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Autore: Mony Akai    09/08/2020    2 recensioni
Revenge Era. Gerard è sul palco qualche ora prima del soundcheck. È piena estate e piove. Dalla piccola passerella che dal centro del palco si tuffa nel prato dell’arena, Gerard ha qualcosa da dire. Qualcosa di importante che gli sta logorando lo stomaco. Ha una sola occasione per gridare ciò che prova. La lucidità è l’ultima delle sue compagne in quel momento e così l’angoscia prende possesso del suo corpo e la mente vaga.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Frank Iero, Gerard Way | Coppie: Frank/Gerard
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Premessa:
La storia contiene parte del testo di “I never told you what I do for a living” dei My Chemical Romance. Consiglio personalmente di leggere la storia facendo partire la canzone in sottofondo quando trovate il simbolo “”, per una completezza della lettura.
Ovviamente la velocità di lettura varia da persona a persona, quindi è possibile che le parole della canzone non combacino alla perfezione con le parole scritte. Quindi sappiate che nella fan fiction la canzone attacca con il primo dei tre “and down we go”, circa a metà canzone.
Se invece preferite, potete leggerla senza canzone, purché l’abbiate in mente.
 
 
 
 
Non era fredda. La pioggia intendo. Era estate, come avrebbe potuto esserlo? Non sentii alcuna parte del mio corpo fredda, in quel momento. In realtà sentivo solo dei lievi dolori al petto. Non stavo soffrendo, la sensazione all’altezza del diaframma era quasi piacevole, in realtà. Avrei volentieri gettato la testa all’indietro per lasciarmi scivolare le gocce sulla faccia e lasciarle evaporare all’aria. Sentii i muscoli delle guance tirare leggermente, stavo sorridendo. Nemmeno me ne ero reso conto. Chiusi gli occhi automaticamente, le palpebre e le labbra tremanti. Perché il mio corpo era in conflitto? Non sembrava essere in grado di decidere se lasciarsi andare alla gioia o alla tristezza. Le gambe erano ferme, dritte e un po’ formicolavano. Forse per l’adrenalina. Gonfiai il petto per prendere più aria possibile. La restituii al vuoto davanti a me con un profondo sospiro. Inaspettatamente le corde vocali nella mia gola si incresparono e ne fuoriuscì un tremolio debole. Quasi conseguentemente, una lacrima tentò di scappare. No. Non era ancora pronta per il grande salto. Così come non lo ero io. Di nuovo quella morsa nello stomaco simile ad un disperato tentativo di attirare la mia attenzione. Come un’improvvisa fame. Solo che ora la stretta era più profonda e mi creava angoscia.
Sentii chiamarmi. Mi voltai dopo venti eterni secondi. Frank mi fissava negli occhi. Non tentai nemmeno di interpretare il suo sguardo. Non con quel senso di vertigine allo stomaco che mi aveva iniziato a pervadere nel momento in cui avevo deciso che cosa avrei fatto. Sorrise. Sorrisi di rimando. Non avrei trovato un’altra occasione più perfetta e al tempo stesso più sbagliata. Respirai a fondo ancora, terrorizzato all’idea di potermi dimenticare come si fa. Respirò profondamente anche lui, più tranquillo di me apparentemente. Il vento ogni tanto portava qualche ciocca di capelli davanti alle sue guance e anche alle mie. Lui scostò un ciuffo dietro le orecchie. Non sarebbe rimasto lì ancora a lungo, il vento l’avrebbe rispedito di nuovo davanti al viso di Frank. Strinsi le mano a pugno. Ricordai solo in quel momento di tenere ancora tra le dita il microfono. Volevo rimetterlo sull’asta ma volevo anche tenerlo con me, per rassicurarmi. Respirai di nuovo. Non potevo tirarmi indietro. L’avrei detto. In quel preciso luogo e in quell’esatto momento. L’avrei detto, che fosse stato giusto o meno. Dovevo farlo o sarei rimasto per sempre in bilico. Dovevo sbilanciarmi. Ero in un’auto che stava per crollare nel baratro della vergogna. Un movimento sbagliato mi avrebbe fatto cadere nel vuoto, ma se mi sbilanciavo e saltavo dalla parte giusta, non mi sarei dovuto più preoccupare di niente. O così almeno mi sembrava che funzionasse. Mentre ci pensavo Frank mi parlava. Non una singola parola entrava nella mia testa, cosa rara quando lo ascoltavo. Ora dovevo solo pensare a capire quando… e come.
«Frank.»
Il suo sguardo era… no, non potevo deconcentrarmi. L’avrei detto ad ogni costo. Anche se si fosse allontanato da me, anche se mi avesse guardato così, con quegli occhi così… Non potevo permettermi deviazioni sulla mia strada.
«Frank.»
«Che c’è, Gerard?»
Inflessione nella voce. Leggera, ma non dovevo concentrarmi sulla sua voce, ma sulla mia. La mia doveva essere perfetta. Doveva suonare decisa e convinta. Non dovevo lasciargli la possibilità neanche per un istante di pensare che stessi scherzando. Dovevo riuscirci, anche con il ribollire del mio corpo, anche con il terrore addosso. L’avrei detto.
«Frank. Io credo di amarti.»
Mi resi conto di essere rimasto in apnea nell’istante in cui ripresi fiato. Gli aghi nello stomaco mi avevano tolto il respiro ed ora tentavo disperatamente di ricompormi. Lentamente il suo labbro inferiore si abbassò. La pioggia cadde in minuscole gocce da un labbro all’altro. Gli occhi si fecero grandi e sorpresi. Esattamente la reazione che mi aspettavo. Esattamente la reazione che volevo.
«Frank. Credo di amarti sul serio.»
Enfatizzai le mie parole. Lui mi fissava ammutolito. Abbassò lo sguardo e sorrise appena. Increspò solo gli angoli della bocca in realtà, ma almeno non era una smorfia accigliata.
«Da quanto tempo?»
«Da sempre, credo. Solo che non me ne ero mai reso conto. Avrei voluto capirlo prima e al tempo stesso avrei voluto non capirlo mai.»
Il sopracciglio di Frank si incurvò. Era perplesso. Lo immaginavo.
«Ho avuto il terrore di dirtelo e contemporaneamente ho avuto il terrore di non potertelo mai dire. Volevo sapere se ricambiavi, ma non volevo mi abbandonassi. Sono un egoista a dirtelo, ma non potevo ignorare i miei sentimenti. Non potevo più tenermelo dentro. Dovevo dirtelo o avrei rischiato di vivere senza sapere, senza provarci nemmeno. La mia non è una richiesta, ma più che altro uno sfogo, una liberazione. So che avrei dovuto pensare anche ai tuoi sentimenti e l’ho fatto, credimi. Ma in qualsiasi modo la mettessi, ritornavo a pensare al fatto che la consapevolezza di amarti si stava trasformando in un peso troppo grande per me da sostenere da solo. Frank. Credo di amarti. Punto.»
Il suo sguardo cominciò a sfumare davanti ai miei occhi. Stavo piangendo. Sbattei le palpebre due volte. Frank non c’era più. Svanito. La pioggia c’era ancora. Ebbi un brivido sulla pelle e mi guardai attorno piano. Non rivolgevo più lo sguardo al palco, ma al nulla davanti ad esso. Qualche tuono in lontananza echeggiò nel silenzio e nel vuoto. Il pavimento tintinnava sotto le gocce d’acqua, costanti in sottofondo. Il mio stomaco fu svuotato di tutto e la piacevole sensazione di prima si tramutò in pura angoscia. Ora faceva male. Mi sentii dondolare.
«Frank?»
Chiamai il suo nome più volte. Prima un mormorio e poi con più decisione.
«Frank.»
La pioggia cominciava a farsi insistente, il tintinnio era diventato uno scroscio pesante. Troppo frastuono per sentire anche solo le mie stesse parole.
«Frank. Io… Io credo di…»
La voce increspata. Stavolta piansi. Poche lacrime incerte, ma bastarono a rendere la mia gola aggrovigliata, gonfia di lacrime represse. Metaforicamente parlando, non biologicamente. La testa pulsava ed il cuore pure. Palpitava intensamente. Ero triste. Frank non era più lì ed io non gli avevo mai detto nulla. Niente di quello che mi ero prefissato era uscito dalle mie labbra. E non l’avrei mai più detto. Non sarei mai riuscito a trovare un’occasione simile, mai. Non avrei mai commesso l’errore di dirgli tutto e non mi sarei mai tolto il peso di dosso. L’avrei portato con me in eterno, perché non avrei mai più avuto il coraggio.
«Gerard.»
Frank mi raggiunse dal fondo del palco. Non avrei mai trovato la forza.
«Che ci fai sotto la pioggia? Vuoi rovinarti la voce per stasera?»
Ridacchiava. Una risata bizzarra. Lo fissai per qualche istante. Lui mi fissò di rimando. Non risposi alla sua domanda. Non sapevo più cosa dire, né cosa fare. La sua bocca era nuovamente aperta in ammirazione. O in stupore. Respirò profondamente. Inspirai anche io, peggiorando il dolore dovuto al nodo in gola. Ad ogni respiro sentivo il gonfiore in faccia pulsare, sotto gli occhi e in fronte.
«Gerard.»
Frank stava per parlare. Stava per dirmi qualcosa di importante, lo percepivo da come respirava. La voce tremante e il respiro insicuro. Stava trovando il coraggio di chiedermi qualcosa. Lo sapevo perché pochi minuti prima ero nella stessa situazione, nella mia testa. Abbassò lo sguardo.
«Gerard. Io credo sia meglio andare al riparo adesso. Non possiamo permetterci malanni.»
Frank non mi guardava negli occhi. Lo vidi deglutire un enorme macigno prima di abbandonare le spalle deboli. Mi resi conto di star trattenendo il fiato. Lui invece annaspava impercettibilmente. I pugni chiusi e la pioggia che scorreva sulla sua testa e scivolava sul ciuffo in rivoli continui. A quel punto si era già trasformato in un pulcino zuppo. Dall’altra parte, io ero ormai da tempo uno straccio affogato in un enorme secchio. Frank sembrava triste. Stava pensando a qualcosa e io lo fissavo, meravigliato dalla sua bellezza. Scostai i miei capelli dalla faccia, tirandoli dietro la testa. Le dita mi tremavano e respiravo a fatica. Soffiai via le gocce che scendevano dalla punta del naso.
«Va bene. Andiamo.»
Ci dirigemmo al sicuro sotto il tetto del palco. Camminavamo uno di fianco all’altro. Non avrei mai avuto un’altra occasione. Non l’avrei mai detto. Di nuovo qualcosa mi afferrò da dentro, all’altezza dello stomaco. Lo soppressi e continuai a camminare. La pioggia non era fredda, ma ora mi sembrava un po’ meno calda. Ora era diventata solo una pioggia fastidiosa. Raggiunta la zona asciutta sentii il petto dolorante, mi mancò il fiato per almeno qualche secondo. Senza motivo mi voltai a fissare verso il centro del palco. Aspettammo in silenzio che la pioggia si placasse, seduti sul pavimento. Nessuno dei due disse niente, Frank si accese una sigaretta che tenne tra le dita ancora bagnate. Nessuno dei due propose di andare ad asciugarci. Nessuno dei due parlò. Sentivo le mie parole in testa, quelle che non avevo detto e che non avrei certo detto ora. Frank era immerso nei suoi pensieri. Cinque minuti dopo la pioggia ancora non voleva smettere.
«Ormai è tardi, Gerard, sarà meglio lasciar perdere.»
Frank sbuffò contrariato, si alzò e mi invitò a fare altrettanto. Io rimasi seduto a fissare il palco per un po’. Frank non insistette, ma mi osservava in silenzio. Mi voltai infine a guardarlo. Non mi piaceva definirle farfalle nello stomaco, perché quelle che avevo io somigliavano più a pipistrelli vampiro. E mi stavano divorando insaziabili dall’interno. Frank sembrava ancor più triste di prima, ma non smetteva di fissarmi. E io non smettevo di fissare lui. Scosse leggermente la testa per togliere delle gocce fastidiose sulla frangia e mi offrì una mano, accompagnata da una piccola smorfia incoraggiante. Accettai e mi sollevai, sbilanciandomi leggermente in avanti una volta in piedi. Oscillai per un attimo, perso nei miei pensieri e negli occhi di Frank. Lui sembrò fare altrettanto, tenendo salda la presa per impedirmi di cadere, ma poi distolse lo sguardo e fissò il microfono in mezzo al palco. Guardai anche io in quella direzione. Lasciai la sua mano e puntai mentalmente l’asta del microfono. Compii diverse lunghe falcate in mezzo all’acqua e, quando raggiunsi il microfono, sapevo che non era acceso, ma lo afferrai comunque con fermezza e presi fiato.
«…»
Tentennai. Feci vagare lo sguardo per l’arena deserta. Inspirai di nuovo, più profondamente. Mi aggrappai all’asta scivolosa e aprii la bocca.
«Uh…»
Sbattei furioso il piede a terra, schizzando lì attorno l’acqua di una pozzanghera. Il nodo alla gola ritornò e la pioggia che mi scorreva addosso inesorabile non mi permetteva di pensare.
«And down we go.»
Dissi a bassa voce. Il microfono era acceso. Mi girò la testa. Inspirai e continuai.
«And down we go.»
Più continuavo, più incrementavo il tono della voce e incalzavo il ritmo delle parole.
«And down we go.»
Non volevo smettere. Scandii le parole e strinsi la presa sull’asta e sul microfono.
«And WE ALL- FALL- DOWN!»
Mi abbandonai sulle ginocchia e urlai.
«I TRIEEEED!»
Gridai finché potei e mi bloccai solo per riprendere fiato.
«I TRIEEEEEED!!»
Ormai mi trovavo con il microfono sopra il naso e gridavo fino a sentire i polmoni svuotarsi.
«And we'll all dance alone...»
Non era vero. Non ci avevo mai provato. Non avevo nemmeno trovato il coraggio.
«…We'll love again, we'll laugh again. And it's better off this way.»
Non avrei mai trovato il coraggio.
«And never again, and never again…»
Sentii le guance scaldarsi e bruciare. Ruotai l’asta e rivolsi lo sguardo verso Frank. Era in piedi e mi fissava immobile sotto la pioggia. Scostai dagli occhi i capelli che mi impedivano di vedere il suo viso splendido.
«Well never again, and never again…»
Lo guardai serio e sentii di nuovo le lacrime scendere sulle guance insieme alla pioggia.
«…And we're all dead now.»
Inspirai forte e mi lasciai andare incurante della voce che tremava.
«WELL I TRIEEEEEEED!»
Ripresi fiato a fatica, ma proseguii.
«One more night! One more night!»
Proseguii ma a quel punto ero completamente in debito di ossigeno. La testa pulsava senza sosta.
«…I tried, well I tried, well I tried. 'Cause I tried, but I lied. I LIED!»
Avevo sempre mentito…. Staccai il microfono dal sostegno e mi diressi incerto verso Frank.
«I tried. I tried. I tried, well…»
Non sapevo cosa volessi fare ma continuai a camminare. Non tentai nemmeno di nascondere le lacrime. Ero troppo dilaniato dal dolore al petto. Frank se ne rese conto e mi afferrò per un braccio, chiamandomi disperato, ma io non lo ascoltavo.
«…And it's better off this way. So much better off this way.»
Mi afferrò la faccia e mi fissò angosciato.
«Gerard!»
«I CAN'T CLEAN THE BLOOD OFF THE SHEETS IN MY--!»
Stonf. Tu-tum. Piii—
Avevo lasciato cadere il microfono a terra che continuò a fischiare sotto la copiosa pioggia. Frank mi aveva strattonato e mi aveva avvolto tra le sue braccia mormorando piano il mio nome.
«Gerard.»
Il vago suono della sua voce mi giunse da qualche parte dietro l’orecchio. Sembrava seriamente preoccupato. Io tenevo lo sguardo fisso davanti a me. Mi sentivo colmo di stanchezza. Le vene nella mia testa che martellavano incessanti. Ormai boccheggiavo per incamerare aria. La vicinanza con Frank mi aveva fatto tornare la morsa nel petto. Inspirai e mi aggrappai a lui con avidità. Mi strinsi più vicino, sempre con più forza. Più lo facevo e più le labbra tremavano. Chiusi gli occhi e lasciai che l’acqua scivolasse dentro i nostri vestiti e inzuppasse di nuovo entrambi fin nelle ossa. Ora era calda come prima. Anche il corpo di Frank era piacevolmente caldo. E io non me la sentivo di lasciare quell’accogliente tepore.
«Frank. Non è vero. Non ci ho provato. Non ci ho mai provato.»
«Shhh. Non importa. Ce la farai. Ce la farai, Gerard.»
«Non ci proverò mai più, Frank. Non avrò mai più l’occasione. Non troverò mai più il coraggio.»
Ricominciai pateticamente a piangere. Frank non rispose, probabilmente confuso dalle mie parole. Mi resi conto che lui non aveva la minima idea di che cosa stessi parlando. No. Non potevo spiegargli niente. Non finché non ne fossi stato convinto.
«A che ti riferisci?»
Non finché non fossi stato convinto di avere una possibilità. Fino ad allora avrei inghiottito l’angoscia e il dubbio. Non potevo farcela. Frank ora mi guardava con la stessa espressione di prima: il volto grondante acqua e sbigottimento. A pochi centimetri da me, la sua presenza mi faceva fisicamente male. Non sapevo più che fare. Di nuovo ammirai i suoi lineamenti delicati e il suo sguardo pieno di stupore. Forse me lo stavo solo immaginando. Di nuovo. Possibile? Frank fece ballare i suoi occhi tra i miei per cogliere un indizio. Mi scrutava attentamente, desideroso di capire. In quel momento non vidi altro che le sue labbra lucide. Nient’altro. Erano bellissime. Frank era bellissimo. Io dovevo assolutamente…
«Gerard…?»
«Frank. Io credo--»

 
Grazie per averla letta. Spero davvero che vi sia piaciuta. Ho altre fanfiction Frerard pronte, fatte e finite (tutte più lunghe di questa). Se qualcuno fosse interessato a leggerle, potrei pubblicarle più avanti. Grazie mille.
P.s.: Se qualcuno disegna fanart e volesse farne una su questa fanfiction (o sulle prossime quando usciranno), mandatele pure, mi piacerebbe molto vederle.
   
 
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