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Autore: DarkWinter    09/08/2020    5 recensioni
In un ospedale vicino a Central City, i gemelli Lapis e Lazuli nascono da una madre amorevole e devota.
Fratello e sorella vivono un'adolescenza turbolenta e scoprono il crimine e l'amore, prima di essere rapiti dal malvagio dr. Gero e ristrutturati in macchine mangiatrici di uomini.
Ma cosa accadrebbe se C17 e C18 non dimenticassero totalmente la loro vita da umani e coloro che avevano conosciuto?
Fra genitori e amici, lotte quotidiane e rimpianti, amori vecchi e nuovi e piccoli passi per reinserirsi nel mondo.
Un'avventura con un tocco di romanticismo, speranza e amore sopra ogni cosa.
PROTAGONISTI: 17 e 18
PERSONAGGI SECONDARI: Crilin, Bulma, vari OC, 16, Z Warriors, Shenron, Marron, Ottone
ANTAGONISTI: dr. Gero, Cell, androidi del Red Ribbon, Babidi
{IN HIATUS}
Genere: Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: 17, 18, Crilin, Nuovo personaggio | Coppie: 18/Crilin
Note: Lemon, Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Carly fu riassunta al RNP prime che l'estate iniziasse: Leni le rifece lo stesso contratto dell'anno prima, anche se la veterinaria era ormai prossima alla fine degli studi e non avrebbe potuto lavorare lì da loro fino a novembre. L'ultimo anno sarebbe iniziato prima e finito dopo, in mezzo ci sarebbero state la discussione della tesi, la laurea e un trasloco o a Viey o a Saint-Paul. 

Quello era lo stretch finale, l'ultimo miglio da correre prima di concludere quel capitolo ricco che era stata l'università.

Quel tirocinio estivo (pagato!) sarebbe stato l'ultimo, ma questa volta Carly sapeva che un contratto a tempo indeterminato l'avrebbe aspettata: non solo se l'era guadagnato, se l'era proprio meritato.

Fortunatamente aveva potuto ritornare ad abitare con Lillian per il tempo dello stage; l’ex top ranger non ne poteva più di aspettare, Carly le era mancata…

Quando Leni gliel’aveva detto si era messa a saltare di gioia.

"Anche se abbiamo litigato, sappi che io ti sosterrò sempre e che sarò sempre orgogliosa e felice dei tuoi successi."

Leni le aveva sorriso, mentre Carly firmava il contratto.

"Leni, ti chiedo scusa. Per l'anno scorso…"

La direttrice sapeva che Carly usciva con Diciassette già da un po’. Erano una coppia di fatto.

"Meno male che tu non volevi i guardiaparco…"

Leni non lo disse, ma era contenta di vedere che aveva sempre avuto ragione e che quel teppistello era davvero il tipo per Carly, come lei aveva sempre pensato.

La direttrice aveva avuto i suoi dubbi su Diciassette, ma in ogni caso si fidava del giudizio di Carly: se lei stava con lui, in fondo (molto in fondo) non doveva essere il ragazzaccio che appariva. Sembrava che entrambi si rendessero più felici.

Carly non le aveva ancora raccontato tutta la storia, ma si promise che un giorno l'avrebbe fatto. Leni era sempre una delle sue migliori amiche, alla fine.

Al suo ritorno alla clinica per animali selvatici di Verny Carly era partita in quarta: il primo giorno aveva appena fatto in tempo a mettersi il suo camice che le avevano portato un falchetto molto sofferente, ma vivo. Dei turisti l’avevano udito cadere sulla loro roulotte.

"Quindi sei una zoologa, come la moglie di John?"

"No, una veterinaria."

Carly si infiló gli occhiali da vista e fece segno a Lapis di sedersi. Ma lui voleva guardare il falco, mentre pensava al fatto che per una volta le cose erano state facili e che il mondo era piccolo: che anche Carly lavorasse al RNP era stata la coincidenza più felice, quante probabilità c'erano? 

Gli sembrava di ricordare che Carly volesse diventare una pediatra, ma fu felice che avesse cambiato carriera:  era proprio destino.

Il falco era stato colpito apposta, con l'intenzione di ucciderlo; Carly schioccò la lingua, iniettando con perizia un anestetico locale.

"Bracconieri di merda, sul serio!"

Diciassette restò a osservare curioso la veterinaria ricucire l'ala del piccolo rapace, straziata da una pallottola. Anche il falco la guardava, roteando nervosamente due occhi quasi umani.

"Ancora un po' di pazienza."

Il rapace chiuse gli occhi quando Carly gli accarezzò la testolina col dito.

Il cyborg fu colpito dalla cura e dall'amore con cui Carly faceva il suo lavoro. Se fosse stato lui l'avrebbe svolto con le sue solite concisione ed efficienza, ma Carly non aveva fretta; se le coccolava proprio, quelle bestie. 

A Diciassette tornò istintivamente in mente ciò che aveva pensato da sempre: che lei sarebbe stata una brava madre.

Carly vide i suoi tratti ammorbidirsi:

"Che c'è?"

Diciassette ebbe voglia di accarezzare il falco come faceva lei. Con un sorriso Carly gli prese la mano e guidò i suoi gesti:

"Piano. Così."

L'animale abbassò la guardia quando sentì che anche l'altro bipede aveva un tocco delicato. 

Carly fu distratta dalle braccia abbronzate e sudate di Lapis, lasciate scoperte dalla maglia smanicata. Strinse più forte la sua mano, forse per lasciare che il tatto scoprisse qualcosa...

"Dunque, se il pazzo ha fatto quello che ha fatto col solo scopo di farti ammazzare quel tipo, non sei tecnicamente un terminator? Non Terminator, ma-"

"La finisci?"

La bocca serrata di Lapis tradì la sua voce calma. Si stava arrabbiando con lei?

"Non ho capito, tu puoi scherzarci su e parlarne quando ne hai voglia ma io non posso?"

"Precisamente."

"Va bene…"

Carly conosceva la profondità dei propri sentimenti, ma in quegli ultimi mesi ne era rimasta sorpresa: ciò che aveva per lui era un amore illimitato che le permetteva di vedere oltre se stessa e i suoi limiti. Qualcosa che oltrepassava anche l’empatia, la complicità, l'orgasmo, persino il concetto di amore. Era quasi mistico.

Ma certo. Si trattava di Lapis, la parte più importante della sua vita.

Per questo Carly capiva quando a volte le chiedeva di chiamarlo Diciassette, e di non usare Lapis con coloro che non l'avevano conosciuto da umano. Riusciva a cogliere il suo dilemma, la differenza fondamentale che sentiva in se stesso dopo un'esperienza così ultraterrena. Non aveva dubitato per un secondo che lui dicesse la verità. Razionalmente non aveva senso, ma era lì da vedere.

Anche se non lo mostrava, Carly era sempre angosciosa di apprendere di più sul suo essere cyborg, ma era sempre Lapis a decidere come e quando parlarne. Stava, però, mantenendo la sua promessa:

"Non hai idea di quello che ho visto. Il pianeta è pieno di mostri, terrori e pericoli. Ogni giorno la razza umana rischia l'estinzione a causa di alieni, creature e nemici che vogliono distruggere il pianeta. Non sono l'unico che può volare, là fuori c'è un intero gruppo di guerrieri che difendono la Terra. Diciotto ne ha sposato uno."

Questo le aveva detto Lapis la sera prima, seduti vicini fuori da un bar nel centro di Verny.

"Mi stai dicendo che anche alcuni di loro sono alieni?"

"Sì."

"Vuoi unirti a loro anche tu? Come Diciotto?"

"No, sto bene qui. Per un momento ho cessato di esistere: ora, qui con te vivo.”

Le cose non erano mai andate meglio per lui.

Carly pensava che fosse il suo amore a permetterle di capire cose altrimenti inconcepibili per la mente umana, l'esistenza di un mondo parallelo e incredibile. Non era qualcosa che era disposta a condividere con altri "semplici umani", nemmeno con Leni o il suo amato padre. Lapis avevano fatto lo stesso: Kate e Lillian sapevano solo che ora era un cyborg, la punta dell'iceberg.

Carly si considerava privilegiata, se non altro, per avere una tale comprensione del mondo. Diciassette era giunto a considerare la sua disavventura come una benedizione di conoscenza superiore e, grazie a lui, anche lei poteva accedervi.

Diciassette l'osservò ricucire la ferita e tagliare il filo.

"Ah, che cringe…"

I punti che Carly aveva cucito sulla pelle del rapace erano così irregolari.

"Li ho fatti bene.."

"No, sono distanziati a membro di bracco: questo 3 mm, quest'altro 8 mm! Guarda."

Ci mancava solo che Lapis si mettesse a scannerizzare e criticare tutto il suo operato:

" "A membro di bracco"...E come fai a dirmelo?"

Diciassette la guardò sornione. Ah, giusto. Nulla doveva sfuggire ai suoi nervi ottici super rinforzati. Carly osservò i suoi occhi, chiedendosi se fossero telecamere super precise.

Ma quello era un lavoro ben fatto, anche se la sua precisione non era industriale. 

"Cosa sono, uova di Pasqua per bambini cattivi?"

Carly guardò Lapis maneggiare delle uova di legno a grandezza naturale, dipinte per sembrare proprio vere:

"No, dovrò riuscire a metterle in un nido d'aquila."

Rimpiazzare uova non fecondate con fac-simili affinchè le aquile non ne deponessero di più e creassero uno squilibrio nel numero di aquilotti nati ogni anno era una pratica comune. 

"Devo prepararmi per quando sarà possibile salire al nido. È la prima volta che lo faccio e serve che Louisa chiami un elicottero."

"Pigliati le uova di legno. Saliamo ora."


/

 

“Muoviti, muoviti, muoviti!”

Lillian saltellava su un masso, pestava i piedi come a volerlo davvero far muovere; perché lei non riusciva a spostarlo?

Michel era sembrato piuttosto incavolato quando le aveva parlato al telefono un’ora prima: il primo pensiero che aveva avuto era “ma come fa ad avere il mio numero?”. 

Man mano che si era avvicinata all’alpeggio, Lillian si era ricordata. Era nella lista dei clienti di sua moglie, andava spesso a comprare il loro burro e il loro formaggio...

“Sembra quasi che tu voglia spostare il masso coi piedi.”

Michel apparve a Lillian in quel momento, lei si sentì molto imbarazzata:

“Qualcosa del genere…”

Michel le porse delle foto:

“Stamattina sono andato qui dietro nella piana per far pascolare le mie mucche. Salvo che non ho potuto. La roccia è venuta giù sulla prateria...Per favore, fa riordinare tutto il prima possibile, non posso permettermi di andare fino a North City per trovare un pascolo.”

Sfogliando le foto con la fronte corrugata, Lillian non riconosceva quasi la piana Pessy. Non ci era andata dallo scorso inverno, ma il versante che Michel aveva fotografato assomigliava più ad una pietraia che ad un pascolo.

“Michel, perchè chiami me? Cosa posso fare io?”

“...fai spostare ‘sto macello! Chiamo te perché sei quella che la gente chiama.”

“Sbagliato. È il top ranger che devi chiamare. No, non sono io.”

Lillian strappò un pezzo di una vecchia cartina che trovò nel suo zaino. Si ricordò della dimostrazione che Diciassette le aveva dato, colpendo una parete rocciosa su alla piana Pessy.

“Chiama il top ranger, che è  anche il responsabile di questo casino.” 

Lillian finì di scribacchiare e porse a Michel il pezzo di carta:

“Questo è il numero del mio collega, chiama lui. Se vuoi restare a guardare, portati pop-corn.”


/

 

 “Ehi non mollarmi! Più vicino, le mie braccia sono corte…”

Carly agitava i piedi nel vuoto cosmico sotto di lei, sostituendo l’ultimo uovo in quel groviglio di rametti, piume e ossicini che era il nido della loro aquila gigante alpina più vecchia, Pollo.

Pollo non si trovava lì, ma il suo nome era familiare a Diciassette.

“No che non ti lascio cadere…”

Il cyborg strinse più forte la vita della sua umana, lei emise un verso strozzato e gli sferrò un calcio.

Non tutti i nidi d’aquila erano a picco su dirupi, infatti Louisa le aveva detto di aspettare a fare quel lavoro. Quando Lapis l'aveva sollevata e portata lì in alto Carly aveva pensato che fosse una pessima idea, ma ora cominciava ad essere contenta: la sua superiore avrebbe apprezzato che tutto fosse già  stato fatto, prima che l’elicottero fosse anche prenotato.

“Se Louisa ti chiede come l’hai fatto, dà pure la colpa a me.”

Lapis le fece un occhiolino, rimuovendo momentaneamente un braccio dalla sua vita per togliersi i capelli dalla bocca.

“Ah!! Tienimi! Lo fai apposta?!”

Carly si stava divertendo, alla fine. 

Lapis le aveva anticipato che poteva volare, ma essere lì in alto con lui era un’altra cosa: sentirglielo dire non l’aveva preparata. 

Ora Carly voleva che lo facessero tutti i giorni. Mai in vita sua si era immaginata che un giorno avrebbe volato, portata dal suo amore bello. Era l'apogeo del romanticismo...doveva dirlo a Lillian. Alla fine, era stato positivo che anche Lillian sapesse che Lapis era un cyborg, lei poteva discuterne, riderne o anche piangerne con qualcuno!

“Quando l’ha confessato a me, mi ha quasi teletrasportata in cima al Severny senza dire nulla. Ero scioccata.”

Ora Carly non riusciva più a guardare la guglia che incombeva su Viey senza pensare a Lapis e Lillian che ci passeggiavano.

“Quindi quando ti gira tu sali nel cielo e poi ti butti giù in picchiata?” 

Carly aveva finito con il nido. Si aggrappò al petto di Lapis come una scimmia.

“A volte. È rilassante.”

Immaginava che lo fosse. Restò aggrappata a Lapis che anzichè giù, la portó su. Con gli occhi che brillavano e il suo sorriso sghembo, Diciassette appoggiò Carly sulla cima della rupe e poi inspirò tutta l'aria che potè.

"...Dobbiamo andare giù!" lo interruppe lei.

"Ma voglio fare una cosa!" la sgridò lui.

Carly guardò la valle spalancata davanti a loro, poi guardò Lapis prendere rumorosamente un'altra boccata d'aria.

"Oh no...che fa ora?"

"Yodelay-hee-hoo!"

Yodelayheehoo, yodelayheehoo ripeté l'eco. Carly si era aspettata delle parole imbarazzanti, o un rutto gigante. Gira che ti rigira, Diciassette era sempre molto Lapis.

"Bene, ora sei un montanaro stereotipato, contento? Scendiamo."

Il cyborg non se lo fece ripetere due volte; afferrò Carly e si strinse le sue gambe intorno alla vita, correndo fino a spiccare il volo, in picchiata, dalla cima della rupe.

Rise di gusto mentre Carly strillava, la voce distorta dalla velocità del volo. Lei strillò fin quando Lapis si mise a planare, allora Carly vide la meraviglia: il paesaggio sotto di loro come le aquile dovevano vederlo. La riempì di brio. 

Però Diciassette non si era accorto che forse lei non era fatta per volare così veloce;  quando finalmente toccarono terra e lui aprì la macchina, Carly ebbe un giramento e cadde lunga e distesa sul sedile posteriore.

 

 “Allora stasera vieni da me? Lillian sarà al lavoro.”

Carly strinse Lapis e lo baciò, prima di scendere dalla macchina.

“Arriverò verso le nove. Oh...” Lapis  rispose brevemente al cellulare “devo andare su alla piana Pessy.”

Diciassette lasciò Carly vicino alla croce che segnava l'ingresso a Viey e lei andò a piedi lungo la strada costeggiata di campi di patate, accompagnata da un vociare crescente. C'era una grande casa attaccata alla chiesa di Viey, un posto in cui ogni tanto venivano gruppi in vacanza da tutto il mondo in occasioni come settimane bianche.

Ora Carly vedeva bambini e ragazzini ovunque, nel cortile disseminato di ciuffi d'erba, sulla grande balconata di legno, vicino alla fontana-lavatoio.

Proprio lì c'era a un bambino che attirò l'attenzione di Carly; mugugnava e piagnucolava, continuando a girare intorno alla vasca.

Carly si avvicinò e notò un camion giocattolo sul fondo di pietra scura.

Anche il bambino la guardò. Rimase ad osservarla a bocca aperta quando lei gli sorrise e immerse il braccio nell'acqua.

"Robin, vieni qui. Lascia stare la signorina."

Una donna sopraggiunse e gli circondò affettuosamente le piccole spalle.

"Ecco qui."

Carly gli porse il camion, scrollandolo per asciugarlo alla meglio.

"Dì grazie alla signorina."

Robin guardò Carly con un sorriso estasiato:

"Grazie signorina! Non avevi paura a mettere il braccio lì?"

La donna, forse una maestra, disse che Robin aveva paura della pietra scura e rivestita da un sottile strato di alghe.

Robin era un bimbo magro dai ricci castani. Gli occhi erano profondi e caldi, come quelli di un cucciolo, il suo nasino grazioso era spruzzato di lentiggini. 

Carly lo sorprese a guardare le sue:

"Sì, visto? Anch'io ho molte lentiggini."

Aveva quattro anni, lo disse a Carly con le dita.

La maestra raccontò che erano arrivati in mattinata e ringraziò ancora Carly di aver aiutato il bambino.

"Dai, vieni a cena. Saluta la signorina.”

“Ciao ciao..."

Carly ricambiò divertita i saluti e si avviò verso casa.
Trovò Lillian intenta a sorbire una grande bibita, davanti alla tele:

“Cos’è che farai stasera?”

“Brent deve scrivere un documento e io vado a fargli compagnia.”

Carly le sorrise enigmatica; no, non era come pensava. Lillian non intendeva minimamente iniziare una relazione col vichingo. Quello che voleva, era dargli l’amicizia che entrambi meritavano.

“...Sono passata al fast food, ce n’è anche per te. Col caldo chi ha sbatti di cucinare…”

Carly afferrò al volo un hamburger:

“Chi sono tutte quelle persone nella casa delle colonie?”

“Ah già, l’anno scorso non sono venuti...Sono la casa famiglia, di solito restano un mesetto.”
“Casa famiglia? Tipo orfanotrofio?”
“Non dire così!”

La parola orfanotrofio, le insegnò Lillian, era desueta e mal connotata al Nord. E quelle persone venivano sempre dal Nord, davanti a loro Carly avrebbe dovuto dire casa famiglia. Era strano, al Centro orfanotrofio non era un termine offensivo…

 

 Robin era piccolo, ma gli piaceva guardare le bambine e le ragazze, e la signorina era per lui una bellezza universale, forse anche divina. Per quello che la sua mente infantile poteva considerare un innamoramento, si era innamorato di lei. La sua amica alta non lo ispirava invece, inconsciamente gli sembrava meno materna.

Quasi ogni giorno stava appostato sperando di vederla passare, quando la vedeva arrivare si fiondava alla fontana, ci buttava un giocattolo e poi glielo faceva ripescare. Non vedeva l’ora di ringraziarla con un abbraccio.

A Carly piacevano i bambini e non le dava fastidio.

"Ancora un po' e chiederai "posso tenerlo?" " scherzava Lapis, quando lei parlava di Robin. 

Alla fine i bambini piacevano sempre anche a lui, non sembrava indispettito da quella profusione di affetto. Anzi, Diciassette era divertito da come Carly conquistasse i piccoli.

Anche se i bambini della casa famiglia sembravano sani e normali, Carly pensava che Robin avesse bisogno d’affetto. Anche a lei piaceva quando lui appoggiava la testolina al suo petto.

“Perché non puoi essere tu la mia mamma?”

Gli abitanti di Viey erano soliti conversare con gli educatori. Vedendo che lui le si era così  affezionato, uno di loro parlò a Carly di Robin: era figlio di tossicodipendenti, il padre era morto di overdose quando lui aveva solo un anno e mezzo, da allora aveva vissuto nella casa famiglia. Non era adottabile. 

“Perché hai una mamma, Robbie. Solo che ora non sta bene,…”

 

Le signore di Viey non avevano un tubo da fare e spesso preparavano biscotti e confetture per i bambini; una volta Carly contribuì, riempì un cestino di ribes e lamponi apposta per Robin:

“Vieni oggi pomeriggio a prenderli, abito nello chalet col balcone a cuori.”

Robin era andato tutto contento fino a quello chalet:

"Signorina? Posso?"

Nessuno rispondeva; Robin era entrato dalla porta non chiusa a chiave e si era preso il cestino, poi aveva fatto il giro della casa e aveva sorpreso Carly con un uomo.

Erano solo due grandi che si baciavano, bleah, ma il bambino sentì un tuffo al cuore: per qualche strano motivo gli parve una cosa strana, il ragazzo dai capelli scurissimi sembrava volerla divorare. A Robin parve strano quando la signorina, con il seno palpitante e le gote in fiamme, gli sorrise:

“Stavamo giocando."

Il giovane dai tratti duri invece non parlò; incuteva a Robin molto timore.

A Robin la signorina non sembrava veramente un’adulta ma una sorta di creatura delle fiabe, coi suoi colori particolari e i vestiti che lasciavano scoperte membra bianche e morbide. Invece, l’uomo con gli occhi azzurri era un adulto vero e proprio. 

E gli portava via la signorina…

Quando lui arrivava, lei non lo guardava nemmeno più: salutava Robin e si avviava, tenendo l’uomo per mano.

Quel bacio che aveva spiato gli era rimasto impresso; una volta che capitò solo con lei, Robin le porse una domanda.

“Signorina, è così che si fanno i bambini?”

Carly diventò rossa:

“...Ma no, Robbie!”

“E com’è, eh?”

Chissà se Robbie aveva chiesto la stessa cosa anche ai suoi educatori? Carly si trovava a disagio, pensando che non spettava certo a lei affrontare l’argomento con quel ragazzino! Ma si considerava una donna di scienza e disse quello che avrebbe detto ai suoi di figli, quando ne avesse avuti. Una spiegazione corretta e vaga.

“Vedi, quando due grandi si vogliono molto bene…”

Robin non aveva nessuna aspettativa, quindi non fu sorpreso più di tanto. Carly pensò di averla scampata, ma lui non la mollò:

“È così che fa il signore con gli occhi azzurri con te? Tu gli vuoi molto bene…"

 

 Una volta che gli capitò ancora di vedere il ragazzo con la signorina, anziché scappare Robin gli tirò la maglietta fin quando lui non si abbassò per guardarlo:

“Che vuoi, folletto?”

Il bambino voleva toccargli i capelli lisci, sembravano morbidissimi, ma si limitò  a guardare i suoi occhi ridenti da furbastro con sincerissimo aplomb:

“...io voglio la signorina come mamma. Ma te non ti voglio, te sei molto cattivo.”

Il ragazzo rise fragorosamente, Robbie vide che la sua bocca era rossa come i lamponi e i ribes. 

“Ok, io vado.” 

Il ragazzo saluto' la signorina e si avviò fuori da Viey, non prima di aver scoccato a Robbie un occhiolino malizioso:

“E per tua informazione, saresti fortunato ad avere me come papà.”

Il signor Lenteney, seduto lì vicino insieme ai bambini e a un’educatrice, rimuginò con fare saggio e solenne:

“Lui era Diciassette, il top ranger. Non mi piace molto.”

"Ahh no, nemmeno a me."

L’educatrice sospirò pensosa e fissò lo sguardo su Carly e Robbie:

“Ragazza, che culo...”

 

 Una volta che Lapis se ne fu andato, Carly tornò a giocare con Robbie.

“Lui è cattivo con te, vero?"

Carly ridacchiò, osservando distrattamente altri bambini della casa famiglia, raccolti intorno al signor Lenteney che sgusciava noci con un coltello. 

Era vero che Lapis non ispirava dolcezza come faceva lei, non l’aveva mai fatto, ma non gradiva sentirlo chiamare così:

“No, perché mai? Non parlare così del mio ragazzo, non si giudica un libro dalla copertina.”

“Ma tu sei super dolce…”

Oh, caro...Carly scompigliò con affetto i capelli del bambino:

“Non preoccuparti. Non avere paura per me, Robbie.”

 

/


Non appena erano tornati a casa dalla Capsule Corp., Diciotto e Crilin avevano ufficialmente comunicato che la loro seconda cerimonia sarebbe stata posticipata all'anno seguente.

Diciotto e il bambino stavano bene, ma gli sposini non se la sentivano.

"Così il matrimonio non si fa settimana prossima, no?"

Kate aveva il viso rosso d'emozione quando per la prima volta era andata alla Kame House a trovare la sua bambina. 

Appena la vide la strinse forte e versò qualche lacrima.

Distesa a letto, Diciotto si sfiorò la pancia di sette mesi, alzando su Kate due occhi inquieti:

"No, dopo quello che abbiamo passato...Non posso dirti cosa significa vivere nell'ansia costante di perdere la mia bambina."

"Lo so, figlia mia. Lo so."

Crilin e lei avevano scoperto che era una femmina solo poche settimane prima. Era anche molto timida, nelle ecografie era solita incrociare le gambe.

Una bambina, una piccola Lazuli…

Kate non aveva potuto fare a meno di abbracciare la futura madre ancora più stretta. Sarebbe andato tutto bene, Lazuli avrebbe stretto la piccola prima che le foglie iniziassero a cadere.

"Ora della seconda colazione!"

Crilin entrò nella loro camera con una brocca di spremuta d'arancia e delle gallette di riso.

Non sapeva che sua suocera fosse lì e quando la vide in compagnia di Diciotto, la salutò con un solenne signorina Lang.

"Oh dai, chiamami Kate. Ormai siamo una famiglia. A proposito, voi tutti dovete ancora incontrare Ronan…"

Diciotto aveva sorriso alla parola famiglia, ma non era sicura di voler conoscere il nuovo compagno di Kate. Crescendo, l'aveva vista uscire con vari uomini, ma lei non aveva mai insistito affinchè uno di loro incontrasse i gemelli.

Questo Ronan doveva aver conquistato la sua inarrivabile madre. Forse, solo per quello si meritava il suo rispetto.

Diciotto avrebbe potuto sforzarsi.

"E guarda, colazione a letto. Che uomo da sposare..."

Crilin arrossì. Non sapeva mai decifrare completamente Kate Lang, soprattutto quando l'espressione dei suoi occhi gli sembrava quasi beffarda, stile Diciassette.

Tuttavia, Kate era sincera.

"Oh, infatti…"

Diciotto gli prese la mano e gli fece un occhiolino:

"Crilin é tutto mio."










Pensieri dell'autrice:

Tenetevi forte, la baby Lazuli (che poi e' una baby Crilin in parrucca) sta per arrivare! Lazuli e Crilin hanno scoperto che Marron e' una Marron :) e...il prossimo capitolo arrivera'. Loro due non si sposano a breve alla fine, rimandano all'anno prossimo. Vi anticipo che ci sara' una scena in cui Lazuli andra' a caccia del vestito in compagnia anche di Chichi e Bulma (penso che se una vuole un giudizio brutale, si deve portare Chichi!).
Poi c'e' Robin, che e' introdotto qui ma comparira' piu' tardi nella storia all'eta' di 8/9 anni con uno "status upgrade". E qui, Carly non ha nemmeno figli e si trova a dover rispondere a LA domanda imbarazzante che fanno i bambini, che disagio :')
E invece, ha chiesto alla persona giusta...
Tranquillo Robbie, prima o poi potrai abbracciare Carly e toccare i capelli di Lapis tutte le volte che vorrai.

 









 
   
 
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