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Autore: Claire Marie Blanchard    19/08/2020    1 recensioni
Se n’era andato e non aveva nemmeno il coraggio di chiamarlo, di parlare con lui, di dirgli ancora una volta quanto lo amasse, di chiedergli scusa per quell’ultima lite e per tutte le precedenti.
Avrebbe tanto voluto potergli dire ancora una volta quanto le mancasse, quanto avrebbe dato per averlo lì con lei.
Se n’era andato e lei doveva solo aspettare che il tempo passasse, perché il cellulare di lui era costantemente staccato.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Usagi/Bunny | Coppie: Mamoru/Usagi
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna serie
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Disclaimer: I personaggi di Sailor Moon non mi appartengono. Tutti i loro diritti sono riservati a Naoko Takeuchi. Inoltre, questa storia è stata ideata, scritta e pubblicata senza alcun scopo di lucro.





 

Liti di ordinaria amministrazione






 

Era l’alba.
Usagi si svegliò accecata dai primi e timidi raggi del sole, sola in quel lettone per due - se non per tre -, non ricordava più nemmeno che giorno della settimana fosse, finché non lo verificò sul suo telefono: sabato.


Si sarebbe dovuta svegliare ad ogni modo, aveva preso appuntamento con Minako per fare colazione insieme. Odiava fare le cose da sola, e non perché non fosse in grado di farle, ma semplicemente perché aveva riscoperto il piacere di avere qualcuno accanto con il quale condividere qualsiasi cosa, anche godersi un semplice film seduti sul divano.

L’ultima volta che aveva visto Mamoru, il giorno prima, ovviamente ci aveva fatto una sana litigata, una di quelle tipiche da convivenza (il tappo del dentifricio dimenticato sul lavandino del bagno, i piatti da lavare, gli asciugamani sporchi lasciati in corridoio davanti la porta della camera...). Se ne era immediatamente pentita, perché sapeva che se ne sarebbe andato. Il minimo sarebbe stato abbracciarlo senza dire nulla, con la speranza che restasse nonostante tutto, anche la piccola e stupida lite.

Se n’era andato il giorno prima e lei faticava già a fare
qualsiasi cosa: dormire, cucinare, pulire casa, persino leggere un libro. Il momento più triste era stata la notte, quando il sole e il cielo azzurro lasciavano posto alla luna e al manto blu stellato. Si ritrovava da sola, in quel letto grande - forse, troppo -, a dover affrontare i propri pensieri e le proprie paure. La notte era stata tremenda.

Se n’era andato e non aveva nemmeno il coraggio di chiamarlo, di parlare con lui, di dirgli ancora una volta quanto lo amasse, di chiedergli scusa per quell’ultima lite e per tutte le precedenti. Avrebbe tanto voluto potergli dire ancora una volta quanto le mancasse, quanto avrebbe dato per averlo lì con lei.

Se n’era andato e lei doveva solo aspettare che il tempo passasse, perché il cellulare di lui era costantemente staccato.


Arrivata all'appuntamento con Minako, consumò poco e nulla. Il succo di frutta lo assaggiò soltanto, mentre la fettina di torta non venne toccata se non per giocherellarci con la forchetta.
Non fu facile spiegare al'amica le occhiaie disastrose e il poco appetito, né fu facile ammettere che non riusciva a rintracciare Mamoru e che non aveva chiuso occhio per quella stupida lite.


Usagi era sempre stata, sin dai tempi del liceo, una ragazza perennemente distratta, perennemente con la testa altrove. Aveva iniziato la sua personale trasformazione, il suo personale cambiamento - da innocente svampita a giovane donna più giudiziosa - con l’università, mettendo definitivamente la testa a posto quando ha incontrato Mamoru tramite amici comuni.


Quella mattina, però, Usagi era tornata ad essere - anche se solo per qualche minuto - la vecchia ragazzina distratta, talmente assorta nei suoi pensieri da non riuscire a sentire nemmeno Minako che, a pochi centimetri di distanza, le raccontava l’ultima tragicomica disavventura notturna in farmacia.

- Ehi, tu? Pianeta Terra chiama Usagi - tentò Minako.
- Uhm... sì, scusami.
Dicevi?

L’amica le sorrise comprensiva, le rinnovò la sua disponibilità nell’ascoltarla, ma Usagi si giustificò con un banale - Davvero, perdonami, sono solo stanca, ho dormito poco stanotte.

L’altra le prese la mano e le offrì uno sguardo dolce, apprendendo dai suoi occhi la sua difficoltà nel parlare, per poi decidere di toglierla dall’imbarazzo e tornare a raccontare della farmacista lenta come una lumaca e della cliente prima di lei che aveva deciso di fare una spesa infinita di integratori e parafarmaci alle dieci di sera, mentre Minako attendeva paziente dietro di lei, con un martello pneumatico in testa al posto del cervello.

Si salutarono poco prima delle undici, sotto il sole cocente di fine luglio. Usagi rientrò in casa cercando riparo dal caldo torrido che stava investendo la città nel climatizzatore del salotto. Non aveva fame, eppure il frigo era pieno, nel freezer c’era ancora qualche porzione di lasagna - uno
dei suoi piatti preferiti -, preparata da sua madre e pronta per essere riscaldata nel microonde, ma nulla. Usagi non diede soddisfazione né alla lasagna né a sua madre, che in quei giorni le chiedeva spesso di fermarsi a pranzo o a cena da loro.

Forse per il caldo, forse per il sonno mancato, forse per entrambe le cose o forse per altro, sta di fatto che la ragazza si addormentò.

Si svegliò solo diverse ore dopo, in serata, quando avvertì un lieve e strano calore sul suo viso - più specificamente sulle sue labbra.

Aprì gli occhi e lo vide: Mamoru. Bello come sempre, se non di più, dopo quelle ore di lontananza.
Con la voce ancora impastata dal sonno, riuscì appena a sussurrare il suo nome.


- Mamoru...
- Buongiorno. - le sorrise lui - Anzi, forse dovrei dire ‘Buonanotte’. - aggiunse guardando l’orologio che aveva al polso sinistro.


Usagi finì di svegliarsi, si stropicciò gli occhi e si stiracchiò sul divano sbadigliando.
- Com’è andata? - gli chiese con sincero interesse.
- Bene, Motoki ha rischiato solo quattro volte di cadere. - sorrise divertito, contagiando anche lei, la quale in un secondo momento sospirò, iniziando a guardarlo negli occhi intensamente.
- Mi dispiace. - gli disse con sincerità.
- Per cosa? - chiese lui perplesso.

- Per quella stupida lite prima che tu partissi per l’arrampicata. Ho sbagliato ad arrabbiarmi così. - spiegò lei.
Mamoru la guardò addolcito, le accarezzò una guancia e la baciò sulla fronte.

- Non è vero. Avevi tutte le ragioni, non dovevo lasciare che facessi tutto da sola. In questa casa viviamo in due.
Usagi buttò le braccia al collo di lui e se lo strinse forte contro.

- Ho temuto che non tornassi più.
Lui ricambiò la stretta, la baciò sulla testa, tra i capelli profumati.
- Non devi temere nulla. Io torno sempre da te.

   
 
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