Anime & Manga > Le bizzarre avventure di Jojo
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Autore: EuphemiaMorrigan    15/08/2020    1 recensioni
La storia partecipa all'evento estivo #ferragiomis.
Malgrado fosse un inguaribile stacanovista, continuava ad amarlo comunque. Lo dimostrava l'impegno messo in quel momento nel massaggiargli e strizzargli le cosce, seppur al contempo lo stesse maledicendo a mezza bocca per quella stupida regola silenziosa di non uccidere gli insetti, ovviamente imposta dall'inflessibile Don Giovanna.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Giorno Giovanna, Guido Mista
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Blinded by the sky

Mista adorava Giorno.
Il suo raggio di Sole, l'altra metà della mela, l'anima gemella, nonché l'unico ad avere l'onore di vederlo privo dell'amato berretto a rombi. Lo amava ancor di più in quel momento, disteso accanto a lui a sonnecchiare stravolto con indosso soltanto un paio di mutandine in pizzo.
Oltre ciò aveva molto apprezzato la proposta di trascorrere qualche settimana di vacanza nella loro spiaggia privata, soprattutto perché poteva godersi il marito in lingerie lontano da occhi indiscreti.
Non erano troppo distanti da Napoli e Giorno alle volte sgattaiolava in qualche stanza della villa per chiamare Polnareff e sincerarsi a Passione filasse tutto liscio, fosse ancora in piedi in assenza del capo e del suo braccio destro. Staccarlo dal lavoro era impossibile, Guido considerava già una conquista essere lì.
Malgrado fosse un inguaribile stacanovista, continuava ad amarlo comunque. Lo dimostrava l'impegno messo in quel momento nel massaggiargli e strizzargli le cosce, seppur al contempo lo stesse maledicendo a mezza bocca per quella stupida regola silenziosa di non uccidere gli insetti, ovviamente imposta dall'inflessibile Don Giovanna.
Odiava quando si giocava la carta del Boss durante le discussioni.
Ma doveva venerarlo e rispettarlo con tutto il cuore, se da più di un'ora stava stoicamente sopportando alle orecchie il ronzio di una zanzara e non aveva ancora afferrato il revolver dal comodino per spararle.
Innegabilmente s'era fatto prendere dalla vena drammatica, il non riuscire a chiudere occhio un singolo minuto lo stava trascinando nel profondo baratro della pazzia.
Accettava volentieri di farsi rubare qualche ora del suo sonno di bellezza per godersi una sessione di sesso selvaggio sotto la doccia, però gli occhi spalancati alle quattro del mattino per colpa di una maledetta zanzare no, non riusciva a rassegnarsi.
Le lancette dell'orologio sembravano ferme, congelate nel tempo come le avesse manomesse uno Stand nemico, e la malsana idea di raccogliere le infradito dal pavimento e spiaccicare al muro la bestia di Satana gli martellava in testa e alle orecchie come un sussurro allettante.
Passò la mano sulla fronte sudaticcia, poi la allungò verso il comodino per afferrare il telecomando del condizionatore e accenderlo, evitandosi almeno di morire a causa del caldo.
Stava per coprire il sedere al vento del compagno, consapevole di quanto soffrisse le temperature più fresche, quando la vide. La bastarda. La sua nemesi di quella notte. Poggiata come se nulla fosse sulla pallida natica destra di Giorno, a burlarsi di lui.
Alzò un braccio, il cervello di Mista aveva freneticamente dato all'uomo due scelte: piazzare sul culo del marito uno schiaffo e ammazzare la stronza, beccandosi poi la ramanzina sia per averlo svegliato che per aver ucciso un insetto 'indifeso'. Oppure coprirlo con il lenzuolo e scacciare la zanzara, che sarebbe sfuggita dalla morte e tornata a tormentarlo con quel suo dannato ronzio.
Lo schiocco della pelle schiaffeggiata fece sobbalzare anche Mista. L'istinto aveva deciso per lui.
«Guido!».
L'esclamazione alta e roca di Giorno non lo sorprese. Mista era troppo impegnato a guardarsi la mano pulita, la zanzara volata via prima che potesse schiacciarla sotto la potenza della sua frustrazione e ore di sonno perdute, per accorgersi dell'occhiataccia a lui rivolta.
«Che diavolo ti salta in mente!»
Lo sbuffo seccato attirò la sua attenzione.
Necessitava inventarsi qualche scusa credibile. Rapido lo agguantò per la vita e gli strizzò la natica offesa, stampato in faccia il suo miglior sorriso bastardo: «Dormi con i prosciutti in bella mostra, come faccio a trattenermi?».
C'era una mezza verità in quella piccola bugia, in fondo aveva passato buona parte della nottata a guardargli le cosce e il culo. E ad usarle come antistress mentre l'insetto del Diavolo ronzava al suo orecchio.
A Giorno tremarono le labbra di divertimento, ma quando gli occhi turchesi si posarono sulla sveglia tornò ad incupirsi; gli pizzicò un pettorale nudo, con l'intento di fargli male.
«GIO!» cacciò un lamento acuto.
«Sono quasi le cinque del mattino, Mista» l'utilizzo del cognome non lasciava presagire nulla di buono «Dimmi che non hai avuto il coraggio di svegliarmi a quest'ora, dopo avermi scopato fino a nemmeno due ore fa, perché avevi ancora voglia!».
Di solito Giorno era meno volgare di così, doveva essere molto arrabbiato. Un altro brutto segno era il fatto che avesse arretrato e serrato le braccia al torace, normalmente faticava a togliergli le mani di dosso quand'erano soli, invece quella volta lo aveva allontanato di sua volontà.
«Non sono un oggetto» sibilò di nuovo.
«Non intendevo-» borbottò Guido, inclinando il collo verso il basso, a cercare l'illuminazione fra lenzuola stropicciate.
Il silenzio che arrivò in risposta lo preoccupò maggiormente. Azzardò a sollevare lo sguardo: Giorno gli aveva rivolto la schiena e si era sdraiato d'un lato.
«Gio?» provò a chiamarlo mogio; avvolse la vita magra col braccio e poggiò il mento sulla sua spalla. Le palpebre dell'altro erano ostinatamente serrate, allora Guido posò un bacino sulla voglia a forma di stella, in un chiaro segno di scuse.
«Perdonami, sono stupido».
«Sì, lo sei».
«C'era questa enorme zanzara che sembrava godere nel tormentarmi e non lasciarmi dormire» raccontò, le labbra ancora premute sulla pelle candida, chiazzata solo dai succhiotti e dai morsi precedenti «Così quando si è posata sulle mie chiappe preferite...»
«Hai pensato bene di svegliarmi con uno schiaffo» continuò stizzito «Oltre che ammazzare un povero insetto innocente».
Storse la bocca, sapeva che avrebbe reagito in quel modo.
«Non l'ho uccisa, non ci sono riuscito».
«Questo non ti giustifica» ci fu un momento di pausa «E poi le tue chiappe?».
Ridacchiò contro il suo collo, il tono con cui gli si era rivolto era tornato il solito. Lo cullò un pochino fra le braccia, in seguito le mani scivolarono lungo le cosce sode e poi di nuovo al sedere alto e nudo, dato che le mutandine di pizzo altro che non erano uno stretto perizoma. Il sospiro che strappò a Giorno lo galvanizzò, quindi lo aiutò a voltarsi e accompagnò fra le sue gambe.
«Vuoi forse negare che questi bei prosciutti sono tutti miei?» massaggiò allusivo le sue forme.
«Smettila, cretino! Mi fai il solletico» disse, senza ribellarsi troppo ai suoi tocchi.
Fu facile stenderlo a letto, dato che Giorno non oppose per nulla resistenza, e scendere con la bocca a mordicchiare e baciare l'interno coscia sensibile. Abbracciò il ginocchio sollevato e continuò imperterrito nel suo delirio lucido «Guarda che cosce, tutto prosciutto Italiano».
Giorno si posò una mano alle labbra per non ridere troppo forte. Malgrado avessero un'intera villa vuota a loro disposizione, abituato a cercare di fare il meno rumore possibile, anche se erano passati più di dieci anni, ancora aveva momenti di timidezza.
«In realtà sono metà giapponese e metà inglese» lo corresse, allungando una mano verso il viso di Guido per tracciare con i polpastrelli la mascella definita.
«Non è importante l'origine, ma come viene allevato».
«Cretino» lo insultò ancora e tirò piano i capelli ricci, trattenere le risate però non era semplice.
Mista allora premette di nuovo un bacio sul ventre e gli strappò un ansimo più denso, sentì sotto le labbra la pelle rabbrividire; le dita di Giorno scivolarono dal suo viso, gonfiò i pettorali mentre gli risaliva il torace pallido come la luna e lo sentì chiaramente soffocare un gemito quando il respiro s'infranse sul capezzolo inturgidito.
«G-guido basta».
«Sei ancora sensibile» affermò con un sogghigno.
Giorno ridacchiò afono: «Non ci credo che hai ancora voglia».
Mista mugolò sul collo affusolato «Ho sempre voglia» percorse costole, poi tamburellò la pelle con le dita «Ma sei stanco, ed io sono un bravo marito».
«Così premuroso» lo prese in giro, in seguito si leccò le labbra e sospirò ancora «Come sei bello» percorse con ammirazione il corpo abbronzato sopra di lui.
«Dici?» Guido giocò distrattamente con l'orlo striminzito del perizoma. Evitò di sfiorare l'inguine, seppur fra le gambe divaricate dell'altro cominciava a soffrire un altro tipo di caldo «Non sono io ad indossare questa cosa indecente».
Il sopracciglio biondo scattò verso l'alto «Tu sei nudo».
«Ci saranno trenta gradi in questa stanza, devo sopravvivere come posso» si chinò e appoggiò la guancia sopra la clavicola, sfregandosi piano lì e respirando il suo profumo. Non importava quanto poteva essere caldo o quante volte avessero fatto l'amore sino allo sfinimento quella notte, Giorno rimaneva comunque profumato e il dolce odore dei fiori gli inebriava i sensi.
Mista abbassò di nuovo le palpebre, dopo avvolse la vita del marito con le braccia e sorrise sornione. Le ciglia spesse tremarono quando gli posò due baci sugli occhi chiusi.
«Sono davvero un uomo fortunato» sfuggì a Giorno.
«Questo dovrei dirlo io» bofonchiò il sicario contro il suo collo, intanto le dita affusolate del compagno gli stavano pettinando i capelli arruffati con delicatezza.
Lo sentì ridere, in seguito liberare un nuovo sospiro, quella volta malinconico. La mano di Giorno cercò lentamente la sua, la strinse e sollevò per portarsela alle labbra e baciare così la fede.
«No, Guido» iniziò con un sussurro «Tu sei luminoso come il Sole, non fossi stato io avresti illuminato la vita di qualcun altro e ugualmente saresti felice, io senza te invece...»
«Sciocco» lo bloccò con una carezza, le labbra premute sul petto per un bacio rincuorante «Il Sole illumina solo la sua Luna».
Cadde un attimo il silenzio, poi le braccia di Giorno lo strinsero più forte, quasi soffocante.
«E sono io la tua Luna?» domandò con voce piccola, il viso nascosto fra i ricci corvini.
Guido si stupiva alle volte di come Giorno potesse essere tante cose insieme. Alle volte spietato, altre dolce e comprensivo, sapeva essere sensuale e innocente, adulto e bambino. Era viziato, tremendamente, troppo appiccicoso e con l'enorme paura di essere abbandonato sempre presente nelle profondità di quel cuore che troppo spesso era stato deluso e ferito.
Ma Guido sapeva anche che Giorno si fidava ciecamente di lui, nonostante ciò quel bambino dal caschetto nero e gli occhi tristi, sconosciuto eppure familiare, di cui una singola volta aveva visto una foto, poi scomparsa chissà dove, nascosta da un Giorno adulto che parlava raramente del suo passato, ancora viveva dentro l'uomo che amava, ancora aveva bisogno di essere rassicurato.
Ricambiò la stretta, più delicato, premette il viso sulla pelle di seta e disse «Certo che sei tu, scemo, finché avrò vita» fece una pausa drammatica, poi affermò «Ma la mia vita sarebbe molto più semplice senza zanzare».
Giorno premette un sorriso sulla sua tempia, «Domani farò montare le zanzariere, non voglio che il riposo del mio Sole venga disturbato».
«E per stasera?».
Giorno gli pizzicò il fianco «Ti proteggo io».
A chiappe al vento e soffocato fra le braccia di Giorno, Mista già poteva immaginare le bolle fastidiose che avrebbero fatto bella mostra di sé la mattina dopo, ma il Don di Passione sembrava sicuro e imperturbabile mentre si assopiva di nuovo contro di lui, usandolo spudoratamente come fosse un enorme peluche.
La mattina seguente, difatti, non rimase per nulla stupito del prurito che lo tormentò per tutta la giornata; Giorno però invece di provare pietà per lui e le sue rotondità martoriate, sadico osava persino prenderlo in giro mentre gli spalmava addosso la crema lenitiva, od oziavano un po' ovunque fra il divano e la spiaggia.
Era stata una giornata pigra, eccessivamente calda per prodigarsi in qualsiasi attività, perciò Guido rimase stupito di tutta l'energia che aveva invaso Giorno al calar della notte.
Perché ci tenesse tanto a guardare le stelle dal tetto della casa al mare faticava a capirlo; avevano un balcone enorme e comodo, da cui non rischiavano di cadere e rompersi il collo, eppure il marito lo aveva trascinato a quell'altezza ridicola e lasciato in piedi come un stoccafisso intanto che stendeva sulle tegole il telo da picnic.
Aveva organizzato il tutto in maniera meticolosa, al solito. Le candele attorno, Gold Experince invece si stava occupando dei fiori e la cena probabilmente ordinata in uno dei migliori ristoranti della zona, anche perché aveva un aspetto troppo bello per esser stata cucinata da Giorno – che non sapeva preparare neanche un uovo in camicia senza bruciare la cucina – .
Il sicario di Passione lo seguì con curiosità mentre con la mano batteva il posto accanto a sé e lo chiamava «Vieni».
«Vuoi rimanere vedovo?».
«Che razza di domande fai?».
Arcuò un sopracciglio, scettico «Quel posto è talmente vicino al bordo che se metto male una chiappa rischio di cadere dal tetto».
«Esagerato» lo sentì borbottare e poi fargli più spazio.
A Mista non piacevano le altezze, forse aveva sviluppato quella paura recondita anni prima, quando si era lanciato da una finestra per salvare la vita al compianto Bucciarati, da allora odiava la sensazione di vuoto che gli riportava alla mente l'esser stato in equilibrio precario su un punto così rialzato.
Per buona pace del suo matrimonio però, e perché raramente aveva visto Giorno così contento per qualcosa come quando quella sera avevano scoperto ci sarebbe stata una pioggia di stelle cadenti, ingoiò l'ennesima protesta e sedette dietro di lui, facendolo sistemare meglio fra le sue gambe.
Giorno appoggiò la schiena sul torace spazioso, «Hai cambiato idea?».
«Non voglio rischiare di vederti cadere di sotto» disse fra i capelli biondi, stringendogli la vita.
La risatina del marito lo rilassò, così come il bacino che gli lasciò sulla guancia. Giorno posò il capo sulla sua spalla, le mani catturarono dolcemente quelle posate sulla vita e il mento sollevato all'insù, mentre guardava il cielo stellato con gioia.
Guido avvicinò le labbra al suo orecchio, lo mordicchiò e provocò l'ennesimo risolino. Quella rara vacanza insieme stava rilassando talmente tanto Giorno, che un po' odiava l'idea che da lì a nemmeno una settimana sarebbero dovuti tornare a Napoli, a portare sulle spalle di nuovo il peso di Passione.
Lo baciò dolcemente, ancora con il costume indosso – dato il caldo infernale – le loro pelli scottavano al contatto. Mista amava la sensazione liscia come la seta delle gambe di Giorno che si sfregavano contro le sue, più ruvide a causa della peluria.
«Da quando ti piace guardare le stelle?» domandò, aveva quella curiosità dal momento in cui glielo aveva proposto.
Le gote magre di Giorno vennero spolverate di rosso, «Da sempre. Solo non ne abbiamo mai avuto il tempo».
Purtroppo non poteva negarlo. La loro vita era scandita da ritmi veloci e impegni improrogabili.
«Allora rimaniamo svegli finché non vediamo una stella cadente».
«Hai un desiderio?» indagò Giorno, curioso.
«Forse. Tu, invece?».
Ci fu un attimo di pausa, come se dovesse riflettere su cosa dire, poi dichiarò un po' timido: «Il primo si è già avverato, non vorrei chiedere troppo».
«Hai chiesto ad una stella di farti diventare una gangstar?» lo provocò con un sorriso.
Giorno mosse il braccio per pizzicargli una guancia, ammonendolo con divertimento; si accomodò meglio fra le sue braccia, ormai Mista era completamente sdraiato sul telo e il marito troneggiava sopra di lui con un'espressione furba sul viso. «Per quello non è servito esprimere nessun desiderio».
Guido gli afferrò i fianchi, scivolò con le mani verso l'alto e premette le dita sulle costole prima di tirarlo di nuovo in avanti e farlo sistemare meglio fra le cosce divaricate; sogghignò e disse: «Allora qual era il desiderio?».
La spavalderia di Giorno scemò all'improvviso, gentilmente carezzò la mandibola definita e sussurrò: «È una storia lunga, sicuro di volerla sentire?».
«A me interessa tutto di te».
L'occhiata maliziosa col quale lo investì lasciò Giorno interdetto, finché non si posizionò meglio fra le sue braccia e cominciò a raccontare: «Non mi piace molto parlare del mio passato, lo sai. Ci sono volte in cui vorrei dimenticare ciò che ero, la mia debolezza, le botte ricevute dal mio patrigno e dai miei coetanei» stirò le labbra, incerto.
Guido non intervenne. In dieci anni che era al suo fianco, Giorno non si era mai fatto sfuggire più di qualche informazione sporadica, il fatto che ne stesse finalmente parlando gli riempiva il cuore di una malinconia che non avrebbe mai creduto di poter provare e, allo stesso tempo, era felice si fidasse talmente tanto da finalmente aprirsi con lui.
«Mi vergognavo» mormorò il compagno, come se gli avesse letto nel pensiero «Mi sono sempre fidato di te, ma mi vergognavo di quello che ero e poi...» distolse il viso, perso a guardare un punto indefinito davanti a sé, dopodiché cambiò improvvisamente discorso «Comunque, all'uscita di scuola venivo spesso seguito dai miei compagni di classe, o bambini più grandi, e preso a spintoni o pugni fino a casa. Non mi rubavano nulla, anche perché non avevo niente da rubare. Ero povero, trasandato, straniero, una facile vittima» Giorno scrollò le spalle, come se stesse raccontando qualcosa di poco conto.
«Un giorno, al suono della campanella, provai a nascondermi e cambiare strada. Non potevo arrivare a casa in ritardo, altrimenti... L'ho già detto» fece un gesto stizzito con la mano, come a voler scacciare un ricordo molesto «Così mi misi a correre, certo di esser stato più furbo dei miei bulli. Evidentemente ero il loro unico divertimento all'epoca, dato che mi aspettarono fuori scuola e seguirono finché non fui accerchiato e di nuovo preso a botte».
Guido si rese conto di starlo stringendo un po' troppo, solo quando il racconto di Giorno si fermò e il marito cominciò a carezzargli le mani sui fianchi per calmarlo.
«Va tutto bene-».
«No che non va bene!» tuonò, si rimise a sedere, cercando invano di controllare la rabbia «Se ci fossi stato io... se solo...».
«Non mi hai fatto finire» sospirò Giorno, sembrava divertito. Di nuovo afferrò le sue mani per calmarlo e riprese il racconto «Quello era un quartiere completamente nuovo per me, quindi a parte cercare di ignorarli mentre intimavano di tornare al mio Paese, non avevo nemmeno possibilità di nascondermi. All'ennesimo spintone che mi fece cadere in ginocchio sui sampietrini, invece di ricevere i pugni che mi aspettavo, sentì qualcuno in lontananza urlare agli altri ragazzini di fermarsi. Immagina il mio sconcerto nel vedere un bambino mai visto prima agitare i pugni verso i miei bulli e venir pestato di conseguenza al posto mio» portò la mano alla bocca, ridendo di gusto «Scusa, il ricordo mi fa tenerezza».
«Almeno ti ha aiutato» stranamente a Guido venne da imbronciarsi. Anche lui era stato una testa calda da bambino e gli era capitato spesso di intromettersi in risse o pestaggi che non lo riguardavano, in fondo il suo più grande difetto era odiare le ingiustizie.
«Lo so» sussurrò con voce dolce e gentile. Le dita fresche di Giorno gli carezzarono la guancia, fino a giungere a tracciare il sopracciglio scuro «Era così rumoroso. A causa delle percosse lo avevano ferito proprio qui, eppure continuava a strillargli di andarsene; per fortuna, se così possiamo chiamarla, avevo sempre con me dei cerotti. Anche se farlo stare fermo è stata una tortura» soffiò, baciando la cicatrice che divideva il sopracciglio destro di Guido.
Il clima si era fatto un pochino più denso per Mista, la testa affollata di ricordi e pensieri troppo lontani per non apparire sfocati. Sbatté le palpebre un paio di volte, poi gli uscì in un mormorio: «Cerotti rosa...».
«Ero riuscito a sgraffignare solo quelli» confessò un po' in imbarazzo.
Il pomo d'Adamo di Guido vibrò, improvvisamente la figura dimenticata di un bambinetto dal caschetto corvino e gli occhi tristi si sovrappose a quella di Giorno, lasciandolo interdetto.
I movimenti del marito attirarono la sua attenzione: si era distanziato e poi seduto al fianco, le ginocchia sollevate al torace e il mento poggiato a queste, riflessivo osservava il cielo stellato.
«Ci eravamo promessi di rivederci,» ricordò come se nulla fosse «ma ovviamente quel giorno tornai a casa in ritardo e il mio patrigno fu così gentile da darmi il resto delle botte a cui ero scampato a malapena poco prima».
«Gio-»
«Provai per settimane a fare la stessa strada, scappare dai bulli però sembrava farsi sempre più difficile e così finivo per rinunciare. Quando finalmente tornai al luogo in cui ci eravamo conosciuti nessuno era lì ad aspettarmi» socchiuse gli occhi, il tono divenne comprensivo e delicato «Non provo risentimento, il colpevole sono io, mi sono lasciato sfuggire l'occasione e per anni rimase solo il rimpianto di aver perso l'unico potenziale amico della mia vita» si strinse nella spalle, voltò il viso verso Mista e accennò un sorriso «Per questo la prima volta che ho visto una stella cadente chiesi di rincontrarlo, per scusarmi con lui».
Il corpo di Mista si mosse da solo, spinto da un forza che in quel momento di confusione non sapeva nemmeno contenere, lo avvolse fra le braccia e premette contro il proprio torace. Dal singulto di Giorno e la risatina mentre cercava di spostarsi per respirare, forse stava quasi rischiando di soffocarlo.
«Va tutto bene, Guido».
«Se lo avessi saputo ti avrei aspettato» lo blocco, la voce più rotta di quel che avrebbe voluto mostrare.
La mano fresca del marito gli sfiorò lo zigomo teso, tracciò la mascella con la punta delle dita e lo spinse a sollevare il mento quando lui rialzò il viso per parlare a fior di labbra, «A modo tuo lo hai fatto, siamo qui».
Prima che Guido potesse protestare lo baciò. Le labbra di Giorno erano morbide, sapevano ancora di quel tremendo burrocacao all'anguria che ostinava a mettersi; rincuoranti scivolavano sopra le sue finché non chiese il permesso di approfondire il contatto.
Accarezzò la schiena nuda, fino al coccige; la pelle liscia odorava di crema solare nonostante si fossero fatti la doccia poco prima di salire sul tetto e, malgrado i giorni passati al mare, complice il fatto che Giorno odiasse prendere il Sole, manteneva il suo nobile pallore.
Istintivamente la mano di Guido s'immerse fra le ciocche bionde, libere dalla solita treccia e dalle crocchie a forma di rosa sopra la fronte; ricadevano selvagge, simili ad una sottile tenda coprivano il bacio che ancora si stavano scambiando e il loro visi arrossati.
«Ti amo» sfuggì a Giorno, a corto di fiato «Ti amo da sempre».
Dopo anni di relazione Guido non credeva di potersi imbarazzare così tanto per un 'ti amo', eppure quello aveva un sapore diverso. Ora che aveva scoperto quanto Giorno lo aveva aspettato, era come se dai suoi occhi fosse stato sollevato un velo che gli impediva di vedere realmente la profondità di quei sentimenti, e perdersi in tutto l'amore che il marito provava per lui.
Stava per farsi sfuggire di non meritarselo, ma sarebbe stato un insulto mentre l'altro lo guardava con una sincerità spiazzante, come se fosse l'unica cosa bella del suo intero mondo.
Deglutì, ancora sconvolto, le dita tremavano sulla pelle delicata, «Io...» gli mancavano le parole.
«Zitto» Giorno posò delicato l'indice sulle sue labbra «Stringimi e basta».
Fece come richiesto, all'inizio meccanicamente, dovendo digerire ancora quella verità taciuta per anni e tutte le emozioni che gli erano piombate addosso in maniera ancor più intensa; man mano che carezzava la schiena curva del marito e lo teneva fra le braccia, nel frattempo che Giorno s'era annidato nell'incavo del suo collo in cerca di calore, gli occhi di Guido si riempirono di lacrime a vedere il profilo dolce e rilassato dell'altro.
«Sempre» sussurrò, sfiorando la guancia con un bacio. Non c'era bisogno di spiegarsi.
Giorno non rispose, né si mosse, solo le labbra si arricciarono in un piccolo sorriso. Al che Guido passò la mano sul viso, scacciò il tremore del copro e quell'attimo di cedimento, in seguito alzò lo sguardo al cielo stellato.
Quella volta toccava a lui esprimere un desiderio.

Angolo autrice: Questa storia partecipa al #ferragiomis, l'evento di ferragosto dedicato alla coppia.
So di essere sparita per un po' ma, per chi segue la babysitter au, ritornerò sicuramente a Settembre con il nuovo capitolo, mi sono presa una pausa per via di vari impegni e il troppo caldo che mi sta uccidendo. 
Questa è una OS molto semplice magari, ma ci tenevo tanto a scriverla, adoro il pre-VA e mi piaceva l'idea di inserirlo così. 
Grazie a chi leggerà e lascerà un parere <3 

 

   
 
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