Film > Pirati dei caraibi
Segui la storia  |       
Autore: Marydb13    20/08/2020    1 recensioni
Quattro ragazze trovano, per caso, un passaggio che collega il loro mondo a quello di certi pirati di nostra conoscenza e, ben presto, si renderanno conto che, forse, la Disney non ha raccontato proprio tutto... Metto il rating arancione per sicurezza, ma nella maggior parte della storia è da considerarsi verde.
*****
Tratto dalla storia:
"Allora è tutto a posto? Posso tornare nella mia epoca?"
"Certamente"
"Oh, grazie infinite! L'ho sempre detto che lei è una persona ragionevole!"
"Ma ad una condizione: Mr. Mercer verrà con te"
"Cosa?!"
"Ti seguirà ovunque, sarà la tua ombra e i miei occhi." quelle parole, unite alla velata minaccia nel suo sguardo, furono l'ultima cosa che udì, prima di essere trascinata via dall'uomo che l'aveva pestata nelle tre settimane precedenti.
Genere: Avventura, Commedia, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ian Mercer, Jack Sparrow, Lord Cutler Beckett, Nuovo Personaggio
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo 7- Ritorno a casa.
Di Cutler Beckett fece il cascamorto con la madre di Mary.

 
 
Anno 1729, 29 aprile, h 22,00
Port Royal, Giamaica (ufficio di Lord Beckett)
 

Data la maniera poco cavalleresca in cui era stata accompagnata fuori dall’ufficio di Beckett, e poi scortata fino alla stanza dove tutto era cominciato, Maria Vittoria aveva pensato che, per lo meno, non avrebbe dovuto strisciare sotto un letto davanti a tutti. Per quanto tendesse a “parlare a macchinetta” anche con gli sconosciuti, era pur sempre una ragazza piuttosto timida ed odiava essere al centro dell’attenzione. Non che mancasse di autostima, era semplicemente consapevole delle proprie debolezze, tra cui spiccavano la goffaggine ed un talento innato per dire/compiere la cosa più inappropriata nel luogo meno indicato e nel momento peggiore. Se a ciò aggiungiamo il fatto che nel Settecento, perfino mostrare una caviglia era considerato “indecente”, figurarsi una fanciulla abbigliata in maniera poco consona, che gattonava sotto il letto di una camera altrui, accompagnata ad un individuo del sesso opposto, senza la scorta di uno chaperon (sì, anche sotto un letto… I puritani sono strani. Nd: me) e ad un orario indecente, per i canoni dell’epoca.
Ora, l’ottimismo non era mai stato un problema per le Mary Sue, ma, ricordando che la nostra protagonista appartiene ad una categoria ben più vicina a quella di Fantozzi che alla loro, si può facilmente immaginare i risvolti negativi di tale propensione. Uno tra tutti, l’“attirare la sventura”, come ampiamente sottolineato da Marta & company. Ed anche questo caso, ahi lei, seguiva la regola. Non appena Mercer varcò la soglia della stanza del suo padrone (il povero Cutler aveva, ormai, capito che, dato il livello cerebrale della gente da cui era circondato, avrebbe corso meno rischi a non sostituire la porta distrutta), infatti, l’intero reggimento si palesò davanti ai loro occhi. Nonostante fosse una stanza molto spaziosa, non poteva, certo, contenere tutte le truppe di Port Royal. Inutile dire che coloro che non riuscirono ad entrare si accalcarono alle finestre o si arrampicarono sulle palme, osservando la scena con l’ausilio di cannocchiali d’ottone. Il Grande Fratello concedeva un’atmosfera di intimità, al confronto. E meno male che Cutler Beckett voleva mantenere segreta la sua identità!
Mr. Mercer, dal canto suo, non parve minimamente turbato dalla moltitudine di occhi puntati su di loro… evidentemente, il fatto che la marina inglese fosse composta da una branca di suocere pettegole era risaputo.

Notando con sommo disappunto che la “mocciosa” a cui doveva fare da balia stava tergiversando, le diede un forte strattone al braccio. L’atto dell’uomo, che doveva essere volto ad evitare inutili perdite di tempo, produsse esattamente il risultato opposto, dato che quell’impiastro che si stava trascinando dietro perse l’equilibrio e cadde a terra come una pera cotta. Certo, Maria Vittoria mancava innegabilmente di grazia, equilibrio e prontezza di riflessi, ma se a questo sommiamo le ore di sonno perdute, il dolore e le privazioni sopportate nei giorni precedenti e l’ultima notizia shock, la sua mancata reazione risulta quanto meno giustificata. Mercer, tuttavia, non parve pensarla allo stesso modo, dato che l’afferrò per i capelli, senza nemmeno aspettare che si rialzasse, per poi ricominciare a trascinarla verso la loro meta, come se nulla fosse accaduto. Del resto, l’uomo, scettico di natura, era abbastanza convinto che le storie di quell’assurda ragazza dalla criniera indomabile (sì, l’aveva notato persino lui, dato che ogni volta che l’afferrava per i capelli era costretto a recidere un paio di ciocche con l’ausilio del pugnale… del resto, o loro o la sua mano) fossero totalmente inventate. Lo stesso Lord Beckett non aveva creduto ad una sola parola.

E allora, perché perdere tempo per organizzare questo simpatico teatrino, vi chiederete. Beh, bisogna sempre tener conto del fatto che Cutler Beckett era un uomo pieno di complessi: la salute cagionevole sin dalla più tenera età, l’essere nato nerd in un epoca in cui “essere sfigato” ancora non andava di moda (Se fosse nato nell’Ottocento avrebbe ottenuto perfino più successo di Leopardi… del resto, la frase “la natura è crudele”, pronunciata da un uomo che aveva dovuto superare tutte quelle peripezie, aveva, certo, più valore di quella di un figlio di papà che ce l’aveva col mondo solo per via della gobba e perché i suoi orari sregolati andavano a peggiorare la sua già precaria salute), il bullismo, l’altezza insignificante, il fatto che il padre gli preferisse i fratelli, l’essere continuamente paragonato a Jack Sparrow che, a detta di tutti, lo batteva in ogni campo, l’essersi fatto fregare l’amata dall’apprendista di un maniscalco fallito, essere lo zimbello di tutti di tutti i comandanti di flotta… “Lo Spagnolo” non perdeva mai l’occasione di s*******o, sottolineando l’incompetenza dei suoi uomini, in confronto ai suoi soldatini perfetti. Non che avesse tutti i torti, in effetti, dato che quando due delle loro imbarcazioni si trovavano vicine, sembrava quasi che quella spagnola fosse illuminata dal sole e acclamata da un coro di voci angeliche.
Tutto questo, per dire che Cutler Beckett, ora come ora, aveva una necessità estrema di sfogare le proprie frustrazioni personali su qualcuno, cosa che nel terzo film, si sarebbe riversata su quella moltitudine di innocenti e non condotti alla forca. Decisamente, Maria Vittoria & company non erano giunte a Port Royal nel momento più propizio.
Lord Beckett voleva godersi ogni singolo attimo di disperazione da parte della ragazza. Non vedeva l’ora di ammirare l’espressione sconfitta e, allo stesso tempo terrorizzata, che avrebbe sfoggiato nel momento in cui non sarebbe riuscita a lasciare la stanza ed il suo castello di menzogne sarebbe crollato. Si era divertito fingendo di assecondare le sue follie, ma si sarebbe divertito molto di più assistendo alla sua sconfitta.

Ci rimase, dunque, assai male quando si rese conto che i lamenti della fanciulla ed i grugniti scocciati di Mercer non si udivano più da sotto il letto.

*****
 
 
Anno 2018, 29 dicembre, h 22,00
Genova, Italia (casa di Mary)
 

I secondi che trascorsero durante quella che sarebbe, poi, passata alla storia come “l’attraversata dei due mondi” (Strisciando come due vermi sotto un letto? Con uno dei due eroici esploratori che trascinava l’altro per i capelli, e l’altro che si lamentava per il dolore? Le sorti dell’universo sono in ottime mani, non c’è che dire!), furono in assoluto i più lunghi della vita di Mary. In meno di quindici secondi, riuscì a completare due decine del rosario, tant’era l’adrenalina che le scorreva nelle vene. Dire che era terrorizzata era un eufemismo. Avrebbe funzionato? Il varco spazio-temporale, o come-capperoski-si-chiamava, si sarebbe attivato di nuovo o era accessibile solo in determinati momenti dell’anno? Come avrebbe fatto a dimostrare di avere detto il vero, se non fossero riusciti a passare? Non sarebbe sopravvissuta a sufficienza per pensarci, questo era poco ma sicuro. Sperava, almeno, che Beckett le concedesse una morte rapida e, soprattutto, che non fosse il signor Mercer ad eseguire la sua sentenza. Il suo cuore non avrebbe retto a tanto. Quell’uomo la terrorizzava più di qualunque altra cosa: non solo era incredibilmente freddo, ma quando si trattava di provocare dolore nelle altre persone, il suo volto mostrava un che di sinistro. Se, almeno, fosse stata terrorizzata/disgustata dalle profonde cicatrici che ricoprivano buona parte del suo volto, come tutte le persone normali, avrebbe evitato di fissarlo negli occhi.

Maria Vittoria aveva preso alla lettera il detto “gli occhi sono lo specchio dell’anima”: negli anni, aveva imparato a comprendere il comportamento delle persone attraverso gli occhi. Del resto, quando sei lasciata da parte, la gente ti ignora, e finisce con il dimenticare che tu sia presente. A quel punto, trovare dei soggetti da studiare è piuttosto semplice. Nei primi tempi si era anche divertita ad osservare le varie tipologie di dinamiche interpersonali che andavano ad instaurarsi tra familiari, compagni di classe e perfino gli sconosciuti che incontrava per strada: aveva quasi l’illusione di prendervene parte. A volte si ritrovava a pensare, con fare scherzoso, che, se la sua vita fosse stata una storia, lei sarebbe stata il narratore. La maggior parte delle persone che conosceva si illudeva di essere il protagonista, ma la verità è che una storia, per non confondere il lettore deve avere un numero piuttosto esiguo di personaggi principali. Mille volte meglio essere un narratore esterno onnisciente, piuttosto che un personaggio secondario che non si rende conto di quale ruolo riveste. Si evitano molte amare delusioni.
Ad ogni modo, Maria Vittoria aveva avuto modo di studiare gli occhi di molte persone e, per quanto alcune di esse potessero essere non particolarmente amichevoli (bulli, ladri, maniaci assassini), non le era mai capitato di trovarne di così. Il suo sguardo aveva incontrato il suo solo per un istante… e le era bastato a vita! Se qualcuno le avesse chiesto di descriverli, non sapeva nemmeno se sarebbe riuscita a rendere un centesimo dell’idea. Non erano né spenti, né colmi di brio. Il suo sguardo, perennemente fermo, indipendentemente dalle emozioni che provava, apparteneva a qualcuno che agiva, si comportava ed addirittura pensava per conto di qualcun altro. Forse si trattava di una sorta di “distorsione professionale” da braccio destro del super cattivo (vedi Squalo ne “Agente 007”), ma era comunque pericoloso, oltre che inquietante. Se Lord Beckett gli avesse impartito l’ordine di impiccare un uomo per pirateria in sua assenza, anche se fossero state trovate delle prove che escludessero tale reato, lui avrebbe comunque eseguito la sentenza. Quelli erano gli occhi di una persona che, nonostante un’intelligenza fuori dal comune, si era ormai imposto di non esaminare nessuna situazione, né esprimere giudizio senza il consenso del suo superiore. Se la categoria di persone più pericolosa al mondo era quella degli psicopatici (sono totalmente imprevedibili), la seconda era quella dello sgherro che agiva in modalità formicaio: soldati semplici che agiscono istintivamente secondo la volontà della formica regina.

I suoi pensieri furono interrotti da una brusca frenata da parte dell’uomo. Maria Vittoria, ovviamente, non aspettandosi tale mossa da parte sua, non smise di gattonare alla velocità massima consentitale dalle sue esigue capacità motorie, ottenendo un’altra potente tirata di capelli. Non fece nemmeno in tempo a domandarsi per quale motivo si fosse fermato così bruscamente ed a farsi prendere dal panico, che si sentì strattonare nuovamente, e questa volta in avanti. A quanto pare, Mr. Mercer era semplicemente rimasto turbato dal fatto che, ora, la lettiera del letto fosse più bassa di quasi due spanne sulle loro teste. Decise, quindi di vederci chiaro e porre fine a quella pagliacciata il prima possibile, il che significava tanto, tanto, tanto dolore per la povera cute di Maria Vittoria.

Il primo ad uscire dalle tenebre (ebbene sì, prima di finire nell’altra epoca, Lucia aveva riacceso la luce, che era rimasta accesa per quasi cinque giorni… viva le bollette!) fu Mr. Mercer, che si fermò immediatamente, lasciando finalmente andare i capelli della sua vittima fanciulla da sorvegliare. Quest’ultima, dopo essersi presa qualche istante per massaggiarsi la cute, dolorante, avanzò qualche centimetro, in modo da poter sporgere la testa fuori e capire cosa stesse succedendo.
Mr. Mercer era rimasto a dir poco scioccato all’idea che il letto del suo padrone fosse effettivamente collegato alla stanza di qualcun altro, ma, grazie alla sua grande esperienza nel campo del sovrannaturale (vedi Kraken, mostri marini, cuori nei forzieri e navi infestate), riuscì a riacquisire velocemente le sue capacità cognitive. La prima cosa che fece, ovviamente, fu riafferrare Maria Vittoria per i capelli, sollevarla da terra, per poi lanciarla a soli tre millimetri dal grande letto matrimoniale. Mary non fece nemmeno in tempo a soffrire per il male ai capelli, che dovette patire anche quello al fondoschiena, dato dal violento contatto con il freddo caldo (altra gioia per i genitori di Maria Vittoria: le tre liguri sue ospiti, che tanto erano parsimoniose nell’amministrare il gas nella propria abitazione, non erano fatte scrupoli nell’alzare il suo riscaldamento a 25,5 °C) pavimento. Onde evitare di mettersi a strillare come una bambina di tre anni, cercò di ironizzare: ‹‹Ma non potevate proprio mirare un po’ più in là? Eppure questo letto occupa quasi tutta la stanza!››

L’espressione perplessa-scioccata dell’uomo, le fece realizzare che, forse chiedere ad una persona del ‘700 di gettarla su un letto matrimoniale, non era proprio la scelta migliore, se voleva ancora mantenere quel poco di reputazione che le era rimasta dopo soli cinque giorni nel passato. Si affrettò, quindi a rimediare: ‹‹No, no, no! Io non intendevo… speravo solo in un atterraggio sul morbido, hehehe››
Mr. Mercer non disse nulla, ma parve rilassarsi e cambiò argomento: ‹‹Cos’è questo posto?››
‹‹Casa mia o, più precisamente, la camera da letto dei miei genitori››
‹‹E questi dove sarebbero a quest’ora della notte, di grazia?›› volle capire lui, per nulla convinto dalle spiegazioni di lei.
‹‹A dire il vero nel luogo in cui ci troviamo, le dieci di sera non sono un’ora tarda, e comunque i miei sono fuori città per lavoro da un paio di settimane››
‹‹Mi sti dicendo che tuo padre ti lascia da sola a casa per un così lungo periodo di tempo, con la sola supervisione della servitù?››
‹‹Hem, veramente la nostra casa non è poi così grande da necessitare l’aiuto di governanti, cameriere o cuochi››
‹‹Quindi devo supporre che tu abbia dei fratelli maschi?››
‹‹N-No›› ammise lei, un poco imbarazzata. E ora come glielo spiegava che nella sua epoca era comune che le donne potessero vivere da sole dopo il compimento della maggiore età?
‹‹Uno zio?››
‹‹N-no, non esattamente››
‹‹Un cugino?››
‹‹No››
‹‹Un tutore?››
‹‹No››
‹‹Una madre superiora?››

‹‹Oh, cielo, no! Certo che no: non sono mica una suora, hahaha›› non riusciva a credere che l’avesse detto davvero. L’unico lato positivo era che, se era giunto al punto di domandarle una cosa del genere, voleva dire che, per lo meno non la considerava una ragazza dai facili costumi. O per lo meno, non ancora…
‹‹Io… non so come dirvelo, ma nei momenti in cui i miei genitori non ci sono vivo da sola. So che può sembrarle assurdo, ma qui è abbastanza comune che i genitori si fidino a lasciare i figli soli a casa, dopo una certa età›› Decise di lasciare la nuova condizione femminile per un’altra volta. Se il signor Mercer era già così diffidente a questo punto della conversazione, non osava pensare a come avrebbe reagito, se avesse approfondito un punto tanto sensibile per un uomo misogino e maschilista.
‹‹E le figlie?›› domandò lui, sempre più scettico. Ecco, ora pensava di sicuro che fosse una ragazza dai facili costumi.
‹‹I figli… e le figlie›› confermò lei, sempre più imbarazzata ‹‹Del resto nessuna ragazza con un minimo di cervello sfrutterebbe la fiducia del proprio padre per mettere a repentaglio il buon nome della propria famiglia. Inoltre la mia famiglia ritiene doveroso che la loro unica discendente abbia una certa istruzione e, se alle ore di studio sommiamo quelle necessarie per la cura della casa, non resta molto tempo per pensare, figurarsi per compiere azioni sconsiderate. I miei insegnanti riescono ad informare mio padre in tempo reale riguardo i miei risultati e qualsiasi comportamento sospetto, e lo stesso si può dire del parroco della mia parrocchia. Se uno dei suoi parrocchiani respira, state pur sicuro che lui lo verrà a sapere.›› improvvisò lei, trovando una scusa che fosse allo stesso tempo credibile e conforme al pensiero comune dell’epoca.
Incredibilmente, l’uomo ascoltò tutta la sua spiegazione in silenzio e non accennò nemmeno una volta a colpirla. Si sentiva bene?
‹‹Il tuo parroco ha, come dire… una donna anziana che gli sta sempre appresso e lo aiuta?››

Maria Vittoria proprio non riusciva a capire dove volesse andare a parare. Era forse una domanda trabocchetto? Intendiamoci, era felicissima che non avesse voluto inquisire ulteriormente sulla questione “ragazza sola a casa”, ma non riusciva a capire per quale assurdo motivo, di tutto il suo discorso, fosse stato colpito solo dall’argomento chiesa. Che la scoperta di questo nuovo mondo lo stesse spingendo verso la conversione? (Povera ingenua! E’ solo che il trauma della perpetua di Port Royal è ancora troppo fresco. Nd: me)
‹‹Hem, diciamo che quasi una dozzina di fedelissime e un’altra trentina che si contendono tale ruolo con le “apostole”, come abbiamo iniziato a chiamarle noi parrocchiani…››
‹‹Non metterò piede in chiesa›› la bloccò lui, freddo.
‹‹M-ma come?›› iniziò a balbettare Maria Vittoria scioccata. Stava già progettando un modo veloce per fargli ottenere tutti i sacramenti che gli mancavano per diventare un cristiano modello e lui rovinava così le sue speranze?
‹‹L’argomento è chiuso›› la breve frase, seguita da uno sguardo eloquente, da parte dell’uomo, furono sufficienti per far cessare la discussione. Almeno per ora…
I suoi piani di vendetta e conversione furono fermati da un nuovo dolore lancinante alla nuca.
‹‹Ma che state…›› tentò di domandare lei, mentre tratteneva le lacrime per essere stata nuovamente afferrata per i capelli.
‹‹A rapporto da Lord Beckett, muoversi!›› sentenziò lui, abbassandosi sotto il bordo del letto, pronto per un altro cambio d’epoca.
‹‹M-ma non avete ancora visto niente…›› tentò, invano, di opporsi al suo doloroso destino (dolore ai capelli).
Sentendosi ignorata, Mary decise che un dignitoso silenzio fosse decisamente meglio di un piagnisteo inascoltato. Forse era meglio se sfruttava le poche energie rimaste per gattonare velocemente, in modo da patire un dolore più lieve alla cute.

*****
 
Anno 1729, 29 aprile, h 22,00
Port Royal, Giamaica (stanza di Lord Beckett)


‹‹Lord Beckett, Lord Beckett!›› si mise a gridare Mr. Mercer ancor prima di uscire da sotto il letto, continuando a trascinare la poveretta per i capelli, nel frattempo ‹‹Ce l’abbiamo fatta davvero: ci siamo riusciti! C’è davvero un passaggio segreto››
‹‹Signor Mercer, spiegatevi meglio: che cos’avete visto?›› domandò Cutler Beckett, incuriosito. Era la prima volta che vedeva il suo sottoposto agitarsi a tal punto (aveva sollevato il labbro inferiore di ben due millimetri e mezzo verso l’alto… roba da non credere!).
‹‹Hem, hem. Vogliate scusare la mia irruenza, mio signore›› si scusò, immediatamente Mercer. Si vedeva che non era abituato a perdere quella sua imperturbabile calma serafica.
‹‹Il vostro letto nasconde effettivamente il passaggio ad una stanza nascosta. Posso capire la vostra perplessità, io stesso stento ancora a crederci›› la sua voce era già tornata pacata e monocorde come al solito.
‹‹Una stanza, dite?›› fece l’altro, dubbioso.
‹‹Non ne sono sicuro, ma potrebbe trattarsi anche di qualcosa di decisamente più grande. Inizialmente pensavo che si trattasse solo di una stanza collegata a ulteriori passaggi segreti, ma da quanto mi ha riferito la ragazzina, potrebbe esserci un’intera città nascosta››
‹‹In realtà non si tratta di una sola città, ma…›› tentò di correggerlo lei, ma fu prontamente interrotta dal nobile, che pareva sempre più emozionato all’idea di poter scoprire un luogo che non si trovava ancora sulle carte geografiche (per quel che ne poteva sapere): ‹‹Avete già fatto un giro di esplorazione?››
‹‹Non ancora, my Lord. Ho ritenuto più opportuno avvisarvi subito della scoperta.››
‹‹Avete agito bene›› annuì Beckett, che ogni volta rimaneva sempre più sorpreso dalla professionalità del suo sottoposto ‹‹Avete scoperto qualcosa su questa ragazza››
‹‹Hem, hem, vi ricordo che sono proprio qui›› si intromise Mary, scocciata dal fatto che non l’ascoltassero minimamente.
‹‹Lo sappiamo›› risposero i due uomini, in coro.
‹‹E allora perché non ponete direttamente a me le vostre domande: è molto più semplice, ve lo garnti…››

‹‹Sta studiando per diventare una geisha, e parrebbe che sia sato proprio suo padre a scegliere per lei questa strada, anche se devo ancora indagare sulla questione››
‹‹Ma cosa state dicendo?›› cercò di interromperlo Maria Vittoria, che non sapeva più se ridere o piangere. Com’era possibile che avesse travisato le sue parole a tal punto.
‹‹Ne siete proprio sicuro?›› Lord Beckett ignorò completamente il suo commento, troppo preso dalla questione che si faceva sempre più intrigante. Se i suoi familiari intendevano utilizzarla davvero come fonte di guadagno dovevano essere ancora più strani di lei: quale uomo poteva essere tanto coraggioso da trascorrere qualche ora con lei? E’ pur vero che quando la candela viene spenta, tutte le donne si assomigliano, ma nel suo caso temeva che nemmeno il buoi avrebbe potuto esserle d’aiuto.
‹‹Vive da sola in una stanza con un letto gigantesco ed i suoi genitori ricevono quotidianamente notizie sui suoi progressi da parte dei suoi mentori. Dice di non aver tempo per questioni frivole, perché costretta a dedicarsi allo studio e alla cura della casa. Ha un’eccellente sopportazione del dolore fisico, per essere una donna e, da quanto ho potuto osservare la sera del loro arrivo, possiede anche alcune basi del combattimento orientale. Ho lavorato per molti anni in Giappone, e vi posso assicurare che è proprio così che funziona l’allenamento di una geisha.››
‹‹Ma non è vero: vi state sbaglian…››
‹‹Mi state dicendo che, non solo la sua famiglia ne è consapevole, ma addirittura la sprona a perseguire questa… carriera?›› Cutler Beckett era sempre più perplesso.
‹‹Pare che la sua gente sia piuttosto liberale da questo punto di vista. Pensate che dopo il lavoro, va direttamente in chiesa a confessarsi… l’ho sempre detto che i puritani sono falsi.>>

‹‹Veramente io sono cattolica, ma comunque…››
‹‹Sono senza parole. Sto iniziando a dar adito alle parole del tenente Gillette: questa fanciulla sta avendo una pessima educazione da parte della famiglia››
Mercer non disse nulla, ma annuì, convinto. Del resto, per quelli che erano i suoi standard, aveva già parlato anche troppo.
‹‹MA INSOMMA, VOLETE ASCOLTARMI?›› l’unico risultato che ottenne fu un’occhiataccia da parte di Lord Beckett. La visione di una signorina che strillava non era, certamente, contemplata nell’alta società, ma, dato che il nostro caro Cutler era un “gentiluomo”, non osò commentare per farglielo notare. La fissò per qualche istante, per poi riportare la propria attenzione su Mercer, che era rimasto perfettamente immobile ad attendere i suoi ordini.
‹‹Signor Mercer››
‹‹Signore?›› se possibile, l’uomo assunse una postura ancora più composta e rispettosa.
‹‹Ho bisogno che recuperiate alcune cose per me. Innanzitutto, una mappa della città di cui mi avete parlato, una prova che ne attesti l’avanzamento tecnologico e alcuni dei libri di cui mi ha parlato. Voglio essere certo che in questo posto abbiano davvero delle informazioni su leggende, reperti archeologi e tesori dell’antichità che i nostri limitati strumenti non ci permettono di ottenere.››
‹‹Hey, aspettate un momento… per favore!›› implorò, invano, la fanciulla. Non era psicologicamente pronta a rifare l’intero percorso, trascinata come un sacco di patate. Per non parlare del fatto che i suoi poveri capelli non si erano ancora ripresi.

‹‹Sarà fatto, mio signore›› rispose lui, in maniera estremamente cortese e contrita, manco stesse parlando con l’Oracolo di Delfi diventato re del sacro romano impero germanico. Inutile dire che in meno di due secondi aveva già riafferrato Maria Vittoria per i capelli, trascinandosela appresso in maniera più che rozza. Sembrava uno di quei bambini che bullizzano la sorellina, ma, nel momento in cui passa un genitore, si fingono degli angioletti mancati. Una sola parola: imbarazzante. “E poi, questa è discriminazione!” si ritrovò a pensare la poveretta, mentre veniva ritrascinata verso la propria epoca.

*****
 
Anno 1729, 30 aprile, h 04,30
Port Royal, Giamaica (stanza di Lord Beckett)
 

In tutte le fanfiction che aveva letto, le protagoniste che, per uno scherzo del destino, si ritrovavano nel mondo di Potc o, comunque, avevano a che fare con i suoi personaggi ottenevano un qualche beneficio, in forma esperienziale, sentimentale o addirittura materiale. Maria Vittoria, per il momento aveva solo perso delle ore di sonno e, soprattutto, studio. Per un motivo o per l’altro, era già la terza volta che faceva mattina, anche se, ad onore del vero, questa volta non le era pesato più di tanto. Dal momento in cui Cutler Beckett li aveva rimandati indietro nel suo mondo, non aveva avuto più un attimo di pace. Il signor Mercer l’aveva costretta a fare avanti ed indietro tra le due epoche una cosa come tredici volte, trasportando libri di scuola, dizionari, oggetti di uso comune che lo affascinavano e “doleva assolutamente mostrare al suo superiore, sua speranza, sua luce e sua via”. Beh, forse non aveva proprio detto così, ma il succo del discoro era indubbiamente quello.
L’unica nota positiva era che, per lo meno, già dal quarto giro, aveva smesso di trascinarla per i capelli, spostando la sua ferrea presa sul braccio destro. Fu, dunque, evidentemente un caso, se i lividi riportati a causa della troppa pressione applicata, le impedirono di scrivere correttamente nei giorni seguenti. Ad ogni modo, Mary non se la sentì di commentare, troppo timorosa di un suo eventuale scatto d’ira. Lo conosceva, per così dire, dato che lui non le aveva quasi rivolto la parola, da soli cinque giorni, ma le erano bastati per capire che quell’uomo era imprevedibile. Sebbene si mostrasse freddo e distaccato, il suo temperamento era tutt’altro che stabile. Bastava un solo atto o commento che urtasse anche solo lievemente il suo pensiero o, ancor peggio, quello di Lord Beckett, per scatenare la sua ira. E signori, non stiamo parlando di quel sentimento di rabbia che sbollisce subito, ma della μῆνις greca, l’ira funesta del Pelide Achille, per intenderci. Uno stato d’animo che non può essere placato, se non con la vendetta e, nel caso della vittima sacrificale in questione, con un infarto secco.

Tanto per fare un esempio, quando Mr. Mercer aveva scoperto l’acqua calda (letteralmente parlando, dato che Mary gli stava mostrando la vasca da bagno), le aveva repentinamente puntato un coltello alla gola, accusandola di stregoneria. In tutto questo, la poveretta era ancora china per regolare le manopole ed a momenti sveniva sul posto, altro che rispondere alle sue fantasiose accuse! Con il senno di poi, si sarebbe pentita di aver abbassato la guardia al punto tale da voltargli le spalle. Uno dei suoi più grandi difetti era sempre stato quello di fidarsi seduta stante delle persone. Ne era perfettamente consapevole, ma, allo stesso tempo, si era convinta che, nel suo caso, tali precauzioni fossero, quanto meno superflue… e non solo perché la gente che tentava di importunarla per strada scappava a gambe levate ogni volta che scorgeva il suo graziosissimo volto. Da quando si era ritrovata catapultata in quest’avventura inaspettata, tuttavia, aveva come il lievissimo sospetto di dover rivedere un attimino i suoi valori di pace, fiducia ed accoglienza fraterna.
Maria Vittoria era perfettamente consapevole del fatto che l’uomo non poteva ucciderla finché non gli fosse stato ordinato da Beckett, ma, come ben sappiamo, la paura è irrazionale. Inoltre, la morte era l’unica soluzione che gli era preclusa: per il resto aveva carta bianca. Se a ciò sommiamo il fatto che Mary avesse una soglia del dolore inferiore a quella di un bambino di tre anni ed una paura estrema del suo carceriere (ecco, se ad esempio al posto di Mercer ci fosse stato Brad Pitt, qual è la ragazza che non avrebbe fatto volentieri cambio con lei? à Folla di fans che gridano cose del tipo: “Brad, accoltellami tutta!” o “Fai di me ciò che vuoi!”), si può capire il perché della sua esitazione.

L’unico momento in cui l’uomo era parso rilassarsi un minimo era stato quando la ragazza lo aveva portato a fare una breve passeggiata intorno a casa sua, in modo da potergli mostrare lo spettacolo della città di Genova illuminata, seppur in lontananza. Mai come in quel momento, Mary ringraziò l’altissimo per averle donato una casa (perdonate il francesismo) “inculata” sui monti. Se per un uomo proveniente da un’epoca così lontana l’acqua calda ed i fornelli costituivano già uno shock troppo grande, cosa avrebbe fatto se, aperto l’uscio, si fosse ritrovato nel bel mezzo di una strada trafficata? Avrebbe rischiato, quanto meno di essere investito, per non parlare del disordine pubblico che avrebbe potuto creare un uomo vestito da guardia inglese del ‘700, armato fino ai denti. A tal proposito, nei prossimi giorni avrebbe dovuto trovare il coraggio di spiegargli che in Italia, a momenti, era proibito perfino girare per strada con ago da lana, figurarsi con lame e pistole, per quanto datate potessero essere.
Quando l’aveva accompagnato fino alla scogliera, aveva temuto che potesse rimanere traumatizzato dalla visione di intere città illuminate, ed era, quindi rimasta estremamente sorpresa quando, non solo non l’aveva fatto, ma l’aveva anche liberata dalla “morsa” in cui l’aveva costretta per tutte le ore precedenti. Per evitare che potesse approfittare della sua distrazione per sfuggirgli, tuttavia, l’aveva tirata davanti a sé ed aveva posato le mani sulle sue spalle, costringendola ad ammirare, anche lei, il panorama. Era un tipo molto democratico, non c’è che dire… l’influenza dei dittatori ha sempre un’ottima influenza sui propri sudditi, è risaputo.

In un primo momento (la prima mezz’ora), Maria Vittoria era rimasta rigida come una statua di sale e tesa come la corda di un violino. L’idea di essere così vicina al suo aguzzino e, in particolare, che le sue mani fossero così vicine alla sua gola non le piaceva per niente, specie dopo lo “scatto d’ira dell’acqua calda”. Anche perché, dal suo modesto punto di vista, il passare dall’essere un ateo materialista convinto a Torquemada (primo grande inquisitore spagnolo) non doveva essere propriamente il sintomo di una grande stabilità mentale. Alla fine, tuttavia, vuoi per la stanchezza accumulata nelle giornate precedenti, vuoi per l’ansia che, se fosse rimasta così rigida, l’uomo avrebbe potuto aversene a male (ergo, pestarla a sangue), cercò di rilassarsi un minimo. Nella pace del momento, si ritrovò a pensare che, se quell’uomo riusciva ancora a stupirsi di fronte ad una cosa “scontata” come un panorama, doveva per forza esserci ancora del buono in lui.
Mr. Mercer, in realtà, stava solo valutando i pro ed i contro del luogo: la vista spettacolare sulla città illuminata non l’aveva nemmeno notata. Del resto, quando giungeva in un luogo che non conosceva, la prima cosa che faceva era scegliere dei punti strategici per far sparire le sue vittime… e cosa poteva esserci di meglio di una scogliera isolata a picco sul mare e vicina alla casa della sua giovane cavia ospite? (Ma questo non diciamolo alla nostra ignara protagonista: è già abbastanza traumatizzata così com’è. Lasciamola nel suo mondo fatato fatto di arcobaleni e unicorni alati. Nd: me).

Tornando a noi, alla bellezza delle quattro e trenta del mattino, Maria Vittoria riuscì, finalmente, a sedersi, senza essere trattenuta con la forza da Mr. Mercer. Quello che a chiunque sarebbe apparsa come una cosa normalissima, alla poveretta apparve come un miracolo. A completare la suggestione, la visione che le sovvenne del suo maestro di Karate, vestito di un bianco splendente e circondato da schiere di angeli che lanciavano petali di fiori profumati. Mary diede la colpa alla stanchezza e all’incredibile somiglianza del suo maestro all’Omino bianco della pubblicità (ecco il perché del bianco perfetto a tal punto da apparire luminoso). In tutto questo, i due adulti della situazione, sfogliavano, uno i suoi libri di letteratura latina e greca e l’altro le riviste di sua nonna. Cosa poteva trovare di così interessante un uomo del ‘700 in “Chi” e “Gente”, vi chiederete. Vi dico tre parole: donne in bikini. Ricordiamo che, per i canoni dell’epoca, vedere una caviglia femminile era già considerato un onore troppo grande… figuriamoci avere a disposizione immagini di qualità di belle donne vestite in abiti moderni o, addirittura in costume da bagno. “Morale della favola, gli uomini sono uguali in tutte le epoche” pensò Mary, sconsolata, per poi ridacchiare, sorridendo alla vista di Cutler impegnato nella consultazione di manuali ed enciclopedie: “ed anche i nerd!”.
Ad interrompere i suoi pensieri fu proprio quest’ultimo che, sentendosi osservato, si apprestò a chiudere i libri (non prima di averli accarezzati per un’ultima volta, come a volerli rassicurare: “tranquilli, papà torna subito da voi, miei prediletti!”), per poi ricomporsi e fingere un paio di colpetti di tosse. ‹‹Avete portato la prova che mi avevate promesso?›› domandò con sguardo inquisitore.
‹‹Sì, signore›› gli rispose lei, chinando rispettosamente il capo. Erano sei ore che si chiedeva se dovesse chiamarlo “mio signore” o “My Lord”, come facevano i suoi sottoposti, ma poi concluse che sarebbe sembrato troppo finto, se detto da un “non-suddito-inglese” che non apparteneva nemmeno al loro mondo. Inoltre, specie la seconda espressione, le ricordava troppo un manga che adorava leggere da ragazzina, “Kuroshitsuji”, ed era certa che, qualora avesse provato a pronunciarla, sarebbe scoppiata a ridere come una cretina. ‹‹Ho portato il mio telefono, perché era semplice da trasportare e penso che possa essere una delle prove più evidenti del progresso tecnologico della nostra epoca.››

‹‹Questa piccola… mattonella? E’ di metallo?›› domandò subito lui, scettico, ma allo stesso tempo incuriosito dal singolare oggetto.
‹‹E’ stato costruito con molti materiali differenti, alcuni dei quali non sono ancora nemmeno stati inventati nella vostra epoca. Per quanto riguarda la sua funzione principale, penso che non abbiate problemi ad indovinarlo da solo, pensando al suo nome… deriva dal Greco!›› Maria Vittoria calcò, volutamente l’ultima parola, con voce sognante. In prima superiore, la sua professoressa di Greco, per fare un esempio dell’utilità delle lingue morte aveva utilizzato proprio questa parola, sostenendo, convinta, che qualora avessero incontrato un alieno o una persona proveniente da un’epoca passata, se questi avessero conosciuto la lingua greca, non avrebbero avuto alcun problema a comprenderne la funzione. Sul momento, l’intera classe si era messa a ridere, domandandosi quando mai gli sarebbe capitata una cosa del genere, ma con il senno di poi, era contenta che la sua professoressa avesse utilizzato quell’esempio. Quando si vuole spiegare una cosa complessa ad una persona è sempre meglio partire da un qualche cosa che rientri nella sua sfera di interesse.
‹‹Dunque, vediamo, avete detto telefono? Allora, τῆλε significa lontano e φωνή, suono, voce, parola. Anche se non ne vedo il nesso, dovrebbe significare che riesce a portare fino a chi lo possiede un suono che viene emesso in lontananza.›› Provò lui, pensieroso.

‹‹Esatto! Bravissimo!›› Esclamò Mary, entusiasta all’idea che un inglese dell’epoca conoscesse così bene il greco. ‹‹Ora ve lo mostro più nel dettaglio: questo piccolo oggetto ha molte funzioni, ma quella per cui è stato costruito è, appunto, sostituire le lettere cartacee. Non appena l’avrò acceso… tranquilli, in questo caso accendere non significa dargli fuoco, hehehe. Dicevo, non appena viene acceso, sulla parte frontale, che prende il nome di screen, compariranno vari disegnini, che si chiamano icone. Screen è un termine inglese, quindi non dovreste avere problemi a comprenderne la funzionalità, mentre icona deriva, sempre dal greco, quindi, andiamo sempre sull’easy. Visto che è tardi, vi faccio vedere solo quella per chiamare. Fin ora è tutto chiaro?››
‹‹Se mi garantite che non è stregoneria avete la mia più completa attenzione.›› incredibilmente Cutler Beckett si stava dimostrando piuttosto accomodante. Se non l’avesse conosciuto così bene, avrebbe quasi potuto pensare che stesse cercando di metterla a proprio agio, in modo da facilitarle la spiegazione.
‹‹No, è tutto frutto del progresso della scienza.›› confermò lei, sfoggiando un sorriso nervoso. Lui rideva perché non sapeva che il suo collaboratore l’aveva quasi giustiziata per stregoneria poche ore prima. Si costrinse, comunque a proseguire, non prima di aver rivolto uno sguardo preoccupato al signor Mercer, che ghignava soddisfatto: ‹‹Se premete l’icona verde al centro, potete chiamare chiunque possieda un altro di questi oggetti e per farlo vi occorrono tre cose. Primo: il numero di telefono della persona che volete contattare, che altro non è che il numero che viene assegnato a ciascuno dalla propria compagnia telefonica, ovvero l’insieme delle persone che gestiscono questo genere di cose. Un po’ come voi con la Compagnia delle Indie Orientali fate con le attività commerciali nelle vostre sfere d’influenza. Secondo: il credito. Si deve versare una certa quantità di denaro alle varie compagnie di cui vi ho appena parlato, con modalità di cui vi parlerò più avanti, dato che sono un po’ complesse da spiegare. Terzo: il campo. Per poter chiamare una persona, occorre trovarsi in un punto all’interno del quale la propria compagnia telefonica riesce ad agire. Vi sono, poi, punti in cui pur non riuscendo a contattare i telefoni delle persone comuni, si può parlare con i numeri d’emergenza ed altri in cui non è possibile contattare nemmeno loro. In America è un numero unico, ovvero 911, mentre in Italia, dove vivo io, fino a poco tempo fa erano tre: 112 per i Carabinieri, il 113 per la Polizia di Stato, il 115 per i Vigili del Fuoco ed il 118 per il soccorso sanitario. Ora, invece, basta chiamare il 112.››

‹‹Questi enti? Possono essere chiamati da chiunque?››
‹‹Fortunatamente, sì: a differenza del passato, intervengono in soccorso di chiunque, indipendentemente dal loro sesso o stato sociale. Ad esempio, se In più, in paesi come Italia e Spagna sono tutti gratuiti e lo stesso discorso vale per i medici, dato che riteniamo che tutti debbano avere il diritto di essere curati.››
‹‹Quindi mi state dicendo che nel vostro paese curerebbero anche un nullatenente o un criminale? Non ne risente la vostra economia?››
‹‹Sì, tutti, senza alcuna eccezione, anche perché i medici effettuano il cosiddetto “giuramento di Ippocrate” che ben conoscete. Hanno, dunque, il dovere di prestare soccorso a chiunque: povero o ricco, criminale o ottimo cittadino, amico o nemico. L’economia del nostro Paese è imbarazzante, ma non certo per questo motivo. La colpa è di governanti, funzionari, pubblici e privati corrotti, di politiche irresponsabili precedenti e di leggi scritte in un momento storico in cui vigevano dinamiche sociali differenti. Ad esempio, dopo una delle più grandi guerre della storia dell’uomo, detta Seconda Guerra Mondiale, in Italia vi è stato un tasso di natalità piuttosto alto e, conseguentemente, i lavoratori erano nettamente più numerosi rispetto agli anziani, che ogni mese potevano ricevere un certo contingente di denaro dallo stato, la pensione. Questi soldi sarebbero il ricavato di alcune tasse applicate agli stipendi di ogni singolo lavoratore in un paese. Inutile dire che, in un momento storico come quello che stiamo vivendo adesso, quando il tasso di natalità in Italia è pari a zero e l’età media della popolazione è sempre più alta, il sistema ideato in precedenza è destinato a fallire. Se questo argomento vi interessa, domani posso portarvi delle fonti più attendibili sull’argomento, ma per ora penso sia meglio tornare su argomenti più leggeri, data l’ora che abbiamo fatto, hahaha››

‹‹Concordo pienamente con voi, Mrs.›› l’appoggiò lui. Adesso le dava pure del “voi” e la chiamava “Miss.”? Pensava davvero che fosse così sprovveduta da non capire che si stava comportando da gentleman solo perché la vedeva come una fonte zampillante di conoscenze che lui non possedeva? Perché gli uomini dovevano essere sempre così scontati?
‹‹Allora, dove ero rimasta?››
‹‹Il campo, se non erro, Miss›› l’aiutò Mr. Mercer, anche se dall’occhiata minacciosa che le aveva appena rivolto e dal modo costretto in cui aveva pronunciato la parola “Miss”, si capiva che stava solo cercando di compiacere il suo superiore. Ma perché la odiava così tanto? Se Cutler Beckett non avesse revocato il suo ordine di farla seguire 24/24 da lui, non sapeva come avrebbe fatto… O forse sì!

*****

‹‹G-grazie Mr. Mercer›› si affrettò a ringraziarlo lei. Non sia mai che se ne abbia a male! ‹‹Dicevamo, se intercorrono queste tre condizioni, è possibile effettuare una chiamata. Facciamo un esempio: Signor Mercer, se uno di questi giorni mi compare davanti all’improvviso o mi minaccia e, per lo spavento, mi viene un arresto cardiaco, lei preme quest’icona verde, le appaiono questi numeri, che vengono chiamati tastiera, preme nell’ordine i numeri 1,1 e 2 e poi l’icona della cornetta, ovvero questo disegnino in basso a destra. A quel punto, vi risponderà un addetto che vi chiederà di che emergenza si tratta, voi gli spiegate che sono incosciente, non respiro e sono in arresto cardiaco ed il gioco è fatto!››
Sarà per l’ora tarda, sarà perché ormai di stranezze ne avevano viste troppe, ma poco macò che i due scoppiassero a ridere. Solo tutto il rigido addestramento per il primo ed educazione per l’altro gli permisero di mantenere un certo contegno. Non riuscirono, però, a trattenere una risata, vedendo la ragazza che, dopo aver pronunciato l’ultima frase, aveva chiuso gli occhi e portato le braccia al volto, temendo di aver osato troppo. Sentendosi osservata, si ricompose velocemente.
‹‹Hehehe, ci ho provato›› ridacchiò, imbarazzata.
‹‹Abbiamo notato›› Cutler Beckett dovette fare appello a tutta la propria buona volontà per assumere un tono serio.
‹‹Hem, però, sul serio… ve ne ricorderete?›› ritentò timidamente Mary, rivolta all’uomo dei suoi incubi. Dove trovò il coraggio lo sapeva solo lei.
‹‹Vedremo›› rispose atono lui, anche se nell’animo si stava divertendo come non mai. Forse fare da babysitter alla mocciosetta aveva anche i suoi lati positivi, dopo tutto. Per non parlare delle foto scottanti che parevano comparire un po’ ovunque. Se pensava che, a detta sua, in estate le donne della sua epoca si spogliava quasi completamente per andare al mare, sperava davvero che la sua missione si prolungasse più del previsto. Se poi, al posto di quel mostriciattolo ci fosse stata una delle sue belle amiche, sarebbe stato proprio il massimo, ma, ahi lui, non si poteva avere tutto dalla vita.

A levarla dall’imbarazzo, ci pensò la sua serissima suoneria.
♪Isse no se de fumikomu goorain bokura wa
I nostri due baldi giovini (con cinquant’anni per gamba), non ci pensarono due volte a trovare rifugio dal diabolico oggetto squillante. Cutler Beckett non ebbe grossi problemi, data la sua rinomata altezza: gli era sufficiente un comodino. Mr. Mercer, invece, non fu così fortunato. Sondò, velocemente la stanza con lo sguardo e si rese ben presto conto che gli unici pezzi d’arredamento usufruibili per un uomo della sua stazza erano il letto, meta sconsigliata, dato il collegamento con un mondo sconosciuto e i due grandi armadi. Anche questi ultimi erano, purtroppo inservibili, dato che uno straripava di vestiti costosi, calzature con tacco rigorosamente di 10 centimetri e parrucche per ogni ora del giorno e della notte, e l’altro di libri, carte geografiche e vari strumenti utili per lo studio dei manufatti più antichi (ovviamente il secondo armadio era grande cinque volte il primo). L’unica soluzione che gli sovvenne in un momento tanto critico, fu il tentare di mimetizzarsi con la tappezzeria, con scarso successo, per altro.

♪Nanimo nanimo mada shiranu
Issen koete furikaeruto mō nai bokura wa♪

‹‹Arg, il Diavolo!›› iniziò a strillare il cassettone. Se lo scopo di Lord Beckett era nascondersi per sfuggire al male, non ci stava riuscendo. Ma da bambino non gli avevano spiegato che se quando giocava a nascondino si metteva ad urlare, lo tanavano subito?
‹‹Ma di che stiamo parlando?! Lord Beckett, esca subito di lì, per favore: questa canzone non c’è nessun demonio, glielo assicuro!›› tentò di farlo ragionare lei.
‹‹E invece sì! Dovevo dar retta ai miei genitori e farmi prete, ma cosa ci potevo fare se gli studi classici mi hanno fatto diventare ateo? Signore, ti preeego, perdonami… non è stata colpa mia!›› continuò lui, imperterrito.
♪Nanimo nanimo mada shiranu
Udatte udatte udatteku
Kirameku ase ga koboreru no sa …♪

‹‹Hem, raga… hem, volevo dire, signori. E’ solo la canzone che mi avvisa quando sto ricevendo una telefonata e vi posso garantire che non si tratta di una chiamata dall’aldilà, hahaha›› cercò, nuovamente, di persuaderli lei, anche se non riusciva più a trattenere le risate. Comunque, non avrebbe mai pensato che nella camera di Lord Beckett ci fosse linea, ma forse era per via del collegamento tra il suo letto e quello dei suoi genitori. A tal proposito, chi poteva essere a quell’ora?
Senza perdere tempo, voltò il cellulare che, nel frattempo, era caduto a terra e, leggendo il nome del contatto, non poté astenersi dal commentare: ‹‹Oh, e invece sì! E’ il mio becchino di fiducia, hahaha››

‹‹Scusate se mi permetto, ma che cosa dovrebbe volere un essere del genere da una ragazza, nel cuore della notte per giunta?›› Se Maria Vittoria non si era spaventata nello scorgere il nome del contatto, lo fece quando udì la voce cupa del signor Mercer a pochi centimetri dal suo orecchio. Panico, terrore e raccapriccio: come aveva fatto ad avvicinarsi a lei così silenziosamente? Per non parlare del fatto che fino ad un secondo prima era appiccicato ad arazzo sulla parete opposta della stanza. Meglio non farsi domande.
‹‹E’ una persona un po’ particolare… tenete conto che, per farsi un po’ di pubblicità, finge di essere un amante della morte e dell’occulto in generale. Si diverte a spaventare i clienti, specie i bambini, a cui propone di farsi un sonnellino nella camera ardente, sostenendo che così può prendere le loro misure e portarsi avanti.››
‹‹Voi, invece, non avete paura, a quanto vedo››
‹‹Non fraintendete, la lista delle cose che mi spaventano è chilometrica, ma la morte non rientra tra queste. E poi i cimiteri mi piacciono: sono degli ottimi posti per studiare quando le biblioteche sono chiuse o troppo affollate›› rispose tranquilla lei, sollevando le spalle.
Mr. Mercer, notando che era seria, ci rimase male. Tutto si sarebbe aspettato da quella ragazzina amante del rosa, fuorché quello. ‹‹E chi studierebbe, di propria sponte, in un cimitero, di grazia?››
‹‹Stavo scherzando, ovviamente, ma fidatevi che a fuia di sentire urlare in casa, chiunque troverebbe dei metodi alternativi per stare in pace. Cough, cough Lucia…Vi ho già parlato del femminismo?››
‹‹No, Mrs. Ma ho già una pessima sensazione al riguardo.››

‹‹Non avevo dubbi›› scosse lei la testa, ridacchiando, per poi fare il punto della situazione: ‹‹Comunque, dov’è Lord Beckett?››.
I due sondarono velocemente la stanza con gli occhi, ma non percepirono segni di vita. A quel punto, si scambiarono uno sguardo stanco e si diressero verso l’ultimo punto in cui aveva manifestato la sua presenza. Il cassettone d’ebano, riccamente intarsiato, era costituito da tre grandi cassetti, evidenziati da una serratura elaborata e due manigliette d’argento ciascuno, ed era sormontato da un imponente specchio rettangolare, incastonato in una spessa cornice dello stesso materiale delle rifiniture del mobile.
Dopo un’attenta analisi delle proporzioni dell’oggetto, Mr. Mercer concluse che il cassetto inferiore avrebbe potuto tranquillamente contenere, per dimensioni e resistenza della struttura, il corpo del Lord. Si apprestò, dunque ad aprirlo, seppur con fatica, dato che il peso di Beckett, premendo sulla parte inferiore del cassetto, aumentava l’attrito con la struttura portante del mobile. Una volta aperto del tutto, rivelò la salma di Cutler Beckett. L’uomo, visibilmente pallido ed emaciato, aveva incrociato le braccia sul petto, in modalità faraone e sembrava sulla soglia dello svenimento. Come facessero delle persone dichiaratamente atee a ridursi così era davvero un mistero. Maria Vittoria si ripromise che, se ne avesse avuta la possibilità, gli avrebbe presentato Francesca. Chissà che la loro conoscenza non portasse all’inizio di un cammino di fede… (Continua a crederci, cara. Nd: me)
‹‹Signore, la prego, si alzi e si ricomponga. Una scena del genere non è degna del ruolo che ricopre›› Maria Vittoria sarà anche stata negata per portare conforto ai bisognosi, ma Mr. Mercer era decisamente peggio.
‹‹Lasciatelo pure lì, Mr. Mercer, così ne approfitto per prendergli le misure. Tanto tra poco devo richiamare il mio amico per sapere se gli è arrivato il nuovo modello di cui mi aveva parlato la settimana scorsa. Dovreste vederla: l’esterno è di una tonalità di rosa che ha dell’incredibile e si sposerebbe benissimo con le rose bianche da funerale. Ci credete che quando ho fatto vedere la foto a Francesca, me l’ha bocciata completamente, affermando che quel colore non rientra nella mia armocromia? Ma se il coperchio è chiuso, a chi interessa se non si intona con il mio incarnato ed il colore di occhi e capelli?›› Come volersi a dimostrare, Lord Beckett si riprese immediatamente, saltando fuori dal cassetto a velocità record e ricomponendosi, come se nulla fosse accaduto.
‹‹Stavo scherzando, ovviamente. Temo che Lucia mi abbia contagiata con il suo black humor, anche se pensavo che a voi Inglesi piacesse… Bah, dev’essere un altro dei tanti luoghi comuni.›› concluse Mary, con un’alzatina di spalle.

I due uomini erano sempre più sconcertati, ma, nel dubbio, diedero la colpa della sua stranezza agli usi di quel mondo ancora sconosciuto.
‹‹Quindi quella era una chiamata?›› Beckett cercò di ritornare sul pezzo, giusto per redimersi agli occhi della fanciulla dopo la scena poco consona in cui si era esibito poco prima.
‹‹Esattamente. Se io avessi risposto, scorrendo il dito verso un’icona verde che appare quando ricevo una chiamata, avreste potuto sentire la voce di una persona che, in questo momento, si trova in una regione dell’Italia che prende il nome di Toscana.››
‹‹Se non rispondete, come in questo caso, cosa succede?››
‹‹C’è una funzione del telefono che mi permette di ricevere un messaggio, detto notifica, ogni volta che ricevo una chiamata ma non riesco a rispondere o il mio telefono era spento o non aveva campo. Per vederle clicco su quest’icona azzurra con scritto “registro chiamate”, nella mia lingua, e mi appare l’elenco delle chiamate perse di questi gior… Oh, oh… qualcosa mi dice che sono nei guia…›› concluse Maria Vittoria con tono funebre.
‹‹Che cosa intendete dire?›› le domandò Cutler Beckett, alquanto confuso dal suo repentino cambiamento d’umore. Perché le donne dovevano essere così lunatiche?
‹‹Ho 72 chiamate perse da mio padre e 815 da mia madre›› rispose con un tono sempre più cupo.
‹‹Ed è grave?›› tentò di indagare Mr. Mercer. Dopo quel demone di metallo che, dopo essersi illuminato ed aver emesso dei rumori sinistri, trasformava l’acqua fredda in calda, si aspettava di tutto.
‹‹Se fossero stare mille chiamate perse da parte di mio padre, ma zero da parte di mia madre non ci sarebbero stati problemi, ma così la storia è ben diversa… assisterete ad una dimostrazione di chiamata››
‹‹Chiamerete vostro padre?›› domandò Lord Beckett. Povero ingenuo, ancora non aveva capito come funzionava in Italia nel 2018.

‹‹NO! ASSOLUTAMENTE MIA MADRE! E che il Signore me la mandi buona, altrimenti ho finito di vivere.›› strillò lei, con gli occhi fuori dalle orbite ed i capelli che, se possibile, si erano drizzati ancora di più sulla sua testa. Notando il suo sguardo spiritato, i due decisero ti tenere la filippica sui doveri filiali verso il pater familiae per un’altra volta.
♪DRIIIN… DRIIIN… DRIIIN!♪
Mentre il telefono iniziava a squillare, Maria Vittoria abbassò il volume al minimo, lo pose sotto una pila di cuscini e poi convinse i due a seguirla fuori dalla porta (ipoteticamente, dato che come ben sappiamo, non era ancora stata riparata). Beckett e Mercer si imposero di non porre domande, consapevoli di essere ignoranti sull’argomento telefono, ma quando Maria vittoria gli consigliò caldamente di coprirsi le orecchie con le mani, si azzardarono a chiedere un semplice “perché?”. Mary non ebbe il tempo di rispondergli che nella magione Swann si levò un urlo disumano, addirittura più acuto di quelli di Francesca: ‹‹CRETIIINA! BRUTTA DEFICIENTE, SCONSIDERATA! DOVE DIAVOLO SEI STATA IN QUESTI CINQUE GIORNI? HAI UNA VAGA IDEA DI QUANTO TUO PADRE ED IO SIAMO STATI PREOCCUPATI PER TE? FIGLIA DEGENERE! RIFIUTO DELLA SOCIETA’!...››. Gli insulti proseguirono per quasi quindici minuti, senza che la donna si fermasse un solo istante per prendere fiato o ascoltare le spiegazioni della figlia. Se quest’ultima si fosse trovata in pericolo e l’avesse chiamata per chiederle aiuto, i suoi assalitori avrebbero fatto in tempo a torturarla, ucciderla, occultarne il cadavere ed essere arrestati dalla polizia. L’unico pensiero che Mr. Mercer riuscì a formulare fu: “Ecco da chi ha preso!”, riferendosi al fatto che la ragazza, durante la prigionia, riusciva a parlare a macchinetta per ore, senza stancarsi mai. Talvolta le donne potevano essere davvero inquietanti.

Quando l’orchessa la rispettabile signora si fu calmata, Mary si riavvicinò al telefono per potersi giustificare. Il mal di testa che la stava attanagliando in quel momento era in assoluto il peggiore che avesse mai avuto, forse complici le ore di sonno perdute, l’essere trascinata per i capelli, i ceffoni di Mr. Mercer e le urla di sua madre.
‹‹Madre*, io…›› tentò di esprimersi, fa fu subito interrotta da una nuova ondata di grida ed insulti. La poveretta fu costretta a riscappare fuori, nell’attesa che si riplacasse almeno un minimo, ma dovette aspettare un’altra mezz’ora. Ma la gente lo voleva capire che aveva sonno?
‹‹Come stavo cercando di dir…›› anche questo tentativo fu vanificato da un crescendo di urla della matrona, che non voleva saperne di stancarsi. Notando che la fanciulla si trovava in evidenti difficoltà, Cutler Beckett, da bravo gentleman, si recò in suo soccorso.
‹‹Buona sera, madame, vogliate scusarci se abbiamo l’ardire di avervi disturbata a quest’ora›› detto questo, le ripassò il telefono, annuendo con aria rassicurante a lei che non riusciva a capire quale fosse stato lo scopo in tutto ciò.
‹‹MARIA VITTORIA! Perché non mi hai detto che ti trovavi in compagnia di un giovanotto inglese così ben educato? Chissà che figura mi avrai fatto fare, se gli hai fatto ascoltare il mio ragionevole discorso›› Incredibilmente, l’aver udito parlare un gentiluomo inglese l’aveva completamente calmata. Per la prima volta in vita sua, Maria Vittoria ringraziò il fatto che l’uomo moderno fosse così stupido da innamorarsi di una lingua barbara e sterile come quella inglese.

‹‹Diciamo che più che fatto ascoltare, ho tentato di aiutarlo a proteggere i suoi timpani…›› bofonchiò Mary sottovoce, facendo ridacchiare Mr. Mercer sotto i baffi.
‹‹Che cos’hai detto, cara? Non credo di aver sentito bene›› sua madre sapeva essere davvero falsa, quando voleva.
‹‹La vostra deliziosa figliola intendeva dire che una voce angelica e melodiosa come la vostra non potrebbe mai arrecare alcun disturbo. Per non parlare delle argute argomentazioni che avete addotto a sostegno della vostra tesi. Se tutti i genitori fossero come voi, sono certo che le nuove generazioni supereranno di gran lunga le precedenti, conducendo l’umanità verso una terza età dell’Oro›› a proposito di falsità! Tra l’altro, non aveva appena detto che appoggiava Gillette, quando diceva che i suoi genitori le avevano dato una pessima educazione? Mary era davvero senza parole.
‹‹Oh, oh, oh, ma che carIIINO! Siete troppo gentile, così mi fate arrossire. Si vede proprio che siete una persona intelligente, altruista, gentile e soprattutto sincera!›› A parte il primo complimento, che corrispondeva, effettivamente, alla sua personalità, Mary davvero non capiva come sua madre potesse essere così ingenua da non capire che Beckett si stava solo prendendo gioco di lei. (Perché tu invece non ti fidi di nessuno, vero? Nd: tutti)
Come se le gaffe della serata non fossero già state sufficienti, sua madre pensò bene di esibire il suo splendido inglese per cercare di farsi bella agli occhi di Cutler (scrivo i suoi così come li pronuncia, tanto per rendervi un’idea del talento che la famiglia di Mery aveva per le lingue moderne): ‹‹I loove de Ennglish and de Ennglish personsss. I am very goood in Ennglish, Francaise and Spain››

In tutto questo Maria Vittoria cercava, invano, di comunicarle telepaticamente di piantarla di rendersi ridicola. Ma possibile che sua madre non volesse capire che se sia lei che tutti i loro parenti erano negati per le lingue moderne, non era scientificamente possibile che lei fosse un’eccellenza nel campo? Il giorno della Pentecoste, in cui lo Spirito Santo era sceso sulle fronti dei discepoli come lingue di fuoco e gli aveva permesso di parlare lingue che prima non conoscevano, era passato da un paio di millenni.
Cutler Beckett, nonostante avesse esternato il suo disappunto con espressioni disgustate, ebbe il coraggio di lodare la sua fluenza: ‹‹Oh, ma che piacevole sorpresa. Mai avrei immaginato che il cielo, oltre ad avervi graziata con la voce di un usignolo, vi avrebbe concesso anche il dono delle lingue. Voi mi lusingate.››
Ormai Mercer non riusciva più a reggersi in piedi dalle risate. Il suo capo aveva appena guadagnato altri 1000 punti, ai suoi occhi. Mary, dal canto suo, non sapeva se ridere o piangere. Di tutte le figuracce che aveva fatto in vita sua questa era di gran lunga la peggiore: Cutler Beckett che fingeva di fare il cascamorto con sua madre e lei che ci cascava pure. Speechless.
‹‹Oh, finitela, Don Giovanni, hahaha!››
DON GIOVANNI? DON GIOVANNI? DON GIOVANNI? Seriamente sua madre aveva appena detto una cosa del genere, flirtando con un Lord del ‘700? Maria Vittoria si stava sentendo sprofondare.

‹‹Sono una donna sposata, dopo tutto!›› Meno male che se ne ricordava ancora, dopo la scena patetica in cui si era appena esibita.
‹‹Allora perdonatemi, madame, ma vede, la sua voce così giovanile deve avermi tratto in inganno. Mi ero quasi convinto che fosse la sorella.›› Ma ci si metteva anche lui? E, tra parentesi, per quale motivo a lei ignoto gli uomini dovevano utilizzare sempre le stesse frasi fatte, a distanza di secoli.
‹‹Eh, lo so, non lo dimostro, ma non sono più una giovincella… del resto dei miei figli Maria Vittoria è la più piccola ed ha già 18 anni!›› probabilmente, Mary fu l’unica a notare la leggera nota di malinconia nascosta dietro quel tono fintamente allegro e si incupì non poco.
‹‹Signora, vi giuro sul mio onore che non l’avrei mai detto!››
‹‹Grazie caro, siete veramente troppo gentile… Ma veniamo alle note dolenti: ho chiamato per sapere per quale motivo mia figlia si è negata per cinque giorni, NONOSTANTE LE AVESSI ESPRESSAMENTE CHIESTO DI RISPONDERE IMMEDIATAMENTE AD OGNI MIA TELEFONATA!›› L’urlo inaspettato ebbe il duplice effetto di assordare Cutler Beckett all’orecchio destro e di far cadere il cellulare, prontamente afferrato da Mary, terrorizzata che il fragile oggetto si distruggesse. Poi chi la sentiva sua madre, altrimenti?

‹‹Madre, come stavo cercando di spiegarvi, in questi giorni non ho potuto utilizzare il cellulare, né avere contatti con nessuno›› iniziò a spiegare. Fortunatamente, poco prima aveva concordato con Mr. Mercer una versione che le permettesse anche di spiegare la sua presenza costante in casa loro. O, almeno, Mercer era rimasto muto mentre lei spiegava, ergo, chi tace acconsente.
‹‹Come sarebbe a dire che non potevi avere contatti con nessuno? E poi si può sapere perché, casualmente, nemmeno quelle scansafatiche delle tue amiche non erano rintracciabili in questi giorni? I loro genitori erano disperati: ci siamo persino rivolti alla polizia, ma non hanno trovato niente.››
‹‹Anche loro si trovano immischiate in questa storia›› Maria Vittoria assunse volutamente un tono cupo e misterioso. La parte divertente della storia doveva ancora arrivare, ma lei si stava già divertendo.
‹‹COSA ACCIDENTI SIGNIFICA? RISPONDIMI, SIGNORINELLA!››
‹‹Madre, vi ricordo che non sono sola: sono costantemente monitorata da un’equipe di agenti governativi.››
‹‹E TU PENSI DAVVERO DI CAVARTELA CON LA STORIELLA DELL’AGENTE 007 E COMPAGNIA BELLA?››
‹‹Madre, modulate il tono di voce, vi prego! Tutto ciò che stiamo dicendo è registrato e se non stiamo attente, Marta, Lucia e Francesca faranno una brutta fine››
‹‹COSA DIAVOLO SIGNIFICA?!››

A quel punto, Mary passò il telefono a Mr. Mercer, facendogli segno di ricomporsi e ripetere la frase che gli aveva scritto su un foglio di carta: ‹‹Madame, il Presidente ha bisogno di loro››.
Il tono severo dell’uomo non avrebbe potuto convincere meglio la donna, che iniziò seriamente a preoccuparsi per la sorte delle ragazze: ‹‹Oh, mio Dio: Maria Vittoria, che cosa avete combinato?››
A quel punto, la parola fu ripresa da Lord Beckett che, senza nemmeno essere a conoscenza del piano, riuscì a dire esattamente le parole giuste al momento più appropriato. In effetti, se avesse posseduto un quoziente intellettivo inferiore o pari alla norma, non sarebbe mai arrivato dove si trovava ora.
‹‹Si sono solo trovate nel posto sbagliato al momento sbagliato, ma non dovete temere: se collaboreranno, non avranno alcun problema con la giustizia››
‹‹Collaborare? Come possono delle ragazzine essere utili alla vostra causa?›› la madre di Mary era quasi sull’orlo delle lacrime.
‹‹Signora, non si disperi: non le stiamo trattenendo come se fossero delle criminali, ma perché durante la loro permanenza ci siamo resi conto delle loro innegabili qualità››
‹‹Non prendetemi in giro: che qualità potrebbe mai avere quell’imbambolita di mia figlia? L’unica cosa che sa fare è perdere le sue giornate, spaccandosi la testa su lingue morte ed inutilizzabili!››
Mary gli fece segno che, in effetti, non aveva tutti i torti, al che Mercer rischiò seriamente di scoppiare dal ridere.
‹‹Ed è proprio questa l’abilità che ci interessa. Voi forse non ve ne siete accorta, ma vostra figlia prende spunto da miti, leggende e vicende antiche per risolvere questioni attuali. Possiede, inoltre, una capacità più unica che rara, di cui probabilmente nemmeno lei si è resa ancora conto. La sua mente tende a riordinare automaticamente le parti del discorso distribuite secondo gli schemi della sintassi greca e latina. E’ una cosa che non si può apprendere in una scuola o da dei libri, mi creda: è un qualcosa che si sente nel sangue.››
Approfittando dell’attimo di smarrimento della madre, Mary cercò di chiedere spiegazioni a Cutler Beckett. Se tanto doveva mentire, non gli conveniva trovare una scusa un po’ più plausibile? Che razza di abilità era quella?
‹‹Davvero, non ve ne siete accorta›› si limitò a sussurrarle lui, ghignando, per poi riprendere la telefonata, evitando, così di rispondere ad altre domande. Vederla così confusa era decisamente più divertente che darle subito le risposte che cercava.

‹‹Come le stavo dicendo, la capacità di vostra figlia è molto utile nelle nostre attività di ricerca, motivo per cui da oggi in poi, le sarà permesso di tornare a casa e condurre la sua vita di sempre. Uno dei nostri uomini più fidati, tuttavia, dovrà essere sempre presente per aiutarla nelle ricerche e difenderla da eventuali pericoli. Non fraintenda, dato che il nostro unico obbiettivo è la conoscenza, la nostra Compagnia non ha nemici. Vogliamo solo evitare che la nostra nuova collaboratrice possa essere danneggiata dai normali problemi di routine e, del resto si sa: i giovani si cacciano sempre nei guai. Sappiamo che voi e vostro marito vi assentate spesso per motivi lavorativi e lo comprendo: io stesso manco spesso da casa per via della posizione che ricopro, e vorrei che mia figlia avesse anche solo un supporto su cui contare. E a maggior ragione ora che porta un peso così grande sulle sue spalle.››
‹‹N-non so che cosa dire… sono, hem, sorpresa, ecco! Mi sentirei molto più tranquilla se potessi incontrarvi ed avessi delle prove del fatto che ciò che mi state dicendo è vero››
‹‹Madre, come ben sapete, i servizi segreti funzionano proprio perché sono segreti. Comunque non appena tornerete potrete parlare con colui che mi seguirà nei prossimi giorni: non potrà raccontarvi molto, ma sono sicura che vi renderete conto subito della sua grande professionalità. Mr. Mercer ricoprirà un po’ il ruolo di Jakerson,… ti ricordi la guardia del corpo di papà, quando stava seguendo quell’operazione pericolosa, quando ero piccola? Per quanto riguarda le prove, mi vedrete lavorare su fonti e documenti antichi. Non potrete sapere di cosa mi occupo nel dettaglio, ma vi basti sapere che è un lavoro legato al caso del “Secondo Jack the Ripper” che, come ben sapete, mi ha sempre affascinata.››
‹‹Va bene, ne riparliamo domani quando arriviamo, e voglio sperare che ciò che ci hai appena detto non sia una pagliacciata per coprire le tue amiche. A tal proposito, voglio sperare che anche loro abbiano avvisato le rispettive famiglie!››

‹‹Il loro è un caso diverso: il lavoro a loro richiesto è da svolgere direttamente sul campo. Staranno via per due mesi, dopo di che potranno decidere se continuare a lavorare, in parte da casa ed in parte in agenzia, oppure tornare alle loro vite di tutti i giorni.  Domani Mr. Mercer ed io avviseremo personalmente le rispettive famiglie. Desidero solo che stiate tranquilli: non oso pensare come sarete stati in pensiero in questi gior…›› il suo convincentissimo discorso fu interrotto dalla madre, che domandò, accorata: ‹‹Ti hanno fatto del male, per caso?››
Prima che Mary potesse rispondere, intervenne Mr. Mercer: ‹‹Ovviamente, signora!››
‹‹Mr. Mercer, ma cosa state dicendo!›› gli lei nell’orecchio, ma le parole pronunciate dalla madre la lasciarono completamente senza parole: ‹‹Avete fatto bene: così impara ad infrangere la legge. Bene, bene: il signor Mercer utilizza i vostri stessi metodi per mantenere la disciplina?››
‹‹Sì signora, dopo tutto sono io›› affermò lui, fiero.
‹‹Allora penso che andremo molto d’accordo›› concluse lei, visibilmente più sollevata, per poi farsi promettere: ‹‹Mi raccomando, la picchi per bene, se combina qualche altro disastro… mi raccomando, conto su di lei, quando mio marito ed io non ci siamo!››
‹‹Ma madre!›› tentò Mary, ancora piuttosto scioccata. Perché questa scena le ricordava la gara di Karate di tre anni prima, in cui quando il suo avversario le aveva spaccato la testa e sua madre, vedendo che era di bell’aspetto, aveva fatto il tifo per lui? Tra l’altro, in quella tipologia di gare, colpire sotto la cintura o sopra le spalle era assolutamente vietato. Perché nemmeno i suoi familiari la sostenevano?

‹‹Non si preoccupi, signora: vostra figlia è in ottime mani›› pronunciò solennemente, per poi rivolgere un ghigno malvagio alla ragazzina.
‹‹Oh, sì, e non voglio sentire discussioni! Parlerò io con tuo padre e con i genitori delle tue amiche… tu sei capacissima di commuoverli ingiustamente››
‹‹Ma non vi vedo domani?›› domandò Mary, scettica.
‹‹No, mi fido: quel Mr. Mercer mi sembra un uomo sincero ed ha un ottimo concetto di disciplina: non può che farti bene. Però esigo di poterti chiamare quando voglio, intesi?››
‹‹Non c’è problema, madre: vi avviserò per tempo se dovrò entrare in un luogo in cui non sono ammessi i cellulari››
‹‹Mi raccomando: al prossimo scherzetto che ci giochi ti proibisco di andare a karate fino alla fine dell’anno, mi sono spiegata?››
‹‹Nooo, vi prego! Toglietemi tutto, ma Karate noo!›› iniziò ad implorarla lei, disperata.
‹‹E allora vedi di comportarti come si deve!››
‹‹Sì›› accettò, infine Mary, con tono lugubre. Sua madre, dal canto suo, non la udì nemmeno, dato che aveva già riattaccato. Maria Vittoria sospirò, sollevata. Ma, terminata la telefonata, rimanevano ancora alcuni problemi da risolvere.

Una volta augurata la buona notte a Lord Beckett, che a momenti li mandava a benedire entrambi, dato che si erano fatte le sei, Mr. Mercer e Maria Vittoria tornarono nell’epoca moderna. La ragazza non ebbe il tempo di stupirsi per il fatto che l’uomo non l’avesse trascinata con la forza, che si ritrovò sollevata per il colletto della maglia.
‹‹Pensavo che avessi detto che non avevi fratelli›› ghignò lui, malefico. A quanto pare, veramente, la trattava bene solo di fronte a Lord Beckett per fare bella figura.
‹‹H-ho detto che non abitavano con me, non che non li avessi›› riuscì a dire, tra i denti. Possibile che se ne ricordasse ancora? Quando le aveva posto quelle domande, aveva pensato che stesse solo cercando di capire come fosse possibile che una ragazza fosse lasciata a casa da sola, date le differenze culturali tra le loro due epoche. A quanto pare, tuttavia, il vero scopo dell’uomo era capire su chi avrebbe potuto fare riferimento in caso di pericolo: si era fatta fregare come un’idiota. Non che mentire avrebbe potuto essere un’idea migliore, data l’abilità innata dell’uomo per scovare le informazioni, ma, per lo meno avrebbe preferito rendersi conto del suo tentativo di estorcerle risposte con l’inganno. Da ora in poi avrebbe cercato di non abbassare mai la guardi, seppur consapevole del fatto che non avrebbe potuto fare molto, contro una persona così forte ed esperta.
La risposta non piacque a Mr. Mercer, che le tirò un ceffone e la scagliò a terra, per poi continuare: ‹‹Non mi piace il tuo tono, ragazzina: vedi di portare più rispetto alla presenza di un uomo››

‹‹Vi chiedo scusa, signore. Vi posso assicurare che non era assolutamente mia attenzione… anche perché, tra parentesi, ci tengo alla vita›› l’ultima affermazione le fece guadagnare un altro colpo alla testa ma, questa volta, fortunatamente, era preparata ‹‹Nella mia epoca, comunque, il rispetto va dimostrato sia nei confronti degli uomini che delle donne. Se qualcuno dovesse sentirle ripetere questa frase, potrebbe avere dei seri problemi, mi creda… e non parlo solo di borsettate e compagnia bella››
L’ultimo appunto lo fece sorridere, o, almeno, questo fu quello che suppose Mary, vedendogli increspare lievemente le labbra. Per i suoi standard poteva effettivamente trattarsi di un sorrisetto divertito, ma mai dire mai.
‹‹Prova a mentirmi o ad omettere ancora qualcosa e te ne pentirai amaramente›› concluse il discorso lui, avviandosi verso il soggiorno, senza nemmeno degnarsi di aiutarla ad alzarsi. “A quanto pare, non dormirò nemmeno oggi” sospirò Mary, sconsolata, mentre dava fondo a tutta la propria forza mentale per convincersi ad alzarsi e preparare la colazione. Se c’era qualcosa di peggio di un uomo dal temperamento difficile era un uomo dal temperamento difficile e affamato.

*****
 
Anno 1729, 30 aprile, h 14,30
Perla Nera, Mar dei caraibi
 

Da quando Elisabeth, Marta, Francesca e Lucia avevano lasciato Port Royal, erano capitate tante cose. Gli eventi si erano susseguiti in maniera così veloce e confusa che le quattro non avevano quasi fatto in tempo ad elaborare il tutto. Elisabeth e Marta erano le uniche a non dare a vedere la stanchezza che avevano accumulato in quei cinque giorni. La prima, perché troppo occupata nella ricerca dell’amato, per preoccuparsi di cose futili come nutrirsi, riposare ed essere al sicuro. L’altra, invece, era ormai abituata a “vivere alla giornata” e ad avere a che fare con loschi figuri, per colpa del brutto vizio del padre di giocare d’azzardo ed indebitarsi con soggetti di dubbia reputazione. Il suo attaccamento al denaro non le permetteva nemmeno di concepire come qualcuno potesse essere così stupido da investire risorse in un’attività in cui non si poteva avere la certezza di guadagnare. Per chi pensasse che Marta predicasse bene, ma razzolasse male, dati gli eventi che l’avevano vista lasciare in mutande tutti i giocatori assidui delle locande di Port Royal e Tortuga, è bene sottolineare che la definizione “giocare d’azzardo” presuppone, per l’appunto, l’azzardare. E questo, Marta non lo faceva mai, dato che si premuniva sempre di dadi truccati di ogni forma e colore, mazzi di carte di scorta e qualunque strumento potesse esserle utile per garantirle la vittoria. Era della vecchia scuola secondo cui “non si inizia mai una battaglia se non si ha la certezza di vincerla” (o forse amava solo citare a sproposito l’“Arte della guerra” di Sun Tsu che si divertiva a sfogliare ogni volta che andava a trovare Maria Vittoria). Non avrebbe mai rischiato i suoi amati soldini in una situazione in cui non avesse avuto una probabilità inferiore al 100% di non perderci.

Lucia e Fra, dal canto loro, erano rimaste con la testa ancora sulla carrozza crisoelefantina e d’oro massiccio incastonata di cherubini e diamanti del Governatore Swann (sì, proprio cherubini alati incollati alla carrozzeria, giusto per smorzare con un’aura di sacralità lo sfarzo dei beni terreni impersonati da tale mezzo di trasporto. Poi, sennò chi lo sentiva il pastore quando si appellava alla citazione evangelica “E’ più facile per un cammello passare per la cruna di un ago, che per un ricco entrare nel regno dei cieli”?). Che, tra parentesi, se avessero ascoltato gli svarioni di Maria Vittoria sulla stupida morte di Cicerone, si sarebbero evitate di finire nell’imboscata di Mr. Mercer. Se Cicerone, celeberrimo oratore, erudito e uomo dalla mente geniale, non era riuscito a sfuggire ai sicari scappando in portantina (verso la spiaggia, ergo un vicolo cieco, ma lasciamo perdere), come potevano pretendere di riuscirci quattro ragazzine ed un vecchietto con una carrozza che brillava di luce propria, risaltando nell’oscurità della notte? Tra l’altro, dovevano proprio dirigersi anche loro verso il mare? Era una mania, per caso? E poi la gente dice che non è vero che la storia si ripete sempre e che quindi studiarla è inutile per evitare gli errori del passato, mah!

Poi avevano alternato fughe a visite nelle taverne, per permettere a Marta di guadagnare qualche spiccio (ne riempì 12 sacchi e 5 canestri… peggio della moltiplicazione dei pani e dei pesci) e tutto questo cercando di evitare ladri, assassini, stupratori seriali e guardie di Beckett. A tal proposito, le tre millennial furono scioccate nell’apprendere che nel ‘700, in caso di tentata rapina o stupro, se non eri ricca o di bell’aspetto, non ti prestavano soccorso nemmeno le guardie. Ma erano uomini di legge e gentiluomini solo quando volevano farsi belli agli occhi delle ricche dame o cosa? Tre sere prima, quando due giubbe rosse che erano di ronda vicino al molo le avevano viste in difficoltà, si erano prese il loro tempo per confrontare i loro volti con quelle dei volantini con la classica scritta “Wanted” che aveva realizzato Gillette, rigorosamente in quadruplice copia. Alla faccia dello spreco dei fondi pubblici… e poi si lamentavano se la gente moriva di fame!
Dopo aver appurato che erano proprio le quattro fuggiasche ed essersi presi un po’ di tempo per commentare le loro caratteristiche fisiche ed esibirsi in fischi di ammirazione, si erano, infine, degnati di intervenire, sostenendo, per altro: ‹‹Fermatevi! Non potete stuprarle: prima devono essere riportate da Lord Beckett e giudicate secondo giustizia››. Perché altrimenti avrebbero potuto abusare tranquillamente di loro e rimanere impuniti? Se al loro posto ci fossero state delle altre ragazze, si sarebbero limitati ad augurare “Tanti figli maschi!” e passare oltre? Ma per cosa li pagavano a fare se non aiutavano nemmeno i cittadini in difficoltà? Ed il bello era che poi, quando una fanciulla denunciava uno stupro avvenuto in città, i giudici le rispondevano che avrebbe dovuto gridare più forte. Ma si rendevano conto? Per non parlare del fatto che aiutare delle persone in difficoltà doveva essere un’azione quasi naturale per chiunque, non solo per guardie ed autorità.

Poi, invece di travestirsi da uomini ed impiegarsi come mozzi come aveva fatto Elisabeth nel secondo film, comprarono quattro biglietti per una nave passeggeri piuttosto scabercia che, per risparmiare tempo e manodopera, seguiva una rotta pericolosa, avvicinandosi fin troppo a luoghi angusti e rischiosi come Tortuga. Una volta giunti abbastanza vicini alla costa, Marta si mise ad armeggiare con le cime, cercando di calare una scialuppa in mare, mentre Francesca ed Elisabeth distraevano un marinaio e Lucia schiacciava un pisolino, come suo solito. Riuscite miracolosamente nell’intento, Marta e Francesca, che avevano preso lezioni di canottaggio, le traghettarono fino a riva in un’oretta scarsa. Da quel punto in poi era stato il delirio, tra fughe da pirati ubriachi che volevano utilizzarle come dei tiri a segno e donnone che cercavano di convincerle a lavorare come cameriere nella loro locanda dalle undici di sera alle cinque del mattino. Se le quattro avessero avuto un aspetto minimamente simile agli standard di Maria Vittoria, si sarebbero evitate almeno quel problema, ma, no, dovevano essere una più bella dell’altra! (Poverine, soffrono perché il destino crudele le ha rese troppo belle! Nd: Mary)

Poi avevano incontrato James Norrington che, anche con quel look con un nonsoché di trasandato faceva la sua sporca figura. Come ogni fan girl che si rispetti, tentarono di approfittarsi di lui e, se quell’arpia di Elisabeth non fosse andata a chiedere aiuto a Jack Sparrow e a Joshamee Gibbs, ci sarebbero pure riuscite. L’aveva brutalmente friendzonato: che cosa voleva ancora?
Salire a bordo, invece, contro ogni aspettativa fu una passeggiata. Gli altri membri dell’equipaggio le salutarono festosi, applaudendo e fischiando. Si dimostrarono anche dei gentiluomini, aiutandole a portare i loro bagagli ed accompagnandole nelle “suit di lusso nascoste sotto coperta”. Mentre li seguivano, per un attimo, si domandarono il perché si dicesse “donna a bordo porta male”, ma poi dovettero ricredersi quando si ritrovarono, senza un se e senza un ma, in una cella buia, umida ed infestata dai ratti. A quanto pare, quei sessisti da strapazzo avevano ben pensato di utilizzarle come passatempo nei momenti morti. Ed ora non potevano nemmeno chiedere aiuto all’unico gentiluomo presente a bordo, dato che dopo aver rischiato di perdere la propria virtù, le fuggiva come la peste. Le donzelle erano, dunque state costrette ad arrangiarsi (come al solito) ed a tramare vendetta nell’oscuro antro della cella che, da li a poco sarebbe diventato il loro covo.

Ed ora erano lì, nella cabina del capitano, precedentemente confiscata, ad essere servite e riverite da una schiera di servi aiutanti volontari. Marta era riuscita a convincere Pintel e Raghetti con l’inganno a giocare con lei ai dadi e questi, scioccati all’idea di essere stati lasciati in mutande da una donna, si erano lamentati con il resto della ciurma, che era accorso a dargli una bella lezione. Inutile dire che, prima che il sole tramontasse, Marta possedeva già tutti i loro averi, l’atto di proprietà della nave, i contratti sul 30 % degli utili dei loro bottini dei successivi sette anni e, se solo non fosse stato troppo retto per giocare d’azzardo, anche la dichiarazione di possessum virginitatis di Norrington. Mannaggia a lui e ai suoi valori inalienabili!
Come calava la notte, si muravano vive all’interno della cabina di Jack, sprangando oblò, porte e botole ed accatastando i mobili contro le possibili entrate. Affisso sulla porta principale, un solo foglio, monito per le genti che avessero avuto il coraggio di sfidare la sorte: “Accesso consentito solo alle donne e, ovviamente, a chi se la sente”. A degli uomini del ‘700 sarebbe bastata questa frase per fuggire quella porta come la peste: tutto pur di non sminuire la propria virilità! Ma, nel dubbio, Marta, l’esperta di postille e contratti, aggiunse: “Chiunque osasse violare tale condizione, verrà pubblicamente evirato in pubblico e le sue membra utilizzate come esca per i branzini. Ps. James Norrington, se vuoi entrare, suona la campanella appesa allo stipite sinistro e ti apriamo subito!”. Marta avrebbe voluto aggiungere anche un “Fai di noi ciò che vuoi, James! Soprattutto di me, la ragazza bellissima con i capelli rossi”, ma quella strega di Elisabeth, ancora una volta, aveva rovinato i suoi piani. Eppure le aveva consegnato un contratto firmato in duplice copia in cui le assicurava che, qualunque cosa fosse accaduta in quella stanza, non sarebbe giunta alle orecchie di Will. Perché faceva ancora la preziosa? Bah, puritani, chi li capisce.

E così, tra una follia e l’altra, attendevano l’ormai prossimo incontro con il Capitano dell’Olandese Volante (per chi non lo sapesse, la massima ambizione di Marta, da quando le altre le avevano raccontato a grandi linee la storia di “Pirati dei Caraibi”, era stata stracciare Davy Jones al gioco dei dadi).

Note:
* Maria Vittoria si rivolge davvero in maniera così formale con i suoi genitori e gli dà addirittura del voi. Più avanti capiremo perché.
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Pirati dei caraibi / Vai alla pagina dell'autore: Marydb13