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Autore: Ghostclimber    17/08/2020    6 recensioni
Rukawa sembra essere vittima di una crisi d'asma proprio nel bel mezzo di una partita contro il Kainan.
La sua determinazione lo porterà a continuare comunque a correre, e il successivo, prevedibile incidente lo metterà sulla strada di una sconvolgente presa di coscienza.
E delle sue conseguenze.
Warning: hanahaki
Genere: Angst, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Kaede Rukawa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciaossu, minna!

Muoviamo un po' le acque, che ne dite?

Comunicazione di servizio: miracolosamente, giovedì parto per le vacanze (yattaaa!) per tipo la prima volta da anni, non mi porterò il pc quindi temo che lunedì non potrò aggiornare. Tornerò con nuove energie (e probabilmente nuovi infortuni, visto che andrò in falesia) la settimana successiva.

Vi lascio al capitolo, come sempre grazie per il vostro supporto!

XOXO

 

 

 

 

 

Mito si alzò subito dal letto quando sentì il ticchettio dei sassolini contro la finestra; non si era neanche preso la briga di fare un reale sforzo per addormentarsi, sapeva che quell'imbecille del suo migliore amico si sarebbe presentato a casa sua con un nuovo patema d'animo da condividere.

Andò alla finestra, la aprì e fece cenno di salire senza nemmeno guardare giù; il fruscio di qualcuno che si arrampicava sull'albero di fronte, e pochi secondi dopo Sakuragi stava scavalcando il davanzale. -Ciao. Allora, com'è andata?- chiese, accomodandosi di nuovo sul letto.

-Una merda.- rispose Sakuragi. Mito sollevò un sopracciglio nella penombra, in una muta richiesta di avere ulteriori informazioni. Sakuragi prese il respiro più volte, e più volte aprì la bocca come per parlare, poi scosse la testa e disse semplicemente: -Mi ha spezzato il cuore vederlo così.- Mito sbatté le palpebre, stupito. Si era aspettato che Sakuragi si rendesse conto che stava facendo lo stronzo con Rukawa, ma da lì a una cosa del genere ne passava, di strada.

-Se lo dici a qualcuno ti strozzo.- aggiunse Sakuragi a mezza voce.

-Non devi neanche dirlo, scemo. Cos'è successo?- Sakuragi sospirò e si sedette per terra a gambe incrociate. Senza alzare lo sguardo, disse: -Ha una malattia stranissima, mai sentita. Ogni tot, senza preavviso, si mette a tossire fiori.

-Fiori?! Hana, stai delirando?!

-Mi piacerebbe, Yo, te l'assicuro. Gliel'ho visto fare, ti giuro pensavo che mi schiattasse lì sul momento. E da come l'ha presa, secondo me non era neanche tra le crisi peggiori.

-Quindi ammetti di esserti comportato da stronzo?- chiese Mito. Sapeva quanto l'argomento malattie fosse duro per il suo migliore amico, che aveva visto suo padre soffrire di patologie cardiache da quando aveva memoria, e sapeva anche che il miglior atteggiamento per fargli sputare quello che lo turbava era avanzare come un carrarmato.

-Sì, lo ammetto. È che non pensavo che fosse così grave, voglio dire, Rukawa che sta male? È una cosa che non riesco a concepire, quello rimbalza sempre in piedi, sembra uno di quei pupazzi ad aria che mettono fuori dalle concessionarie nei film americani. Lo stendi e si rialza, lo stendi e si rialza. Non mi aspettavo di trovarlo a letto, tutto piegato come un vecchietto.

-Caspita, è davvero così grave?

-Non lo so. E non credo che lo sappia neanche lui, ha detto che nessuno sa cosa gli sta succedendo.- Sakuragi concluse la frase in una maniera che a Mito parve un po' frettolosa. Certo, non si era interrotto a metà, il senso era chiaro ed esposto da cima a fondo, eppure aveva aumentato la velocità sulle ultime parole, come se volesse smettere di parlare al più presto.

-Hana, sputa il rospo. Sai che qualsiasi cosa mi dirai non uscirà da qui.

-Mi prenderai per il culo?- chiese Sakuragi in un filo di voce. Come sempre, Mito si stupì della sua capacità di parlare in sussurri: a sentirlo per strada, non lo si sarebbe ritenuto capace, eppure sapeva essere il miglior bisbigliatore del mondo quando voleva.

-No, scemo. Avanti, spara.- lo incoraggiò Mito. Si udirono settantatré piccoli scatti della lancetta dei secondi sulla sveglia, poi Sakuragi confessò con voce rotta: -Ho paura che muore, non voglio che muore.- e scoppiò in lacrime.

 

Ayako era tornata a trovare Rukawa, che l'aveva lasciata entrare solo perché non aveva le forze di spiegare a sua madre come mai non gli andasse di vedere la ragazza, il suo supposto tradimento e tutto il resto. Ayako era sola, e spiegò che Miyagi era rimasto a scuola per sottoporre un paio di matricole ad allenamenti mirati sui tiri da tre; Rukawa non rispose.

-Kaede, per favore, mi dici cosa ti prende? Se non mi parli non posso aiutarti.

-Non ti dico proprio niente. Altrimenti poi tu corri da Ryochin e gli spiattelli tutto.

-Ma che cosa stai dicendo?- chiese Ayako, ferita.

-Oh, quindi è stato un uccellino a raccontare a Miyagi che ho una cotta per l'idiota?

-Kaede, non prendertela, per favore. Sono preoccupata da morire per te, e sai che non ho poi questa gran schiera di amici... dovevo parlare con qualcuno, altrimenti sarei scoppiata.- Rukawa tacque. Quella era la risposta che non era riuscito a dare alla propria mente, quando gli aveva chiesto quale sarebbe potuta essere la “buona ragione” per cui Ayako aveva vuotato il sacco con Miyagi.

E, doveva ammetterlo, era un'ottima ragione.

Cercò di vedere le cose da una prospettiva esterna: il campione della squadra, quello che non manca un allenamento neanche con trentotto di febbre, quello che si spinge sempre al limite e a volte anche un po' oltre, fino a collassare in campo, quello che ha effettuato un tiro libero ad occhi chiusi durante il campionato nazionale, eccolo ora costretto in un letto, con addosso un pigiama a righine azzurre, i capelli scompigliati e una faccia da buttar via. Si alzava solo per andare in bagno, era troppo debole persino per lavarsi senza aiuto, e aveva visto fin troppo bene quanto il proprio viso sembrasse scavato e quasi vecchio nella stanchezza e nella disperazione.

I muscoli gli dolevano costantemente, ogni attacco di tosse era quasi una tortura, e oltre al cortisone ormai gli venivano somministrati anche antidolorifici. Immaginò di vedere Sakuragi in quelle condizioni e capì alla perfezione il bisogno di Ayako di condividere il peso con qualcuno.

-No, cazzo.- bisbigliò Rukawa, mentre un ormai familiare pizzicore gli invadeva il retro della gola, -Basta, pietà.- aggiunse, poi cominciò a tossire.

-Kaede, cosa succede?- chiese Ayako rapidamente. Rukawa capì che la ragazza, conoscendo la causa del suo male, si era resa conto che qualche pensiero aveva scatenato la crisi; tra un colpo di tosse e l'altro, Rukawa chiese: -Lui... sta... bene?

-Sta bene? Oh, sì, è sano come un pesce, non ti devi preoccupare per la sua salute.- Ayako meditò se aggiungere che sembrava solo molto preoccupato e che un paio di volte aveva chiesto notizie di Rukawa, ma sorvolò: non sapeva se quello avrebbe fatto passare la crisi o se l'avrebbe invece peggiorata, e le condizioni dell'amico la preoccupavano parecchio.

Lo strinse tra le braccia mentre l'attacco di tosse sfumava poco a poco; infine, Rukawa tossì qualche sparuto petalo di colore rosa chiaro e si ridistese.

-Passami quella boccetta, per favore.- disse con voce sorda. Ayako si voltò e prese una provetta vuota da un tavolino mobile che non aveva notato prima; gliela passò e Rukawa vi fece cadere dentro i petali, poi prese un pennarello dal comodino e scrisse data e ora sull'etichetta.

-Li stanno catalogando?

-Stanno facendo uno studio. I fiori spesso sono diversi da un momento a un altro, e stanno cercando di capire perché. Un'infermiera ha detto che forse c'entra qualcosa con il significato dei fiori, ma non mi ricordo quando e come li ho tossiti.- Rukawa chiuse la provetta e la diede ad Ayako perché la rimettesse sul tavolino. La ragazza disse: -Adesso a cosa stavi pensando? Potresti scriverlo, così non te ne dimentichi.

-Ho provato a mettermi nei tuoi panni. E ho immaginato di vedere lui così.- Ayako si sedette, si mise la cartella sulle ginocchia e prese un piccolo raccoglitore ad anelli. In bella calligrafia, annotò quel che aveva detto Rukawa, la data e l'ora, poi tolse alcuni fogli già scritti e appoggiò il quaderno sul comodino. -Ecco. Te lo lascio qui, io ne prendo un altro tornando a casa. Magari non serve a niente, ma potrebbe anche...

-EHI VOLPACCIA!- il cuore di Rukawa fece una dolorosa capriola nel suo petto mentre Sakuragi entrava trionfalmente nella stanza. Ayako trillò: -Oh, ma guarda chi c'è! Allora anche tu hai un cuore, Hanamichi!

-Oh, eh, ah, mmmh, torno più tardi vedo che sei impegnato non voglio distur...

-HANAMICHI SAKURAGI!- tuonò Ayako, sfilando il ventaglio dalla cartella.

-Mapporc...

-Porta qui quelle chiappe, immediatamente!- ordinò la ragazza. Sakuragi alzò le mani come se lei lo stesse minacciando con una pistola e si sedette sull'unica sedia rimasta libera. Rukawa rabbrividì alla sua vicinanza: sembrava che per qualche motivo Sakuragi emanasse calore, un calore confortante, come quello di una coperta calda e pesante nel cuore dell'inverno.

-La violenza non è mai la soluzione, Ayako, dovresti cercare di... AHIA!- Rukawa trattenne un ghigno quando Ayako si sporse oltre il suo letto per mollare a Sakuragi una bella sventagliata sulla testa, poi dovette aggrapparsi ai supporti metallici quando il rosso si aggrappò al bordo del materasso nel tentativo di nascondersi dalla furia della loro manager.

Ayako si sedette di nuovo, soddisfatta del risultato ottenuto, poi disse: -Comunque io adesso devo andare, quindi mi fa comodo che sia arrivato qualcuno. Resti tu con Rukawa fin quando non torna sua mamma?- chiese con voce dolce, come se non l'avesse appena bastonato malamente.

-Agli ordini.- pigolò Sakuragi, ancora intimorito: Ayako sembrava essersi calmata, ma il ventaglio non era tornato nella cartella, quindi poteva essere ancora pericolosa.

-Bene, allora vado. Magari domani passo con Ryota, ti andrebbe, Kaede?- chiese la ragazza, chiudendo la cartella. Rukawa vide la testa di Sakuragi spuntare dal lato del letto, e poi riaffondare una volta constatato che sì, la cartella era chiusa ma il ventaglio era ancora nella mano destra di Ayako. Represse un altro ghigno.

-Sì, va bene. Ma se deve allenare i ragazzi, non disturbarlo.

-Oh, non preoccuparti, domani passa Mitsui, non ha lezioni in università e ha detto che allenerà lui le nostre due promesse!- Sakuragi osò sollevare la testa per mettersi più comodo, e subito il ventaglio di Ayako si abbatté su di lui: -AHIA! E questo perché?

-Perché dovresti prendere esempio da Rukawa! Guardalo, è in un letto d'ospedale e si preoccupa della squadra, non come te che in questi giorni arrivi, fai il minimo indispensabile e poi te ne vai!

-Ayakooo!- gemette Sakuragi; per qualche motivo, arrossì. La manager gli puntò contro il ventaglio e disse: -Non mentire, è così. Vedi di darti una raddrizzata, altrimenti ti stacco la testa a sventagliate.- Sakuragi mormorò qualcosa di molto poco educato, e Ayako uscì salutando con la mano. Rukawa disse: -Adesso puoi alzarti, è andata via.

-Sicuro?- chiese Sakuragi; i suoi occhi sbucarono da dietro il materasso.

-Sicuro.

-Cazzo, ultimamente è isterica. È preoccupata per te e si sfoga malmenando noi. Vedi di rimetterti in fretta, prima che rovini definitivamente il magnifico cervello del Tensai.

-Farò del mio meglio, ho a cuore la salute degli esseri mitologici.- ribatté Rukawa. Sakuragi lo guardò stupito, poi si rese conto che il moro aveva appena detto di catalogare il suo cervello nella lista delle cose che non esistono, insieme agli Ogopogo, agli unicorni e al mostro di Lochness: -EHI! E io che ti vengo pure a trovare!

-A proposito, che ci fai qui?- chiese Rukawa. Sakuragi si raddrizzò così di colpo che la sedia si alzò per un istante sulle gambe posteriori, per poi ripiombare a terra con uno scricchiolio fastidioso. Per qualcosa come un secolo, Rukawa pensò che non avrebbe risposto.

-Volevo vedere come stai, tutto qui. Non posso?- sbottò infine Sakuragi.

-È un paese libero.- ribatté Rukawa.

-Dai, cazzo, non farmi fare il sentimentale.

-Dai, cazzo, non fingere di non avermi augurato la morte per un anno e mezzo. Cos'è, speri che schiatto mentre sei qui per assistere allo spettacolo?

-Adesso capisco perché non parli mai, perché quando parli spari cazzate.- disse acido Sakuragi, e Rukawa tacque. Si rendeva conto, in qualche modo, che tra le righe il rosso stava ammettendo di volergli in qualche modo bene, e che lui stava rovinando tutto con la sua scontrosità. Prese un profondo respiro e disse: -Scusa. Grazie.

-Oh, cazzo, è l'Apocalisse!- commentò sarcastico Sakuragi.

-EHI!- esclamò Rukawa, alzandosi dai cuscini.

-Dai, scherzavo, non...

-Ho respirato!

-Sì, lo fai più o meno da sedici anni, in caso non te ne... aspetta, intendi dire che hai respirato bene?!- Sakuragi scattò in piedi. Rukawa lo guardò e prese un plateale respiro a pieni polmoni. Nessun rantolo, nessuna fitta al costato, niente di niente, solo della sana aria che gli riempiva il petto e poi usciva; puzzicchiava un po' di ospedale, ma niente di insopportabile se messo a confronto con il fatto che per la prima volta da quasi una settimana Rukawa stava respirando a fondo. La gioia fu tale che il moro si sentì sull'orlo delle lacrime.

-Ehhh, la presenza del Tensai è corroborante, ammettilo!- disse Sakuragi nel suo solito tono di vanteria, e Rukawa si rese conto che prima o poi avrebbe dovuto spiegargli almeno qualcosina. Il respiro gli si bloccò di nuovo ed emerse con un possente colpo di tosse che gli sconquassò il petto, rinculando fin lungo tutta la spina dorsale.

-Ehi, ehi, ehi, buono! Non è che sei allergico alle stronzate?- Rukawa si ritrovò in una situazione molto, molto difficile: scoppiò a ridere mentre tossiva, e lo spettacolo dovette essere abbastanza inquietante da spingere Sakuragi a dire: -Ohi, Rukawa, stai tranquillo. Posso fare qualcosa per te? Devo chiamare un medico? Vuoi dell'acqua?- il colpo di tosse si arrestò. Rukawa sputò un fiore, identico a quello che aveva tossito un paio di giorni prima, sempre in presenza di Sakuragi, e disse con voce spezzata: -Passami una di quelle.- Sakuragi si voltò e prese una provetta vuota; mentre gliela passava, le loro dita si sfiorarono appena. Rimase in silenzio mentre Rukawa vi faceva cadere dentro il fiore e poi appuntava data e ora, e tacque anche guardandolo scrivere sul quaderno cosa aveva pensato prima di avere l'attacco.

Bontà sua, non cercò di curiosare. Probabilmente, si disse Rukawa, si era davvero spaventato. Intravide la possibilità di poter costruire un qualche tipo di legame e rimise il cappuccio alla penna, cercando le parole per spiegarsi.

-Hanno scoperto che cos'hai?- chiese Sakuragi. Rukawa rifletté che se esisteva al mondo qualcuno capace di porre le domande peggiori, quella persona era proprio lì nella sua stanza. Rifletté rapidamente, poi chiese: -Prima hai chiesto se potevi fare qualcosa per me. Eri serio?

-Beh... sì.- confessò Sakuragi in un sussurro quasi inudibile, -Ma se lo dici a qualcuno ti sdereno!- aggiunse a voce alta, per mantenersi nel personaggio.

-Più o meno sanno cos'ho.- disse Rukawa. Aveva trovato una mezza verità da propinargli, e decise di gettarsi nella sfida. Ricordò il campionato nazionale dell'anno precedente e si disse che se era riuscito a infilare un tiro libero a occhi chiusi sarebbe riuscito a mettere insieme qualche parola.

-Pare che sia una specie di rara patologia autoimmune.- spiegò, riempiendosi la bocca di paroloni per cominciare confondendolo.

-Tradotto in linguaggio comune?- chiese infatti Sakuragi.

-Il mio corpo sta attaccando se stesso.

-Ahia. Non suona bene. Sanno la causa?

-Sì e no. Non sanno perché, ma ho questi attacchi quando interagisco con te o penso a te.

-A... a me? E perché io?

-Cazzo, do'aho, ma mi ascolti?- sbottò Rukawa, sentendosi come un ragazzino che frena la bici appena in tempo per non finire giù da un dirupo, -T'ho appena detto che non sanno perché!

-Ah, già. Scusa, eh, non è una cosa che si sente tutti i giorni, sai?

-L'ho notato, imbecille.- rispose Rukawa.

-Spiegati meglio, Volpe.- disse Sakuragi. Si sedette sul bordo del letto e guardò Rukawa negli occhi.

-Stiamo ancora cercando di capire. Ma quel che ricordo è che la prima crisi che ho avuto qui è stata dopo aver notato che non avevi firmato il biglietto che mi hanno mandato gli altri della squadra.

-Ah. Quindi possiamo dire che stai morendo dalla voglia di fare amicizia col Genio?

-Evidentemente devo aver battuto la testa molto forte, ma sì, possiamo dire così.- ammise Rukawa, a malincuore. Si stava mettendo completamente nelle mani di Sakuragi.

Sapeva che, se il rosso si fosse rifiutato di approfondire il loro rapporto, per lui sarebbe stata la fine. Rifletté che probabilmente parlarne mentre lui era ancora ricoverato e non più avanti, altrove, sarebbe potuta essere la salvezza: non dubitava che, di fronte ad un netto rifiuto, avrebbe avuto un attacco molto più violento dei precedenti, ma forse sarebbe riuscito ad infilare un “operatemi” tra un colpo di tosse e l'altro, e con un po' di fortuna gli avrebbero rimosso i fiori e il sentimento prima che i suoi polmoni e il suo cuore fossero troppo danneggiati.

Piegato ma non spezzato, sarebbe almeno potuto tornare sui campi da basket.

Trasse un tremulo respiro, in attesa della risposta, e lo esalò: un altro fiorellino azzurro volteggiò fuori dalla sua bocca e Rukawa lo prese al volo.

-Merda, ti succede anche senza tosse?- chiese Sakuragi. Rukawa seppe, d'istinto, cosa rispondere: -Credo sia normale. Ti ho detto che dipende da te, e sto aspettando la tua risposta.- senza stare a rimuginarci troppo sopra, Rukawa alitò, come quando si appanna un vetro per scriverci sopra con il dito; una marea di fiorellini azzurri si librò nell'aria ferma della stanza.

Sakuragi prese uno dei fiori e lo rimirò, attonito: -Rukawa, non ci capisco niente. Ma se basta rivolgerti la parola ogni tanto, che diavolo, ci sto.- esitò, poi aggiunse: -Chi le sente poi le tue fan se scoprono che ti ho lasciato morire perché sono stronzo?- rivolse a Rukawa un mezzo sorriso, che il moro ricambiò stentatamente.

-Quando ti dimettono?- chiese Sakuragi dopo un po', mentre Rukawa raccoglieva i fiorellini.

-Dipende da come sto.- rispose Rukawa.

-Senti, io domani non credo di poter venire. Mamma ha bisogno che l'aiuto con una marea di commissioni e non so se faccio in tempo. Dopodomani però è sabato, non c'è neanche scuola, posso passare qui e boh, porto un gioco da tavolo o un dvd, se ti va.

-Mi piacerebbe, credo.- rispose Rukawa. Sakuragi gli porse una provetta in cui mettere i fiori e di colpo si bloccò. Rise, poi disse: -Oh, cazzo, sei un fenomeno. “Credo”. Ti piacerà, te lo garantisco, parola di Tensai. E se non ti piace, te lo faccio piacere io, non vedo l'ora del momento in cui mi dirai che mi devi la vita!

-Quasi quasi preferisco crepare, ci penso.- ribatté Rukawa, chiudendo la provetta. Scrisse data e ora sull'etichetta, poi si allungò a prendere il quaderno dal comodino... e non lo trovò.

Si guardò intorno e lo vide tra le mani di Sakuragi, che ci stava scrivendo sopra qualcosa: -To',- disse, restituendoglielo, -Se cambi idea o se ti dimettono, fammi un colpo di telefono.

-Nh...- rispose Rukawa, a corto di parole. Sakuragi guardò verso l'orologio e disse: -Mi sa che adesso devo proprio scappare. Mamma torna tra un'oretta e devo ancora mettere in ordine.

-Va bene.- disse Rukawa, scrivendo gli ultimi aggiornamenti sul quaderno di Ayako. Richiuse la penna, poi guardò Sakuragi. Dopo una brevissima esitazione, Sakuragi sollevò il pugno verso di lui in un gesto cameratesco; Rukawa esitò a sua volta, poi colpì piano le sue nocche con le proprie.

-A sabato, Volpe.

-A sabato.- Sakuragi uscì e si chiuse la porta alle spalle; solo allora, Rukawa trovò il coraggio di aggiungere: -...e grazie.

 

 

 

 

Begonia: paura

Fiordaliso: speranza di costruire un rapporto

 
   
 
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