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Autore: FairyCleo    26/08/2020    2 recensioni
Dal capitolo 1:
"E poi, sorprendendosi ancora una volta per quel gesto che non gli apparteneva, aveva sorriso, seppur con mestizia, alla vista di chi ancora era in grado di fornirgli una ragione per continuare a vivere, per andare avanti in quel mondo che aveva rinnegato chiunque, re, principi, cavalieri e popolani".
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Goku, Goten, Trunks, Vegeta
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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In attesa

 
Trunks era rimasto da solo con Goten, ed entrambi in bambini erano in trepidante attesa del rientro del principe dei saiyan. Era felice di sapere che il suo migliore amico fosse di nuovo tra loro, che fosse vigile, presente, che aveva deciso di farsi coraggio e di tornare a lottare nonostante quello che aveva passato. Lo ammirava molto. E per questo gli voleva un gran bene e provava per lui un enorme rispetto.
 
“Ti senti… Volevo dire… Cioè, sì…”.
“Sto uno schifo, Trunks… Ma grazie”.
 
Goten era stato capace di tirarlo fuori dalla situazione spinosa in cui si era cacciato in meno di un secondo. Perché, a volte, la sua lingua correva più del suo cervello?
 
“Sto davvero morendo di fame… Ma è la sete la cosa che non sopporto più, credimi… Sta diventando un pensiero fisso”.
“Sì, lo capisco bene… Ma sono così stanco… Ho così tanto sonno…”.
“Quanto ti capisco… Senti, Goten, facciamo così. Riposati. Dormi, se vuoi. Io faccio la guardia. Poi, fra due ore, ti sveglio e dormo io. Ti va?”.
“Mi sembra una buona idea!”.
“Allora rilassati e non pensare a niente. Farò io la guardia qui. Può essere pure che papà tornerà prima…”.
“O che non tornerà affatto…”.
“Perché dici queste cose?”.
 
Il bambino dai capelli a palma aveva fatto una lunghissima pausa prima di rispondere. Si era coricato su un fianco, con la testa poggiata su entrambe le mani, giunte, e fissava un punto imprecisato dietro la spalla di Trunks.
Ma poi, dopo quel silenzio che era parso interminabile, Goten aveva parlato, pronunciando parole amare.
 
“Perché comincio ad abituarmi all’idea che tutti se ne andranno”.
 
*
 
Gli aveva dato il permesso di seguirla solo strappandogli la promessa di non avvicinarsi a lei più del necessario. Non aveva un’idea precisa di quanto fosse più del necessario, ma non aveva protestato e aveva accettato quella condizione, per quanto si sentisse un perfetto idiota nel comunicare con qualcuno a quella distanza.
La donna che aveva incontrato Goku, Marylin, era una delle creature più bizzarre che avesse mai visto. Aveva un cipiglio che le ricordava molto quello della sua Chichi, ma la grinta e la caparbietà dimostrare la avvicinavano molto più a Bulma. Era sveglia, intelligente e aveva dimostrato di essere molto risoluta, quasi spaventosa, a tratti. Al nostro eroe dai capelli a palma era risultata subito affidabile, ma Goku sapeva bene di non poter essere sicuro di nessuno, in quella realtà, soprattutto perché non era sicuro per prima cosa di se stesso.
 
Ma, nonostante i dubbi e gli ottimi consigli che aveva provato a darsi, aveva seguito la donna sin dentro la sua casa, cercando di non essere indiscreto e di mantenere le distanze promesse.
 
“Siediti. E non dire una parola se non te lo dico io. Capito, omaccione?”.
“Sissignora!”.
 
Era abituato a ricevere ordini da una donna. Per questa ragione, non si era risentito del tono autoritario di lei e aveva ubbidito, prendendo posto sulla sedia di paglia sistemata accanto all’ingresso.
Il pavimento era stato tirato a lucido da poco: appena entrato nella stanza, Goku aveva avvertito un forte odore di ammoniaca, ma non era stato abbastanza per rimuovere completamente le macchie che si trovavano su alcuni mobili e, data la sua esperienza, Goku era certo che si trattasse di schizzi di sangue.
Cosa diavolo era successo lì dentro? C’erano stati suo figlio, Trunks e Vegeta, lì, in quella casa. Che fosse loro, quel sangue?
Marylin aveva stappato una bottiglia dal contenuto trasparente, l’aveva annusata e aveva versato una generosa dose di liquido in un bicchiere, buttandolo giù tutto d’un fiato. Goku aveva visto la sua amica Bulma fare quello stesso gesto tantissime volte, ma lui non era un amante dei liquori. Ogni tanto gli era capitato di bere qualche bicchierino di sakè, ma non si era mai ubriacato. Bulma, invece, beveva spesso, soprattutto durante le feste e, in quelle situazioni, non dava certo il meglio di sé. Che cosa avrebbe fatto, adesso, quella donna che – per altro – aveva ancora in mano il fucile?
 
“Ne vuoi?”.
 
Glielo aveva chiesto senza alcuna delicatezza, porgendogli direttamente la bottiglia aperta. Lo fissava con quei suoi grandi occhi penetranti, occhi carichi di sospetto e di accusa. Che cosa voleva da lui? E lui, cosa sperava di trovare in lei?
 
“Io? No, grazie. Meglio di no”.
“Ottimo. Ce n’è di più per me”.
 
E, dopo averlo detto, aveva ingurgitato un’altra generosissima dose di liquido trasparente, emettendo, alla fine, un suono non del tutto appropriato a una signora.
 
“I ragazzi sono stati qui, come ti ho già detto. O meglio, l’uomo è stato qui. Poveraccio… Se non fossi intervenuta, lo avrebbero portato in paese, e a quel punto, solo gli dei avrebbero potuto sapere cosa ne sarebbe stato di lui e dei suoi figli…”.
 
Goku aveva detto a quella donna che Goten era suo figlio, glielo aveva ripetuto più volte, ma lei sembrava non aver recepito. O, forse, semplicemente non le importava. Per lei, che Goten fosse figlio suo o di Vegeta non faceva alcuna differenza. Per lui, invece, significava tutto.
 
“Sono caduti dal velivolo…“ – aveva ripreso a parlare, cambiando tono – “Non so come abbiano fatto a sopravvivere allo schianto. Ma quei cretini, bifolchi, ignoranti di mio fratello e dei suoi compari, li hanno additati subito come figli del demonio, o che so io… Ah, è incredibile come ci siamo ridotti in così poco tempo…”.
 
E di nuovo aveva bevuto. Di quel passo, si sarebbe certamente ubriacata, e Goku non era bravo a gestire le donne ubriache, men che meno ora che non poteva avvicinarsi per soccorrerla.
 
“All’inizio, pensavo fossero un problema, lui e i bambini… Qui, nei villaggi accanto, è scomparsa un sacco di gente. Molti dei loro parenti hanno detto che le persone più deboli hanno cominciato a sentirsi stanche e poi sono sparite nel nulla, dissolte come fumo nell’aria. Questa storia mi sembrava una boiata, ma poi l’ho visto con i miei occhi… La mia povera mamma è… Ma lasciamo perdere. Non è di questo che dobbiamo parlare. Sta di fatto che lui mi ha chiesto riparo per sé e per i figli, e io non mi sono sentita male in loro presenza, quindi non poteva di certo essere colpa loro – dico così perché tutti sanno che è colpa di qualcuno nello specifico se le persone stanno sparendo – e mi sono detta che avrei potuto lasciarli entrare. Ma poi ho capito che erano piombati giù dall’aereo, e ho preferito lasciar perdere. Se mio fratello lo avesse saputo, sarebbero stati guai. E io non avevo il permesso di farli entrare in casa. Sono solo una donna… Capisci il disagio? Ma lui mi ha quasi pregata… Stavano tutti male e… E come una stupida mi sono lasciata impietosire. E ho dovuto ubbidire ciecamente a quello che mi ha detto quell’idiota, cafone di mio fratello. Se non fossi intervenuta… Se non gli avessi dato una lezione con il fucile che avevo nascosto, sarebbero morti. Ho sacrificato ciò che rimaneva della mia famiglia per salvare tre perfetti sconosciuti”.
 
La sorsata che aveva dato alla bottiglia era stata così lunga da averla quasi prosciugata. Per questo motivo, le era servito un pochino di tempo per riprendere fiato e rimettere a posto le idee.
 
“Pensava che avessi dimenticato come si usava il fucile, ma non è così… Pensava di avermi sottomessa. Ma si sbagliava! Tutti sbagliano. Se stiamo zitte è perché non sappiano ancora come reagire. Ma noi non siamo deboli e sciocche come credono. Noi ricordiamo, anche se non ricordiamo tutto alla perfezione. E ci riprenderemo quello che è nostro, costi quel che costi.
Però, loro erano diversi. Ho parlato con i bambini per qualche secondo, quando li ho svegliati, e mi hanno fatto capire che il loro papà non era come mio fratello. Per questo, ho pensato che essendo un uomo ed essendo caduto dal cielo fosse la nostra speranza. Se è un uomo e si ricorda di fucili, dell’elettricità, dei veicoli a motore, allora possiamo credere che tutto tornerà come prima, no?”.
 
Il discorso confuso di quella donna agitata e mezza ubriaca aveva gettato Goku nella più profonda disperazione. Non riusciva a seguire il filo dei suoi pensieri, non riusciva a riordinare le cose, a metterle al loro posto.
 
“Scusami… Io sono un pochino lento… Ma perché gli uomini non ricordano la loro vita e le cose moderne? Perché è questo quello che intendi, no?”.
“Ah! Bellissima domanda! HICH!”.
 
Aveva detto, puntandogli addosso il collo della bottiglia.
 
“Io, però, me le ricordo…”.
“Me ne sono resa conto… Ma devi sapere che ci siamo svegliati, un giorno, dopo la luce, e le cose si sono ritrovate così. Bella fortuna, no?”.
 
“Sì, decisamente”.
 
Ma Goku aveva preferito tenersi quel pensiero per sé.
 
“Ti ho lasciato entrare perché so che te lo ricordi, proprio come me. Io ero una professoressa, sai? Ero una donna stimata… Avevo una posizione. E in meno di una notte, mi sono ritrovata a fare la contadina e a servire mio fratello e quel branco di idioti. Non ricordo proprio tutto alla perfezione… Ci sono cose che stanno svanendo piano piano. Ma so che le cose non sono sempre state in questo modo. So che quei velivoli a motore sono frutto dell’ingegno umano e non della crudeltà del demonio. Lo so. E lo sanno anche le donne rimaste al villaggio, quelle forti che non sono svanite. Ma io non posso parlare con loro… In una notte, tutto è cambiato. I deboli sono spariti e questo lo ricordano tutti, e le persone forti si sono trovate svuotate della loro energia. Solo che questo è l’unico argomento di conversazione. Per il resto, per gli uomini, sembra che le cose siano andate da sempre in questo assurdo modo. Come se fossimo di nuovo piombati nel Medioevo, o che so io… Questa non è casa nostra… Non lo sarà mai. Sembra quasi una dimensione parallela, sembra quasi di vivere un incubo. Sin a quando ho aperto gli occhi, quel giorno, io l’aveva capito… Avevo capito di trovarmi altrove”.
 
*
 
Trunks aveva aspettato che Goten si addormentasse prima di aprire il suo zaino e controllare che ogni cosa fosse al suo posto. E, per ogni cosa, Trunks si riferiva al quaderno nero, lo stesso che aveva infilato nello zaino di soppiatto e che non aveva mai perso di vista, neppure durante quelle rocambolesche notti trascorse all’addiaccio o nel capanno di quella famiglia di squilibrati.
Ancora non riusciva a capacitarsi di tutto quello che era successo. Sembrava che il tempo si fosse avvolto su se stesso, che fossero finiti in quell’epoca spaventosa e buia che aveva studiato anche a scuola, un tempo storico in cui la gente finiva sul rogo se creduta in possesso di poteri magici perché considerata adoratrice di Satana. Come si poteva essere tanto sciocchi e superstiziosi?
Trunks non aveva potuto fare a meno di pensare che, da un lato, poteva essere un bene non essere più in grado di volare o di generare sfere di energie, come poteva essere un bene non essere più in grado di trasformarsi in super saiyan. Se avessero visto suo padre diventare biondo e circondato da una luce dorata lo avrebbero accusato di essere un demonio o qualcosa di simile, e poi avrebbero provato a ucciderlo. Certo, sarebbe stato in grado di difendersi da qualsiasi tipo di attacco, ma sarebbero stati un bersaglio facile. E poi, suo padre avrebbe realmente accettato di battersi e di mostrare al mondo le sue reali potenzialità?
Erano queste le cose a cui pensava mentre faceva scorrere velocemente il dito sulle pagine del quaderno, mentre prendeva la penna e ne posava la punta su un foglio bianco, erano queste le cose a cui pensava mentre scriveva parole che non aveva ancora neppure pensato.
 
“Vorrei tanto sapere che sta succedendo”.

 
NON LO HAI ANCORA CAPITO?
 
Al comparire della scritta in rosso, il bambino era trasalito.
 
“Ma quando ho preso la penna e ho… ho scritto? Io non me lo ricordo!”.
 
Le sue manine tremavano. Stava succedendo tutto troppo in fretta e senza che lui ne avesse coscienza. Perché aveva preso quello stupido quaderno? Perché lo aveva aperto? E perché stava scrivendo lì sopra le sue perplessità?
 
I TUOI DESIDERI SONO STATI ESAUDITI.
 
“Esauditi un corno!”.
 
Si era preoccupato di non pronunciare quelle parole a voce eccessivamente alta, ma Goten si era agitato lo stesso, nel sonno, facendogli temere di essere scoperto. Non voleva che qualcuno sapesse del quaderno. O meglio, non lo voleva ancora. Non fino a che non avrebbe scoperto il suo reale funzionamento.
 
“Non era questo quello in cui avevo sperato. Lo sai”.
 
Lo aveva scritto marcando moltissimo le parole, premendo così tanto sulla carta da lesionarla. Era come se volesse infliggere dolore fisico a quel coso diabolico, anche se si rendeva perfettamente conto di quanto stupido fosse quel pensiero.
 
SEI SICURO, PRINCIPINO DEI SAIYAN?
PENSAVO CHE VOLESSI TUO PADRE E GOTEN TUTTI PER TE.
 
“CERTO CHE LO VOLEVO! MA NON IN QUESTO MODO!”.
 
Il senso di colpa aveva travolto il bambino dai capelli lilla. Che cosa voleva insinuare, quel maledettissimo quaderno? Che era stato lui la causa di quella sciagura? Non aveva affatto desiderato la morte di Ouji, la scomparsa di Gohan e il ritorno al Medioevo! Di che stava parlando?
 
IL RISULTATO È L’UNICA COSA CHE CONTA.
ORA SIETE VOI TRE. E SIETE INSIEME.
CREDIMI… SE SARAI BRAVO, POTRETE RIMANERE INSIEME PER SEMPRE.
 
Era certo che, se a pronunciare quelle parole fosse stata una persona, di seguito avrebbero sentito una risata perfida o qualcosa di molto simile.
 
“NON VOLEVO PERDERE MIA MADRE. NON VOLERO RINUNCIARE AI MIEI POTERI… CHE COSA VUOI VERAMENTE? E CHI DIAMINE SEI?”.
 
UN AMICO.
 
“BUGIARDO”.
 
STA SOLO A TE, CREDERLO.
 
“Che stai facendo?”.
 
Era stata la voce di Goten a farlo trasalire, quella volta. Il suo amichetto lo guardava con gli occhi ancora mezzi chiusi e aveva pronunciato quelle parole con la vocina ancora impastata dal sonno, ma la reazione di Trunks lo aveva scosso profondamente.
Il lilla si era raddrizzato di colpo e aveva nascosto il quaderno dietro la schiena, cercando però di apparire disinvolto mentre sfruttava a suo vantaggio il prolungato stordimento di Goten.
 
“Niente… Ti sei svegliato… Hai dormito bene?”.
“Sì… Grazie… Non hai sentito la sveglia suonare? Ora è il mio turno di fare la guardia… Vegeta non è tornato, vero?”.
 
Sembrava che Goten stesse cercando di riempire il vuoto tra di loro con milioni di parole, tutte quelle che non aveva pronunciato per quasi due giorni. Un po’ come se volesse togliersi dall’imbarazzo. Come se avesse colto qualcuno sul fatto con le mani nel barattolo della marmellata e fosse stato considerato da una terza persona colpevole a sua volta.
 
Trunks gli aveva rivolto una lunga occhiata, cercando di darsi un contegno e di non essere troppo sospettoso nei riguardi di Goten. Del resto, non stava facendo nulla di male, e il suo amico gli aveva rivolto solo un’innocente domanda.
 
“No… Papà non è ancora tornato…”.
“Mannaggia”.
 
Avrebbe dovuto accorgersene, ma non lo aveva fatto. Questo contribuiva solo a renderlo più sospetto agli occhi del suo amico.
 
“Spero che faccia presto… E spero che possa tornare… Sarebbe troppo… Troppo…”.
“Tornerà, Goten. Stai tranquillo. Sicuro che riesci a fare il turno?”.
“Sì, certo… Vai a riposare… E, Trunks… Grazie di tutto. Mi dispiace di aver… Lo sai”.
“Non devi dispiacerti. Va tutto bene… Non fare cattivi pensieri”.
“Va bene… Seguirò il tuo consiglio. Ti voglio bene, Trunks…”.
“Te ne voglio tanto anche io”.
 
Continua…

 
Eccomi qui!
Mi sono presa una settimana di pausa. Ne avevo assolutamente bisogno. Voi siete ancora in vacanza? Spero di sì!
Dunque, sappiamo giusto qualcosina in più… Ma tutto è utile per ricomporre il puzzle!
C’è da dire che sto un pochino forzando la mano con questa storia dei “secoli bui”. So perfettamente che, nonostante i suoi “bassi”, il Medioevo non è stato il periodo che tutti tendono a demonizzare. Ha avuto pregi e difetti, e io sto enfatizzando un po’ il tutto per esigenze di trama.
Le donne non sono ben viste, come avete letto. Ma loro ricordano. Sono la “memoria del mondo”. Peccato che non sappiano come agire.
A presto!
Un bacino
Cleo

 
   
 
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