approfittò e gli diede un fugace bacio sulla guancia, per poi arretrare di un passo, ridacchiando.
«E-ehi! C-cosa fai?!» gridò lui, arrossendo visibilmente e allontanandosi a sua volta, stizzito e imbarazzato. «S-stammi alla larga!» aggiunse con rabbia, guardandola con gli occhi sgranati per un istante, prima di voltarsi di nuovo, irritato.
Bulma approfittò di quel contatto visivo per fargli l’occhiolino e anche la linguaccia, ridendo, furba e dispettosa. Era burbero e pericoloso, ma non aveva paura di lui in quel momento. Non sapeva nemmeno lei perché. Si sentiva bene in sua compagnia.
Lei e la sua positività, lui e il suo smisurato orgoglio.
«Da che pianeta provieni?» gli domandò, incuriosita.
«Io non ho un pianeta» si limitò a rispondere, guardando un punto indefinito dell’orizzonte. «Posso però prendermi tutti i pianeti che voglio con la forza. Anche il tuo».
«Io credo invece che potresti cambiare in meglio, un giorno. Potresti difendere le persone che ti vogliono bene. E quelle a cui tu vuoi bene» ribatté Bulma.
«Io non voglio bene a nessuno e nessuno ne vuole a me! Non mi servono a niente degli stupidi affetti, mi interessa solo diventare il più forte!» gridò il ragazzino, alzandosi in volo. «E non dire altre sciocchezze, stupida! Non farmi cambiare idea!» aggiunse, scagliando un nuovo fascio di luce verso la foresta, incenerendone qualche ettaro e generando un altro boato.
Lo irritava quella ragazzina, e per di più lo faceva sentire strano. Odiava quello che stava provando. Voleva andarsene per evitare di ucciderla o di distruggere l’intero pianeta.
«Tu reagisci sempre così?! Non sai parlare in modo civile?!» lo sgridò Bulma, che non sembrava per nulla intimorita da lui.
Lui si voltò e la guardò negli occhi, nervoso e allo stesso tempo ammirato dalla tempra di quella bambina priva di poteri che non sembrava temerlo più di tanto.
«Tsk! Me ne vado, ragazzina! Fidati, è meglio per te!» disse, alzandosi sempre più in alto nel cielo.
«Aspetta! Dimmi almeno come ti chiami!» urlò Bulma, con le mani a coppa intorno alla bocca.
«Te lo dirò la prossima volta che ci vedremo, magari. Se ne avrò voglia!» rispose lui, sorridendole sghembo e volando via a tutta velocità.
«Certo che nell’universo si può trovare proprio di tutto… razza di scimmione…» sorrise a sua volta Bulma, tirando di nuovo fuori dalla tasca il suo navigatore. «Però non mi dispiacerebbe rivederti, “Prince”».
 
«Bentornato Vegeta, noi siamo pronti a partire!» disse un uomo imponente con un ciuffo di capelli neri al centro della testa e con un pizzetto nero che gli contornava la bocca. «Radish mi diceva che forse vuoi distruggere il pianeta, cosa facciamo?»
Il ragazzino dai capelli a fiamma atterrò e lo guardò con supponenza, entrando nella navicella.
«Hai preparato i Saibamen, Napa? Ho bisogno di sgranchirmi un po’ i muscoli».
«Certo, sono già pronti nella stanza speciale dove ti alleni di solito. Li ho piantati qui nella terra e adesso Radish li ha appena accompagnati dentro» spiegò l’uomo.
I Saibamen, infatti, erano dei guerrieri spietati e verdognoli dalle fattezze mostruose che crescevano da speciali semi non appena questi venivano piantati sotto un cumulo di terra.
«Molto bene, non voglio essere disturbato finché non saremo arrivati sul prossimo pianeta» ordinò il ragazzino, che si chiamava, appunto, Vegeta.
«E questo pianeta, invece? Lo distruggiamo o no?»
«Non mi va, oggi. Ci faremo pagare ancora l’affitto la prossima volta, poi deciderò» lo liquidò Vegeta, entrando nell’astronave, all’interno della quale lo aspettava Radish, il giovane capellone che poco prima aveva colpito davanti a Bulma.
«Allora, come è andata con la turchina? Ti piace? L’hai uccisa?» gli sorrise. «Dai, Prince, non farti sempre cavare fuori dalla bocca ogni singola sillaba! Già mi hai fatto male, prima!»
«Tsk! Non farmi innervosire di nuovo, Rad! Lo sai che non voglio che ti prendi confidenze in pubblico!»
«Ma siamo amici da sempre, no?! Che palle quando fai così…».
«Un Saiyan non ha amici e io sono il tuo principe! E non dimenticarti che tu sei un’insulsa terza classe, è già tanto che ti do retta! Tsk!» ringhiò Vegeta, digitando un codice davanti a una porta che si spalancò, mostrandogli i dieci Saibaman che lo fissavano attraverso i loro inquietanti occhi rossi e facevano versi assurdi e minacciosi.
«Sì, sì, lo so, lo so…» lo compatì Radish, alzando gli occhi al cielo sospirando, sicuro di non essere visto.
Era il suo unico amico e lo accettava così com’era, anche se ogni giorno sembrava cambiare in peggio e inasprirsi sempre di più, soprattutto da quando un meteorite aveva distrutto il loro pianeta d’origine, almeno da quello che ne sapevano loro.
La loro razza si era praticamente estinta, le loro famiglie non esistevano più. Ma Vegeta aveva reagito diventando, se possibile, ancora più chiuso in sé stesso.
«Dimmi una cosa, Prince» disse Radish. «Non le hai fatto del male, vero? È per questo che non vuoi distruggere il pianeta Rias, no?» aggiunse, riferendosi a Bulma.
«Non distruggo il pianeta solo perché oggi non ne ho voglia, tsk!» sbottò lui, prima di voltarsi un’ultima volta per guardare negli occhi il suo amico mentre la porta scorrevole si chiudeva in automatico.
I Saibamen si scagliarono follemente contro di lui, urlando con voce stridula e digrignando i denti. Ma Vegeta sorrideva sghembo, incurante del pericolo e con le braccia incrociate al petto.
«E magari un giorno la rivedrò quella sciocca ragazzina».
 
 
 
 
 
 
 
Note: Vi ringrazio tantissimo per aver dato fiducia a questa storia, spero abbiate apprezzato l’idea di questo primo incontro tra Bulma e Vegeta, molti anni prima di Namecc, e il modo in cui l’ho resa.
Su Namecc, Bulma ha paura inizialmente di Vegeta, ma da lì in poi non lo teme più, anzi, più passa il tempo e più è lei a ottenere sempre da lui quello che vuole, ha sempre saputo come prenderlo. In più Bulma dimostra spesso e volentieri di non avere paura di esseri potenzialmente letali per una senza poteri come lei, basta pensare ad esempio a Beerus, Zamasu e anche alla saga dei Cyborg. Quindi ho pensato che non avrebbe avuto troppa paura di questo piccolo Vegeta e che avrebbe saputo come domarlo.
Ho poi immaginato un Vegeta non ancora così “cattivo” come lo vediamo nelle sue prime apparizioni in DBZ e nei suoi flashback da bambino… guardando la parte del film “Broly” in cui lui e Radish sono insieme da bambini in giro a fare danni per l’universo ho subito pensato che un tempo dovevano essere stati amici, poi il carattere di Vegeta si è inasprito sempre di più fino ad arrivare a non provare più nulla né per lui né per Napa, come vediamo in DBZ. Chi legge le mie storie di solito sa bene quanto a me piaccia pensare che Rad e Vegeta siano grandi amici da sempre, che abbiano un legame d’amicizia che sia praticamente una brotherhood, quindi ho voluto cercare di mostrare un qualcosa di vagamente simile anche in questa storia, cercando di restare canon. A me piace pensare che tra di loro si chiamassero “Rad” e “Prince”, ho voluto trasferire qui anche questo aspetto.
Spero abbiate apprezzato! Voi come la pensate sul loro rapporto? Vi sono piaciute le parti dedicate al passato dei Saiyan nel film “Broly”? Io le ho adorate!
Però questa storia è pur sempre una piccola VegeBul dedicata a due piccoli VegeBul… vi sono piaciuti i nostri eroi? Pensate che possa un “missing moment” credibile questa storia o più un “what if”?
Per il nome del pianeta ho scelto “Rias” in onore di Rias Gremory, una delle mie ragazze anime preferite, tratta da High School DxD.
 
Un grazie speciale a chi vorrà lasciarmi il suo parere, ci terrei davvero a sapere cosa ne pensate! Ringrazio poi tantissimo anche chi preferisce leggere in silenzio e chi inserisce la storia nelle liste!
Allego un frame di Rad e Vegeta bambini tratto dal film “Broly”, quanto sono carine le mie scimmiette malvagie preferite?! E poi anche due fan art meravigliose di Bulma e Vegeta da bambini. Nella prima il Prince ha la battle suit Saiyan tratta dal film “Broly” (quella che ho scelto per questa storia) e nella seconda il suo look tratto dai flashback e film di DBZ. Voi quale preferite?
Un grazie va poi a laurakovac per la consulenza che mi ha dato per scegliere il titolo della OS!
 
Bene, non mi resta che augurarvi buona estate, spero che potrete riposarvi un po’ in questo caldo agosto. Magari più avanti tornerò a scrivere una VegeBul hot, che in effetti è qualche mese ormai che non ne pubblico, fatemi sapere se vi piacerebbe!
Per il resto ci vediamo mercoledì prossimo come al solito col cap. 23 di “Le Sette (sfere) e una notte”, vi aspetto! Grazie ancora!
 
Teo
 

Rad-Veg

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