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Autore: JennyWren    11/08/2020    3 recensioni
Un aspetto del proprio carattere che non aveva mai sopportato era la sua immensa capacità di riuscire a sprofondare nella più oscura commiserazione. Una catena di pensieri che cercava di trattenere con tutto se stesso si liberavano e urlavano nella sua mente spingendolo sempre più giù, sempre più al buio, sempre più lontano.
Oltre alla sua capacita di autocommiserarsi, John era anche il primo nemico di se stesso, sempre pronto a giudicare ogni suo piccolo passo, ogni mossa, ogni rinuncia, ogni successo.
Aveva la capacità di tirar fuori il peggio di se stesso e farsi schiacciare dalle sue paure, dalle sue insicurezze. Alimentava una continua lotta contro se stesso per riuscire a provare di essere un vincente, uno che nella vita aveva ottenuto tutto, cercava di soffocare con il successo e con il denaro la voragine che gli dilaniava il petto
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Lennon, Paul McCartney
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Black Hole

 
 
 
Un aspetto del proprio carattere che non aveva mai sopportato era la sua immensa capacità di riuscire a sprofondare nella più oscura commiserazione. Una catena di pensieri che cercava di trattenere con tutte le sue forze, si liberavano e urlavano nella sua mente spingendolo sempre più giù, sempre più al buio, sempre più lontano.
Oltre alla sua capacita di autocommiserarsi, John era anche il primo nemico di se stesso, sempre pronto a giudicare ogni suo piccolo passo, ogni mossa, ogni rinuncia, ogni successo.
Aveva la capacità di tirar fuori il peggio di sé e farsi schiacciare dalle sue paure, dalle sue insicurezze. Alimentava una continua lotta contro se stesso per riuscire a provare di essere un vincente, uno che nella vita aveva ottenuto tutto, cercava di soffocare con il successo e con il denaro la voragine che gli dilaniava il petto.
Dava da mangiare a quel mostro tutti i suoi successi, tutti i complimenti che riceveva, tutti gli sguardi di ammirazione, li dava tutti a lui e nulla per sé. Eppure non c’era successo, non c’era complimento, ammirazione, devozione, che riuscisse a farlo stare zitto.
Questo suo senso di inadeguatezza, di insoddisfazione, di paura del fallimento lo accompagnava e gli stava sempre di più con il fiato sul collo, non lo abbandonava mai, non lo avrebbe mai abbandonato probabilmente.
 
Si alzò di scatto dalla poltrona e corse fuori. Il cuore aveva cominciato a martellargli nel petto e la testa vorticava in un turbinio di paure, si ritrovò accasciato sui gradini di casa propria, lo sguardo fisso sul giornale con la sua faccia in prima pagina e lo calciò via.
Non avvertì la mano che gli scuoteva la spalla e le voci contrite delle persone alle sue spalle, l’unica cosa che riuscì a vedere fu l’auto del bassista parcheggiare e il ragazzo rivolgergli uno sguardo interrogativo mentre si avvicinava.
- John per l’amor di Dio rispondi! – Cynthia era terrorizzata alla vista del marito il cui viso era pallido ed imperlato di sudore.
 
- Acqua – biascicò, e la moglie scomparve pronta ad aiutarlo.
Quando Paul fu di fronte a lui John sollevò uno sguardo nel quale cercò di far arrivare la sua sofferenza, la sua rabbia, sicuro che Paul si sarebbe allontanato.
- Respira – Pronunciò lentamente il bassista, lasciando cadere la giacca e sedendosi al fianco dell’amico. – Respira – ripeté quando si accorse che John si limitava a fissarlo, le labbra chiuse in una linea dura.
John aprì la bocca e rilassò la schiena, non riusciva a staccare gli occhi da quel viso, gli si aggrappò con una muta preghiera di aiuto. Cominciò a respirare lentamente e profondamente, cercando di rallentare il proprio battito, di fermare i propri pensieri.
Paul sapeva perfettamente cosa John stesse provando, gli era preso un attacco di panico come li aveva avuti suo fratello dopo la morte della loro madre. Lo aveva capito dallo sguardo fisso e terrorizzato, dalla postura rannicchiata e rigida che John era nel pieno del terrore puro.
 
John continuava a tenere gli occhi incatenati agli occhi del bassista, esposto come un bambino appena uscito dal ventre della madre.
- Di che colore è il cielo? – Domandò Paul, porgendogli l’acqua che Cynthia aveva portato ma che John non aveva nemmeno visto.
John non riusciva a fare nulla e quella domanda gli sembrò stupida, aveva l’impressione di trovarsi dentro l’occhio del ciclone e sul punto di perdere la testa e Paul gli chiedeva di che colore fosse il cielo. Che domanda stupida, ovvio che il cielo è
– Blu – rispose, la voce come un gracchiare stridulo.
- Oggi il cielo è blu. Hai ragione – sorrise Paul – Che giorno è? -
John fu colto da una nuova ondata di malessere. Il cuore aveva ripreso a martellare, la testa gli scoppiava e non riconosceva nulla di ciò che lo circondava. Si prese la testa tra le mani e provò ad urlare, ma nessun suono uscì dalla sua bocca.
- Oggi è martedì. Sai, sono stato a casa e mi hanno consegnato il completo blu che abbiamo ricevuto da quello stilista francese. È molto bello, la giacca è davvero leggera, perfetta per l’estate. Tu lo hai visto?
John cercò di aggrapparsi al ricordo della mattina, quando aveva ricevuto l’elegante scatola per posta con un biglietto di complimenti. Il ricordo gli sfuggiva come una saponetta bagnata, si disperdeva come fumo nella sua mente e l’angoscia ne prendeva il sopravvento. Compì uno sforzo fisico sovrumano nel cercare di aggrapparsi, ad un ricordo lineare all’interno della sua mente annebbiata.
- Sì l’ho visto, è nero non blu – pronunciò, ricordando quando sua moglie aveva sfilato la cravatta e poggiata sul tessuto poiché le sembravano due colori diversi. – Cyn pensa che la cravatta sia grigia però, io credo che quella che abbiamo vada meglio – terminò vuotando il bicchiere e poggiandolo a terra.
Paul si rilassò ascoltando il suo amico proferire più di due sillabe, sorrise e si stiracchiò sui gradini, canticchiando una canzoncina che John non conosceva, aspettò che fosse il ragazzo a parlare.
John sollevò lo sguardo verso il cielo, il cielo che era blu con le nuvole bianche e sospirò. Quella orrenda sensazione di puro orrore stava assopendosi man mano. Osservò il lento ondeggiare della chioma degli alberi, ascoltò il cinguettio degli uccelli e vide uno scoiattolo arrampicarsi sul tronco degli alberi. Finalmente allentò la presa soffocante dai gradini e rivolse lo sguardo verso Paul, che non gli aveva mai staccato gli occhi dal viso. Man mano il cuore smise di martellargli il petto, la brezza cominciò a rinfrescarlo e tutto questo grazie alle poche e semplici domande che il ragazzo gli aveva rivolto. Lo avevamo riportato con i piedi per terra, dove faceva tutto un po’ meno paura.
- Ti va se ci alziamo? – Chiese John, sentendo gli arti intorpiditi, scostandosi i capelli appiccicati alla fronte.
Paul gli si parò di fronte e tese la mano che John afferrò saldamente. Il chitarrista barcollò ma Paul gli cinse il fianco con un braccio, si assicurò che il ragazzo fosse saldo sui suoi piedi e poi gli afferrò di nuovo la mano.
- Non lasciarla – gli chiese John, lo sguardo ancora spaventato mentre muovevano i primi passi in giardino.
- Non ti lascerò – rispose Paul, stringendo la presa – Sono qui.


 
 

Angolo autrice.

Dopo anni ritorno su questo sito e magari poco vi importa. 
Ho scritto questa shot che è una delle cose più personali mai scritte. Quello che prova John è un attacco di panico, una patologia molto complessa che mi ha accompagnato per un lungo periodo della mia vita e che ancora oggi è vista con un occhio critico e sminuita da chi non la conosce, banalizzandola con il generico termine di ansia.
L'ho scritta non perché io creda che John Lennon ne soffrisse, ma perché forse, leggendola qualcuno potrà sentirsi meno solo e sapere che ci sono soluzioni, anche se il percorso sembrerà lungo e difficile. 

Spero di non avervi annoiati e sentitevi liberi di esprimere ogni parere. 
With Love
JennyWren
 
 
   
 
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