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Autore: Utopy    16/08/2009    5 recensioni
A volte vorrei essere Tom. Tom e basta. Senza chitarre, senza band, senza cognome. Solo Tom.
Genere: Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tom Kaulitz
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve gente   ^___________^
Questa è la prima one-shot che pubblico sui Tokio hotel. Riguarda in particolare Tom, ma non vi voglio anticipare nulla. Con questo mio scritto non voglio dare rappresentazione veritiera di fatti o personaggi. Non scrivo a scopo di lucro ed è tutto di mia immaginazione.
Leggete e recensite.. Un bacio, Utopy.

 

 

 Rovinato

 

 



Pieno pomeriggio. Sono in riva al mare godendomi questa tranquillità fumando una benefica sigaretta. Posso sentire il sudore che cola lungo la schiena, sul collo, sulle braccia.
Una goccia scorre dalla fronte fino alla tempia. La fermo, asciugandola col dito.
Guardo dritto davanti a me, verso l’orizzonte, sentendomi più rasserenato di prima. Sarà la brezza leggera che ho sulla pelle, sarà il suono dolce delle onde sugli scogli. O forse, sarà semplicemente che sono sobrio. Una delle rare volte.
La gente che mi vede dall’esterno, non può capire come ci si sente. Cosa si prova ad essere Tom Kaulitz, il chitarrista dei Tokio hotel. A volte vorrei essere Tom. Tom e basta. Senza chitarre, senza band, senza cognome. Solo Tom.
Persone  che urlano “E’ per i soldi che fai tutto questo!”.
No! Non è vero.
Ho cominciato a suonare da bambino, avvolto da questa passione per la musica che mi ha accompagnato per mano fino ad ora, ora che ho 19 anni. Come possono solo immaginare che per tutta una vita io abbia portato avanti tutto questo.. Per denaro. Chi è così ottuso e arrogante da permettersi tali affermazioni?!
Mio dio pensate davvero che io sia così…così… mostro?
Sono sempre stato un ragazzo abbastanza maturo per la mia età.
Alle elementari e alle medie ho sempre difeso mio fratello da chi si beffava di lui.
Ho sempre portato rispetto a chiunque ne desse a me. Mi prendevo sempre le responsabilità dei casini che combinavo. Ed erano tanti. Ma senza fare una piega io ne pagavo le conseguenze, cosciente del fatto che me le ero meritate.
Spesso le persone mi accusavano di essere troppo silenzioso e di non curarmi di quello che succedeva attorno a me, e tutt’un tratto di essere cambiato: di aggredire la prima persona che mi fa un’osservazione, di prendermela per ogni minima cosa, di attaccare briga in qualsiasi contesto.
Di bere troppo.
Il fatto è che una persona che come me si è sempre fatta un gran bel secchio di affari suoi, è arrivata ad un punto in cui vede che tutti le passano avanti, che tutti la calpestano, che non portano più rispetto nei suoi confronti. E allora basta!
Dove sta il problema se bevo qualche bicchierino di troppo? Se mi scopo qualche ragazzina?
Anche io ho il diritto di divertirmi. Cazzo ho 19 anni, non 40!
E questo non lo capisce nessuno…
Ma la cosa che fa più male è che non lo capisce nemmeno lui.
Non lo capisce Bill, mio fratello…
Ha sempre fatto la parte del santarellino lui.
Quello che non beve, quello che non fuma
Quello “Del grande amore”
Cazzate.
Solo cazzate.
Lui beve. Lui fuma. E non si fa problemi a portarsi a letto una ragazza ogni tanto. Ma questa maschera che gli hanno cucino addosso gli fa comodo per essere il gemello ben visto.
E io mi sono stancato di questa continua giostra di falsità!
Basta un bel faccino e una tecnica decente.
E ti piazzano su un palco facendoti diventare una star.
Non funziona così, e questo lo sanno bene.
Ma è più facile gridare a me, che sto su un palco a suonare, che faccio tutto per i soldi.
Piuttosto che dirlo a quelli che se lo meritano veramente.
Alla “Universal” che è tanto raccomandata, ma fa SCHIFO.
Me l’avevano detto di stare attento.
Di guardarmi bene dalla gente dello spettacolo.
Dalla gente falsa.
Mi avevano avvisato che avrebbero fatto di tutto per cambiarmi, per plasmare la mia personalità. Per farmi diventare come volevano loro, a seconda delle richieste del pubblico. Un burattino nelle mani di mangiafuoco, ecco come mi sento.
Ormai è troppo tardi, io non posso fare più niente.
Sono entrato nel giro, e mi fa schifo.
Mi disprezzo, ma nulla posso contro nessuno. Non più. Anche se volessi non riuscirei più a cambiare le cose. Sono ad un punto di non ritorno. Game over.
I miei occhi non vedono niente, ho la vista offuscata da qualcosa.
Lacrime o sudore? Non saprei dirlo con esattezza, sono confuso…
Rientro nella mia stanza d’albergo, e nel comodino trovo una bottiglia di birra e una di scotch.
Allungo la mano nel buio, disperato e tremante…
Afferro le due bottiglie, contenenti un liquido chiaro
Il sangue d’un codardo.
Quale sarà il mio destino?
Scribacchiare qualche testo e azzardare una serie di accordi, in stanze semibuie…
Tutto per quattro soldi.
Suonare canzoni davanti a migliaia di fan urlanti.
Canzoni che mi hanno stancato da un pezzo.
Che a volte anche il solo sentirle mi fa innervosire. Mi fa venire voglia di scappare e mollare tutto. Perché per me tutto questo non ha più senso.
Canzoni false, parole non vere. Che ci sono state piazzate in mano dalla casa discografica.
Falsità.
Ipocrisia.
Sotterfugi.
Voglio scendere da questa paranoia.
Mi gira la testa.
E non è colpa dell’alcol.
È colpa vostra…Solo vostra…
Perché?
Lo sapete.
Mi attacco maggiormente ai miei sogni, ai miei desideri, a quello in cui credo e in cui spero.
Ma anche questo non basta, oh no…Non basta mai!
E questa certezza…che si fa largo nella mia testa…questa certezza dolorosa ed esasperante:
Mi sono rovinato.

  
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