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Autore: Doux_Ange    08/08/2020    1 recensioni
Viste le numerose incongruenze della dodicesima stagione (particolarmente negli ultimi tre episodi), insieme al disastroso finale, io e la mia partner in crime Martina abbiamo pensavo di sviluppare quella che, secondo noi, avrebbe potuto essere l'edizione numero dodici della celebre fiction.
Speriamo vi piaccia!
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Anna Olivieri, Marco Nardi
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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LE MILLE E UNA FONTE

Grillo! Guarda Ines come saltella tutta felice e… Mah, cosa fai? Lo sai, vero, che quello che saltella dovresti essere tu, dato che sei un Grillo? No, perché son tre giorni che invece te ne stai lì, a poltrire e leggere chissà quale noioso libro dei tuoi...

Possibile che tu debba sempre avere da ridire su qualsiasi cosa faccio?

Ovvio che sì! Non si è mica mai visto un Grillo intellettuale! E poi cos’è quella roba che leggi? Architettura? Storia? Roba noiosa, sicuramente…

Per tua informazione, ‘Storia dell’architettura può essere molto interessante, ma non è comunque quello che sto leggendo ora.

E quindi? Cosa vuoi che me ne importi dell’argomento del tuo libro! Io sto solo cercando di farti notare che passi tutto il tempo a leggere, quando invece potresti goderti questa settimana di vacanze, come sto facendo io! Non capita tutti i giorni di vedere Anna e Marco liberi da impegni di lavoro! Abbiamo dovuto attendere che si sposassero e andassero in luna di miele per vedere arrivare questo giorno, e tu che fai? LEGGI!

Tecnicamente, questa non è la vera luna di miele, è quella «alternativa» …

Come sei pignolo e noioso, Grillo: sembri la Anna dei primi giorni! Goditi questo tempo libero come me, Marco, Anna, Ines e Lottie! Posa quel mattone e vieni a divertirti con noi!

Questo libro è divertente! Sto imparando delle favole nuove da raccontare a Lottie e Ines!

Ah, sì? E com’è che sarebbero «nuove»?! L’hanno scritto i nonni «biscottini»? Ahahah.

Ridi, ridi, che io intanto mi documento. Sulla copertina è riportato solo il titolo «LE FAVOLE DEL MARESCIALLO C.» … Che strano però: chissà chi è questo maresciallo C. che si è messo a scrivere favole? …

Sei serio? Cioè, maresciallo Cnon ti dice niente?!

Dovrebbe?

Quanto sei scemoDuro di comprendonio, oltre che noioso. Vabbè, lasciamo perdere. Comunque, visto che sembrano così interessanti queste favole, perché non me ne racconti una?

Perché dovr…

Ehi! La voglio sentire anch’io, una favola!

Lottie! Principessa! Certo che te la racconto! Vuoi che il tuo Grillo preferito non te ne voglia raccontare una? Sono qui apposta! Questo ed altro per la mia principessina!

Sei proprio un ruffiano… E uno stron…

Vocina!! Ci sono dei bambini!

Ti salvi solo per quello, dagli insulti. E ora, su, racconta sta favola!

Vediamo se ne trovo una interessante… uhm… questa no... questa boh… questa forse…

Taglia corto, Grillo!

Che maniere! Ah, ecco; questa sì! Si intitola: LE MILLE E UNA FONTE. 

C’era una volta, nella valle del fiume Naia, tra le fonti dell’Amerino e di Furapane, un re che non sapeva più amare. Egli era stato tradito dalla sua sposa e, da allora, il suo cuore si era ammalato. Un giorno, una fanciulla raccolse dell’acqua da una fonte nascosta: lei non lo sapeva, ma quell’acqua aveva dentro lacrime d’amor perduto. Lungo la via di casa, la fanciulla incontrò il re assetato, e gli porse la sua acqua. E senza nemmeno rendersene conto, grazie a quell’acqua miracolosa, il re guarì dal mal d’amore, e il suo cuore fu pronto ad amare di nuovo…

Marco’s pov

I giorni di vacanza stanno letteralmente volando, è già mercoledì! Sembra ieri, la domenica che ci siamo sposati... È stato il giorno più bello della mia vita, insieme a quello in cui è nata Lottie…. A quello in cui ho conosciuto Anna… a quello in cui abbiamo preso in custodia Ines…
Praticamente qualsiasi giorno da 4 anni a questa parte che abbia a che fare con le tue 3 donne! 
Esattamente, Grillo.
Comunque, oggi siamo tutti ad Acquasparta. Io ed Anna abbiamo deciso di prenderci una settimana di ferie da sfruttare come “viaggio di nozze alternativo” e visitare l’Umbria. Ci sarà tempo, per me ed Anna, per fare una luna di miele come si deve, quando Lottie sarà più grande.
Abbiamo tutta la vita davanti, in fondo. 
Ines era estasiata all’idea di poter finalmente vedere posti nuovi, dopotutto non ha mai avuto la possibilità di uscire veramente fuori da Spoleto prima d’oggi.

Secondo me anche il fatto di poter saltare una settimana di scuola ha avuto la sua importanza nell’entusiasmo espresso dalla piccola… Peccato che le avete distrutto i sogni di gloria poco dopo, dicendole che al mattino doveva comunque andare a scuola e le gite sarebbero state pomeridiane. 

In effetti, il suo faccino era tutto un programma quel giorno... Non sapeva se essere felice o delusa. 
In ogni caso, è evidente che alla fine il giusto compromesso lo abbiamo trovato, e lei finalmente sta visitando luoghi fuori dalla sua cittadina natale. Sembra un cucciolo che si appresta a visitare il mondo per la prima volta, gli occhi curiosi che si spostano di dettaglio in dettaglio, questa volta per divertimento e senza pensieri. Sì, perché in realtà Ines una volta è già uscita dalle terre spoletine, lo scorso febbraio, ma in quel caso ci eravamo recati a Roma per impedire a Don Matteo di accettare l’incarico di cardinale, salvo poi scoprire che aveva rinunciato all’offerta fattagli dal Papa per restare a Spoleto con i suoi amici. In quell’occasione Cecchini e la “canonica gang”, compresa la stessa Ines, avevano letteralmente trascinato mezza Spoleto fino al Vaticano per impedire al prete di abbandonare la sua Sant’Eufemia a qualche prete sprovveduto, uno tipo quel Don Faustino che aveva rovinato i piani della gara di bocce di beneficenza.

Che scena! Che ridere quel giorno... Quanto te la sei goduta, quando il ragioniere lo ha preso a colpi di pallina, dopo che quello aveva osato fare insinuazioni su Anna! 

Stai calmo, Grillo, ché dovevo difendere il suo onore!

In pieno stile ‘cavaliere’.

In ogni caso, come detto, a febbraio, nel freddo inverno, Cecchini aveva costretto anche me ed Anna ad andare con loro, «usando» Ines per convincerci, anche grazie all’appoggio della sua biscottina, che nel mentre si sarebbe occupata di Lottie. Per fortuna tutto è finito bene, e soprattutto con il Maresciallo al settimo cielo nello scoprire che il suo migliore amico e compagno di scacchi non lo lasciava da solo. 

E poi, onestamente: come avreste fatto senza Don Matteo a risolvere i casi? Ci fosse mai una volta che azzecchi il colpevole! 

Grazie Grillo, ti assumo come mio motivatore personale... 

Ma non lo sono già?! 

Secondo me non sei la mia coscienza per davvero, Grillo. L’ironia non la capisci mai.
 
È una giornata tiepida di primavera, Sta stringendo la mano di Ines mentre la conduco all’interno di un bellissimo palazzo, spiegandole la storia dello stesso. Anna ci segue pochi passi più indietro, con Lottie nel passeggino e, fedelissimo al suo fianco, Patatino al guinzaglio. Ines sembra affascinata da tutte le storie e gli aneddoti che le sto raccontando.
 
“Sai un sacco di cose belle su questo posto!” esclama, in tono sorpreso. “Sono contenta che me le stai raccontando!”
Le rivolgo con un sorriso enorme: Ines è una bambina molto curiosa. Fin dal primo giorno in cui l’ho vista, ne sono rimasto affascinato. Avevo intuito fosse una bambina «diversa», speciale, come qualcun altro di mia conoscenza… E dimostra sempre di più di essere la sua involontaria fotocopia.
 
Mi volto proprio verso quel «qualcuno», che nel mentre ci ha raggiunti.
“Se ti piace la storia, nessuno meglio di Marco può insegnarti cose interessantissime sui borghi dell’Umbria, e non solo...” afferma Anna, sorridendo e strizzando l’occhio nella mia direzione. 
Mi soffermo qualche istante ad osservarle: non posso fare a meno di pensare a quanto io sia stato davvero fortunato ad incontrarle. Sì, entrambe. Perché se Anna ha insegnato ad amare di nuovo, Ines mi ha fatto capire che amare è un dono da condividere e che nel mio cuore c’è posto per entrambe. Anzi, non solo per loro. Perché l’amore può cambiare, può spingerti a fare cose che mai penseresti di poter fare. E io, per quelle due donne - anzi, tre -  l’ho già fatto e sto continuando a farlo. Perché ne sono certo: per loro sarei pronto a fare qualsiasi cosa, pur di renderle felici. Non esiterei a prendere un aereo per il Pakistan seduta stante, se il sogno di Anna fosse ancora quello di diventare Caposcorta a Islamabad. Non esiterei a cercare Sergio in ogni garage/autofficina del mondo, per riportarlo da Ines. Perché il mio posto nel mondo, ora, è insieme a loro. E quel posto, che ho cercato a lungo, non pensavo potesse essere così bello.
In realtà qualche anno fa, non pensavo nemmeno più che i pezzi del mio cuore potessero essere rimessi insieme. Eppure era successo, una mattina in Piazza Duomo a Spoleto, quando una certa fanciulla ribelle era riuscita a fare breccia nel mio cuore, prendendomelo dal petto per curarlo e rimetterlo a posto, nonostante quell’aria da Zorro, atipica per la principessa che ho scoperto fosse, e l’atteggiamento da «so tutto io» che un tempo di lei non sopportavo.
Quel giorno, non ne ero ancora pienamente cosciente, ma avevo trovato l’altra metà della mia anima. Perché se una donna aveva smontato, pezzo dopo pezzo, il suo mondo, un’altra era arrivata a ricomporlo. Perché il mio problema non erano le donne, in senso lato, ma la donna che mi aveva tradito e buttato perché non ero quello «giusto». Perché, diciamocelo, se il problema fosse stato veramente quello, ora non sarei qui, sposato con la donna che mi ama nonostante il mio arrosto salato e le mie battute che non fanno ridere, e nemmeno insieme alle due splendide bambine che giorno dopo giorno sono pronte a insegnarmi che i padri possono anche sbagliare, ma possono sempre migliorare, perché non è mai troppo tardi (e nessuno meglio di me lo sa).
La passeggiata per il centro storico di Acquasparta scorre tranquillamente da un paio d’ore, tra le risate di Anna ogni qual volta Ines si cimenta in tentativi, poco riusciti, di ripetere quello che io le sto raccontando, come se fosse una guida turistica.

Ho perso il conto di quanti nomi ha storpiato nell’ultima mezzora, ma è adorabile!

Anche io l’ho perso il conto, Grillo, ma vederla così euforica mi riempie il cuore di gioia. Sono giorni che Ines è al settimo cielo ed incontenibile, tra la felicità di aver assistito al matrimonio mio e di Anna, e l’euforia per il ritorno di suo papà Sergio dopo mesi di latitanza forzata.
Fatico ancora a crederci, di essere riuscito veramente a convincerlo: io, Marco Nardi, che l’ho sbattuto contro un muro per averci provato con Anna e che dopo aver scoperto cosa era pronto a fare, ovvero ad abbandonare Ines, senza rendersi conto di cosa avrebbe potuto perdere, gli avevo intimato di non ripresentarsi più. Eppure erano bastati gli occhioni di Ines a sciogliermi come un ghiacciolo al sole e a spingermi a cercare Sergio per farlo tornare. La felicità sul volto della piccola, quando lo aveva visto quella mattina in piazza, era stata la risposta più eloquente a tutti i miei dubbi: avevo fatto bene a tentare.
 
“... Marco?”
Sono talmente immerso nei miei pensieri che mi rendo conto solo ora che Anna sta cercando di richiamare la mia attenzione da chissà quanto.
“Scusami, mi ero distratto...” mormoro.
“Ti stavo chiedendo se possiamo raggiungere un bar qualsiasi. Qua la situazione puzza.” mi spiega, accennando al pannolino di Lottie.
La mia risata è interrotta dalla vocina squillante di Ines.
“Possiamo prendere un gelato? Dai, dai!”
Come dirle di no?
Siamo appena usciti da Palazzo Cesi, quando un uomo mi si avvicina.
“Una rosa per le sue splendide signore?” chiede, porgendomi una rosa rossa.
 Ho uno strano senso di déjà-vu
Lo è, Grillo! Anna sta infatti ridendo alla scena, mentre io mi limito a ringraziare il venditore,  declinando l’offerta. Fossero state bianche, questa volta ne avrei comprata una, ma rosse no.
Rose rosse solo se sei mezzo prete, oppure Cecchini.
Scambio un’occhiata complice con mia moglie, prima di riprendere il cammino verso il bar, quando Ines, curiosa, decide di capirci di più. 
“Perché vi siete messi a ridere, quando il signore gli voleva vendere i fiori?” 
Lascia che sia Anna a rispondere alla piccola, curioso di scoprire la sua versione di quel ricordo, di quel giorno.

Anna’s pov

Oggi siamo ad Acquasparta, e sebbene io l’abbia già visitata, sono decisamente sorpresa dallo scoprire quanti dettagli mi erano sfuggiti la prima volta. Quel giorno ero venuta a visitarla con Marco, come del resto anche oggi. Ma le cose tra noi sono leggermente cambiate, nel frattempo. Poco poco.
All’epoca, io e Marco avevamo deciso di fare qualche uscita nel fine settimana, di tanto in tanto, per conoscerci e migliorare il  rapporto lavorativo. O, perlomeno, questa era la versione ufficiale. Quella ufficiosa ci vedeva a voler trascorrere insieme più tempo possibile, anche se ancora non sapevano che invece quelle gite avrebbero portato a qualcosa in più.
Molto di più, vorrai dire.
Devo darti ragione, Vocina.
Sorrido, nell’osservare Marco e Ines interagire. È bello vedere mio marito così appassionato e felice di condividere con la piccola tutto quello che sa, così come sono felice di vedere Ines pendere dalle labbra di Marco, con gli occhi sgranati e incuriosita. Sono perfettamente consapevole del fatto che, tra i due, è di certo l’uomo più impossibile che conosca quello più entusiasta. Di tanto in tanto, perdo il filo del discorso di Marco, e un po’ mi dispiace perché è veramente un ottimo cicerone. Però Lottie richiama spesso la mia attenzione, oppure, come ora, seguo il filo dei pensieri.
Perché non mi ero sbagliata quando avevo deciso che un lavoro come quello a Islamabad avrei potuto trovarlo ancora, ma un uomo come Marco no. E giorno dopo giorno me ne rendo sempre più conto. La capacità del mio bambinone in giacca e cravatta di cambiare il verso delle mie giornate col suo semplice essere sé stesso, non smetterà mai di sorprendermi. Le risate alle sue battute che non fanno ridere. Le liti ai fornelli perché Marco non ha accettato ancora l’idea che l’allieva abbia superato il maestro. I nostri momenti romantici interrotti da Lottie che piange, ma soprattutto da Cecchini e mia madre che bussano alla porta per andare a trovare le nipotine. Una vita, fianco a fianco, a casa e sul lavoro. Perché siamo un team, sempre. Anche quando litighiamo perché la pensiamo diametralmente all’opposto.
Eppure, tra alti e bassi, ora siamo qui, ad Acquasparta, con la nostra famiglia. Sembra ieri, che ci siamo stretti la mano per la prima volta, in Piazza Duomo. Ora, quando le nostre mani si stringono, le mie dita trovano la loro strada tra quelle di Marco in maniera naturale, come se fossero pezzi di puzzle destinati a combinarsi insieme. Ed è perfetto.
Vengo riportata alla realtà da Ines che dice a Marco quanto le piacciano le cose che le sta raccontando. Decido di affiancarmi a loro, spiegando alla piccola che non c’è persona migliore del suo tatuatore, quando si tratta di storia e architettura.

Come quel noioso del suo Grillo.

Chi?

Nessuno, fai finta che io non abbia detto niente.

Ines mi rivolge un sorriso, prima di voltarsi verso Marco e chiedergli altre curiosità. Ma Marco nel frattempo si è incantato a guardare me. Gli sorride, facendo l’occhiolino. Ogni volta che i nostri sguardi si incrociano, sento come una scarica attraversarmi il corpo. Un brivido lungo la schiena. Di pienezza. Di amore. Mi sente una principessa, in questi momenti. Io, che avevo sempre pensato non sarei mai stata niente più che un semplice Zorro. Che avrei fatto scappare gli uomini per colpa della divisa, come mi ripeteva sempre mia madre. Ma così non è stato. O perlomeno, non è successo con Marco. Perché lui ha guardato oltre la corazza, là dove nessuno aveva mai osato spingersi. Ha saputo far breccia dentro di me, entrando in punta di piedi nel mio cuore, per poi stabilirvisi e non andarsene più.
La passeggiata continua tranquilla per un altro po’, fino a quando la mia attenzione viene richiamata da Lottie che si mette a piangere. E a giudicare dall’odorino che si sta propagando nell’aria, il problema è facile da intuire. Chiedo quindi a Marco se possiamo andare in un bar, così posso occuparmi di nostra figlia, ma lui sembra assorto nel suo mondo, mentre Ines saltella allegra guardandosi attorno. Dopo vari tentativi, riesco a richiamare l’attenzione di mio marito. Ines coglie al volo l’opportunità per chiedere un gelato. Marco accetta volentieri di accontentarla.
Ci dirigiamo all’uscita. Ines mi sta già dicendo quale gusto di gelato vuole, quando un uomo ferma Marco. Ma quello non è…? Sì, proprio lui: il venditore di rose. Lo stesso di quel giorno. Non riesce a trattenere una risata mentre Marco declina l’offerta, come quella volta.
Quando riprendiamo a camminare, Ines chiede curiosa perché stiamo ridacchiando. Un solo sguardo con Marco è sufficiente, come sempre, a farmi capire che tocca a me raccontare il motivo delle risate.
Non abbiamo mai parlato di quel giorno, io e Marco. Forse perché entrambi sappiamo che, in fondo, ci eravamo trattenuti. Che le cose sarebbero già potute cambiare allora, ma avevamo preferito barricarci ognuno nel proprio castello, alzando le mura di difesa, per paura di soffrire ancora. Semplicemente perché entrambi eravamo consapevoli che quel nodo allo stomaco, quel turbinio di farfalle che arrivava sempre, puntuale, quando rimanevamo da soli e non si parlava di lavoro, erano il segnale che c’era già qualcosa di più di una semplice amicizia. Che c’era una strana sinergia tra noi.

Ah sì, era già vero amore.  

Ma non ero pronta, allora. Non lo ero stata per parecchio tempo. E per poco non mi ero lasciata sfuggire quello che più desideravo. Avevo rischiato che quel panda in via d’estinzione se lo prendesse mia sorella Chiara, con uno dei suoi sotterfugi. Ma la verità è che tutti, in quel triangolo ambiguo, avevamo capito fin da subito che c’era qualcosa di sbagliato. E quando meno ce lo saremmo aspettati, proprio Chiara, per una volta più matura di quanto non fosse mai stata, si era fatta da parte. E il resto, si sa, è storia ormai.
Ines mi sta fissando. Mi rendo conto che non le ho ancora risposto, mentre Marco si rivolge a Lottie con una battuta delle sue, in merito al pannolino che puzza. Comincio così a raccontare della visita ad Acquasparta con Marco. Sono passati anni, ma ricordo di ogni singolo dettaglio di quella giornata.
“E quel venditore di rose che abbiamo incontrato poco fa, è lo stesso che quella volta voleva convincere Marco a comprarne una.”
“E certo, anche lui si era accorto di come vi guardate sempre!” esclama la bambina, candidamente. 
“In che senso?” chiedo, corrugando le sopracciglia.
Lei mi lancia uno sguardo rassegnato, come se la risposta fosse ovvia.
“Succede tante volte che vi bloccate a guardarvi con un sorriso enorme in faccia. Sembrate quelle coppie dei film d’amore che guardano sempre nonno Nino e nonna Elisa.” 
Alzo gli occhi per incontrare quelli di Marco, e ciò che Ines ha appena finito di spiegare diventa nuovamente realtà senza che nemmeno ce ne accorgiamo.
La piccola richiama subito la nostra attenzione con un sonoro, “Visto? Lo state facendo anche ora!”, prima di fare un sorrisone sdentato.  “Siete carini, quando lo fate. Pure se un po’ strani.” 
Noi non possiamo fare altro che ridere all’affermazione della piccola. Ormai a pochi passi dal bar, Marco scuote la testa, divertito. “L’ho sempre detto, io, che tu sei un po’ troppo furba per me!”

Marco’s pov

Giunti al bar, io e Ines ci accomodiamo a un tavolino, mentre Anna si dirige al bagno con la nostra piccola Lottie per cambiarle il pannolino.
Mentre aspettiamo che torni, notiamo due signori poco distanti intenti a giocare a scacchi.
“Cosa guardate?” chiede Anna, con Lottie che fa un versetto felice tra le sue braccia.
Ci pensa Ines a rispondere.
“Sembrano Don Matteo e Cecchini: uno dei due ha appena perso la partita e si lamenta che vince sempre l’altro.”
“Beh, sai, una volta Cecchini ha vinto contro Don Matteo...” commento, ricordando quel momento epico. Ines, però, non ci crede, così le spiego meglio.
“E’ stata Anna ad allenare il maresciallo per la partita. Si trattava di una scommessa con Spartaco, il proprietario del Tric Trac.”
Anna si intromette nel discorso. “In realtà, a un certo punto ho smesso di allenare Cecchini, e non c’entro proprio niente con la sua vittoria.”
Decido di cogliere la palla al balzo. So benissimo la ragione per cui aveva ‘abbandonato la sfida’, ma fingo di non ricordare.  
“E come mai, hai smesso?” 
“Perché invece di dargli una mano, ho perso più di tre ore del mio prezioso tempo per far marinare la carne di uno stracotto che, alla fine, non ho mangiato per colpa di un sacco di polvere.” sbuffa, mettendo su una falsissima espressione indispettita.
Visto che il giochino mi sta piacendo, decido di godermela fino in fondo.
“Questa cosa mi ferisce profondamente,” ribatto con fare teatrale, “ e il sacco di polvere in questione ha dei grandi meriti, visto che adesso siamo seduti qui, al tavolino di un bar di Acquasparta, a raccontare questa storia a una bimba curiosa.”
Ines ci guarda con gli occhi spalancati.
“Io non ho capito niente di quello che avete detto, cosa c’entra allenare nonno Nino con un sacco di polvere? Io voglio il gelato che mi hai promesso!” esclama infine seccata, rivolgendosi a me. Anna ride alla mia faccia esterrefatta.
Richiamata l’attenzione di un cameriere, ordiniamo quindi il gelato per Ines e due caffè per noi. Passano pochi minuti e, assieme ai caffè, come spesso accade, riceviamo anche due bicchieri di acqua. Anna prende in mano il suo bicchiere e dopo un sorso si mette a ridacchiare, spiegando, a nessuno in particolare e a tutti al contempo, delle fonti della zona da cui quell’acqua proviene.
Io la guardo ammaliato, mordendomi il labbro inferiore nel tentativo di non ridere. So bene cosa sta facendo. Ricordo anch’io tutto di quel giorno. Appena Anna termina il suo discorso, Ines, riemersa dalla sua mega coppa di gelato (in cui sembra essersi letteralmente tuffata, perché ha gelato ovunque sulla faccia), ci tiene a dire la sua.
“Anche tu sai un sacco di cose belle, come Marco!” 
Anna la ringrazia, ridacchiando, approfittandone per pulirle il visino. Io non posso esimersi da fare la stessa battuta che di quel giorno. 
“Quindi ci hai trascinati qui... solo per bere dell’acqua?”
Anna intuito perfettamente il gioco.
“Eh, sai com’è, Amore, ci tengo alla vostra salute, soprattutto alla tua. Alla soglia dei quaranta, si sa, il declino è a un passo”, scandisce, con un sorrisetto furbo.
In momenti come questo, non posso far altro che innamorarmi nuovamente di lei come fosse la prima volta. Nessuna donna è mai stata capace di tenermi testa come fa lei. Ma Anna non è solo questo. Non lo era nemmeno quando la trovavo esasperante per il medesimo motivo.
Anna è ciò che cercavo e che non avrei mai immaginato di trovare. Sicuramente non dopo aver lasciato la mia ex storica, a un passo dall’altare, doppiamente tradito: dalla donna che amavo e dall’amico di sempre. Come si può pensare che l’amore, non necessariamente di coppia, anche quello tra amici, possa esistere dopo una cosa del genere? Io, di certo, non ci credevo più.
Quel giorno si ero sentito come sua madre, quando aveva scoperto per la prima volta il rossetto sulle camicie di mio padre. Solo che lei non aveva fatto nulla. Mentre io avevo reagito subito. Tutto istinto, come sempre fai. Ma quella sera, a poche ore dal matrimonio, la mia coscienza non mi aveva impedito di agire. Non mi aveva detto: fermati, ragiona. Mi aveva lasciato libero di provare a  far capire a Federica cosa si provasse a sentirsi una nullità. Non era andata come speravo, perché mi ero ritrovato con le camicie stracciate e la macchina venduta, ma quella sera non importava, avevo solo bisogno di sfogarmi. E in quell’occasione deciso di dire basta all’amore. Che non ci sarei mai più ricascato, convinto che le donne fossero tutte uguali e non vogliono far altro che cambiarti tutto il tempo, per poi buttarti via come un bambino col giocattolo vecchio non appena arriva quello nuovo.
Ma tutto è cambiato quando, quella famosa mattina, sono sceso dalla moto e, tolto il casco, avevo incrociato gli occhi verdi ed ipnotici del nuovo Capitano dei Carabinieri della caserma di Spoleto. Affianco a lei, c’era lo stesso uomo che qualche domenica fa l’ha accompagnata all’altare. Il nostro cupido pasticcione. La colonna portante della caserma e della loro vita. Il giorno del nostro matrimonio tutto ha acquisito un senso: ogni singolo dettaglio, anche quello a cui magari non si fa caso perché distratto da altro. Si è chiuso il cerchio. Ma si sa, il cerchio, con la sua perfezione, è simbolo di infinito. Come la loro storia.
Ines mi sta tirando un lembo della giacca nel tentativo di richiamare la mia attenzione per l’ennesima. Torna nel mondo reale mentre la piccola scuote la testa, sconsolata.
“Il tuo caffè ormai sarà più freddo del gelato che ho appena mangiato.”
Rido all’affermazione e sono sul punto di risponderle, quando si avvicina al tavolino un uomo con un violino, iniziando a suonare per noi. Non lo interrompo. Ines ascolta estasiata la bravura del musicista, mentre Anna culla tra le braccia una Lottie assonnata, con un occhietto chiuso e uno ancora semiaperto. Se esiste la perfezione, io sono convinto di averla trovata. In quest’immagine della mia famiglia. Delle mie donne.
Come sei diventato romantico! Ma continua così che mi piaci.
Il violinista conclude il suo brano. Gli do una mancia e lui, ringraziando, se ne va.

Anna’s pov

Il violinista è stato veramente bravo. E questa volta ho avuto l’opportunità di sentirlo suonare, di godermelo, non come l’altra volta. Sorrido, rivolgendomi ancora una volta a Marco. 
“Prima le rose, poi il violino... Non è che mi trovo un anello sotto il piattino?”
Marco scoppia a ridere, mentre Ines, confusa dice che oggi siamo più strani del solito, per poi chiedere se può alzarsi e andare a giocare poco distante con Patatino.
Mentre lei si allontana col cagnolone al guinzaglio, rimetto una Lottie ormai addormentata nel suo passeggino. Siamo rimasti soli, io e Marco. Non capita spesso. E il tempo sembra fermarsi quando i nostri occhi si incatenano a causa di una forza incontrollabile. Marco si sposta sulla sedia prima occupata da Ines con un guizzo divertito nello sguardo.
 “Per rispondere alla tua domanda di poco fa... Questa volta, se l’anello c’è, è sicuramente il mio, perché ti ho promesso che ti risposo duemila volte e, come hai detto tu stessa poco fa, ‘lla soglia dei quaranta, il declino è a un passo’, quindi mi devo sbrigare per arrivare a duemila”.
La sua battuta, come sempre, mi fa ridere.
E dopo parole del genere, non posso non baciarlo, no? 
Mentirei se dicesse che quel giorno sempre qui ad Acquasparta, qualche anno fa, non avrei voluto che accadesse lo stesso. Avrei tanto voluto avere il coraggio di mandare al diavolo tutto, afferrarlo per il bavero della giacca e lasciare entrambi senza fiato. Ma ero bloccata dietro la corazza, terrorizzata dal fatto che fosse ancora presto, che era passato troppo poco tempo dalla fine della mia storia con Giovanni, e convinta che sarebbe scappato anche Marco. Perché gli uomini vogliono donne che sappiano ascoltare, non donne che comandano. Ma forse quel bicchiere d’acqua, quello che avevamo bevuto brindando all’amicizia, conteneva veramente lacrime d’amor perduto.

Lacrime di che?

Ma cosa vuoi che ne sappia Vocina... ricordo solo di aver letto una favola, tempo fa, che ne parlava. Però dopo quella gita, nulla era stato più come prima: mia madre aveva scoperto che Giovanni mi aveva lasciata, che aveva ragione lei. E poi dal nulla, Marco le si era avvicinato, e le aveva detto che non ero così male e che non doveva volermi cambiare. Che le persone vanno amate per quello che sono. Quel giorno avevo capito che non eravamo colleghi, al massimo amici, come gli avrei detto poco tempo dopo. Ma non eravamo nemmeno ancora pronti per il passo successivo. Eravamo fermi in una sorta di limbo. Perché la paura può giocare brutti scherzi e far dire cose che non pensiamo davvero. Ma come dice Don Matteo, è la fiducia la vera chiave di volta: se sei pronto a buttarti nel vuoto insieme a qualcuno, allora è amore vero. E io da quel giorno, con Marco, nel vuoto mi ci sono buttata spesso. Quando mi sono aperta con lui, raccontandogli di papà, avevo cercato di fargli capire che poteva fidarsi di me, come io mi fidavo. Mi ero buttata, e avevo fatto bene.
Dopo esserci goduti una parvenza di viaggio di nozze, ‘solo’ noi due e per pochi minuti, decidiamo che è arrivato il momento di tornare a casa. Dopo aver pagato, ci dirigiamo verso il parcheggio dove abbiamo lasciato il maggiolino. È un po’ scomodo? Non importa. Doveva essere il mio regalo il nostro matrimonio, così che quell’auto a me (anzi, a noi) tanto cara ci avrebbe accompagnati nel loro viaggio di nozze itinerante per l’Italia. E quindi è lui, il caro vecchio maggiolino cabrio (ma con la tappezzeria nuova di zecca), che ci accompagna in giro per l’Umbria per questo viaggio di nozze “alternativo”. E non potrei esserne più felice.
Mentre ci lasciamo alle spalle Acquasparta, osserva le mie bambine addormentate, una accanto a me nel seggiolino e l’altra, in via del tutto eccezionale, seduta davanti con Marco. Il mio sguardo incontra quello di mio marito, per un secondo, attraverso lo specchietto retrovisore. Ma è bastato quell’istante, per tornare con la memoria a quella sera al drive-in, quando avevo ammesso, senza quasi rendermene conto, di aver trovato il mio posto nel mondo. Perché è così. Il mio posto nel mondo è accanto all’uomo che ama bermuda e ciabatte, che fa un pessimo brasato, ma che soprattutto mi ha donato ciò che più desideravo: amare ed essere amata in egual misura. Salvo poi scoprire che in realtà ero pronta a donare amore anche ad altri, o, in questo caso, altre: due bambine meravigliose che hanno aggiunto dolcezza a una vita già splendida di suo. E so che per Marco è lo stesso.
Stiamo tornando da Acquasparta, consapevoli che quel giorno di circa tre anni fa, mentre brindavamo all’amicizia, in realtà stavamo già brindando a al nostro amore.
Perché il re stava già guarendo dal suo mal d’amore e la fanciulla era la sua medicina.
 
Aaaaand we’re back!
Sorpresa! Io e Martina vi avevamo promesso nuove storie al più presto, ed eccoci qua!
Ve lo aspettavate, un sequel di Don Matteo 12 - 2.0?
Sarà una piccola raccolta di tre episodi ‘bonus’, ambientati dopo il matrimonio di Anna e Marco. Probabilmente avrete già individuato il filo conduttore.
Una precisazione: tutte e tre le storie sono state scritte per intero da Martina, io mi sono limitata a fare da ‘revisore’ e a postare.
Tenete d’occhio la pagina, i nostri profili Twitter e Instagram per gli aggiornamenti.
A presto,
 
Mari
   
 
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