Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
Ricorda la storia  |      
Autore: angel_deux    14/08/2020    4 recensioni
Brienne Tarth era stata una spia per troppo tempo per innamorarsi follemente di Jaime, il suo nuovo vicino di casa, e le sue ovvie macchinazioni. Non era sicura di sapere per chi lavorasse o perché volessero controllarla, ma chiaramente lavorava per QUALCUNO. Perché altrimenti avrebbe cercato senza sosta di fare amicizia con lei?
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Brienne di Tarth, Jaime Lannister
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Tell me another beautiful lie. Tell me everything I want to hear

 

 

Essere una spia —o “agente di spionaggio”, come insisteva a chiamarlo Catelyn — comporta una certa quantità di paranoia. Il mondo dello spionaggio privato è difficile da controllare perché, in realtà, non  vi sono regole. Le agenzie governative probabilmente hanno dei regolamenti interni e cose che vengono considerare ‘oltre la linea’, ma in quello privato è diverso. Ognuno fa qualunque cosa ritenga ritenga giusta per potersela cavare ed avere un vantaggio sulla concorrenza. Vi sono poche cose che vengono considerate tabù: deturpazioni permanenti, stupro, dare la caccia a familiari, inganni a lungo termine. Le agenzie rivali tendono a stare lontano da quel genere di cose per il bene della loro reputazione. Ma anche quelle non sono regole rigide. Si tratta di una specie di accordo tra gentiluomini e non può essere infranto.

Brienne iniziò a lavorare per Catelyn Stark quando aveva vent’anni e non aveva ancora avuto nessun motivo per rimpiangere questa scelta, anche se l’aveva resa diffidente.

C’erano persone di cui sapeva di potersi fidare. Si fidava di tutta la famiglia di Catelyn; di suo figlio maggiore, Robb, che era stato il suo partner durante gli ultimi vent’anni, fino a quando non si era ritirato per sposarsi e crescere suo figlio; di Podrick, che lavorava nel settore tecnologico e una volta l’aveva salvata da un’agenzia rivale e da allora era diventato un suo amico fidato e sostenitore; e, ovviamente, si fidava di Catelyn più di chiunque altro. Per lei era, al tempo stesso, un capo, una sorella maggiore e una madre. Non aveva mai avuto un migliore amico.

Era solamente delle persone esterne all’agenzia che non si fidava.

 

 

******************************

 

 

Come il suo vicino di casa.

Brienne era già stata individuata prima. Era già stata compromessa. Si trattava di cose che potevano accadere, soprattutto a causa dei software per il riconoscimento facciale e la presenza capillare di telecamere. Indossava sempre un trasferimento quando era in missione, in modo da poter vivere una vita il più normale possibile al di fuori del suo lavoro, ma qualche volta i suoi rivali erano stati fortunati.  Non si era mai trattato di qualcosa di pericoloso, almeno non ancora, e solitamente aveva comportato solamente che venisse trasferita e che le fosse assegnata una nuova identità. Qualche volta aveva dovuto evitare le missioni, almeno fino a quando la questione non fosse stata risolta. Era Brienne Flowers ormai da un po’ di tempo. Viveva nello stesso appartamento ormai da un po’ di tempo. Non l’avevano più individuata da anni.

Questo spiegava perché non si fosse troppo allarmata quando si era resa conto che il suo nuovo vicino di casa lavorava per un’agenzia di spionaggio rivale. All’inizio ne era rimasta leggermente irritata, ma aveva trovato la situazione divertente quando si era resa conto che non doveva essere molto bravo nel suo lavoro. Era l’agente segreto più ovvio che avesse mai incontrato.       

Brienne era una buona spia. Era una buona spia nonostante la sua altezza e il fatto che si distinguesse in mezzo alla folla. Era brava a camuffarsi con costumi elaborati, trucco e maschere e, in qualche modo, riusciva a mimetizzarsi nonostante tutte le caratteristiche che la distinguevano. Era riuscita a sopravvivere in questo settore senza farsi uccidere o ferire gravemente perché era una persona percettiva ed era sempre consapevole di tutto quello che la circondava, il che significava sapere esattamente cosa avrebbero fatto gli altri prima che avessero la possibilità di farlo realmente.

Il suo nuovo vicino Jaime era così lontano dal rientrare nei canoni della tipica spia da essere quasi sbalorditivo. Era un uomo molto sexy, di qualche anno più grande di lei e che, chiaramente, trascorreva la maggior parte del suo tempo ad allenarsi. Non che tutti quanti dovessero rientrare in degli schemi rigidi, ma, di solito, le persone potevano essere catalogate in qualche modo, ma non il suo nuovo vicino Jaime. Più gli parlava e più si rendeva conto che fosse lontano da qualsiasi stereotipo. Avrebbe dovuto provare almeno a confondersi tra gli altri, ma, al contrario, sembrava voler distinguersi sempre più. Tutto quello che lui faceva era chiedere la sua attenzione.

Onestamente, si sentiva un po’ offesa dal fatto che lui si aspettasse che gli credesse.

 

 

******************************

 

 

Una buona spia conosce i propri punti di forza, ma questo significava anche essere consapevole dei propri punti deboli. Quando era giovane, Brienne era convinta di avere solamente punti deboli. Era troppo brutta e mascolina e, in qualche modo, ancora troppo sensibile. Ogni parola cattiva che le dicevano, annientava tutte le sue difese. Piangeva per tutto. Si era sempre fatta del male notando solamente i ragazzi più carini, anche se sapeva che lei non sarebbe mai piaciuta loro, ma era sempre riuscita a rimanere sorpresa e con il cuore spezzato quando loro avevano iniziato ad uscire con le ragazze più belle e non la degnavano nemmeno di un secondo sguardo.

Ma ormai erano diversi anni che lavorava come spia ed era molto più fiduciosa delle sue capacità di prima. Aveva ancora un debole per gli uomini carini e il nuovo vicino Jaime lo era sicuramente. Ma non era più tanto intimidita da loro e non prendeva più certe sbandate come una volta. Ormai conosceva gli uomini come lui. Ghignavano e ridevano di lei e la chiamavano con terribili soprannomi, anche quando aveva ormai trent’anni, ma ormai le loro parole non le facevano più male come un tempo. Ormai erano nel vento e Brienne Tarth aveva salvato innumerevoli vite grazie al suo lavoro con Catelyn Stark. Il suo grande corpo e le sue braccia mascoline avevano fermato attacchi massicci su scala globale. Quei piccoli uomini carini avevano i loro bei volti e la loro crudeltà, ma lei adesso aveva il suo orgoglio e questo valeva molto di più.

Il suo nuovo vicino Jaime si era trasferito nell’appartamento vuoto proprio accanto al suo. Condividevano un muro, ma, visto che lei aveva fatto insonorizzare la sua abitazione, non si rese conto della sua presenza fino a quando non lo incontrò in ascensore mentre tornava da una corsetta. Indossava solamente un reggiseno sportivo e un paio di leggings e il suo viso probabilmente era arrossato e pieno di chiazze per colpa dell’esercizio fisico. L’uomo la guardò a bocca aperta.

“Cielo, sei più alta di me,” le disse.

Alzò gli occhi verso di lui. Non stava ghignando, ma c’era qualcosa nel suo sorriso che non la faceva sentire per nulla tranquilla.

“Forse sei tu a non essere molto alto,” rispose, infilandosi le auricolari delle cuffiette nelle orecchie.

Non accese neanche la musica. Probabilmente il suo nuovo vicino se n’era accorto visto che sorrise e distolse lo sguardo da lei.

Tre giorni dopo, lo incontrò mentre lei stava uscendo dal suo appartamento e l’uomo si stava dirigendo verso il proprio.

“Ehi,” la salutò. “Penso che noi abbiamo iniziato con il piede sbagliato.”

“Davvero?” chiese.

Lui le stava sorridendo e Brienne sentì le farfalle nello stomaco, cosa che accadeva sempre quando un bell’uomo le sorrideva. I capelli di lui erano lunghi e dorati e aveva la quantità perfetta di barba: non troppo rada, ma non troppa da nascondere la sua mascella perfetta. Dove era stato fatto quel ragazzo? Forse in una specie di laboratorio?

“Non intendevo… semplicemente, mi sembravi turbata.”

Lo guardò incuriosita. Aveva già gli auricolari sollevati per essere inseriti nelle orecchie.

“Non mi hai fatto arrabbiare,” spiegò.

L’idea stessa le sembrava ridicola. Per cosa doveva essersi arrabbiata? Le aveva detto che era alta, ma questa era la verità.

“Oh,” esclamò lui. “Sono Jaime. Hill.”

Lei continuò a fissarlo. L’uomo non si tirò indietro e continuò a sorriderle, creando una piccola crepa nella sua armatura. Solo leggermente. Che cosa voleva? Perché le stava sorridendo in quel modo?

“Brienne,” rispose con tono burbero.

Quindi infilò gli auricolari e camminò lungo il corridoio fino all’ascensore. Ogni passo che faceva, l’allontanava da lui. Che cosa voleva? Continuò a porti quella domanda, sentendosi come sbilanciata.

Continuò così fino a quando non si incontrarono per la terza volta. In questo caso, lui le bussò alla porta e, quando lei andò ad aprire, si rese conto che sembrava che si fosse appena fatto la doccia. Aveva i capelli bagnati e iniziavano ad arricciarsi leggermente sulle punte mentre si asciugavano. La sua camicia era leggermente umida. Il suo sorriso sembrava timido.

“Ehi, Brienne,” la salutò, pronunciando il suo nome come se volesse dimostrarle che se lo ricordava. L’intero lavoro della donna consisteva nel memorizzare progetti, particolari di missioni, nomi e volti. Certamente questo non era qualcosa che l’impressionava. “So che potrà sembrarti una richiesta strana, ma hai per caso idea di come si ripari una lavastoviglie?”

“Che cosa?” chiese lei. “Che cosa c’è che non va?”

“Non funziona,” rispose lui.

Brienne sospirò.

Continuò a chiedersi che cosa volesse anche quando entrò nel suo appartamento. Era un luogo spoglio e scarsamente decorato, ma questo poteva dipendere dal fatto che fosse un uomo di un’età tra i trentacinque e i quarant’anni. Probabilmente era divorziato. Aveva qualche difficoltà ad immaginarlo single per molto tempo. Era attraente in modo pericoloso, ma, allo stesso tempo, non minaccioso, soprattutto se si comportava come una donzella indifesa che non sapeva riparare una lavastoviglie.

Fortunatamente per lui, Brienne aveva lo stesso modello nella sua cucina e sapeva esattamente quale fosse il problema. Gli mostrò che cosa dovesse fare, in modo che potesse aggiustarla da solo la prossima volta. L’uomo la fissò con attenzione e questo lei lo apprezzò molto, perché significava che la stesse veramente ascoltando.

Quando ebbe finito, lui la ringraziò e l’accompagnò alla porta, salutandola con un ampio sorriso dipinto in volto. Mentre si allontanava, un pensiero continuò a farsi strada nella mente della donna: come poteva quell’uomo essere reale?

Quando tornò al sicuro nel suo appartamento, con la porta chiusa a chiave e il sistema di sicurezza attivato, realizzò che era impossibile che fosse reale.

 

 

******************************

 

 

Una volta che lei se ne rese conto, tutto quanto le sembrò così ovvio. Jaime la salutava sempre calorosamente quando la incontrava nell’atrio. Le teneva la porta dell’ascensore sempre aperta, cosa che letteralmente nessun altro nel loro complesso residenziale faceva mai. Quando Brienne lavorava in ufficio e non era in missione, tendevano a tornare a casa alla stessa ora, quindi facevano il viaggio in ascensore insieme, parlando di argomenti che introduceva sempre l’uomo fino a quando non arrivavano ai loro appartamenti e si salutavano. Un giorno, la donna arrivò leggermente in ritardo e lo vide  fermo sul marciapiede. Quindi si nascose nel vicolo vicino per ben cinque minuti prima che l’uomo, sembrando abbattuto, entrò all’interno del palazzo.

“Ha memorizzato i miei orari,” disse più tardi a Podrick al telefono.

“Da quanto tempo vive lì?”

“Sei settimane.”

“E parlate spesso?”

“Abbastanza. Per lo più in ascensore.”

“Durante il pomeriggio?”

“Sì? Perché?”

“C’è qualche possibilità che ti stesse semplicemente aspettando per parlare con te, come una persona normalissima?”

“Pod,” ridacchiò. “Andiamo.”

Riattaccò il telefono dopo che Podrick le promise che lo avrebbe ulteriormente controllato.

Jaime bussò nuovamente alla sua porta quella sera e le chiese se non le dispiacesse se si univa a lei durante le loro corse mattutine.

“Mi annoio a correre da solo,” spiegò, con un sorrisetto accattivante. “E mi piace passare il tempo con te.”

“Va bene,” rispose lei, sorridendo a sua volta.

Non si fidava di lui e non gli credeva. Sapeva che avrebbe potuto esserci uno scontro ed era meglio che non abbassasse mai la guardia. Però, poteva vedere come le cose si sarebbero sviluppate.

 

 

******************************

 

 

“È così evidente,” disse Brienne a Catelyn qualche settimana dopo.

Il suo rapporto con Jaime si era tramutato in una vera amicizia e lei e Pod non erano ancora riusciti a svelare per chi lavorasse. Voleva raccogliere più prove prima di parlare con il suo capo, ma Pod era impegnato con degli accorgimenti riguardanti la missione, quindi aveva pensato che fosse meglio far sapere a Catelyn perché lo impegnasse per così tanto tempo. L’altra donna scrollò le spalle e osservò le foto che Brienne aveva inviato a Podrick a inizio settimana. Le aveva scattate con i suoi occhiali speciali, immortalando il sorriso che Jaime le aveva fatto quando si era complimentato con lei per come le donassero.

“Da quanto tempo va avanti?” chiese Catelyn.

“Settimane,” rispose Brienne. “Andiamo a correre insieme. Ci mangiamo una pizza insieme nel weekend. Stiamo per iniziare anche una nuova serie tv.”

“E dici che non ha nessuna idea che gli siamo addosso?”

“Non ho fatto nulla per farglielo pensare.”

“E l’appartamento?”

“Pod vi ha messo delle cimici, ma dice che Jaime non parla mai con nessuno. Ha dovuto fare un controllo dei suoi messaggi.”

“E ha trovato qualcosa?”

“No. Il suo telefono è crittografato. Un altro buco nell’acqua. Gli ho chiesto di continuare a cercare. Pod è il migliore a scoprire questo genere di cose.”

“Mmm,” mormorò Catelyn. Guardò nuovamente l’altra donna, inclinando la testa da un lato. “Capisco che tu sia sospettosa.”

“Sì,” concordò Brienne. 

Grazie, urlò dentro di sé. Era stanca dell’infinita gentilezza e dell’ottimismo di Pod, che continuava a suggerirle che forse lei piaceva a Jaime.

“Ti sei sentita minacciata? Compromessa?”

“No.”

“Vuoi che ti trasferiamo?”

“No, ma se lo hanno mandato per spiarmi…”

“Ovviamente, se ti sentissi a disagio, puoi sempre dire di no,” disse Catelyn. “Ma per adesso… ti consiglierei di stare al gioco.”

Brienne sospirò.

“Stare al gioco?” chiese.

“Sei una spia, no?” Sottolineò Catelyn, divertita dall’incredulità della sua agente. “Ingannalo.”

 

 

******************************

 

 

Beh, in realtà, era divertente giocare a quel gioco con Jaime. Brienne era una spia ed era anche molto brava, quindi non aveva nessun problema a fingersi divertita o di avvicinarsi.

L’aiutava molto che l’uomo, in realtà, fosse eccezionale. Considerato che fossero entrambi due spie che svolgevano lo stesso lavoro, forse non doveva essere così sorpresa che andassero tanto d’accordo. O forse stava solamente fingendo di apprezzare tutto ciò che piaceva anche a lei. Jaime sembrava apprezzare sinceramente il tempo che trascorrevano insieme, ma, ancora una volta, era certa che la cosa non dovessero apparirle tanto strana. Quello era il suo lavoro ed ovviamente era bravo a farlo.

Catelyn la contattava costantemente. Stai bene? La situazione è troppo complicata? Riesci ancora a gestirla? Pod continuava a rassicurarla sul fatto che non avesse trovato nulla di strano nel passato dell’uomo. Aveva hackerato tutti i database delle agenzie concorrenti, cercando di capire a quale appartenesse. Ovviamente Jaime Hill non poteva essere il suo vero nome, ma il software per il riconoscimento facciale che Pod durante il suo ultimo impiego al Lanniscorp era assolutamente all’avanguardia e avrebbe scoperto facilmente se l’uomo lavora per uno dei loro principali avversari.

La verità era che, quando era lontana dalle missioni, era decisamente piacevole spiarlo.

Era stata qualche giorno fuori per un’operazione sulla Barriera ed era tornata a casa con un occhio nero che aveva dimenticato di nascondere. Jaime aveva reagito come se lei lo avesse preso a pugni, quindi insistette per sistemarle sul viso una busta di piselli congelati come se si trovassero all’interno di qualche scena di un film d’azione.

“Chi è stato a farti questo?” le chiese, con voce abbastanza distrutta.

Lei scoppiò a ridere, raccontando che era stata colpita mentre si allenava con un suo amico. L’uomo non sembrò molto convinto e continuò a guardarla sospettoso, come se lei stesse cercando di nascondere qualcosa. La faceva sentire così… bene. Era così tenero da parte sua.

“Jaime,” gli disse. “Sto bene,” e poi lui la baciò.

Si trattava di un bacio dolce e gentile, come se lui pensasse che avrebbe fatto del male al suo occhi gonfio se avesse baciato le sue labbra con troppa forza. Aveva aspettato questo gesto da settimane ormai, perché lui aveva iniziato a flirtare con più insistenza e non si era mai completamente arreso. Lei sapeva come funzionassero questo genere di cose. Non avrebbero mai inviato un uomo così bello a fare amicizia con la spia più brutta di tutte se non volevano che lui la seducesse. Per quale altro motivo se no avrebbero sprecato qualcuno così bravo come lui per una missione come quella? Dovevano conoscere il suo debole per gli uomini carini o, forse, l’avevano semplicemente dedotto. Brienne, a differenza dell’uomo che si faceva chiamare Jaime Hill, si adattava perfettamente a diversi stereotipi. Non avevano avuto bisogno di sapere molte cose di lei per capire di che cosa si sarebbe innamorata.

Sospirò quando la bocca di Jaime lasciò andare le sue labbra. Chiuse gli occhi. Poteva fingere. Era bravissima a farlo.

“Riesci ancora a portare avanti questa situazione?” le avrebbe chiesto più avanti Catelyn.

“Sì,” le avrebbe risposto.

“Jaime,” disse in quel momento, allungando una mano e appoggiandola sopra il petto di lui.

“Mi spiace,” rispose lui.

Aveva uno sguardo inorridito dipinto sul suo volto, come se fosse spaventato all’idea di essere rifiutato. Come faceva ad essere così bravo a fingere?

“Non devi,” spiegò lei. “Va tutto bene. Io…”

Io non voglio semplicemente baciarti. Io non voglio semplicemente fotterti.

No,  realizzò. Io voglio che sia reale. Ecco qual’è il problema.

“Io semplicemente,” disse lentamente. “Ho bisogno di un po’ di tempo.”

Jaime stava già annuendo.

“Certo,” le disse. “Non avrei dovuto… Io semplicemente…”

“Jaime,” rispose lei delicatamente, anche se desiderava solamente gridargli in faccia. Come osava essere così bravo a fingere? “Va tutto bene. Te lo giuro.”

“Ok,” Il sorriso sul volto dell’uomo sembrava fragile e nevoso. “So che a volte posso essere…”

“Jaime, va bene.”

“Troppo eccessivo,” Jaime finì la frase.

Brienne scosse la testa.

“No, non lo sei,” lo tranquillizzò.

 

 

******************************

 

 

“È un fottuto genio,” disse in seguito a Catelyn.

“È stato dolce,” constatò Pod con un lieve sorriso.

Brienne scosse la testa.

“Dolce,” lo beffeggiò. “È stato qualcosa di diabolico. Sapeva esattamente cosa fare. Ha fatto in modo di sembrare… così straordinario. È riuscito persino a lavorare sul suo sguardo e, in qualche modo, è riuscito a farlo sembrare dolce.”

“Deve sapere che la vulnerabilità degli uomini è la tua debolezza,” osservò Catelyn.

Non è la mia debolezza,” ribatté Brienne.

Il suo capo inarcò un sopracciglio, ma, fortunatamente, non disse nulla.

“Ho bisogno di sapere che tu sia ancora certa di poter continuare,” invece le disse.

Era davvero certa di questa cosa e non disse la cosa più ovvia: di solito non ti usiamo come esca per qualche trappola. Questo non rientra tra le tue solite mansioni.

Beh, questa era la verità. Brienne solitamente non era una delle agenti che inviavano quando c’era bisogno di sedurre qualcuno, per ovvie ragioni. Per questo genere di operazioni avevano donne come Margaery Tyrell, che risultava bellissima con qualsiasi abito le facessero indossare e che probabilmente, in un altro universo, avrebbe potuto essere un’attrice vincitrice di un Oscar. Ma Brienne era ormai da molto tempo che aveva fatto della verginità una sua virtù e aveva avuto due relazioni a lungo termine che, anche se non le avevano portato nessuna vera soddisfazione, almeno le avevano fatto accumulare un po’ di esperienza. Se “Jaime Hill” voleva pensare che la stesse seducendo, allora lei non l’avrebbe fermato. Se lei era veramente vicina a capire chi fosse veramente…

 

 

******************************

 

 

Certo che no, ma, invece, finì per innamorarsi perdutamente di lui.

Non è reale, si disse quando andò a bussare alla sua porta e vide la sua espressione ansiosa non appena le aprì.

Non è reale, si disse quando lo baciò.

Quando le dita dell’uomo l’accarezzarono, quando la sua bocca fu sopra la propria, quando lui fu dentro di lei, nemmeno in quel caso era reale.

Quando, dopo aver dormito l’uno accanto all’altra per qualche ora, lui la baciò e le disse che erano settimane che aveva cercato di trovare il coraggio per farlo, non era certamente reale.

Se fosse stato reale, Brienne gli avrebbe detto che era davvero assurdo. Avrebbe indicato il suo corpo inquietante e la sua brutta faccia, mettendoli tristemente a confronto con lui. Gli avrebbe detto che ne era sempre stata consapevole, che lui non aveva bisogno di mentire. Non aveva bisogno di farla sentire meglio.

Se fosse stato reale, probabilmente si sarebbe svegliata nel cuore della notte e, rendendosi conto di aver fatto un errore, sarebbe sgattaiolata via. Lo avrebbe evitato per qualche giorno, giusto il tempo per farlo rinsavire.

Ma non era reale, quindi si avvicinò all’uomo e lo baciò nuovamente.

Non era reale, quindi andarono insieme al cinema e a cena fuori, camminando mano nella mano in pubblico. Brienne finse di non notare il modo come gli altri li fissavano. Faceva così tante cose per finta per lui che ormai iniziava ad essere ovvio. Jaime non poteva credere che lei fosse ignara di tutto quanto. Credeva davvero che lei fosse un’idiota?

Questa era l’unica spiegazione, davvero. Forse lui voleva spingerla ad odiarlo, ma era una spia ormai da troppo tempo per prendersela così sul personale. Gli uomini la sottovalutavano. Lo facevano sempre. O pensavano che fosse più debole di quanto sembrasse o perché la consideravano più stupida di quanto sembrasse: in entrambi i casi, era questa la sua arma vincente. Se Jaime Hill voleva pensare che fosse troppo stupida per sapere che un uomo come lui non si sarebbe mai interessato a una donna come lei, allora non si trattava di una spia al suo livello e questo era un bene.

Avrebbe dovuto sentirsi risentita, ma non era così. In verità, lo ammirava. Era veramente molto bravo a fingere, tanto che qualche volta lei si sentiva come se fosse veramente tutto reale. Qualche volta, anche dopo un mese che avevano iniziato a frequentarsi, scivolava fuori dal letto nel bel mezzo della notte e correva in bagno per schizzarsi dell’acqua fredda in viso, guardare il proprio riflesso allo specchi e sussurrarsi tra sé e sé non è reale. Era davvero bravo. La faceva sentire desiderata. La faceva sentire apprezzata. Era davvero bravo in quello che entrambi facevano, tanto che lei non poté fare a meno di ammirarlo per questo in un modo che sarebbe stato molto più facile da fare se avesse potuto essere meno professionale.

E a volte… avrebbe potuto essere più intelligente di così, ma a volte pensava davvero che Jaime l’ammirasse. A volte lo sorprendeva a fissarla mentre pensava che fosse concentrata su qualcos’altro e riusciva a vedere il modo in cui i suoi occhi vagavano sul proprio corpo. Sembrava sempre pronto per lei. Sembrava sempre desiderarla. All’inizio aveva pensato d’iniziare a prendere la pillola o fare uso di altri contraccettivi, come facevano la maggior parte dei suoi colleghi maschi quando dovevano affrontare missioni del genere, ma…

Beh, forse era un’ottima spia o, forse, lei gli piaceva veramente. Brienne aveva sempre pensato che avrebbe potuto avere un po’ di fortuna con gli uomini se avessero voluto spendere solo qualche momento in più per conoscerla meglio, piuttosto che respingerla per il suo aspetto e, forse, era esattamente quello che era successo. Forse era andata proprio così: Jaime l’aveva conosciuta meglio e, nonostante tutto, lei gli piaceva.

Era più facile fingere così, ma era anche più pericoloso.

“Vuoi ancora continuare?” Le chiedeva spesso Catelyn.

“Sì,” le rispondeva ogni volta.

 

 

******************************

 

 

Era la prima volta che Jaime si trovava nel suo letto. Di solito lo facevano nel letto di lui, ma Brienne aveva deciso di metterlo alla prova. Stava dormendo, raggomitolato contro di lei. La schiena di lui premeva contro il suo petto. Sapeva che all’uomo piaceva essere abbracciato da dietro. Ancora una volta, Brienne si chiese se fosse tutto vero o se, dentro di sé, si sentiva come se stesse proteggendo qualcuno che amava. Gli baciò il neo che aveva dietro all’orecchio, vicino al collo. Jaime gemette felicemente nel sonno e si avvicinò ulteriormente contro di lei. Notò che era diventato davvero affettuoso. Questo era reale?  Anche nel sonno, sembrava che lui continuasse a svolgere la propria missione. Inoltre, la vita di una spia poteva essere davvero solitaria, quindi, forse, sentiva la mancanza di un tocco umano come il suo.

Jaime rideva facilmente non lei. Non sembrava mai perdere il passo con le loro conversazioni o battuttine. Non era mai stato solo sesso tra di loro.

Era la migliore spia del mondo? O forse era la peggiore? Questo proprio non riusciva a dirlo.

Mi ami anche tu? Avrebbe tanto voluto chiedergli. O sei semplicemente più forte di me?

Jaime iniziò ad agitarsi e Brienne chiuse gli occhi, fingendo di dormire. Lo sentì muoversi sopra il materasso ed accarezzarle il braccio con la mano prima di sollevarsi delicatamente, cercando di sgattaiolare via senza svegliarla. Rimase in attesta. Forse voleva perquisire il suo appartamento? Jaime si alzò in piedi e lei lo sentì entrare in bagno. Quando tornò a letto, era trascorso un minuto scarso. Si rannicchiò nuovamente contro di lei e sospirò. Era caldo e soddisfatto.

 

 

******************************

 

 

Erano trascorsi due mesi e Brienne iniziò a sentire tutta la tensione. Jaime aveva iniziato a lamentarsi dei suoi frequenti viaggi di lavoro e la riempiva di messaggi mentre si trovava in missione, quindi aveva iniziato a lasciare il proprio telefono a Podrick quando era via, perché non voleva che l’uomo la rintracciasse, sempre se questo era il suo obiettivo. Aveva iniziato a deviare tutti i tentativi che lui faceva per rendere le cose più serie tra di loro. Sperava di risultare una donna d’affari emotivamente distaccata, di cui non aveva nulla da sospettare. Ogni volta Jaime si adattava, cercando di cambiare tattica per affrontare la conversazione. Con il passare del tempo, però, ogni volta che questo accadeva, le sembrava che diventasse sempre più ansioso. Sta crollando, pensò Brienne, con un certo piacere.

C’erano volte in cui si sentivano sul punto di raccontargli tutto. Forse sarebbe stato felice di parlarne apertamente. Forse sarebbe stato felice di non dover più fingere di amarla. Ad ogni modo, lei avrebbe scoperto la verità: non conoscere il suo obiettivo era la cosa più dolorosa. Ma non riuscì mai a trovare il coraggio. Pensò che fosse colpa del suo ego. Voleva dimostrare di essere la spia migliore. Non voleva essere quella che regrediva ad un livello più basso.

Non c’entrava nulla il fatto che non volesse perderlo.

Pod la chiamò all’inizio del terzo mese.

“Ho trovato qualcosa,” le disse, con voce grave.

 

 

******************************

 

 

Brienne cercò di sgattaiolare fuori di casa quella mattina senza far rumore, ma Jaime si svegliò e si voltò per guardarla. Con un’espressione assonnata e appagata, si stiracchiò come se fosse un gatto.

“Dove stai andando?” le chiese.

“In ufficio,” rispose.

Gli baciò la guancia prima di allontanarsi, svincolandosi quando lui cercò di afferrarla per impossessarsi delle sue labbra. Quindi Jaime sospirò felicemente e si appoggiò all’indietro, lasciando che il lenzuolo scivolasse sul suo stomaco in un modo che, in qualsiasi altro giorno, lei avrebbe trovato molto allettante. L’espressione sul volto dell’uomo era calorosa e volitiva, ma, intorno, aleggiava quel senso d’ansia che sembra crearsi ogni volta che lei fingeva di non guardarlo, mantenendo lo sguardo fisso sul proprio telefono.

“Va tutto bene?”

Conosce la tua debolezza, le aveva detto Catelyn. Aveva ragione: la voce di Jaime era il suo punto debole. Il cuore di Brienne vacillò. Non è reale, ricordò duramente a se stessa.

“Certo,” rispose. Si costrinse ad incontrare gli occhi di lui e sorridergli, come se fosse realmente Brienne Flowers, la sua ragazza che lui amava. “Perché dovrebbe essere il contrario?”

 

 

******************************

 

 

“Per quale agenzia lavora?”  Chiese quando entrò nell’ufficio di Pod.

Era da solo e di questo ne era davvero grata. Catelyn era andata a trovare Robb e Jeyne e il loro bambino. Brienne non era certa che la volesse lì in quel momento. Avrebbe dovuto presentarle il suo rapporto alla fine, ma la sua superiore era brava a capirla e avrebbe visto quanto stava soffrendo.

“In nessuna,” rispose Pod, anche se non sembrava molto felice. “Ho trovato qualche… discrepanza.”

“Discrepanze,” ripeté Brienne.

“Sta ricevendo dei pagamenti mensili da una società fantasma.”

“Pagamenti mensili? Quanto consistenti?”

“Abbastanza da non aver bisogno di continuare a lavorare in palestra,” ammise Pod con calma. “E, parlando di palestra: sul libro presenze risulta che ha lavorato per più ore di quanto effettivamente ha fatto. Ho iniziato ad esaminarli solamente quando hai menzionato di quel viaggio che avete fatto quel fine settimana. Dai loro registri risulta che lui abbia lavorato per l’intera giornata di sabato. Quindi ho iniziato ad indagare. La palestra è di proprietà di un uomo di nome Bronn Blackwater. Quest’uomo riceve ogni mese un secondo stipendio più basso da una società diversa, che può avere dei legami com la Impera e qualche altra azienda che ha sede nelle Westerlands. Questa pista potrebbe portarci ovunque. Posso chiedere aiuto a qualcuno, ma potrebbe richiedere del tempo. La sicurezza della Lanniscorp è digitalizzata.”

“Quindi Bronn viene pagato per fingere di assumere Jaime e lui viene pagato per spiarmi, ma non è un agente,” disse Brienne. Iniziò a pensare allo loro immediata affinità, come tutto quello che riguardava lui sembrava troppo bello per essere vero e quanto fosse bravo a fingere di volerla. Avrebbe finito per avere un esaurimento. “È una maledetta prostituta.”

“Sì,” rispose Pod a bassa voce. “Penso che… questa è l’unica cosa che abbia senso.”

Brienne corse in bagno e vomitò. Una cosa era pensare che fosse una spia spietata che cercava di farla innamorare perché si sarebbe trattato di un gioco in cui gareggiavano alla pari. Ma se era veramente un escort…

Cielo. E se veniva sfruttato? E se lo stavano ricattando? E se stava facendo tutto questo per trovare un modo per sopravvivere e lei se n’era approfittata? Per via del suo lavoro, conosceva diverse statistiche sulla prostituzione. Di solito erano donne che si ritrovavano in certi guai, ma non era certamente inaudito che potesse accadere anche a uomini di una certa età. Tornò nell’ufficio di Pod e lui l’aspettò con un pacchetto di gomme in mano e un sorriso comprensivo in volto. Prese qualche chewing gum e iniziò a masticarli vigorosamente, tanto che probabilmente stava sembrando una maniaca.

“Dobbiamo trovare un modo per farlo uscire da questa situazione,” spiegò.

“Non possiamo,” rispose Pod. “Catelyn ha detto…”

“Glielo hai già raccontato?”

“Aveva bisogno di saperlo.”

Brienne si portò le mani in viso. Ricordò come Jaime era stato languido e dolce quella mattina. Ricordò quell’espressione ansiosa nei suoi occhi. Aveva paura di fallire? Si preoccupava di che cosa potesse accadere se fosse successo? Cielo, si sentiva…

“Se viene sfruttato o lo stanno…”

“Lo terremo sotto controllo,” disse Pod con dolcezza. “Scopriremo chi c’è dietro, va bene? E poi, se siamo certi che si trovi lì contro la sua volontà, manderemo qualcuno a prelevarlo. Possiamo scoprire come mai lo hanno in pugno e potremmo aiutarlo o tenerlo sotto torchio, qualunque cosa possa sembrare migliore. Ma deve trovare un modo per uscire da quella situazione.”

Brienne annuì. Tra qualche giorno avrebbe comunque dovuto partire per una missione. Avrebbe chiuso qualunque cosa ci fosse con Jaime prima di partire, così d’avere due intere settimane per andare avanti. Sarebbe tornata nel suo appartamento solamente per fare le valigie e si sarebbe trasferita, in modo da non doverlo rivedere mai più.

Niente di tutto questo era reale, ricordò a se stessa quando iniziò a pensare che non sarebbe mai stata in grado di farlo. Niente di tutto questo era reale, nemmeno un po’. Era semplicemente molto bravo a fingere.

 

 

******************************

 

 

Si sentiva così vuota quando tornò a casa che spense il telefono e andò a letto. Sentì Jaime bussare alla porta, ma non gli aprì. Afferrò il cuscino e non immaginò di star stringendo lui. Non pensò al calore della sua pelle contro il proprio petto o il modo in cui i suoi occhi si illuminavano quando la vedeva. Non ci pensò perché non era reale e non ci avrebbe guadagnato nulla nel desiderare che lo fosse.

 

 

******************************

 

 

Il mattino dopo si preparò un tazza di caffè nero. Catelyn la aveva inviiato un messaggio per darle tutto il suo appoggio e le indicazioni per dove sarebbe dovuta andare dopo aver rotto le cose con Jaime. Si rese conto di voler piangere, ma si trattenne. Sei l’unica che starà male per questa cosa, ricordò a se stessa. Le tue lacrime non interessano a nessuno che non sia tu. Questo è il suo lavoro. Forse viene sfruttato o forse lo sta facendo di sua spontanea volontà, ma, in entrambi i casi, nulla di tutto questo è stato reale per lui, quindi ora ti faresti solamente del male comportandoti così.

Bussò alla porta dell’uomo. Il cuore le batteva forte. Non aveva mai rotto con nessuno prima. Anche se non era reale, sapeva che doveva far sembrare che lo fosse, più che altro per non far capire ai datori di lavoro dell’uomo che conosceva la verità, più per il proprio bene che per quello di lui.

Jaime aprì la porta e i suoi occhi si illuminarono come sempre quando la vide. Pensava che le sarebbe stato difficile, ma non lo fu. Erano entrambi dei professionisti, al di là di qualsiasi altra cosa ci fosse stata. Era bello ricordare quanto bene avesse recitato la sua parte. Non era colpa di lui se si era innamorata di tutto questo.

“Dobbiamo parlare,” disse bruscamente, vedendo l’ansia che lui stava provando in quel momento.

Jaime rimase fermo sulla soglia come se non volesse farla entrare, ma alla fine si spostò e lei l’oltrepassò.

Brienne era certa che sarebbe riuscita a farlo. Si girò per affrontarlo.

Lui non si avvicinò né la baciò. Sapeva che cosa stesse per accadere. Chiuse la porta e rimase fermo lì, come in attesa, con le braccia incrociate al petto.

“Brienne,” disse esitante. “Non sono sicuro di…”

“Voglio che sia il più semplice e indolore possibile,” lo interruppe.

Jaime distolse lo sguardo da lei e si passò una mano tra i capelli.

“Non penso sia possibile,” rispose.

Il suo sorriso diventò cupo. L’ansia nel suo sguardo era scomparsa, sostituita da una semplice rassegnazione.

“Purtroppo per me le cose non funzionano,” spiegò Brienne. “Mi spiace.”

Jaime grugnì una risata, sembrando davvero incredulo.

“Cielo,” disse. “Tutto qui?”

“Che cos’altro vuoi che ti dica?”

“Non saprei. Magari, potresti darmi qualche spiegazione? O qualche scusa? Almeno, potresti dirmi che cos’ho fatto?

“Non hai fatto nulla,” rispose Brienne. Sapeva perfettamente che cosa significasse fallire una missione e non voleva che lui pensasse di aver fatto qualcosa di sbagliato. “Semplicemente…” So chi sei. Sarebbe stato facile da dire. Avrebbe infranto ogni regola e sarebbe stata sicuramente compromessa. “Sei stato meraviglioso,” disse invece. “Semplicemente non… io non…” sospirò. Avrebbe tanto voluto essere riuscita a trovare un modo più semplice per farlo. Di aver pensato prima alle parole da dire. Ormai avrebbe dovuto conoscersi abbastanza da sapere che avrebbe provato troppa empatia anche se conosceva la verità. “Semplicemente non mi importa di te come immaginavo,” riuscì invece a dire. Jaime la stava fissando come se lo avesse schiaffeggiato. “Mi dispiace,” disse nuovamente, dirigendosi verso la porta.

“Aspetta, Brienne. Io…”

“Jaime, per favore,”

L’uomo si piegò su se stesso. Non vi era altro che potesse dire.

 

 

******************************

 

 

Quando fu nuovamente nel suo appartamento, Brienne cercò di respirare tranquillamente e costantemente. Chiuse gli occhi. Non voleva pensare allo sguardo dipinto sul volto di Jaime. Non voleva pensare a quanto gli sembrasse spaventato. In quel momento non poteva aiutarlo. Sarebbe stato Pod a gestire tutto il resto. Prese le sue borse e uscì dall’abitazione. La porta dell’appartamento di Jaime era ancora chiusa e si sbrigò a raggiungere l’ascensore prima che lui avesse la possibilità di seguirla. Era testardo e molto bravo nel suo lavoro. Di sicuro non avrebbe accettato un rifiuto. Fortunatamente, sembrò che la strategia dell’uomo fosse quella di concederle un po’ di tempo; la porta rimase chiusa.

Quando arrivò al piano terra, si sentì più leggera di quanto non si fosse mai sentita da mesi. Si era innamorata di lui come una sciocca. Di Jaime Hill, chiunque fosse veramente. L’uomo aveva vinto. Ma l’amore non era mai stato qualcosa di semplice e non le era mai sembrato qualcosa di giusto visto che sapeva che si trattava solamente di un errore. Questo lo rendeva ancora più doloroso. Le sarebbe occorso diverso tempo per riprendersi, ma, comunque, si sentiva sollevata nel sapere che fosse tutto finito. Jaime Hill poteva anche aver vinto, ma i suoi capi non avrebbero mai avuto qualsiasi cosa volessero da lei e questo poteva considerarlo un successo. Non che fosse una gran consolazione per il suo cuore spezzato, ma almeno era qualcosa.

 

 

******************************

 

 

La missione a Dorne si svolse senza problemi e Brienne tornò a casa sentendosi rigenerata. Come promesso, Pod aveva tenuto sotto controllo Jaime ovunque si trovasse e l’aveva tenuta aggiornata durante i momenti di riposo. Apparentemente l’uomo era rimasto nel suo appartamento per quasi una settimana prima di recarsi nella palestra dove lavorava. Quando uscì dal palazzo, venne fatto salire su un SUV da tre uomini che sembravano conoscerlo. Pod li aveva identificati come componenti della Bravi Camerati.

Forse era questa la cosa più inquietante. Fu davvero grata di essere andata via prima del loro arrivo. Gli agenti dei Bravi Camerati, conosciuti come I Guitti Sanguinari, erano noti per essere particolarmente spietati.  Era stata una strana scelta quella di assumere un escort per sedurre un agente della Winterfell, ma perché di solito erano molto più diretti e focalizzati soprattutto sul far soffrire le loro vittime. Tendevano anche a lavorare come mercenari. Forse erano stati assunti da un’altra agenzia, ma la cosa era piuttosto strana. Perché fare tutto questo per lei?  

“Sembrava che stesse bene?” aveva chiesto a Pod.

Jaime Hill le aveva spezzato il cuore, ma questo non significava che desiderasse che soffrisse.

“Rideva e scherzava con loro,” le aveva confermato il collega. “E due giorni dopo, i soldi erano stati depositati sul suo conto come il mese scorso.”

“Bene,” aveva risposto Brienne. “Immagino che tu abbia comunque rintracciato il SUV.”

“Certo,” aveva confermato Pod, sentendosi quasi insultato da quella domanda sottintesa.

La donna aveva mormorato a bassa voce e non aveva pensato a Jaime per tutto il resto del suo viaggio. Non aveva sentito la sua mancanza prima di addormentarsi e non l’aveva sentita neanche al suo risveglio. Che cosa doveva mancarle? Era un falso compagno, pagato dai Guitti. Non era nemmeno il povero escort sfruttato che aveva immaginato. Era solamente un uomo che veniva pagato per il suo lavoro. Essendo una donna che veniva pagata per ingannare e mentire, anche se lo faceva con le migliori intenzioni possibili grazie all’organizzazione di Catelyn, non poteva certamente criticarlo per le sue scelte, quindi non lo biasimava. Aveva adorato il loro tempo insieme e si era innamorata troppo velocemente, ma questo era tutto.

Non ci avrebbe più pensato.

Non pensò a lui sull’aereo per tornare a casa.

Non pensò a come l’aveva guardata con orrore quando aveva visto il suo occhio nero, il giorno del loro primo bacio. Non pensò a quanto sembrasse felice quando lei tornava ‘dai suoi viaggi d’affari’.

Sarà sicuramente sollevato di non dover più fingere di volerti, pensò, cercando di far tacere quella parte del suo cervello che voleva pensare a lui e sentire la sua mancanza. Quella parte la rendeva una bambina sciocca e non doveva certamente incoraggiarla.

 

 

******************************

 

 

Il suo appartamento era stato per la gran parte svuotato dalla squadra di pulizia che l’avrebbe aiutata a spostare le sue cose in qualsiasi nuova abitazione in qualsiasi nuova città che Catelyn le aveva assegnato, ma vi era tornata solamente per riprendere i suoi beni personali, nascosti nella cassaforte. Pod lo aveva controllato attentamente, quindi non aveva nessun motivo per preoccuparsi. Il suo sistema di sicurezza era stato ripristinato dagli addetti ai lavori, non aveva mai suonato e Pod non aveva visto nulla di sospetto.

Quindi, chiunque fosse l’uomo all’interno del suo appartamento, la prima cosa che pensò fu che fosse veramente bravo.

Aprì la porta e trovò un uomo molto basso seduto sul davanzale della finestra dentro la quale aveva nascosto la sua cassaforte. I suoi effetti personali erano sparsi sul pavimento e la cassaforte era aperta. Si bloccò sulla porta, ma l’uomo scese dal suo posto e le tese la mano per salutarla con una stretta, peccato che stesse stringendo una pistola. Era bello, con i capelli scompigliati biondo scuro e la barba folta. Chiaramente aveva visto giorni migliori, ma indossava un completo ben stirato e aveva stampato in viso un sorriso abbastanza piacevole, anche se piuttosto tirato sugli angoli.

“Miss Tarth,” le disse.

“Flowers,” lo corresse.

L’uomo sorrise indulgentemente.

“Tarth,” ribatté lui. “Chiudi la porta. Potresti riuscire a battere un nano, ma i miei uomini sono qui fuori e aspettano solamente che tu faccia un passo falso per uscire fuori. Io assumo solo il meglio. Potrebbero farti fuori in pieno giorno. Sono abbastanza ricco da insabbiare tutto quanto, anche agli occhi dei tuoi datori di lavoro, come puoi sicuramente capire dalla mia presenza qui.”

Brienne digrignò i denti, ma chiuse comunque la porta. Non si sentiva ancora particolarmente preoccupata, anche se sapeva che avrebbe dovuto esserlo. Quell’uomo aveva eluso Pod, uno dei migliori nel suo campo.

“Che cosa sta facendo nel mio appartamento?”

“Mi scuso per la mia maleducazione, ma, visto il motivo per il quale sono qui, sarò io a fare le domande.”

L’uomo si allungo sul davanzale della finestra e afferrò una scatola di legno che si trovava accanto a lui. Dovette appoggiare la pistola se voleva afferrarla con le mani e l’allungò in direzione della donna, guardandola con un’espressione impassibile. Sollevò il coperchio.

All’interno vi era una mano. Era in putrefazione, recisa, con i bordi irregolari e sporchi. Era poggiata su un cuscino di seta color avorio, come se si trattasse di uno scherzo bizzarro. La puzza che emanava era insopportabile, tanto che Brienne si portò le mani sul viso per coprire il naso. Stava per iniziare a lamentarsi, quando notò le polaroid attaccate al coperchio interno della scatola.

Erano degli scatti di Jaime. L’uomo era rannicchiato su un pavimento di cemento sporco. Delle dita gli stavano sollevando con forza il mento, tanto da formare dei lividi sulla sua pelle. I suoi occhi erano vitrei e la bocca contorta in un ghigno. Il suo braccio era avvolto in una garza sporca e insanguinata: chiaramente la mano era sparita.

Brienne dimenticò qualsiasi cosa e afferrò quell’uomo per il bavero della sua bellissima giacca. Per lo shock, lui lasciò cadere la scatola e la mano scivolò sul pavimento. Lo prese in braccio e lo sbatté forte contro il muro.

“Che cosa gli hai fatto?” gridò.

L’uomo cercò di divincolarsi dalla sua presa, stupito e sbalordito per la rapidità delle sue azioni.

“Io?” disse l’uomo, quasi soffocando. “Io? È il mio fottutissimo fratello!”

Brienne cercò di elaborare quell’informazione. Gli occhi dell’uomo erano rossi, come se stesse piangendo, e vi poteva leggere una stanchezza e un dolore che era certa fossero sinceri. I suoi capelli erano scompigliati in un modo tale che lei credeva fosse fatto a posta, ma ora riusciva a capire che erano così perché continuava a passarci in mezzo le mani. Lo faceva sempre anche Jaime, pensò seccata. Se guardava quell’uomo con occhio critico, poteva vedere la somiglianza. Sentì le sue braccia indebolirsi e lo adagiò dolcemente, guardando il punto sul pavimento dove era caduta la scatola e la mano. Non voleva toccarla. La lasciò lì. Ricordava quando quella mano l’aveva sfiorata per la prima volta e le migliaia di volte che erano seguite. Non era stato reale, ma quello lo era. Qualcuno lo aveva torturato. Qualcuno lo teneva segregato.

“Quindi presumo che tu non sia responsabile della sua scomparsa,” disse beffardo il fratello di Jaime. “Soprattutto considerando che non sembri sapere chi sono.”

“Non sapevo che avesse un fratello,” rispose lei. “Non sapevo nulla di lui.”

“A me, invece, ha parlato molto di te.”

Il fratello di Jaime si mise dritto con la schiena e iniziò a sistemarsi il completo con movimenti a scatti e non coordinati, che mostravano quanto si sentisse nervoso ora che iniziava a capire che cosa stesse affrontando.

“Era molto preso da te. Chiunque si occupa della tua sicurezza merita un aumento, sappilo. Hai superato il mio controllo sulle referenze e devo ammettere che erano davvero molto buone. Fu solamente dopo che gli hai dato il ben servito che ho iniziato a trovare delle discrepanze.” La guardò dall’alto in basso. Vi era del disprezzo dipinto sul suo volto, ma non tanto quanto lei si aspettava. “Beh, se non fai parte dei Guitti, quindi per chi lavori? Sei appena tornata da Dorne, quindi di sicuro non si tratta di Ellaria. Non mi sembri certo una Bruta. Quindi, dovresti essere uno dei Lupi di Cat.”

Brienne rimase impassibile, ma il fratello di Jaime sorrise comunque, soddisfatto di se stesso.

“Sì,” concordò l’uomo. “Un Lupo. Questo significa che è Pod ad occuparsi della tua sicurezza. Questo spiega tutto. L’ho addestrato io stesso quando lavorava per me alla Lanniscorp. Non c’è bisogno di guardarmi così, mia cara. Se non sei tu ad aver rapito mio fratello, allora non abbiamo nulla da temere gli uni dagli altri. Comunque sono Tyrion. Tyrion Lannister.”

Lannister. Brienne continuò a ripetere quel nome nella sua testa. Lannister.

“Jaime,” disse. “Aveva detto di chiamarsi…”

“Hill. Sì, lo so. Quando desiderava sparire per un po’, sono io quello che gli dava una mano. Politica familiare. Ha avuto a che fare con un affare terribile e Jaime è l’unica persona a cui tengo, quindi era il minimo che potessi fare per lui. Te lo avrebbe raccontato.”

“Ho pensato,” disse Brienne a bassa voce. “Pensavo fosse una spia. Pensavo che lui… pensavo che mi stesse spiando. Era vero?”

Tyrion si accigliò.

“Mio fratello? Una spia? Non essere ridicola. Tu forse saresti in grado di startene lì come un grande e terrificante muro di mattoni, senza dimostrare nessuna emozione, ma mio fratello non ha mai avuto questo talento. No, Jaime è tutto cuore. Ecco perché ho dovuto allontanarlo da loro. Mio padre lo stava distruggendo e così anche mia sorella. Jaime ha sempre amato le persone a cui teneva troppo ferocemente e la famiglia iniziava ad assorbirlo come se fossero delle spugne avide. In questo includo anche me stesso, fino a quando non ho capito che cosa gli stesse accadendo. Quindi gli ho dato un nome falso. Ho preso per lui un appartamento. Gli ho dato una seconda possibilità. Doveva essere qualcosa di temporaneo, giusto il tempo per farlo tornare a stare meglio, ma ha conosciuto te e non voleva più andarsene.”

Tutto cuore.

Brienne aprì quella porta dentro di sé che teneva sempre chiusa e lasciò che i pensieri entrassero.

Ripensò ai sospiri caldi e felici che emetteva nel sonno. I suoi tocchi delicati. Il modo in cui l’aveva guardata prima di baciarla per la prima volta. Il modo in cui i suoi occhi sembravano velati per quel senso d’ansia, di pausa. So di essere eccessiva. Il modo in cui gli piaceva essere abbracciato e protetto, come qualcuno che non ne aveva mai avuto il privilegio prima. Il modo in cui il suo volto si era contorto quando lei gli aveva detto che era finita.

E ora…

Guardò nuovamente la mano sul pavimento.

“Pod mi ha detto che stava ridendo con gli uomini che lo hanno rapito,” spiegò. “Che stava scherzando con loro. Abbiamo pensato che…”

“È di Jaime che stiamo parlando,” disse Tyrion impotente. “Non avrebbe mai lasciato che loro vedessero che aveva paura. È uno sciocco testardo. Non posso incolpare Podrick per aver frainteso la situazione.”

“Podrick,” ansimò Brienne. Tirò fuori il cellulare. “Ho chiesto a Podrick di controllarlo. Pensavo…” No, si trattava di qualcosa di troppo imbarazzante, ma doveva comunque dirglielo. “Pensavo si trattasse di un escort che avevano assunto per avere delle informazioni su di me. Volevo assicurarmi che non lo sfruttassero.”

“Cielo, vorrei essere capace di ridere in questo momento,” rispose miseramente Tyrion. “Per favore, ricordamelo dopo che lo avremo ritrovato e magari ci riuscirò.”

“Podrick sa dove si trova,” insistette Brienne. Finalmente il suo collega le rispose. “Ho bisogno di sapere dov’è stato portato Jaime Hill,” disse. “Sono qui con suo fratello.”

“Uh,” sibilò Podrick.

“Tyrion Lannister,” insistette lei.

“Certo che è Tyrion,” rispose lui. “Va bene, dammi solo un secondo. Ti sto inviando il suo indirizzo proprio adesso.”

 

 

******************************

 

 

“È scomparso una settimana fa,” disse Tyrion mentre si dirigevano verso l’ascensore. “Abbiamo ricevuto una chiamata in merito. Mio padre gli ha chiuso il telefono. Sembrava pensare che fosse stato Jaime a mettere in scena il proprio rapimento per ottenere dei soldi. Voleva invece che tornasse a casa strisciando. Non sapeva che lo avessi aiutato a scomparire. Ho provato a contattare Jaime, ma non mi ha mai risposto. Per questo ho iniziato a fare dei controlli su di te. Tre giorni fa, ci hanno inviato un’altra foto. In questa si capiva perfettamente che era segregato da qualche parte. Io e mia sorella abbiamo cercato di esortare nostro padre a dare una risposta ai rapitori, ma non l’ha fatto. Stamattina, poi, è arrivata questa scatola e i miei uomini ti hanno vista all’aeroporto di Dorne. Pensavo ci fosse qualche connessione. In ogni caso, avrei fatto meglio a seguire anche altre piste.”

“Potrebbe essere collegato,” osservò Brienne. “Non sappiamo perché è stato rapito.”

“Ovviamente sappiamo perché è stato rapito: per i soldi,” rispose Tyrion. “Perché pensavo che mio padre avrebbe fatto qualsiasi cosa per riavere il suo erede.”

“O perché ha avuto contatti con me,” aggiunse Brienne. “E qualcuno mi ha trovata.”

Ecco perché così pochi agenti rimanevano sul campo una volta sposati. E perché così pochi si sposavano. Era davvero troppo pericoloso.

“No,” rispose Tyrion. “Non è per questo. Non devi incolpare te stessa.”

“Certo che incolpo me stessa,”

La tornò in mente quando era bambina e lei e Galladon stavano giocando tra le onde. Aveva insistito perché rimanessero per qualche minuto in più. Galladon voleva tornare a riva, ma suo fratello l’aveva accontentata e l’aveva lasciata giocare ancora un po’, perché era suo fratello maggiore e le voleva bene.

Se non fosse stata così egoista…

Galladon annegò e Brienne rimase indietro. Per anni e anni, tutti continuarono a ripeterle che non doveva sentirsi in colpa. Era solo una bambina. Non poteva saperlo. Era una situazione davvero strana.

Non le interessava. Era stata colpa sua. Galladon era morto per causa sua. Non sarebbero mai riusciti a farle cambiare idea.

Ed ora Jaime…

Anche se non l’avevano rapito a causa sua. Anche se Tyrion aveva ragione su questo punto… se si fosse fidata di lui, avrebbe potuto prepararlo. Poteva anche trovarsi con lui in quel momento ed essere così in grado di salvarlo.

Non si sarebbe mai perdonata neanche per questo.

 

 

******************************

 

 

Nel suo lavoro, non aveva alcun senso fidarsi di qualcuno. A volte, però, pensava che avrebbe avuto questi problemi di fiducia anche se avesse scelto un’altra carriera. Era certa che fosse più sicuro rimanere all’interno di un certo limite. Era certa che fosse più sicuro mantenere aperte più opzioni e lasciare le persone a una certa distanza.

Stare sdraiata sul sedile posteriore dell’auto di uno strano uomo, fingendo di essere tranquilla e con le mani ammanettate insieme, richiedeva una grande dose di fiducia.

Si fidava di Podrick e Catelyn, che sicuramente avevano un piano. Si fidava dell’amore che Tyrion provava per suo fratello. Si fidava persino dell’avidità di Bronn, che apparentemente lavorava per Tyrion, e al quale era stato promesso un grosso bonus se l’avesse portata dove si trovava Jaime. Ma finivano lì le cose di cui si fidava. Tutto il resto era solamente cieca speranza.

Era tutto reale, ricordò a se stessa quando iniziò a pensare a che cosa cazzo stesse pensando. Era tutto reale, ma sei ancora in tempo per salvarlo.

Bronn la guidò all’indirizzo che Pod le aveva dato. Si trattava di un magazzino al porto. Ovviamente lo era, lo sono sempre. L’uomo era veramente preoccupato per quello che quello stupido stronzo di Tyrion ritenesse che fosse un buon piano, ma questo lo ignorò e così anche Brienne. Jaime, era l’unica cosa a cui lei riusciva a pensare. Ricordare il suo nome faceva male. I suoi capelli morbidi e il modo in cui si arricciavano leggermente mentre li asciugava. Il modo in cui mormorava soddisfatto quando lei lo abbracciava. I sorrisi che le faceva davanti a una tazza fumante di caffè al mattino. Jaime.

 

 

******************************

 

 

Tyrion era capace di attirare tutta l’attenzione su di sé. Brienne non sapeva perché si sentisse sorpresa, ma lo era. Bronn s’infilò nel parcheggio e Tyrion scese dalla macchina e trovò un gruppetto di Guitti che lo aspettavano fuori dal magazzino.

Non era compiaciuto a un livello tale che Brienne lo avrebbe odiato se lo avesse incontrato in altre circostanze. In quella situazione, digrignò i denti mentre lo sentiva vantarsi di come l’avesse catturata.

Alla base del piano vi era un’idea piuttosto semplice: Tyrion si sarebbe vantato di aver preso un’agente dell’agenzia degli Stark. Si sarebbe offerto di scambiarla con Jaime ricordando loro la riluttanza di suo padre a credere alle loro minacce e sottintendendo che vi fossero più possibilità che qualcuno come Catelyn Stark avrebbe potuto fare qualsiasi cosa pur di salvare un proprio agente da una situazione di pericolo.

Quello che sembrava il capo dei Guitti sembrò guardare Tyrion con sospetto mentre stabiliva i termini per il loro scambio, ma era qualcosa di normale. La famiglia Lannister era rinomata per essere abbastanza crudele per fare qualcosa del genere e i Guitti avrebbero comunque avuto il loro riscatto, quindi sarebbero stati veramente degli sciocchi a non accettare quell’offerta. Tyrion era spiritoso, ma abbastanza tagliente da risultare odioso e il loro leader, un uomo di nome Hoat, sembrava chiaramente divertito da tutto questo. Si voltò e sussurrò qualcosa ad uno dei suoi uomini, che rientrò all’interno del magazzino. Bronn si girò sul sedile anteriore e fece l’occhiolino a Brienne. La donna alzò gli occhi al cielo, desiderando che la bocca non le si fosse seccata in modo da poterlo mandare a quel paese.

Se i Guitti fossero stati bravi in quello che facevano, si sarebbero resi conto della strana scelta di ammanettare le mani di Brienne sul davanti piuttosto che sulla schiena. Invece non lo fecero, troppo distratti ad osservare la sua altezza e la sua bruttezza. Bronn la teneva ferma mentre fingeva di vacillare e combattere gli effetti dei tranquillanti. Tyrion agitò in aria la pistola per sparare i tranquillanti che lei gli aveva precedentemente dato e raccontò le sue prodezze con sottofondo un coro di risate proveniente da quegli uomini. Ve ne erano sei lì fuori e un altro era all’interno del magazzino per prendere Jaime. Brienne non aveva mai dovuto fronteggiarsi contro sette avversari insieme prima.

La porta del magazzino si aprì e Jaime uscì, incespicando alla luce del sole. Il braccio mutilato era stretto con una benda al petto ed era imbavagliato con un pezzo di stoffa sporco. Non si erano preoccupati di legarlo con delle corte ed il motivo fu subito chiaro non appena lo spinsero in avanti. Era debole, malato, con la pelle pallida e sudata e lo sguardo confuso. Dallo stato di decomposizione della mano si capiva che gliela avevano amputata giorni prima ed era ovvio che non gli avessero dato nulla per arginare l’infezione o calmare il dolore. Brienne sentì il proprio stomaco contorcersi. Gli occhi iniziarono a bruciarle. Jaime inciampò e quasi cadde, ma fu afferrato da uno di quegli uomini, che lo spinsero in avanti e lo fecero cadere in ginocchio di fronte a suo fratello. Per la prima volta, sembrò che le forze di Tyrion iniziassero a vacillare. Brienne era alle sue spalle, ma se n’era comunque resa conto. Era furioso per il modo in cui avevano trattato suo fratello maggiore, come del resto lo era anche lei.

“Capo,” disse Bronn, dopo che i due fratelli erano rimasti a fissarsi per un tempo eccessivamente lungo. Lo sguardo di Jaime si spostò e i suoi occhi si concentrarono su quelli di Brienne. Sembravano ancora spaventati, come l’ultima volta in cui lei lo aveva visto nel suo appartamento. Stava per dirle qualcosa, ma alla fine si limitò a scuotere la testa.

“So che non ti piace, Jaime, ma questa è l’unica soluzione,” disse Tyrion, con voce speranzosa. “Ti fidi di me?”

Jaime smise di fare opposizione e fissò suo fratello. Non annuì, ma non scosse neanche la testa. Intanto Brienne guardò gli uomini alle loro spalle. Hoat stava sorridendo, ma qualcosa le diceva di non fidarsi. Emise un suono basso, proveniente dal fondo della sua gola, richiamando così l’attenzione di Bronn. L’uomo si mise accanto a lei, seguendo il suo sguardo, in modo che potessero controllare insieme la situazione. Tutti gli uomini erano armati e Hoat sembrava crudelmente divertito. Ovviamente Tyrion e Jaime ne sembravano completamente ignari. Bronn sospirò a bassa voce e mise la chiave nel palmo della mano della donna.

“L’avevo detto,” disse, con esagerato disprezzo. “Non è vero, Tyrion? Piccolo pezzo di merda ingrato. L’avevo detto io che non avrebbe funzionato. Queste persone sono troppo intelligenti per prendere degli ostaggi.” Lasciò Brienne in piedi dove si trovava. Si fece avanti con quella che doveva essere una camminata spavalda. Tyrion non era l’unico capace di ostentare sicurezza. “Ci concederanno qualche secondo di speranza, solo per divertirsi, e poi ci porteranno tutti dentro. Lo avevo detto io! Chiedeteglielo pure.” Sorrise in direzione dei Guitti. Tyrion, invece, rimase congelato, stringendo ancora tra le mani la pistola con i tranquillanti. “Ma chi ascolta un vecchio mercenario ripulito come me ormai? Certamente non dei ragazzini ricchi che cercano di scappare dal loro papà.”

Scoppiò a ridere e i Guitti lo seguirono a ruota. Era quel tipo di risata forte e forzata che gli uomini fanno quando aspettano un segnale da parte del loro capo. Hoat sembrava contento di tutto questo e Brienne non riusciva a capire se fosse abbastanza crudele da pensare che fosse veramente divertente o troppo stupido per rendersi conto di quello che stava accadendo.

“Che cosa esattamente pensi di ottenere con… questo?” chiese Hoat.

“Io? Oh, nulla,” rispose Bronn, con un sorriso sfrontato. “Però, io farei attenzione a lei.”

Si girò di spalle per guardarla ed emise un sibilo di esagerata delusione quando si rese conto che non si trovava dove l’aveva lasciata.

“Oh, oops. Avete visto?”

Brienne era una spia ormai da abbastanza tempo da scovare una buona via di fuga quando ne trovava una. Si era già fatta strada lungo la fiancata della macchina, staccandosi il nastro adesivo che le avevano attaccato alla bocca. Riuscì a sgattaiolare dietro ai Guitti mentre loro continuavano a fissare Bronn. Afferrò la pistola che uno di loro aveva lasciato sopra una cassa e il coltello a serramanico che vi era accanto. Era il coltello che avevano utilizzato per amputare la mano di Jaime? Lo fece scattare mentre Bronn parlava, muovendosi furtiva dietro le loro spalle.

L’uomo sembrò sincronizzarsi con i suoi movimenti, tanto che la donna riuscì a mettersi in posizione quando lui finì di parlare.

“Penso che voi stiate cercando me,” disse.

Hoat girò su se stesso e tirò fuori la sua pisola, ma, prima che riuscisse ad usarla, Bronn gli aveva già sparato due volte alla schiena. Un secondo uomo cercò di lanciarsi su Tyrion, ma questo gli sparò più volte con la pistola per i tranquillanti e cadde in ginocchio.

Ne rimasero tre, che si precipitarono tutti verso Brienne.

Se fossero stati dei combattenti migliori, forse avrebbe potuto avere qualche problema, ma sembrava essere stata creata per questo e la cosa le risultò veramente facile. Grazie a tutta la rabbia che provava e il dolore che si era insinuato nel suo stomaco e non l’aveva ancora abbandonata, le fu facile bloccare i loro colpi e spingere l’impugnatura della pistola e il coltello nelle loro viscere o dargli qualche pugno nel naso. Fu così rapida con i suoi movimenti che l’uomo a cui Tyrion aveva sparato i tranquillanti stava ancora vacillando per mettersi in ginocchio quando gli altri tre uomini caddero a terra incoscienti. Alla fine, cadde con un grande tonfo e tutto tacque. Bronn scoppiò a ridere, un suono così scioccante che riuscì a destare entrambi i fratelli Lannister dal loro stato di shock.

“Cielo, sei così fottutamente sexy,” disse.

Brienne inarcò un sopracciglio. Per qualche motivo, era facile credergli.

“Va bene,” rispose cupa. Gettò da una parte il coltello e la pistola e tornò dai tre uomini. “Dobbiamo subito portare Jaime in ospedale.”

Tyrion finalmente appoggiò la pistola con i tranquillanti e, con mani tremanti, avvolse le dita intorno allo straccio sporco che copriva la bocca di suo fratello e l’abbassò. Quindi, tenendolo stretto, cercò di aiutare Jaime ad alzarsi, ignorando il suo lamento di dolore quando urtò il suo braccio ferito. Bronn afferrò Tyrion e lo trascinò verso la macchina, definendolo, con un pizzico di affetto “piccolo idioita”. Brienne, quindi, tese la mano verso Jaime. L’uomo esitò e, rimanendo ancora in ginocchio, alzò lo sguardo verso di lei.

“Non capisco,” disse.

“Lo so,” rispose lei. “Ma ti fidi di me?”

Il volto di Jaime si incrinò leggermente. Annuì e le afferrò la mano con la sinistra, in modo che lei potesse aiutarlo a mettersi in piedi.

 

 

******************************

 

 

Tyrion non lasciò che Brienne lasciasse l’ospedale. Disse che era per motivi di sicurezza, ma la donna sapeva perfettamente quale fosse il vero motivo ed era veramente contenta per questo. Una parte di lei avrebbe voluto correre via, ma l’altra voleva veramente restare.

Catelyn e Pod li avevano raggiunti in ospedali, entrambi costretti a sopportare una drammatica rievocazione di Bronn sul combattimento che aveva avuto la donna con sorrisi educati e irritati. Solo a metà di quella esibizione Brienne si rese conto che l’uomo stava concedendo a lei e Tyrion un po’ di tempo per riorganizzarsi mentre Jaime veniva caricato su una barella e portato in sala operatoria. In quel momento quasi apprezzò quello sfacciato mercenario. Dopo un po’ Catelyn l’abbracciò e le sussurrò all’orecchio quanto fosse meravigliosa e pazzesca e che sarebbe stata in vacanza forzata per le prossime settimane. Pod non l’abbracciò, ma le sorrise, con quel viso tondo ancora giovane e gli occhi scintillanti.

“Te l’ho detto,” le disse. “Voleva solamente parlarti come una persona normale.”

“Mi hai detto che era un escort.”

“Ti ho detto che poteva essere un escort.”

“Vedi, ora la situazione sembra davvero divertente,” disse Tyrion mentre Bronn scoppiava a ridere. “Mio fratello è praticamente un monaco. Come diavolo ti è venuto in mente che potesse essere un escort?”

Le ore passarono e Brienne rimase nell’area d’attesa privata che Tyrion era riuscito a riservare loro facendo vedere in giro il badge di Capo della Sicurezza Lanniscorp e raccontando a tutti esattamente chi fosse l’uomo con una mano sola che si trovava nella loro sala operatoria. La donna trascorse il tempo cercando sul suo cellulare informazioni su Jaime Lannister, sentendosi come una fottuta idiota. Tyrion cercò di farla stare meglio raccontandole come si fosse assicurato che nessun software della Lanniscorp sarebbe stato in grado di abbinarlo alla sua stessa foto, ma la cosa non funzionò.

“Mio fratello ti amava, sai,” disse l’uomo quando ormai era trascorsa circa un’ora senza che avessero nuovi aggiornamenti.

Forse si sentiva semplicemente nervoso per le condizioni di Jaime e aveva bisogno di trovare un modo per sfogarsi o forse aveva veramente voglia di essere crudele. Brienne non ne era sicura, ma, ad ogni modo, quelle parole erano simili ad un pugno.

“Lo amavo anch’io,” rispose, senza prendersi la briga di guardarlo.

“Anche quando pensavi che fosse un escort?” chiese Tyrion ironico.

Finalmente lei voltò il volto. Quell’uomo non era affatto crudele, ma semplicemente curioso. Voleva capire la situazione.

“Sì,” rispose. “Anche quando pensavo che fosse una spia.”

Tyrion annuì e si mise a sedere su una sedia.

“Beh,” aggiunse. “Hai sicuramente fatto abbastanza per rimediare all’avergli rotto il cuore.”

Brienne non rispose. Ha perso una mano, si disse mentalmente. È stato torturato e tenuto rinchiuso per settimane e tutto questo per cosa?

La risposta arrivò dallo stesso Jaime, quando, dopo il suo intervento durato piuttosto a lungo, finalmente Tyrion riuscì ad andare da lui e parlargli. Quando tornò, era pallido e silenzioso e si rimise a sedere accanto a Brienne.

“Tutto bene?” Chiese la donna, cercando di resistere alla tentazione di correre verso la stanza di  Jaime. “Come sta?”

“È stato nostro padre,” rispose Tyrion. La guardò come se stesse per farle una domanda, ma lei non aveva nessuna delle risposte che stava cercando. “Nostro padre li ha pagati per trovare Jaime, in modo da riportarlo a casa contro la propria volontà. Una volta che lo hanno fatto, però, gli hanno chiesto più soldi e lui si è rifiutato di pagarli, nonostante sapesse che fosse colpa sua se si trovava nelle loro mani.”

Prese un lungo respiro e a quel punto Brienne non riuscì più a resistere: si allungò e portò una mano sulla schiena dell’uomo in modo che potesse rilassarsi. All’improvviso sembrava un bambino.

“Mi spiace,” disse.

Tyrion chiuse gli occhi e annuì. Una lacrima gli rigò il viso, ma non per molto visto che l’asciugò con il dorso della mano.

“Lo distruggerò,” disse. Si alzò nuovamente, tirando già fuori il cellulare. Prima di andarsene, guardò nuovamente la donna “Per favore, agente Tarth, tieni compagnia a mio fratello. Stava chiedendo di te.”

Brienne annuì. Ci aveva già pensato, in realtà. Si alzò. Non voleva fare vedere quanto fosse nervosa, ma l’esitazione non poteva di certo aiutarla. Adesso doveva venirle automatico nascondere i suoi sentimenti. Era la cosa più giusta da fare. Ma Jaime…

Lasciò che la maschera che aveva indossato per tutto quel tempo le scivolasse via, quindi oltrepassò quella porta.

Jaime era steso sul letto, con la testa appoggiata sui cuscini.

I suoi occhi si illuminarono quando la vide.

“Brienne,” disse.

“Ciao, Jaime,” lo salutò.

Chiaramente era ancora sotto l’effetto dei tranquillanti, ma i suoi occhi non erano vitrei come se li aspettava. Brienne avrebbe tanto voluto che lo fossero. Non voleva assolutamente avere quella conversazione, ma la sua colpa sarebbe stata più facile da raccontare se lui fosse stato meno lucido.

“Pensavo di aver sognato che combattevi contro tutti quegli uomini,” spiegò lui. “È stato fantastico. Tyrion mi ha detto che invece era tutto vero. Cielo, Brienne. Pensavo…”

“Lo so,” lo interruppe lei. Era stato facile per lei vedere tutto il panico che aveva provato quando aveva pensato che suo fratello l’avesse veramente presa. “Mi dispiace così tanto.”

“Per cosa?” Chiese Jaime.

Brienne si asciugò le lacrime che iniziavano a rigarle le guance nonostante tutti i suoi sforzi di trattenerle.

“Pensavo che tu fossi una spia,” spiegò disperata. “O un escort o qualcos’altro del genere. Non pensavo ch… Non sapevo che tu veramente…”

“Un escort?” Jaime sembrava divertito da quel pensiero, che almeno era qualcosa per essere contenti, ma…

“Non pensavo che fosse reale per te. Mi spiace. Se l’avessi saputo, sarei stata più gentile quando ho posto fine a tutto quanto.”

Il volto dell’uomo si incrinò e il suo sorriso si trasformò in un ghigno ironico.

“Ma mi avresti comunque lasciato,” suppose.

“No!” esclamò lei. “No, non… beh, forse, ma… non mi posso far coinvolgere, Jaime. Non posso. Sarebbe troppo pericoloso. Chiaramente.”

Brienne indicò il suo braccio e l’uomo se lo strinse, proteggendolo e guardandola con uno sguardo diffidente.

“Questo è stato tutta colpa di mio padre,” spiegò. “Me l’hanno detto prima di tagliare.”

“Sì, ma se non avessero saputo dove cercarti fino a quando non hai iniziato a frequentarmi? Forse mi stavano pedinando e ti hanno visto! O forse…”

“Brienne, non riesco a capire,” sospirò Jaime, esausto. “Di che cosa stai parlando?”

“Lavoro per…” cercò di spiegare lei, esitante. Beh, Tyrion ormai lo sapeva e probabilmente glielo avrebbe raccontato, anche se gli aveva chiesto di non farlo. “Lavoro per un’agenzia di spionaggio,” disse a bassa voce. “Noi… noi inviamo agenti per ottenere delle informazioni e…”

“Una spia,” ripeté Jaime con tono piatto.

Sembrava sospettoso e questo le faceva quasi venir voglia di ridere. Era giusto che lui non le credesse.

“Sì,” ammise.

“Suppongo che abbia senso. Sai combattere. Hai il fisico per farlo. Sapevi come trovarmi.”

“Sì,” rispose nuovamente lei, anche perché non sapeva che cos’altro dire.

“E pensavi che anch’io fossi una spia.”

“Sì,”

“Ed è l’unica ragione per cui…?”

“Sì.” Il volto dell’uomo si incrinò ulteriormente, quindi lei aggiunse, “Te l’ho detto, non è sicuro per me avvicinarmi agli altri. C’è sempre il rischio che possa accadere loro qualcosa e io… se non avessi pensato che tu fossi una spia, non avrei mai…”

“Oh,” esclamò lui tranquillamente.

Gli antidolorifici facevano sembrare il suo abbattimento ancora peggio, più esagerato e non contenuto come dovrebbe essere.

“Ma io,” Brienne non riuscì proprio a smettere di parlare. Che cosa stai facendo, sciocca ragazza? “Ciò non significa che non… fosse reale. Per me. Pensavo di star facendo un enorme errore nel credere in te.”

Allungò una mano e gli accarezzò il braccio mutilato. Jaime lo spostò da contro il suo petto, guardandola attentamente. Lei lo accarezzò semplicemente, cercando di fargli capire che fosse sincera.

Era reale,” le disse.

“Adesso lo so,” rispose lei.

“Ma vuoi comunque sparire,” suppose l’uomo. “Tyrion mi ha detto che il tuo appartamento era vuoto. C’erano delle persone che stavano portando via delle cose quando mi hanno rapito. Ho continuato a sperare di rivederti. Mi stavo solamente chiedendo se…”

Jaime continuò a parlare, vaneggiare e a confondere le parole. Le permise ancora di accarezzargli il braccio mutilato. Brienne sfregò il pollice in modo rassicurante contro la sua pelle, desiderando veramente di poterlo aiutare in qualche modo, anche solamente dandogli un po’ di conforto. L’uomo smise di parlare, sbalordito, e la guardò con gli occhi spalancati. Nel suo sguardo vi era un misto di speranza, brama e desiderio. Non avrebbe mai pensato che qualcuno l’avrebbe mai guardata così. Non seriamente.

“Che cosa vuoi fare?” Gli chiese lei. Non avrebbe dovuto continuare questa storia. Non avrebbe dovuto pensarci mai più. “Dovrò trasferirmi. Dovrò assumere un nuovo nome e, se tu verrai con me, lo dovrai fare anche tu. Sarà pericoloso. Senza contare che sarai sempre preoccupato per me quando sarò in missione.” Era consapevole di questo perché lo conosceva, perché ogni singola parte di lui era reale.

“Voglio stare con te,” rispose lui. “Ovunque tu vada.”

“Jaime, ho trascorso mesi a mentirti.”

“Non mi interessa,” disse Jaime, come se questa decisione non avrebbe portato a nessuna conseguenza.

Pensò alla sua famiglia fredda e crudele e a come lo avessero abituato ad una situazione del genere.

“Dovresti,” ribatté lei.

“Anch’io ti ho mentito per mesi.”

“Beh, sì, ma…”  

“Mi amavi?”

“Sì.”

“Mi ami ancora?”

“Jaime, certo che sì, ma…”

“Nessuno mi ha mai amato così. Non come hai fatto tu.” Brienne rimase in silenzio, sbalordita e allo stesso tempo inorridita per quella sua confessione. Si sentiva allo stesso modo, ma non lo avrebbe mai ammesso ad alta voce. “Ho sempre desiderato un rapporto così. Ho provato migliaia di applicazioni, servizi di incontri e ho persino assunto un’organizzatrice di incontri, ma non ha mai funzionato. Ero troppo per loro o non ero abbastanza. C’è sempre stato qualcosa di sbagliato in me. Poi ti ho incontrata ed ho subito pensato che fossi la persona perfetta che stavo cercando per tutto questo tempo. Sarei uno sciocco a lasciarti andare.”

“Jaime, è meglio che tu ci pensi bene,” disse lei piano. “Dammi una risposta quando ti passeranno gli effetti dei tranquillanti.”

“Puoi aspettarmi se vuoi, ma non cambierò idea,” rispose Jaime, riportandosi il braccio contro il petto.

Nel farlo, si portò dietro la mano della donna, sorridendole in modo impassibile, ma era ancora Jaime, ancora lui.

Brienne sapeva perfettamente che cosa lui volesse, ma era ancora sotto l’effetto dei tranquillanti. Si sporse in avanti e gli baciò la fronte.

“Rispondimi domani,” disse.

Quando si spostò all’indietro per guardarlo, Jaime le sembrò insolitamente serio.

“Lo farò,” le promise.

Sembrava solenne, ma fu una sensazione che durò poco visto che le labbra dell’uomo si piegarono in un sorriso e i suoi occhi s’illuminarono.

All’improvviso Brienne non ebbe più alcun dubbio su quale sarebbe stata la sua risposta. 




Salve a tutti!
Vi ringrazio infinitamente per aver letto questo storia veramente molto lunga, ma la cui traduzione mi ha fatto compagnia per qualche giorno durante la quarantena. Per chiunque volesse, qui potrete trovare il capitolo in lingua orginiale. 
Ringrazio infinitamente pampa98 per aver corretto la storia e LadyPalma per avermi convinta a pubblicarla.
Alla prossima,

JodieGraham

 

   
 
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones / Vai alla pagina dell'autore: angel_deux