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Autore: shana8998    26/08/2020    1 recensioni
Dimenticate il solito cliché del ragazzo bello e dannato che stravolge la vita della povera ed ingenua protagonista. Dimenticate la ragazza vergine che perde la testa per il cattivo ragazzo.
Se per una volta fosse la bella e dannata a stravolgere la vita perfetta del protagonista?
Fra Gabriel e Cécile è successo proprio così. Lui ricco, di ottima famiglia , studioso , diligente e fidanzato.
Lei una ribelle piena di tatuaggi e piercing , dalla vita sregolata e disastrata.
Gabriel avrebbe potuto dimenticarla dopo il primo incontro.
Ma forse , sapevano entrambi che sarebbe stato impossibile.
«Tu ed io, siamo colpa del destino»
Genere: Angst, Erotico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Universitario
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 Nessun carico di sensi di colpa può cambiare il passato e nessun carico di preoccupazioni può cambiare il futuro.
(Anonimo) 
                 

                                                                                Gabriel 21.
Mentre torno in camera capisco quanto sono stato stupido ad aspettarmi che Cècile fosse cambiata.
Avrei dovuto sapere che era impossibile. Dovevo immaginare che quelle parole pronunciate così di getto non erano altro che il frutto delle circostanze, della pressione che aveva addosso.
Amarmi: lei non lo fa. Non l'ha mai fatto.
Chi ama non mente.
«Gabriel»Sollevo lo sguardo di colpo e mi accorgo che Drake è appoggiato con la schiena contro il muro adiacente alla mia stanza.
«Che ci fai qui?» 
Non ho esattamente voglia di vedere altre persone in questo momento.
«Sono le due del mattino» fa scivolare oltre la manica del suo parka l'orologio da polso «Anzi, mi correggo, le tre passate. Mi ero quasi preoccupato per te» si risolleva dalla parete fissandomi dritto in viso. Per un momento ho come la sensazione che abbia capito a colpo d'occhio il mio umore plumbeo.
«Puoi stare tranquillo, nessun losco personaggio mi è stato alle calcagna fino ad ora» dico ironico. Tiro fuori la chiave, raggiungo la porta ad un passo da lui e la inserisco nella toppa.
Faccio un passo dentro la stanza ed accendo la luce. Drake mi si affila dietro entrando senza permesso.
«Allora? Vieni in confraternita con me?»
Abbasso la zip del Colmar e mi lancio sul materasso «No, devo studiare»
«Oh, ma dai! Ci divertiremo!» insiste accennando un sorrisetto.
«Davvero. Non ho voglia» nascondo il viso sotto gli avambracci con la speranza che mi lasci in pace. Non lo fa.
Ad un tratto, lo sento sbuffare e borbottare qualcosa e le molle del materasso, inaspettatamente, si abbassano.
Sposto un braccio sulla mia guancia spiandolo con la coda dell'occhio.
Onestamente, mi ha colto di sorpresa. Perché resta qui? 
Drake tira fuori dalla tasca del cappotto il pacchetto di sigarette e se ne accende una.
«Odio che  si fumi in camera» bofonchio attirandomi un'occhiata storta da lui, che mi ignora e lascia fluire lentamente una nuvola di fumo dalle labbra.
Sospiro rassegnato, non posso fare altro.
«Allora? Che ti prende damerino?»
Che mi prende? In effetti me lo sto chiedendo da un po'.
Ormai, da Settembre, non riesco più a capirmi.
Getto le braccia lungo i fianchi ma resto a fissare il vuoto del soffitto bianco.
«Io...Non la capisco» Sbotto «A te ha mai detto la verità? Intendo, su qualsiasi cosa» Mi sollevo a sedere di colpo. Il biondo sbatte le palpebre un paio di volte allibito e ha quasi voglia di ridere.
«Be', dipende.» Fa una boccata di fumo e fissa l'anello in metallo nero che ha sul dito medio, giocherellandoci «A Cécile-» sospira un sorriso che sa di amarezza e sarcasmo allo stesso tempo «resta più facile mentire di tanto in tanto. Non credo che sia mai stata brava a dire la verità. Nemmeno a se stessa.»
«Ha detto di amarmi» dico in un sussurro. Sto soffrendo, lo ammetto. «Ma a questo punto, sono quasi certo che sia una bugia anche quella».
Mi fissa per quello che sembra essere più di un solo istante, poi torna a distogliere lo sguardo «Se vuoi sapere la verità, perchè non le rubi il quaderno?»
«Di quale quaderno parli?» Un quaderno? Ricordo di aver visto diversi quaderni dentro la sua borsa ma nessuno che paresse degno di interesse.
«Si, lei scrive spesso su un quaderno. Appunta tutto ciò che le passa per la testa li sopra. Ma nessuno lo ha mai letto.»
«Immagino che vi avrebbe fatti fuori, conoscendola» commento in una risatina. 
Annuisce.
«Tu sai dov'è lei, ora?» Si infila la mano libera in tasca. 
«Forse è ancora a casa di suo padre» Mentre rispondo, il ricordo di Marcus e Victor li, in quella casa, riaffiora assieme a tutti i nervi.
Ma non voglio chiedere niente a Drake ne, tanto meno, ho voglia di litigarci accusandolo di essere un bugiardo quanto gli altri.
Non l'ho rivalutato o, almeno, non del tutto. Ora, però, è l'unico che riesco a tollerare e forse, anche l'unico che sta cercando di dirmi la verità.
Drake risolleva la mano. Stretto fra le dita un mazzo di chiavi.
L' osservo confuso.
«Approfittane ora. Jace non c'è, lei non dovrebbe essere rincasata. Se vuoi ti accompagno».
Perchè tutto un tratto si è fatto così gentile con me? Che sia l'ennesimo tranello? 
«Non posso intrufolarmi di nascosto in casa sua!» Protesto saltando in aria come una molla.
Drake mi lancia un'occhiata che sa di qualcosa come : "non dire stronzate, lo hai fatto mille volte".
«Drake, no! Non posso. Non è giusto!» ripeto.
Continua a guardarmi storto, con un cipiglio marcato.
«Cazzo» borbotto a denti stretti, strappandogli dalle mani le chiavi.
«Finalmente hai capito come si cerca la verità da queste parti!» Conclude soddisfatto tirando fuori dallo spiffero della finestra la cicca ormai arsa e sollevandosi in fretta dal materasso.
«Giuro che se mi scopre li dentro ti ammazzo!».
 Mi spinge verso la porta «Si, si, sicuramente...»
                                                                                      *******
Resto sul marciapiede a fissare le serrande abbassate dell'appartamento di Cécile domandandomi cosa cavolo stia per succedere e se sia la scelta giusta quella di spiare i suoi appunti.
Sicuramente non lo è.
«Damerino, ti muovi?» Drake ha già separato l'anta del portone in vetro.
«Vuoi smetterla di chiamarmi in quel modo?» sbraito.
«Checca isterica ti suonerebbe meglio?»
Ho voglia di prenderlo a calci sulle gengive ma lo ignora da persona matura, sorpassandolo.
Appena mi infilo nell'androne, il tepore che emanano gli appartamenti del complesso mi avvolge riscaldandomi a tal punto che la fusione con il battito del mio cuore accelerato mi sta provocando asfissianti vampate di calore.
Sono convinto che quando raggiungerò l'ultimo piano, di me resterà solo poltiglia in ebollizione.
«Cerchiamo di farla breve» Tremo all'idea di trovarla in casa, all'idea di essere scoperto a frugare nella sua vita di nascosto.
L'appartamento, fortunatamente, è ancora vuoto.
Avanziamo in silenzio diretti in camera sua.
Accendo solo la sua abat-jour che raggiungo con non poca difficoltà.
Essere qui dentro mi soffoca. Non riesco nemmeno a fissare il letto, che il ricordo di quella notte con lei torna a riaffiorare.
Bramavo da mesi che succedesse, che potessi averla e quando è capitato io mi sono gelato, a tal punto, che i sensi di colpa per essere andato con altre ragazze e quelli che non mi hanno permesso di amarla da subito hanno raffreddato anche il mio corpo.
Si dice che il sesso sia psicologico. Se così è, avrei la spiegazione per cui una volta arrivato all'apice i pensieri non mi hanno permesso di concludere il rapporto.
Ci sono rimasto così male. Per lei, per me. 
«Trovato!» Scuoto la testa e mi volto verso Drake ed il cassetto aperto della scrivania.
Ha un quadernino nero stretto fra le dita e lo sventola fiero oltre la testa.
Respiro profondamente.
Ho visto scrivere Cècile su quel quaderno giusto un paio di volte. Credevo che fosse un quaderno dell'università, nulla di rilevante, invece, quando Drake me lo passa, scopro che ci sono una miriade di frasi scritte con una calligrafia da ragazza marcata più e più volte.
Leggo di appunti scritti giorno per giorno, pensieri che riguardano lei, la sua vita, me.
Se una canzone ti fa piangere e tu non hai più voglia di piangere, puoi smettere di ascoltarla ma non puoi sfuggire da te stesso.
Non puoi decidere di smettere di vederti.
O di spegnere il rumore che hai in testa…

Di primo acchito, tutte le frasi che mi scorrono nelle pupille ricordano strofe di canzoni.
Poi però, scorrendo, ci si rende conto che ogni singola parola ha un senso.
Mi accomodo a bordo letto senza staccare gli occhi dall'inchiostro nero inciso sulle pagine.
Drake non si avvicina. Si accomoda sulla sedia girevole accanto alla scrivania e lo ringrazio mentalmente per aver scelto di lasciarmi solo. Solo con Cécile.
Leggo in silenzio tutte le pagine con la data, quelle dove sembra parlare ad un confidente stretto, quelle che non contengono stralci di pensieri ma la verità della sua vita.
Scopro delle giornate passate a mendicare per strada e di quelle dove ancora era una bimba felice. Di come le manca il sorriso di sua madre e di quanto odi suo padre.
Ho il groppo alla gola e gli occhi sempre più umidi mentre leggo di come si sente disperata ed allo stesso tempo svuotata, di come le droghe la privino di quell'incubo.
Altre volte, però, è inevitabile che io lo affronti. Posso stare sveglia due giorni, ma al terzo devo chiudere questi maledetti occhi, per forza.
Così, quando so che deve succedere, mi dico che ce la posso fare, che riuscirò a dormire anche se dovrò rivivere quel momento.
Stringo il cuscino, serro le palpebre e cerco di respirare profondamente.
Delle volte ho pensato di raccontarlo a Gabriel, ma la paura è così tanta, che allora preferisco dormire accanto a lui e lasciarmi calmare dalla sua presenza. 
Perchè solo lui è in grado di farlo.

Non mi rendo conto che le sto imbrattando le pagine di lacrime e forse è stupido anche che stia succedendo.
Forse è inutile credere di poter scappare dai propri mostri.
Perché non si è mai lasciata aiutare?
[...]Lui  appare di notte, mentre sto dormendo e Marcus non lo sente. Si infila sotto le coperte e divora ciò che c'è di bello in me.
Socchiudo gli occhi per scacciare alcune lacrime e come un lampo nel buio penso a Margherita. 
Soffoco al ricordo di lei e di quella stanza di ospedale, al gesto che si è  spinta a compiere e tremo al pensiero che Cècile potrebbe sentirsi spinta a fare lo stesso.
Ho sbagliato irrimediabilmente e non sono le droghe, il sesso e quello che faccio per vivere, gli unici sbagli. Anzi, certe volte, credo che senza di questo non potrei andare avanti. 
Come volto la pagina una foto mi scivola sulle ginocchia.
Non riconosco che gli occhi del viso ancora acerbo ritratto nello scatto.
Il colore non è quello delle iridi di Cécile ma so bene di che colore siano gli occhi di suo padre.
Una bambina dai ricci neri, corti e due grandi occhi verdi sorride davanti alla macchina fotografica.
Ho un sussulto in petto e i peggiori pensieri nella testa.
Volto la foto e leggo un nome.
Ariadna.
«Chi è questa bambina?» mostro la foto a Drake.
Mentre lo faccio mi convinco a tirare su con il naso. Rischio di diventare una maschera di moccio.
Drake si solleva dalla sedia raggiungendomi ed ignorando di proposito le mie lacrime. Capisco al volo che non vuole mettermi a disagio più di quanto non lo sia già.
Afferra la foto e storce la bocca «Non ne ho idea. Li non c'è scritto niente?» Fa un cenno con il capo verso il quaderno.
Sfoglio le pagine seguenti: altre frasi, altri pensieri quasi astratti ma nulla che riguardi la bambina nella foto.
«No, non dice nulla».
Mi sollevo dal materasso. Ho bisogno di sedermi accanto al tavolo e studiare ogni singola frase riportata nel quaderno.
«Che dici, andiamo via?»
Volto lo sguardo al biondo «Io resto ancora un po'»
Sono certo che Cécile abbia menzionato di uno stupro e temo che quella bambina nella foto ne sia il frutto.
Drake sospira impercettibilmente «Spero solo non torni proprio ora.»
«Se vuoi, puoi andare» Affermo uscendo dalla stanza.
«Preferisco restare. Insomma, sappiamo entrambi che quando esci di testa fai solo danni» mormora allacciandosi le braccia dietro la nuca.
                                                                                                  Cècile.
Dico a Marcus di lasciarmi a qualche isolato da casa.
Ho bisogno di aria, di due passi fatti in solitudine.
Marcus ha riaperto una ferita fastidiosa questa sera e, come se non bastasse, Gabriel e la sua sfuriata non hanno fatto altro che contribuire allo stato d'animo che ho adesso.
Vorrei veramente sparire.
Mantengo le scarpe per il cinturino, mentre, scalza avanzo sul marciapiede. La strada è deserta se non per qualche auto sporadica che mi sfreccia affianco. Non so se sia un bene o un male che sia sola in giro di notte per questa città ma, detto francamente, neanche mi interessa più di tanto.
Aver parlato di Ariadna mi ha svuotata e lasciata divorare dai sensi di colpa come mai prima d'ora.
Avrei bisogno di capire quale realmente sia il vero problema nella mia vita. L'avere una figlia? O le dipendenze dalle droghe? O più semplicemente l'essere stata stuprata?
Forse, la morte di mia sorella, fra tutte queste cose, mi sembra la questione più semplice da affrontare ed anche quella dove è più facile adagiarsi. E' un dolore sano, spontaneo, non ha niente a che vedere con il resto degli errori e delle atrocità che mi porto dietro.
Mi manca Katarina. Sono certa che con lei sarebbe stato tutto diverso, tutto più semplice.
Mentre svolto per la via adiacente al mio palazzo ripenso al suo sorriso, a tutte le volte che la nostra vita ha preso una piega di merda e che lei, con il suo carattere forte e risoluto, ci ha sempre tirate fuori.
Non credo di poter essere forte da sola, sai?
Senza rendermene conto sono davanti al mio palazzo e poi ancora, attimi dopo, sono per le scale. Stanca, distrutta e con un enorme foro nel petto.
Allungo la mano verso la maniglia che chiude il mio appartamento ma scopro che la porta è aperta.
L'abbasso rumorosamente. All'impatto con il movimento del mio polso, sento alcuni piedi muoversi frettolosi. Mi decido e la spalanco.
«G-Gabriel!»
Lo trovo con il mio quaderno in mano, colto in flagrante sul fatto. Con lui Drake.
Rivolgo un'occhiataccia torva al mio ex ma lui devia lo sguardo velocemente. 
Torno, perciò, a guardare Gabriel: prima lui, poi il mio quaderno e quindi di nuovo lui.
«Che diavolo ci fai con quello?!» Lancio le scarpe e mi scaglio come un proiettile per strapparglielo dalle mani.
«Chi è quella bambina?» domanda sollevandoselo sulla testa.
Mi metto sulle punte afferrandogli il Colmar con le unghie senza rispondere.
«Chi è quella bambina?!» Ripete questa volta strillando, mentre si oppone a me. 
«Drake, perché cazzo lo hai portato qui!?» Ingaggiamo una lotta selvaggia per il possesso del quaderno.
Gabriel non ha nessuna voglia di cedere e finisco per farmi male contro di lui involontariamente.
«Dimmi la verità!»
«Dammi quel dannato quaderno!»
Ci strilliamo fulminandoci con lo sguardo. Ci vorremmo morti entrambi in questo momento. Odio e rancore sono palpabili, tanto quanto l'amore che proviamo e che non riusciamo a confessarci.
«Nessuno ti ha dato il permesso di infilare il naso nella mia vita!» Gli do una spinta.
«Tu! Dannazione, tu mi hai gettato dentro questa merda!» Mi punta l'indice contro il petto e lo preme forte.
Grido. Per rabbia, per frustrazione, perchè lo amo e non doveva andare così.
«Tu non sai stare al tuo posto! Cosa pensi di fare? Cosa pensi di poter combinare dopo che ti ho detto la verità? Non ti permetterò di potermi ferire!»
«Non hai il coraggio di fidarti! Non ti sei mai fidata di me!»
Ci feriamo a colpi di frasi che, ora come ora, mi sembrano così superflue.
«E non mi fiderò mai!».
Le labbra di Gabriel tornano a chiudersi ed il suo sguardo diventa gelo invernale.
Raddrizza la schiena e senza distogliere lo sguardo da me parla a Drake.
«Lasciaci soli» Gli ordina.
Il biondo non si oppone.
«Chiamami se hai bisogno» dice prima di lasciare l'appartamento.
Il mio ex mi passa affianco senza rivolgermi lo sguardo. Il capo quasi chino, le braccia lente lungo i fianchi. Lo vedo che si sente in colpa, ma so che è convinto di aver fatto la mossa giusta.
Ciò che non capisco è il motivo.
                                                                                   *****
Sola con Gabriel, mi sento ancora più debole.
«Che motivo c'era di mandarlo via?» Provo a calmarmi. Mi stride la gola ed ho bisogno di bere.
Mi avvicino al lavello e faccio scorrere l'acqua, ma guardandola mi dico che non basta.
«Non c'era motivo di farlo restare. Questa è una cosa fra me e te.»
Apro il frigo e sfilo una birra, al diavolo l'acqua, chiudo il rubinetto e la stappo.
Mando giù un sorso e lo sento scorrere dentro me fino allo stomaco. Sospiro e appoggiata al lavello riprendo aria.
«Ok, vuoi sapere la verità?» Nel girarmi di scatto perdo l'equilibrio e sbatto con il fondo schiena contro i ripiani della cucina. Gabriel ha l'istinto di scattare verso me ma si arresta subito.
Sono costretta a tenere una mano artigliata al bordo del lavabo, ma non mi scompongo.
«Quella bambina è mia figlia» dico, sollevando l'indice della mano che stringe la lattina verso la foto che Gabriel ha fra le dita «Contento?».
Ci metto qualche sorsata per svuotare quasi del tutto la lattina. Mi dico che l'alcol sta riuscendo a smorzare la tensione, ma mento a me stessa.
Nel guardare il viso contrito che ha, ho l'impressione che il mondo gli sia appena crollato sulle spalle ma l'unica voglia che ho è quella di inveire senza rendermi conto che l'unico modo che ho per farlo è quello di raccontare la mia brutta verità alla persona che amo, cosciente di farla soffrire.
«Sono rimasta incinta a 17 anni, se questo è ciò che vuoi sapere. Ah, è di Marcus quella bambina.» Serro la mascella e in un impeto improvviso, dopo attimi di forzato silenzio, tiro la lattina contro il pavimento. Finisce per rotolare contro i suoi piedi.
«Cos'altro dovresti sapere? Sono stata stuprata dallo stesso uomo che ha portato Margherita a compiere quel gesto atroce e come se non bastasse, mio padre ha sposato la donna che costringe tutti noi a vendere droga. Non basta questo? No, giusto! Non ti è stato detto che Victor è mio fratello proprio perché, se tu non lo avessi capito bene, siamo figli della più grande narcotrafficante della zona! Dirti che ci siamo imparentati avrebbe compromesso le consegne. Non volevamo rischiare » Le lacrime sono tante e non le domino.
«Cosa, di ciò che mi stai costringendo a raccontare, potevo dirti sin da subito? Eh?!»
E' così liberatorio dire la verità.
«Sei l'unica persona che amo veramente e non volevo perderti spiegandoti quanto la mia vita faccia schifo. Quanto male ho visto fare e mi sono lasciata-» Con uno scatto felino mi raggiunge senza darmi il tempo di accorgermene.
Le sue braccia mi avvolgono strappandomi il fiato.
«Ho bisogno di essere aiutata, Gabriel» dico in un soffio. 
«Lo so.»


Non avevo mai detto la verità a qualcuno. Ero troppo abituata a mentire, a nascondermi dietro le bugie. Lo ero così tanto che, alla fine, ho creduto che quella fosse la strada migliore per non dover affrontare le mie paure.
Una di queste era proprio amare. Mi sono convinta, con il tempo, di non essere più in grado quando invece la verità era ben altra. Avevo paura di amare e di perdere chi amavo. 
Ma poi è arrivato quel testardo di Gabriel e mi ha costretta a scoperchiare il vaso di Pandora.
Ora non ho più paura di raccontarmi, perché so che a lui posso dire tutto e che resterà per sempre al mio fianco.
Ed io? Io sarò in grado di restare per sempre al suo fianco?



   
 
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