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Autore: Kaiyoko Hyorin    12/08/2020    4 recensioni
Quando Kat si sveglia in mezzo a un boschetto rigoglioso, preda della nausea e di un forte mal di testa, non ha idea di ciò che l'aspetta.
Come questa ce ne sono altre di storie, imprese memorabili capitate per fortuna o per volere del destino a persone apparentemente ordinarie. Eppure ve ne propongo un'altra, sperando possiate trovarla una lettura piacevole.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Bilbo, Compagnia di Thorin Scudodiquercia, Gandalf, Nuovo personaggio, Thorin Scudodiquercia
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Lo Hobbit'
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“Golden king of morning, silver queen of night.
Rulers of the day, ancient owners of time.
Shining through the forest.
Glowing through in the night.”
[ Wintersaga, Wind Rose ]




Al loro arrivo erano stati accolti in amicizia, nonostante le riserve della maggior parte dei nani. Il Re Mezzelfo aveva offerto a Thorin ed alla sua Compagnia la sua ospitalità, cosa che aveva riempito di sollievo più di un animo affaticato e provato dai recenti avventimenti.
Katla era stata condotta in disparte quando gli altri erano stati fatti accomodare agli alloggi a loro destinati, e soltanto quando si era trovata di fronte ad una serie di gradini si era accorta di zoppicare. Gli Elfi le avevano curato il ginocchio sbucciato e poi era stata condotta da un paio di delicate dame di Gran Burrone in un luogo in cui avrebbe potuto ripulirsi a dovere. Soltanto dopo che le ebbero fornito un cambio d'abiti puliti e lei si fu vestita, finalmente venne condotta alla terrazza su cui gli altri suoi compagni di viaggio erano già seduti a mangiare.
Mangiare per modo di dire, in realtà, giacché sulla tavola non vi erano altro che erbe e verdure freschissime e si sà come i gusti dei nani differiscano da certe prelibatezze.
– ..non mi va il cibo verde – si stava lamentando Ori.
– E la carne? – sussurrò, nemmeno troppo piano, Dwalin, guardandosi intorno allibito.
– Le avranno le patate fritte?
Di fronte a tale scena, il cuore di Kat si scaldò e si rasserenò e lei si ritrovò a sorridere senza poterlo evitare mentre calcava gli ultimi metri. Sentendosi un poco a disagio a causa della lunghezza eccessiva della tunica elfica che indossava, abbastanza da rischiare di finirle sotto i piedi, passò dietro ad Oin e Gloin e raggiunse il fianco di Kili proprio mentre questi si rivolgeva a Dwalin.
– ..troppi pochi peli sulla faccia, – stava affermando, prima di scoccare un'occhiata ad un elfo lì accanto e aggiungere a bassa voce – anche se quella lì non è male.
– Quello non è un elfo femmina – gli confidò, divertito, il nano tatuato.
E Kat si lasciò sfuggire una risata che subito su unì a quelle degli altri nani lì seduti, subito nasconendola dietro una mano mentre si lasciava ricadere seduta sulla panca accanto al giovane principe. Quello, costernato e sorpreso, sussultò, ma poi le rivolse uno sguardo fra il divertito ed il fintamente risentito, smascherato dal sorriso che gli si formò spontaneo sul volto coperto della sua barbetta incolta.
– Kat, ci stavamo chiedendo se questi elfi ti avessero rapita!
– Be', è giunta appena in tempo, giovane Kili – ribatté bonariamente Balin, seduto poco distante con un ché di bonario compiacimento.
Il nano in questione, come realizzando in quel solo momento lo spettacolo che le aveva fornito, alternò gli occhi castani da lui alla ragazza.
– Non è affatto come sembra – negò lui, tentanto di salvarsi la faccia in qualche modo, suscitando altre risa. 
Nel frattempo, al tavolo di Elrond lì accanto, il Re stava parlando con Gandalf e Thorin delle spade da loro recuperate nelle Terre Solitarie e Kat non mancò di volgere su di loro la propria attenzione nemmeno stavolta, fin troppo palesemente perché non venisse notata.
Balin e Dwalin si scambiarono uno sguardo, prima che il più bianco dei due le rivolgesse la parola.
– Quegli abiti ti donano, giovane Katla – attirandone l'attenzione e suscitando in lei una certa sorpresa.
– Davvero?
– Certamente – convenne, gentile, prima di aggiungere – ..anche se, forse, una sistematina da parte del nostro Dori non guasterebbe. Sembra che siano un po' fuori misura.
Il sorriso imbarazzato ma spontaneo di lei non si fece attendere.
– In alcuni punti in effetti li trovo scomodi – confessò, arrossendo ed abbassando lo sguardo sul tavolo – ..ma, comunque, preferisco i miei vecchi abiti da viaggio, se devo essere sincera.
Balin, che pur aveva l'occhio acuto e l'indole schietta, non mancò di assentire.
– Anche Thorin la pensa di certo allo stesso modo – snocciolò, come se niente fosse, prendendo un sorso del pallido vino che gli avevano versato nel calice.
Non mancò però di osservare, con quel suo modo di fare discreto, la reazione della ragazza e, come la vide sussultare e diventare di un rosso acceso sino alla punta dei capelli, capì di aver fatto centro. Gli fece tenerezza, quella piccola donna la cui natura gentile non era per nulla messa in ombra dal profondo coraggio che più di una volta le aveva visto tirar fuori nei momenti di pericolo, ma una parte di lui si dispiacque per lei, perché ben conosceva il loro intrepido capo e già temeva come le cose sarebbero andate a finire.
Non fece parola dei propri pensieri tuttavia, mentre l'attenzione veniva attirata da Bofur, salito su un trespolo che altro non era se non un ceppo intagliato dalle abili mani di un artigiano dalle orecchie a punta. Ben presto l'atmosfera tornò a vivacizzarsi sotto le note del canto del nano dall'ampio cappello a pipistrello ed i funghi presero a volare da una parte all'altra della terrazza, sotto lo sguardo allibito del loro anfitrione e quello carico di disagio dello stregone lì con lui.
Thorin si era già congedato.


Katla dormì a lungo, per quasi tutta la notte e tutto il mattino seguente, giacché il letto della sua stanza era talmente confortevole e le lenzuola candide talmente profumate, da rammentarle quelli di casa propria, nel suo mondo. Era stata una sensazione talmente intensa che s'era destata durante la notte a causa di un principio di panico ed una sensazione di soffocamento, preda dell'irrazionale pensiero di essere nella propria camera e non a Gran Burrone. La morsa al petto era scomparsa soltanto qualche secondo dopo aver realizzato dove si trovasse e che quanto accaduto nelle ultime settimane non era stato soltanto un sogno. Allora, col confortante pensiero di aver a pochi metri di distanza i suoi compagni intenti a ronfare della grossa e che quella in cui si trovava era l’Ultima Casa Accogliente, si era lasciata vincere ancora una volta dalla spossatezza ed era crollata in un sonno senza sogni.
S'era destata di nuovo soltanto al mezzodì, a causa di un raggio di sole che era andato a posarsi sul suo cuscino, ed era stata accolta dai rumori della vita provenienti da oltre la sua finestra socchiusa. Alla musica elfica si accompagnava il cinguettio degli uccellini, a tratti turbato dalle voci meno melodiche dei nani e dal rumore di sottofondo del fiume, e Kat aveva sorriso, lieta di trovarsi in quel luogo in quel dato momento, mentre la nostalgia delle comodità del suo mondo, covata di tanto in tanto durante il viaggio, veniva meno.
Ancora un po' indolenzita per il lungo sonno, si era dunque vestita con calma ed era uscita con il preciso intento di procurarsi qualcosa da mangiare, ritrovando ad accoglierla una splendida giornata di sole. L'aria profumava degli odori dell'estate e la giovane donna si ritrovò ad affacciarsi ad un piccolo balconcino, richiamata dal paesaggio circostante, il quale appena le si aprì innanzi la lasciò senza fiato per una manciata di minuti.
Ammirando le cascate ed il Fiume Bruinen che scorreva ai piedi della valle, fra i boschi di querce e betulle, Kat si accorse in ritardo della presenza dei due nani sulla via che, nel giardino sottostante, fra colonne e muretti, passeggiavano e parlavano fra loro.
Erano Balin e Thorin e, come riconobbe il secondo, vestito d’una tunica blu dai ricami argentati che tanto bene si sposava con la sua chioma corvina ed al suo portamento, il cuore ebbe un sussulto nel suo petto. Rimase assorta ad osservarlo, meravigliata quasi, mentre le mani poggiate sulla pietra del parapetto si stringevano sulla superficie scolpita, come se necessitasse di un appiglio per resistere alle emozioni che si risvegliarono in lei.
Le piaceva così tanto che il suo animo fremeva ogni volta che, per un qualche motivo, i loro occhi si incrociavano e lei si ritrovava combattuta fra le emozioni che le causava l'intransigenza che lui le riservava ed i più rari, insostituibili momenti in cui dava mostra della gentilezza insita nel suo cuore.
Approfittando dell'opportunità di poterlo guardare liberamente senza il timore di essere notata, Kat rimase ad osservarne la gestualità mentre parlava con il suo compagno, studiandolo quasi, giacché i misteri intorno alla figura dell’erede di Erebor erano molteplici ai suoi occhi sognanti. Sarebbe rimasta lì per un tempo decisamente lungo se, due minuti dopo, Gandalf non fosse comparso alle sue spalle, riportandola alla realtà.
– Oh, eccoti qui.
Alla familiare ed allegra voce dello stregone grigio Kat si voltò con un piccolo sussulto, non riuscendo a non arrossire come una scolaretta nel vederne l’alta figura procedere verso di lei, uscendo a sua volta sul terrazzo soleggiato.
– Hai fatto un buon sonno? – le domandò, cordiale – Non ti si è vista a colazione e qualcuno dei nostri amici non ha mancato di notare la tua assenza.
Un poco sorpresa per quell’affermazione, Katla spalancò le palpebre per la curiosità, e fu sul punto di chiedere di chi egli stesse parlando in particolare, prima di ripensarci e ribattere con un più vago – Davvero?
– Oh sì – confermò l’Istar divertito, mentre le si fermava accanto e volgeva lo sguardo alla vallata sottostante – ..capisco come mai ti ho trovata qui fuori – commentò, alludendo alla vista che si godeva da quel punto.
La valle di Imladris era un tripudio di vegetazione racchiusa fra alte pareti rocciose, i cui prati e boschetti baciati dal sole splendevano di varie tonalità di verde. Al fiume Bruinen, le cui cascate incoronavano la valle come la più fine corona di cristallo, con le sue acque limpide e azzurrognole si doveva tanta rigogliosità.
E Kat quasi avvampò d’imbarazzo nel notare lo splendore del paesaggio soltanto in quel momento, proprio grazie all’osservazione dello stregone. Tale era il suo sentirsi colpevole che non riuscì a ribattere alcunché, così ci pensò Gandalf, ancora una volta, ad infrangere il silenzio.
– Ieri le tue azioni hanno dato mostra del tuo valore. Desidero ringraziarti per aver cercato di aiutare Bilbo, a dispetto dell'enorme rischio che entrambi avete corso... e anche per aver fatto ragionare Thorin.
– Non.. non fa niente – gli rispose la piccola donna, un po' impacciata ma grata di quella distrazione, finendo per abbozzare un mezzo sorriso – ..non devi ringraziarmi: Bilbo è anche mio amico.
Gandalf annuì, concorde, e Kat si ritrovò a ripensare agli ultimi giorni di cammino ed alla mancata comparizione dello stregone bruno. Così, prima di perdere la propria occasione, lanciando meccanicamente una rapida occhiata al capo della Compagnia, diversi metri più in basso, gli domandò ciò che da tempo ormai si stava intimamente chiedendo.
– Gandalf, la mappa che ti ha consegnato Thrain.. l'hai avuta da lui a Dol Guldur, vero?
Se l’Istar a quella domanda diretta fu sorpreso non lo diede esplicitamente a vedere e lasciò intercorrere soltanto una rapida pausa di silenzio, prima di annuire.
– Sì, piccola Kat – le confermò, mentre l'ombra del dispiacere calava sul suo volto segnato di rughe – Ma non è una storia adatta a questi luoghi. Ti basti sapere che era prigioniero di un uomo malvagio, un necromante, e che quando me la consegnò insieme alla chiave aveva già quasi totalmente perso il senno.
Katla inspirò, gonfiando il petto per cercare di mitigare la sensazione funesta che le parole dello stregone le avevano appena infuso, ma non rinunciò a voler saperne di più e glielo chiese direttamente: – ..e poi? Che ne è stato di Thrain, figlio di Thror?
– Purtroppo se ne è smarrita ogni traccia ed io stesso non l'ho più visto, da allora – le rispose Gandalf, guardandola dritto negli occhi – Non so dirti se sia vivo o meno, giovane amica mia, ma non sono l'unico ad augurarsi che calchi ancora queste terre.
Kat colse perfettamente il messaggio insito in quell'ultima affermazione e, stringendo le labbra fra loro, annuì per dargli conferma di aver compreso ciò che egli aveva voluto sottintendere. Il primo che certamente si augurava che Thrain fosse in salute ed ancora vivo era senz'altro suo figlio, Thorin. In più, aveva avuto anche la spiegazione che desiderava su Radagast, giacché non vi era motivo che andasse a cercare il suo collega stregone se il negromante era già stato affrontato. 
Un problema in meno, si disse, seppur questo non avesse influito affatto sulla possibilità di imbattersi in gruppi di orchi assetati di sangue. Ancora una volta rifletté sulla seria necessità di migliorare nel combattimento, ancora troppo inesperta nell'uso della sua nuova piccola spada elfica, quando una figura uscì placida dal colonnato, avvicinandosi ed attirando la loro attenzione.
– Come sta la mia piccola ospite? – domandò Re Elrond, vestendo abiti di un verde pallido ed un sorriso quieto.
– Oh, Elrond, mellonamin [1] – esordì lo stregone, salutandolo amichevolmente, cosa che indusse anche Kat a fare altrettanto.
– Buongiorno a voi, mio signore Elrond – mormorò, chinando il capo in omaggio al Re della Valle Nascosta – Vi porgo i miei ringraziamenti per la gentilezza da voi mostrataci nell'offrirci la vostra ospitalità.
Elrond parve apprezzare, perché le rivolse lo stesso sorriso che aveva rivolto a Gandalf, guardandola dall'alto della sua statura slanciata di elfo.
– Sono lieto di poter essere d'aiuto a un amico – disse soltanto, prima di rivolgersi direttamente allo stregone – E ti informo, a questo riguardo, che ho ricevuto un messaggio da parte del capo del tuo ordine: Saruman il Bianco ti invita ad attendere il suo arrivo. Pare abbia qualcosa di importante di cui parlarti.
Gandalf parve sorpreso, ma non mostrò alcun segno di inquietudine e Kat dovette sopprimere sul nascere la propria, rammentandosi che non era quello il tempo in cui lo stregone bianco sarebbe stato vinto dalle oscure promesse del Signore di Mordor.
Con una parte di sé Kat si ritrovò a desiderare di poterlo vedere, anche solo di sfuggita, prima della loro partenza, interessata alla sua versione benevola di guardiano della Terra di Mezzo, ma poi le sue riflessioni vennero nuovamente interrotte.
– ..se Kat è d'accordo, vorrei che assistessi anche tu alle sue doti – stava dicendo il Grigio verso il Signore di Gran Burrone.
Cadendo dalle nuvole, la ragazza fece del suo meglio per non tradire la propria spaesatezza, ma a quanto pare non fu abbastanza brava perché Gandalf ebbe la compiacenza di chiarirle ogni dubbio.
– Piccola mia, vorrei che tu ci cantassi qualcosa – le disse, ed all'accenno di incertezza che preannunciava un rifiuto da parte di lei aggiunse: – per ricambiare l'ospitalità di Re Elrond. Gli Elfi da sempre sono amanti della musica e della conoscenza ed il nostro padrone di casa sarebbe lieto di sentire qualcosa di nuovo, così come è stato per i nostri amici nani. Qualcosa della tua patria, magari.
Presa alla sprovvista, Kat altalenò lo sguardo sbarrato fra lo stregone ed il Re Mezzelfo un paio di volte, finendo per serrare le labbra sotto una nuova tensione. Per quanto i loro compagni di viaggio all’epoca avessero apprezzato, lei sapeva di non essere all'altezza di un udito fine come quello degli Elfi. Inoltre, le canzoni del suo mondo erano molto diverse dalle melodie della Terra di Mezzo.
– Puoi farci sentire anche solo qualche strofa, purché tu la senta vicina – insistette ancora, Gandalf, cercando di rassicurarla e convincerla a fargli quel piccolo favore – ..se intrisa dei sentimenti di chi la suona ogni melodia acquista valore e, a mio parere, è degna di essere ascoltata almeno una volta.
Con un nodo d'ansia alla bocca dello stomaco, Kat si ritrovò combattuta sull'esaudire l'inattesa richiesta dell'Istar e fu soltanto perché Elrond stesso rimarcò il suo interesse che ella, dopo una nuova pausa, alla fine acconsentì.
Se bastavano poche strofe, allora forse avrebbe potuto soddisfare la curiosità altrui.
Sospirò a labbra serrate, svuotando i polmoni d'aria e con essa cercando di sciogliere la tensione che minacciava di renderla rigida quanto una statua di sale.
– Va bene.. ma ho bisogno di pensarci un momento – ammise, distogliendo lo sguardo.
Entrambi si dimostrarono comprensivi e pazienti, tanto da spostarsi un poco più in disparte e lasciarle la possibilità di riflettere senza ulteriori pressioni, e lei gliene fu grata. Adorava la musica e spesso canticchiava le note e le parole che più le risuonavano vivide nella mente in quel dato momento, ma ora che le veniva chiesto esplicitamente aveva la testa completamente vuota. Persino quando aveva cantato per i nani aveva riflettuto tutto il giorno su quale, delle canzoni del suo mondo che riusciva a ricordare bene, sarebbe stata più appropriata. Alla fine aveva scelto una delle sue preferite, una di quelle che l'affascinavano e la rispecchiavano di più, e la cosa aveva riscosso più apprezzamenti di quanto avrebbe mai immaginato dai suoi ascoltatori... tutti tranne uno, in realtà.
Tornò ad abbassare lo sguardo sul giardino sottostante, mentre i suoi occhi ricercarono automaticamente la figura del Principe dei Durin sul sentiero, non trovandolo subito. S'era spostato ed ella lo ritrovò sotto un albero, intento non più a parlare con Balin ma in compagnia di suo nipote Fili. Avrebbe voluto essere laggiù, anziché lì su, e condividere quella piccola, preziosa esperienza con il biondo. Si chiese di cosa stessero parlando, giacché le loro voci non arrivavano fino a lei.
Sospirò, preda dell'amara consapevolezza di non far parte di quel mondo, dopotutto. 
Eppure, per quante difficoltà avesse incontrato da quando era giunta ad Arda, a spingerla ad andare avanti non vi era altro desiderio che quello di poterne davvero fare parte, nel profondo del suo animo. 
Voleva far parte del mondo di Thorin Scudodiquercia con tutta sé stessa.
Ed allora, finalmente, le venne in mente cosa avrebbe potuto cantare.
Se davvero bastavano poche strofe e l'unica cosa richiesta era che le sentisse nel profondo, allora in quel momento non vi era per lei scelta migliore di quella.
Così, con gli occhi socchiusi fissi sul nano che stava lentamente diventando per lei la sua più intima ossessione, schiuse le labbra, dando forma alle prime parole con voce sottile e quasi confidenziale.

Come vorrei stare lì con te, [*]
cosa darei per sederti accanto,
vorrei che ti voltassi a sorridermi..

Lo struggimento le colmò il petto in risposta alla sua personale versione di quel canto, spingendola a serrare le palpebre mentre una nuova brezza, più fredda di quanto si sarebbe razionalmente aspettata, le carezzava la pelle e le faceva ondeggiare i capelli.

Quando accadrà? No, non lo so,
ma del tuo mondo parte farò..
Guarda e vedrai
che il sogno mio
si avvererà!

Il vento che le turbinò intorno le si insinuò sotto gli abiti leggeri, fresco e rassicurante al contempo, mentre Kat neanche se ne accorgeva, assorta in sé stessa e nella musica che le colmava la mente, e perdurò nella sua intensità finché ella mantenne l'ultima nota. Quando infine lasciò sfumare la propria voce sino a spegnerla, altrettanto fece la brezza intorno a lei e grazie a questo, quando tornò a voltarsi per lanciare un'occhiata incerta a Gandalf ed Elrond, si ritrovò a combattere con una crescente perplessità nell'incrociarne gli sguardi attenti ed un poco attoniti.
Fu l’Istar il primo ad annuire e mostrare all'amico un sorriso compiaciuto.
– Ecco, come avevo detto – annunciò, indicandola con un gesto blando della mano.
– Avevi ragione, Gandalf – ribatté grevemente il Re Mezzelfo, assumendo un'aria riflessiva – ..sorprendente davvero: non ho mai avvertito una magia di tale natura in una creatura della Terra di Mezzo.
Confusa, Katla altalenò gli occhi grigi sui due, prima di deviarli di nuovo dabbasso, ed allora il suo cuore sussultò nuovamente. Thorin e Fili stavano guardando verso di lei ed il biondo, appena vide il suo sguardo ricambiato, sollevò una mano in segno di saluto, sorridendole allegro da quella distanza. Suo zio, invece, non fece altro che fissarla dal basso.
Avvampando in volto, Kat ricambiò i nani con un cenno molto simile e sbrigativo, quindi si voltò per scostarsi dal parapetto e togliersi dalla loro vista. Pareva quasi che il suo desiderio si fosse in qualche modo realizzato, poiché davvero Thorin si era voltato a guardarla ed ancora poteva sentire il peso di quei suoi occhi di diamante perforarle la nuca.
In preda all'imbarazzo si riavvicinò a Gandalf, troppo agitata per prestare ascolto alle cose da stregone di cui stava parlando con il Signore di Gran Burrone. Così, persa in sé stessa e nei propri pensieri che, confusionari, le vorticavano nella mente, rammentò il proprio proposito e decise di porre la propria richiesta al Re Mezzelfo. D’altronde, era proprio quello per lei il momento migliore per inoltrargli la propria richiesta, giacché aveva la possibilità di farlo di persona e non perdere ulteriore tempo in indugi.
Perché il tempo era assai prezioso per i suoi scopi.
– Mio signore Elrond – osò esordire alla prima occasione, puntando due occhi colmi di tensione e fermezza sull'elfo – ..se possibile, avrei una richiesta da farvi. Mi spiace approfittare della vostra gentilezza, ma non vi è nessun altro a cui possa chiedere tale favore.
Senza mostrare alcun segno d'irritazione per l’interruzione, ma solo un innato barlume d’interesse, Elrond la esortò gentilmente a continuare e la giovane donna, serrando i pugni lungo i fianchi, espose la propria richiesta.
Una volta che ebbe finito di parlare, il Re e lo stregone grigio si scambiarono un'occhiata, ma poi un nuovo sorriso si fece largo sul volto elfico del primo.
– Confesso che sono oltremodo sorpreso – affermò – e non è cosa da poco. Ad ogni modo, non vedo il motivo di rifiutarti tale cortesia, se sei certa di ciò che chiedi. Non sarà facile però e non dovrai aspettarti risultati che vanno al di là della tua portata.
Kat mosse il capo in segno d'assenso.
– Sono consapevole dei limiti del mio corpo ma, se grazie al vostro favore questi potessero migliorare anche soltanto un poco, per me sarebbe abbastanza.
– Così sia: chiederò ai miei figli, Elladan ed Elrohir, di occuparsene personalmente – le annunciò – Lunga è ancora la strada che dovrai percorrere, giovane Katla, ma se così potrai affrontarla con più sicurezza e meno timori, allora non ho ragione di dubitare della tua volontà.
E Kat sorrise di rimando, colmata da una nuova, immensa gratitudine per la benevolenza concessale.


Elrohir e suo fratello gemello erano indistinguibili all'occhio umano di Katla, la quale nemmeno dopo una settimana trascorsa dal giorno in cui Elrond le aveva concesso di essere addestrata, riusciva ancora a notare differenze fisiche nei due principi mezzelfi.
Questo però, a parte qualche cipiglio o sorrisetto ironico da parte dei diretti interessati, non costituiva un impedimento alle sue lezioni, nelle quali la giovane donna tentava ogni volta di dare il meglio di sé. Con la propria lama elfica in pugno, ella tentava di eguagliare le movenze dei suoi insegnanti che, comunque, non si sbilanciavano in lodi o critiche particolarmente sentite. I loro consigli, il loro metodo, ben presto risultò dare i suoi frutti mentre il corpo stesso di lei si adattava alle movenze ed alla rapidità necessaria ad eseguirle.
Certamente non sarebbe mai arrivata, nel poco tempo a sua disposizione, ad eguagliare anche di poco la grazia e la velocità degli Elfi, ma già soltanto dopo sette giorni il cambiamento ad occhio altrui era divenuto evidente, perché i suoi movimenti s'erano già fatti più fluidi e precisi.
Era la mattina dell'ottavo giorno e l'estate era ormai giunta, rendendo i raggi del sole più caldi nell'aria, cosicché Kat, per comodità personale, aveva da tempo smesso ogni genere di veste a manica lunga e si era procurata degli abiti da allenamento, forse un po' succinti, ma funzionali.
Scalza, giacché aveva preso l'abitudine di togliersi persino gli stivali, preferendo la sensazione dell'erba verde e del terreno soffice sotto i piedi, la ragazza si lasciò scivolare a terra appena Elrohir le concesse la consueta pausa per riprendere fiato.
Era un giovane elfo d'età indefinita, come il padre ed ogni altro appartenente alla loro razza, con capelli scuri ed occhi grigi, di una tonalità più chiara e scintillante rispetto ai suoi, penetranti come l'acciaio mentre la scrutavano impassibili.
– Per ora può bastare – intervenne Elladan, rimasto in disparte sino a quel momento – riprenderemo nel pomeriggio. 
– Continuando così il tuo fisico ben presto si adatterà ai ritmi di un vero duello – asserì Elrohir, annuendo con un cenno del capo fra sé e sé, rinfoderando la propria spada con grazia – ..anche se, fossi in te, non mi farei illusioni. Ciò che dovresti fare è trovare un equilibrio e definire grazie ad esso lo stile di combattimento che più ti rispecchia. Solo così potrai avere ragione dell'avversario e conservare la tua vita.
Ancora col fiato leggermente affannoso ed il sudore che le imperlava la fronte, Kat annuì, accogliendo tale consiglio con rinnovata gratitudine, tanto da spingerla a sorridere ad entrambi.
– Vi ringrazio... per tutto – disse, prima di lasciare che la testa le ciondolasse all'indietro ed emettere un sospiro.
Quando tornò a volgere attenzione ai due gemelli, essi le si erano già avvicinati e le stavano tendendo una mano per lato, rivolgendole un paio di franchi e complici sorrisetti che erano l'uno lo specchio dell'altro. Sorrisetti che la ragazza si ritrovò a ricambiare, prima di accettare il loro aiuto a rimettersi in piedi.
Pur essendo entrambi maestri d'arme esigenti, una volta riposte le lame, il loro lato umano sembrava farsi strada verso la luce del sole quando si attardavano in sua compagnia, abbastanza da esser la causa e la colonna portante di un'affinità che andava consolidandosi di giorno in giorno, fra i tre.
Così Kat si era ritrovata già un paio di volte a parlare con loro al di fuori delle sessioni a cui veniva sottoposta, ed essi le avevano persino fatto da guida per le vie ed i colonnati di Gran Burrone. Seppur soventemente venisse presa in giro per certi suoi atteggiamenti e reazioni eccessive, o per la sua scarsa capacità d'eseguire gesti aggraziati, ella non se ne sentiva offesa, giacché non v’era malanimo in tali osservazioni ma soltanto una bonaria ironia.
Come di consueto i due fecero un pezzo di strada con lei, cosicché la ragazza si ritrovò a disquisire del più e del meno prima che venissero intercettati dalle piccole figure di un paio di nani altrettanto familiari ai suoi occhi.
Fili e Kili, poco più avanti sulla sua stessa via, le andarono incontro con due ampi sorrisi gemelli, ignorando platealmente i due elfi con lei. Elrohir ed Elladan, che non erano stupidi né propensi al conflitto, si congedarono poco prima che i due nani le si fermassero di fronte, sbarrandole in quel modo il passo.
– Kat, ti stavamo cercando! – affermò il minore dei due, con un sorriso sbarazzino ed una strana luce negli occhi, quella di chi ha senz'altro in mente qualcosa.
– Sì, devi venire con noi! – si accodò il biondo, con la stessa solerzia, facendo inarcare un sopracciglio alla diretta interessata.
– Veramente io stavo per andare a cambiarmi e ripulirmi in vista del pranzo – affermò, con ancora i propri stivali appoggiati su una spalla nuda.
Non le dispiacevano le verdure degli elfi, cosa che ella non avrebbe mai creduto possibile in realtà, non essendo mai stata un'amante del "cibo verde", ma quando le aveva assaggiate le aveva trovate estremamente dolci, molto più di quelle del suo mondo, ed aveva preso l’abitudine di presenziare spesso alla tavola di Re Elrond e dei suoi, alternando i pasti preparati dagli Elfi, più leggeri ed adatti al movimento, con i bivaccamenti dei nani. E poi, a dispetto di quanto la Compagnia di Thorin avesse supposto la sera del loro arrivo ad Imladris, anche a Gran Burrone si mangiava carne e Katla era uscita letteralmente di testa per il cervo.
Comunque, riguardo l’invito dei due figli di Dìs, Kat sapeva perfettamente di avere i capelli scompigliati, pur essendosi premurata di legarli in una spartana coda alta, e segni d'erba e polvere a sporcarle la pelle scoperta di braccia e gambe. Una semplice fascia di pelle e stoffa era stata più volte arrotolata intorno al seno, lasciandole il ventre scoperto, fatta eccezione per i pantaloni a vita alta che ella stessa aveva convertito con l'ausilio d’una semplice lama a pantaloncini in cuoio lunghi fino a metà coscia soltanto. Oltre ad una maggior capacità di movimento, quell’abbigliamento era l’ideale per le temperature estive della valle, e le permetteva di notare i primi segni di cambiamento del proprio stesso corpo alle fatiche affrontate durante il viaggio.
– Era proprio questa l'intenzione! – esclamò Kili – C'è un posto che si presta benissimo a questo scopo e ci tenevamo a mostrartelo subito!
Sbattendo le palpebre, perplessa, Kat a quelle parole rimase un attimo ad osservare i Principi della stirpe di Durin finché, di fronte alle loro espressioni entusiaste e supplichevoli, non cedette, convinta a donar loro un po' di tempo. In fin dei conti la loro compagnia le stava mancando, doveva ammetterlo, e non li aveva di certo dimenticati come forse loro avevano iniziato a temere.
Così, annuendo, si incamminò con i due nani lungo il sentiero lastricato che attraversava il boschetto.
– Come procede il tuo addestramento? – le domandò Kili.
– ..procede. Continuo a passare più tempo a terra che sulle mie gambe, ma sembra che non sia una totale causa persa – si schernì, abbozzando un sorrisetto.
– Se decidi di volerti allenare sul serio, sai dove trovarci – ribatté Fili, con noncuranza.
Kat si limitò a sorridere di conseguenza, comprendendo lo stato d'animo dei due nani al suo fianco, non stupendosi affatto della scarsa considerazione che avevano dello stile di combattimento elfico.
– Prossimamente vi mostrerò i miei progressi, allora – acconsentì, mettendo da parte la sua abituale timidezza in quel familiare scambio di battute.
In breve raggiunsero la meta e quando, di fronte ai loro occhi, si stagliò limpida e gorgogliante una fontana scolpita nella pietra, Katla iniziò a comprendere e scoccò un'occhiata in tralice ai due nani con lei che, compiaciuti e innocenti, le avevano appena indicato la vasca ricolma d'acqua.
– ..ragazzi, – li appellò, dopo un attimo di pausa, squadrandoli dalla testa ai piedi con aria scettica – lo sapete vero, che le fontane non servono a farci il bagno?
– E a cos'altro dovrebbero servire?! – esclamò Kili, per nulla impensierito.
– Sì, guarda coi tuoi occhi, – si accodò Fili, altrettanto allegramente – c'è pure la vasca!
Kat si schiaffò meccanicamente una mano sulla faccia, scuotendo sconsolatamente il capo e facendo così ondeggiare la coda dietro la nuca. Non poteva credere che fossero davvero convinti di ciò che dicevano. Quando tornò a cercarli con lo sguardo, il più giovane era salito in piedi sul muretto in pietra, già disfattosi dei calzari e della camicia, mentre Fili stava ancora lottando con i suoi stivali.
La ragazza, che inizialmente tornò ad inarcare un sopracciglio con evidente perplessità, quando venne esortata ad imitarli scosse il capo in segno di diniego, dando loro le spalle mentre le gote già iniziavano ad imporporarsi. Per essere nani, entrambi i discendenti di Durin erano giovani e prestanti e non ancora provvisti del ventre rigonfio di certi altri membri del loro popolo, e lei che da più di un mese si era ritrovata in quella forma ridotta non era del tutto immune al fisico mezzo nudo di un maschio, uomo o nano che fosse. 
Ma ogni imbarazzo o disagio, finanche ogni rimostranza, vennero meno nel momento in cui i due Principi dei Nani iniziarono a riversarle contro copiosi schizzi d'acqua e ben presto, trascinata a forza dalle circostanze e dalla propria stessa combattività, Kat si unì al gioco, lasciando spada e stivali all'asciutto. Così le loro voci colmarono la quiete dei giardini di Gran Burrone, richiamando l'attenzione non soltanto degli elfi che vi dimoravano, ma anche di molti dei loro compagni, di cui i più intraprendenti finirono per unirsi a quel passatempo e persino Bilbo venne scaraventato in acqua da due paia di mani impietose.
E Kat rise finché ebbe fiato in corpo e la voce glielo permise, lasciandosi andare alla gioia ed alla spensieratezza nate dal semplice fatto di trascorrere parte del proprio tempo in tale compagnia, riuscendo ad accantonare grazie ad essa crucci ed ansie ormai fin troppo conosciuti al suo animo.


– Ecco fatto – esclamò trionfante Fili, togliendo le mani dalla nuca della ragazza seduta ai suoi piedi.
Thorin, in disparte come molto spesso accadeva da quando erano giunti a Gran Burrone, osservò Katla sollevare le mani per tastarsi l'acconciatura con cui il nano biondo le aveva raccolto i lunghi capelli castani.
Il Principe di Erebor si ritrovò ad inarcare un sopracciglio, giacché la folta chioma d'ella ora appariva più simile ad un porcospino che ad una vera massa di capelli, e ben presto se ne accorse anche lei, che sfoggiò un'espressione più incerta mentre Kili per primo scoppiava a ridere, additandola. Vittima di quello scherzo, la giovane donna scattò in piedi e prese a rincorrere il più piccolo dei due fratelli, una scena che strappò diverse risate ai nani lì vicini ed intenti ad arrostire diverse strisce di pancetta sul fuoco. Persino il capo della Compagnia si fece sfuggire un mezzo sorriso involontario a quella scena carica di vitalità.
Quando la Piccola Furia, così come ormai veniva chiamata da tutti, si calmò abbastanza da rimettersi seduta accanto al muretto della fontana e tentò di sbrogliare i complessi intrecci in cui vigevano le sue ciocche, di fronte alle palesi difficoltà d'ella Thorin non riuscì a rimanere ancora indifferente. Con un sospiro di rassegnazione per il senso di responsabilità che nutriva nei confronti dei suoi due nipoti e sopprimendo al meglio che poté il reale motivo che lo spinse a muoversi, il nano si sollevò in piedi e con passo cadenzato si accostò alla giovane, la quale si accorse tardivamente della sua presenza, troppo presa a borbottare contro gli artefici di quello scherzo.
– Senza la giusta attenzione, sciogliere i nodi di Fili è cosa ardua persino per un nano – le disse, osservandola dall'alto della sua postura.
Kat sussultò leggermente e per lui fu oltremodo facile cogliere sul suo viso il susseguirsi di sorpresa, imbarazzo ed interdizione.
– T-Thorin – balbettò, abbassando le braccia nude – I-io..
Il legittimo erede al trono di Erebor non vi badò, pur sopprimendo un'emozione di tenerezza nei suoi confronti, e si spostò per accomodarsi sul basso muretto dietro di lei. 
– Ci penso io, tu cerca di non muoverti – le disse soltanto.
Attese comunque un cenno d'assenso da parte di lei prima di mettersi all'opera ed iniziare a sciogliere il groviglio di nodi che erano quelle trecce. Come prese a sbrogliare le sue ciocche color castagno però, si sorprese intimamente della loro effettiva morbidezza e ben presto finì per rimanere assorto dalla meccanica dei propri stessi gesti, mentre procedeva in quel compito assegnatosi da sé, cosicché il silenzio li avvolse entrambi, lasciandoli in balia dei rispettivi pensieri.
Da tempo aveva notato la tendenza di lei a sparire per ore, così come non era la prima volta che la scorgeva indossare un abbigliamento tanto poco appropriato per il luogo in cui erano ospiti ed era stato più per caso che per mera intenzione che aveva saputo delle sessioni di allenamento a cui si sottoponeva con i figli di Re Elrond. 
Dalla sua posizione dietro di lei, Thorin poteva distintamente seguire la curva del suo collo con lo sguardo e, soffermandovisi involontariamente, la pelle di lei gli apparve chiara e setosa, rosea alla luce del tramonto. Quando, poco dopo, col pretesto di accompagnarne una ciocca di capelli verso il basso, sfiorò col dorso delle dita la parte bassa del retro del collo, il brivido che scosse entrambi li indusse a porre fine all'intimo silenzio che era calato fra loro.
– Quei due me la pagheranno – mormorò, fintamente scontrosa, Katla.
– Hanno sempre avuto la propensione a burlarsi degli altri, – affermò serafico Thorin, riprendendo l'opera di districamento – ma non lo fanno con cattiveria.
– Sì.. lo so – iniziò lei, e Thorin non ebbe bisogno di vederla in volto per indovinare il sorriso che doveva esser tornato a delinearle le labbra – Sono bravi ragazzi.
Egli convenne con lei, pur restando leggermente colpito del tono di voce morbido da ella usato.
– Sarà anche merito dello zio? – se ne uscì lei poco dopo, e Thorin non riuscì ad impedire a sé stesso di piegare gli angoli delle labbra verso l'alto per quel commento benevolo ed apparentemente immotivato.
– Per lo più di mia sorella – affermò, a tono, un poco divertito – Dìs ha fatto il grosso del lavoro e con lei i suoi figli han poco da scherzare. Sospetto temano più il suo mattarello di qualsiasi arma orchesca, in verità.
Le spalle di Kat sussultarono, scosse da una breve e spontanea risata, e Thorin ridacchiò a propria volta, contagiato dal suono della sua voce e del tutto inconsapevole della scena cui stavano dando luogo, giacché il suo stato d'animo sereno e quieto contribuiva a fargli tener bassa la guardia, soprattutto ora che era fra amici e parenti.
Finì di sciogliere l'ultima treccia e, quando lo annunciò, Kat si passò le mani fra i capelli, ringraziandolo prima di ruotare il capo e scoccargli un'occhiata un po' incerta dal basso. I suoi occhi grigio-verdi, nel guardarlo, catturarono liquidi un raggio di sole morente.
– Non è che potresti... sì, insomma... – esordì lei, reclinando al contempo il capo leggermente all'indietro, in una richiesta imbarazzata che non terminò mai di formulare.
Thorin comprese subito ciò che ella gli stava chiedendo e, dopo un istante di indecisione, acconsentì, tornando a maneggiare con intima e segreta soddisfazione quei suoi capelli setosi pieni di onde dai riflessi di mogano.
– Qual è il motivo per cui lasci che un Nano ti acconci i capelli? – le domandò, non senza curiosità.
– Be' – tentennò lei – ..ho visto come sono salde le vostre trecce ed ho pensato mi sarebbe stato utile raccogliere i capelli in un modo che non li faccia sciogliere facilmente, soprattutto quando mi alleno con la spada.
– Ed è per questo che indossi un tale... abbigliamento? – indagò Thorin, continuando ad armeggiare con la chioma di lei, come se la sua ammissione nel star facendosi addestrare dagli Elfi non avesse importanza.
Eppure, nonostante l'apparenza ostentata, nemmeno il suo orgoglio riuscì a negargli la consapevolezza di quanto spesso, da quando la ragazza ai suoi piedi si era unita a loro sul terrazzo della Casa di Re Elrond, i suoi occhi si fossero rivolti al suo fisico. A quanto aveva capito si era attardata con Fili e Kili dopo il bagno alla fontana, sotto la supervisione del solerte Dwalin, mentre quei due si erano messi in testa di insegnarle a tirare con l'arco.
Kat tardò un momento a rispondergli e quando lo fece la sua voce tradì un disagio latente al di sotto d‘una nota più caparbia.
– Mi lasciano più libera nei movimenti – si difese – ed in questo modo evito di ridurre a stracci i miei vestiti da viaggio durante l'addestramento.
– Ma essi ti darebbero un po' più di protezione – ribatté impassibile il nano, che aveva notato qualche escoriazione qua e là, sulla sua pelle chiara.
– Vero, ma in questo modo sono più motivata a non farmi colpire.
Tale risposta lasciò Thorin momentaneamente sorpreso e non disse più nulla, giacché aveva ormai terminato la sua opera. Così, dopo aver infine stretto il cordino in cuoio alla base della nuova coda di cavallo d'ella ed avervi avvolto due delle quattro trecce da lui stesso formate ai lati delle tempie della ragazza, il nano abbassò finalmente le mani, annunciandole di aver finito.
A quel punto la giovane Katla tornò a passarsi le dita affusolate intorno all'operato dell'erede di Durin e poco dopo, apparentemente convinta, voltò il capo per poterlo guardare direttamente in volto, donandogli un sorriso ampio e carico di grata ammirazione.
Un sorriso che le fece risplendere lo sguardo dei riflessi del tramonto e che colpì Thorin con lo stesso effetto che avrebbe avuto una martellata in pieno petto. Così egli si soffermò ad osservarla ancora una volta, ritrovandosi a pensare che, con quella semplice acconciatura nanica, non fosse stato per quel nasino delicato e gli occhi grandi e gentili, avrebbe potuto passare facilmente per una giovanissima femmina del suo Popolo. In più, il modo adorante in cui lei lo stava guardando gli causò una strana sensazione alla bocca dello stomaco alla quale il Principe dei Nani reagì distogliendo lo sguardo. 
Si rimise in piedi senza più guardarla, congedandosi con un cenno del capo in segno di commiato, prima di procedere verso il colonnato che si apriva sull'Ultima Casa Accogliente. 
E quando, passando, i suoi occhi di diamante si posarono sui nani suoi compagni, nemmeno uno di loro ne sostenne lo sguardo, prendendo chi a fischiettare e chi a tornare con finta attenzione alle proprie vivande allungate ad arrostire sulle fiammelle ardenti.


– Avanti Thorin, mostragli la mappa!
Katla, insieme a Bilbo, Gandalf, Thorin e Balin, si trovava al cospetto di Re Elrond, il quale attendeva che il discendente della stirpe di Durin prendesse una decisione. Sotto lo sguardo della ragazza, Thorin Scudodiquercia, mettendo da parte le proprie riserve, tirò fuori la pergamena e la porse al Mezzelfo.
– Erebor.. – asserì sorpreso questi, dopo averla dispiegata dinanzi ai propri occhi – ..qual è la ragione del vostro interesse?
Fu Gandalf a parlare in vece del Principe nano, intervenendo prima che Thorin dicesse qualcosa di inopportuno o non saggio a causa dell'impulso del momento. Anche nella penombra in cui era immersa la sala, rischiarata dalla sola luce della luna, Kat notò come il nano apparisse teso e guardingo.
– È per lo più accademico – affermò lo stregone, prima di posare una delle sue grandi mani su una spalla dell'unica donna lì presente, prendendola alla sprovvista – Abbiamo fra noi una grande studiosa, Re Elrond. È la qui presente Katla, colei che più di tutti noi si interroga sulla presenza di un eventuale messaggio nascosto – mentì.
Faticando a mantenere un contegno che non rivelasse quanta poca verità vi fosse nelle parole dello stregone, la ragazza strinse le labbra in un moto di tensione, prima di annuire.
– Sì, mio signore – confermò, stringendo le braccia al busto ed intrecciando le mani fra loro, delineando una V con le ampie maniche della tunica elfica grigio chiaro che era tornata ad indossare per l'occasione.
Il Signore di Gran Burrone posò il suo sguardo su di lei dall'alto della sua statura ed in quegli occhi limpidi e grevi di conoscenza trapelò un barlume di curiosità misto a sorpresa. Eppure, degli innumerevoli pensieri che dovevano esser passati per la mente dell'elfo, egli non ne rivelò alcuno, limitandosi ad acconsentire.
Fu dopo un rapido esame della piccola mappa che le loro aspettative vennero esaudite.
– Ah – esclamò, vagamente sorpreso, il Re Mezzelfo – Cirth ithil..[2]
– Rune lunari – ripeté in lingua corrente, altrettanto sorpreso, Gandalf, prima di rivolgere loro uno sguardo comprensivo – ..ma certo. È facile non vederle.
Kat scambiò uno sguardo emozionato con Bilbo, il quale era interessato tanto quanto lei alla vicenda ed a ciò che Elrond aveva loro da dire. Anche lui aveva un amore particolare per mappe e simili, ella rammentava piuttosto bene l'ampia carta raffigurante la Contea che spiccava nell'ingresso della casa dello hobbit.
– Be', in questo caso le rune possono essere lette soltanto al chiaro di una luna della stessa forma e stagione del giorno in cui sono state scritte – confermò il Re di Gran Burrone, rigirandosi la mappa della Montagna Solitaria fra le mani, prima di tornare a sollevare lo sguardo su di loro.
E Katla, contenendo l'emozione per quella conferma nel proprio petto, volse finalmente lo sguardo su Thorin, scorgendo in lui un nuovo guizzo di speranza.
– Riesci a leggerle?




"Sta' accanto alla pietra grigia quando il tordo picchia [3]
ed il sole al tramonto, con l'ultima luce del Dì di Durin,
splenderà sul buco della serratura."




Il sole era già calato ed i nani, insoddisfatti ancora una volta del vitto offerto loro dagli Elfi, si erano presi la libertà di accendere il consueto piccolo fuocherello su cui arrostire salsicce e formaggi che si erano presi la libertà di recuperare dalle dispense dell'Ultima Casa Accogliente. Katla era con loro, di nuovo vestita dei suoi abiti da viaggio, ma non Bilbo.
Il mezz'uomo aveva deciso di tenersi un po' alla larga da quella "allegra combriccola", come l'aveva definita tempo prima Gandalf, giacché se ne sentiva ancora escluso nonostante la presenza della giovane donna. Ella, in verità, sembrava essersi ambientata più rapidamente di quanto avrebbe mai potuto fare lui, ed era proprio questo a rendergli tanto penoso l'attardarsi con i membri della Compagnia e persino con Katla stessa.
Da quando erano arrivati la ragazza si era dimostrata volenterosa e benvoluta e Bilbo, che pure era entrato nella Compagnia di Thorin Scudodiquercia nello stesso momento in cui vi era entrata lei, seppur fosse un hobbit di buon cuore ed estremamente comprensivo quando non si trattava di elemosinare i suoi averi, non poteva non chiedersi perché ad ella fosse riuscito così facilmente qualcosa che per lui pareva essere tanto difficile.
Così aveva trascorso gran parte delle ultime settimane a passeggiare per le vie ed i ponti della Valle di Imladris, rimanendone meravigliato ed affascinato man mano che essa si rivelava a lui. Re Elrond stesso gli aveva elargito la sua benevolenza, invitandolo a restare quanto più desiderava il suo cuore, e se non fosse stato tanto vincolato alla propria parola o non fosse così affezionato alla sua ben più modesta dimora ed alle dolci colline della Contea, Bilbo avrebbe accettato.
Ed ora, all'ennesima passeggiata al chiaro di luna, il nostro scassinatore si ritrovò ad arrestare il passo, udendo una voce conosciuta provenire dai giardini che si estendevano ai piedi delle cascate vicine all'Ultima Casa Accogliente, accanto alle gradinate in pietra che egli stava risalendo.
– ..se i nani si riprendono la montagna le nostre difese ad Est ne saranno rafforzate.
Gandalf, in compagnia di Elrond, stava passeggiando su uno dei ponti che attraversavano la bassa polla d'acqua cristallina, qualche metro più in basso, inconsapevole delle orecchie in ascolto, e il mezz'uomo non poté fare a meno di attardarsi, giacché l'argomento affrontato dai due era proprio l'impresa che doveva compiere la Compagnia.
– È una mossa pericolosa, Gandalf.
– È pericoloso anche non fare niente – ribatté lo stregone.
Soltanto a quel punto Bilbo, come colto da scrupoli risalenti all'educazione esemplare di suo padre, pensò che origliare non fosse degno di un onesto hobbit, ma appena accennò a voltarsi, nemmeno completò il movimento che si accorse di non essere solo: Thorin Scudodiquercia era lì con lui, poco dietro le sue spalle, l'espressione seria ed impenetrabile mentre, immobile, anch'egli assisteva allo scambio fra lo stregone grigio ed il Re Mezzelfo.
E allora, preda della sensazione di trovarsi fra incudine e martello, Bilbo tornò a volgersi verso i giardini, quasi sentendosi costretto ad assistere sino alla fine a quel colloquio apparentemente privato.
– Il trono di Erebor è di Thorin per diritto di nascita! Di cosa hai paura?
– Hai dimenticato? – chiese allora Elrond, grevemente – Una verde pazzia scorre profonda in quella famiglia. Suo nonno uscì di senno, suo padre soccombette all'identica malattia. Puoi giurare – insistette, pacato eppure teso – che Thorin Scudodiquercia non farà altrettanto?
Imbarazzato ed a disagio, Bilbo scoccò un'occhiata al nano in questione ed incrociandone lo sguardo azzurro nella notte, sul suo volto barbuto egli distinse quegli stessi dubbi passare come una rapida folata di vento. Allora, serrando le labbra, il piccolo hobbit riconobbe l'ombra dell'incertezza calare per un singolo istante sul volto dell'erede al trono di Erebor, e la cosa lo stupì giacché mai prima di allora aveva scorto simili sentimenti in Thorin Scudodiquercia. Poi quel momento passò e, mentre il nano ritrovava la propria testardaggine e la determinazione ad andare avanti per la propria strada, la voce di Gandalf tornò a reclamare la loro attenzione.
– Sono fiducioso, invero, Re Elrond – affermò sorprendentemente il Grigio, suscitando l'interesse e la confusione non soltanto nel Mezzelfo, prima di continuare – I Valar hanno inviato a noi un aiuto inaspettato che potrebbe fare la differenza, se tutto va come mi auguro.
– Alludi alla piccola donna che è parte della Compagnia? – lo interpellò, fermandosi, il Custode della Valle di Imladris – L'ho osservata, amico mio, e per quanto trovi la sua dedizione e la sua volontà degne della più nobile delle anime della Terra di Mezzo, esse non basteranno da sole a vincere i pericoli del viaggio che l'attende.
– Ma dimentichi che ella non sarà sola, in quest'impresa – insistette Gandalf – ..ed il suo potere potrebbe rivelarsi decisivo nell'epilogo di quest'avventura.
– Gandalf, di qualunque natura sia la magia in suo possesso, ella non è nemmeno cosciente di possederla, come speri che possa giovare alla vostra impresa? – gli domandò Elrond, grevemente, riprendendo poi a camminare – Inoltre, non sta a noi decidere se e come i sentimenti delle creature di questo mondo influenzeranno il loro destino.
La replica dello stregone giunse più attutita alle orecchie di Bilbo, che non aveva quasi osato respirare sino a quel momento, e comprese che non avrebbe udito altro di quella conversazione, così, la mente piena di nuovi pensieri, prese il proprio coraggio e diede le spalle al giardino.
Fu allora che si accorse di essere nuovamente solo: Thorin se n'era andato.


Kat si lasciò scivolare lungo l'alto corridoio dell'Ultima Casa Accogliente con passo più silenzioso possibile, diretta alle cucine. S'era già congedata dagli altri nani, con cui si era intrattenuta sino a quel momento, per adempiere ai preparativi per la loro repentina partenza.
Thorin aveva annunciato che avrebbero ripreso il viaggio alle prime luci dell'alba e la ragazza, ben consapevole delle avversità che li attendevano da quel punto in poi, non era intenzionata a muoversi da Gran Burrone senza aver rinfoltito il proprio bagaglio.
Così stava cercando di arrivare alle cucine, non sapendo bene nemmeno lei dove dirigere i propri passi, quando fu costretta ad arrestarsi di botto: nel buio due alte figure si erano levate a sbarrarle la via.
Katla sussultò, ma ogni muscolo si sciolse quando i due elfi scivolarono sotto la luce della luna.
– Elladan, Elrohir – li chiamò, con un sussurro strozzato di stupore – ..perché mai vi aggirate come ladri nel buio nella vostra casa?
Il più vicino dei due gemelli le rispose con un sorriso sottile e sornione.
– Potremmo farti la stessa domanda.
– Perché ti aggiri guardinga nel buio della nostra casa, Katla? – rincarò la dose il fratello, con un'espressione identica.
Lei, presa in contropiede, si ritrovò a serrare le labbra mentre arrossiva d'imbarazzo per l'inadeguatezza delle sue stesse azioni. La cosa parve divertire maggiormente i due Principi di Gran Burrone, che si scambiarono un rapido sguardo prima di tornare a lei e rivolgerle un sorriso più ampio ed amichevole.
– Tieni – le disse Elrohir, porgendole un involto.
– Questi sono per la nostra più giovane allieva – continuò Elladan, in un gesto identico.
Sorpresa, Kat inarcò un sopracciglio e dopo un istante prese in consegna i due fagotti di modeste dimensioni. Quando vi sbirciò dentro però, ogni sua reticenza svaporò come rugiada al sole, facendole sollevare nuovamente gli occhi grigi sui suoi due mentori.
– Considerali un dono di commiato, insieme all'augurio di un buon viaggio – le disse Elladan, anticipandola.
– Una porzione di lembas può saziare lo stomaco di un uomo adulto – la rassicurò Elrohir – ed abbiamo pensato che un unguento curativo potesse esserti utile: applicalo sulle ferite un paio di volte al giorno e guariranno rapidamente. La stoffa bruna che vedi sul fondo è un mantello elfico, ben più resistente all'usura ed alla pioggia: ti aiuterà a passare inosservata fra i boschi, qualora fosse necessario.
– Così come ti saranno confortevoli gli abiti e gli stivali della nostra gente. Questa volta ci siamo assicurati fossero della tua misura. – concluse il gemello, con un’ombra di sorriso.
La giovane donna si ritrovò a stringere a sé quei doni preziosi, mentre un nodo le si stringeva sempre di più in fondo alla gola.
– Io... io non so cosa dire... – mormorò, commossa.
Che i due elfi le avrebbero fatto simili doni Kat non l'avrebbe mai immaginato, nonostante la simpatia nata fra loro durante le settimane trascorse insieme nella Valle di Imladris. La gratitudine che le colmò il petto le salì sino agli occhi, riempiendoglieli di lacrime mentre la consapevolezza che quella, con tutta probabilità, era l'ultima volta in vita sua che li avrebbe visti, si faceva strada nella sua mente.
Così, trattenendo a malapena quelle stille salate fra le ciglia, si accomiatò dai suoi amici con un profondo inchino e poche parole d'addio, prima di scappare nella propria stanza con la scusa di approntare tutto il necessario alla partenza.
Ne uscì soltanto quando giunse l'ora fatidica, già vestita dei doni dei Principi di Imladris e con gli occhi gonfi.



continua...




~ LEGENDA ~

Grassetto = titoli.
Corsivo = evocativo (flashback, canzoni, citazioni, parole in altra lingua o toni dal timbro particolare).
MAIUSCOLO = toni alti.
[1, 2, 3..] = si tratta di annotazioni e/o traduzioni che aiutano il lettore a comprendere al meglio il testo. Basta sostarvi sopra con il mouse perché compaia la nota cui fanno riferimento.
[*] = facendovi click con il mouse aprono il link al video cui il testo fa riferimento (musiche, canzoni, ecc).


» Note:
1. "Mellonamin" = "Amico mio", da mellon (amico) e min (mio) in lingua elfica.
2. "Cirth ithil" = "Rune lunari", da cirth (rune; sing.: “certh”, runa) e ithil (luna) in lingua elfica.
3. Questa versione del significato delle rune lunari sulla mappa di Thorin l'ho estrapolata io stessa dall'originale inglese, adattandola con l'aiuto delle versioni italiane dal libro e dal film, non riuscendo io stessa a decidermi quale delle due adottare. Spero possiate apprezzare comunque il risultato ^^


   
 
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