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Autore: Marie_    29/08/2020    3 recensioni
Long AU su Bellamy e Clarke (una delle mie OTP in assoluto).
La storia è ambientata in epoca moderna, ci saranno alcuni riferimenti alla serie tv e i personaggi principali.
Clarke Griffin, giovane pittrice, si ritrova a insegnare arte, senza troppa convinzione, in un liceo in città cercando di prendere in mano la propria vita.
Bellamy Blake si muove a fatica tra il suo lavoro e il suo ruolo di tutore legale di Charlotte, studentessa di Clarke.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellamy Blake, Charlotte, Clarke Griffin, Octavia Blake
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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It was in the darkest of my days
When you took my sorrow and you took my pain
And buried them away, you buried them away
Hiding my heart, Adele
 


“Clarke ma è una cosa stupenda!” le disse Raven abbracciandola. Era appena tornata a casa, era ingegnere meccanico e aveva trovato lavoro da qualche mese in un’azienda che progettava intelligenze artificiali; dato che era una delle ultime arrivate i suoi orari erano massacranti ma oggi, eccezionalmente, era riuscita a tornare per le sette, giusto in tempo di sentire Clarke raccontarle della giornata.

Le due ragazze non avevano una vita sociale molto attiva, erano spesso a casa e si facevano compagnia tra di loro e con altri amici storici. Condividevano una ferita che le aveva portate a chiudersi molto tra di loro e a cercare sostegno una nell’altra e, a parte alcuni sul lavoro, avevano poche occasioni di conoscere persone nuove.

“Non lo so, Rav. Temo che non sia molto professionale. Sai cenare a casa di un’alunna…” “Ma no, tranquilla, magari non ci sarà nemmeno Charlotte” “Forse hai ragione, ha detto che doveva vedere Octavia ma non so chi sia, magari è la fidanzata di Bellamy” “Clarke, ti conosco troppo bene. Dimmi cosa ti turba veramente”. La bionda alzò lo sguardo dal tagliere su cui stava preparando delle verdure per la cena di Raven, pensava che sarebbe tornata tardi e voleva lasciarle qualcosa di pronto. Incrociò gli occhi dell’amica per i quali lei era un libro aperto, appoggiò il coltello, aprì la bocca un paio di volte prima di riuscire a dire qualcosa: “mi ha chiesto di Pike”, mentre diceva queste poche parole, controllava la reazione dell’amica che, a sentire quel nome, si appoggiò al piano di lavoro incurvando le spalle. “Come lo conosce? Cosa ti ha chiesto?” “È un avvocato dei diritti per i minori e si sta occupando della causa contro di lui; questa mattina ha ricevuto la chiamata di un collega e l’ho sentito che diceva quel nome, lui mi ha visto sbiancare e mi ha chiesto perché lo conoscessi” “Cosa gli hai detto?” “Niente, non sono riuscita a sostenere il suo sguardo e sono scappata” sospirò tremante “Raven, è troppo difficile. Io speravo di avercela fatta ma non riesco ancora a stare davanti a questo dolore immenso” Raven non esitò e la strinse a sé forte “Penso che sarà un dolore che ci porteremo per tutta la vita, una cicatrice incancellabile. Bisogna solamente trovare qualcuno con cui condividere questo dolore e che ci aiuti a guardarlo come parte integrante di noi e non come un ostacolo che impedisce di crescere. Magari parlarne con questo Bellamy potrebbe rivelarsi utile soprattutto se riguarda anche altre persone e non solo noi, se davvero stanno facendo un processo per condannare Pike tu potresti essere fondamentale. Tu eri lì con Finn!”. Le parole dell’amica la scossero nel profondo: “hai ragione, magari questa sera troverò il coraggio di parlarne”. Finirono di chiacchierare e preparare la cena poi, quando venne il momento, Clarke uscì per prendere la bici e andare a casa Blake.
 
Suonò il campanello, “vado io” urlò Bellamy, dovrebbe essere Clarke. “Ciao Cla…” si fermò quando si rese conto che le persone davanti a lui non erano Clarke “Murphy, Emori, cosa fate qui?” “Sorpreso eh? Aspettavi qualcun altro?” “Ci ha invitati Octavia” intervenne dolcemente Emori “ha detto che preparava la sua specialità” Bellamy annuì facendoli entrare “ecco perché è chiusa in cucina da ore e non mi lascia entrare. Le ho detto che avremmo avuto un ospite ma non mi ha parlato di voi. Sono contento che ci siate così potrete conoscere” Si interruppe vedendo una chioma bionda comparire davanti alla porta. La ragazza si era fermata, esitante; non conosceva quelle due persone e già si sentiva fuori luogo. “Clarke, eccoti. Benarrivata!” esclamò Bellamy aprendosi in un grande sorriso; Clarke arrossì leggermente davanti a quella manifestazione di gioia e il rossore aumentò quando, del tutto inaspettatamente, si ritrovò tra le braccia del ragazzo che l’aveva stretta a sé sussurrandole, mi spiace che ci siano anche loro, ma vedrai che andrà bene come se avesse compreso il suo turbamento. Clarke si riscosse e Bellamy, con la mano che indugiava sulla schiena di lei, la spinse dolcemente in avanti per presentarla agli amici "Murphy, Emori lei è Clarke Griffin. L'insegnate di arte di Charlotte" Murphy, che l'aveva riconosciuta subito, non esitò a presentarsi "è un onore conoscerti, Bellamy mi ha parlato molto di te" disse guardando compiaciuto l'imbarazzo di Clarke "Venite dentro, non state sulla porta" li incitò Bellamy, "O, sono arrivati gli ospiti sei pronta?" poi aggiunse per Clarke "Octavia sta preparando del riso venere con gamberetti, mozzarella fusa e pomodorini freschi. È uno dei suoi piatti preferiti e lo fa in occasioni speciali. Vieni, te la faccio conoscere". Guidandola la fece entrare nella cucina dove una ragazza dalla lunga chioma corvina stava armeggiando sui piatti stracolmi, "O, sei pronta?" "Bell, non mettermi fretta. Sai che la cucina è un'arte e ha i suoi tempi" gli rispose sbuffando.  A quel punto si girò e rimase interdetta trovandosi davanti a una faccia sconosciuta. "O" disse Bellamy mettendole un braccio sulle spalle, e stringendola un po' "lascia che ti presenti Clarke Griffin" Octavia rimase immobile per qualche istante, interdetta "è l'effetto che faccio a tutti" disse Clarke rompendo il silenzio "tutti si aspettano una persona diversa, non avete mai visto una prof così giovane?" concluse sorridendo, “per me è strano vedere una coppia così giovane già tutrice di una ragazza”. Octavia a quelle parole scoppiò in una risata sincera e si allontanò leggermente da Bellamy "oh no no, non siamo una coppia, non in senso amoroso almeno. Siamo fratelli" Clarke avvampò per l'imbarazzo e Bellamy si passò una mano nei ricci scuri ridacchiando. "Comunque non sapevo che saresti stata tu l'ospite di questa sera, sono molto contenta e ti ringrazio già per l'aiuto con Charlotte" “Figurati, per me è un vero piacere. Lei non c’è questa sera?” “No” rispose Bellamy oscurandosi “è andata a trovare i genitori, tornerà più tardi” “è pronto!” urlò Octavia richiamando Murphy ed Emori.

Andarono tutti nella piccola sala accanto alla cucina e Clarke, prima di sedersi accanto a Bellamy, fece girare lo sguardo in tutta la stanza ammirando la ricca biblioteca, le numerose fotografie e i quadri appesi. Non poté fare a meno di notare un nutrito numero di volumi sulla mitologia greca e disse “ecco spiegato perché Charlotte conosce diversi miti, siete degli appassionati?” “Bellamy lo è. Direi che ne è ossessionato” scherzò Murphy “quando ero piccola mi leggeva sempre qualcosa o, quando non avevamo i libri, mi raccontava lui qualcosa. Dopo un po’ non sai che rottura” concluse ridendo Octavia.

Si sedettero a tavola e mentre iniziavano a mangiare Bellamy le chiese “tu conosci la mitologia greca?” “Sì, trovo affascinante tutta la letteratura antica. I Greci poi avevano una particolare sensibilità ed erano in grado di comprendere e descrivere degli aspetti umani in modo davvero approfondito e attuale. Le tragedie, per esempio, raccontano l’uomo ma non è l’uomo del V secolo a.C. ma siamo noi ora. Ed è veramente commovente poter vedere come affrontavano i propri drammi”. Bellamy, mentre lei parlava, la guardava stupito e con un brillio negli occhi che non sfuggì allo sguardo attento degli amici e della sorella. Andarono avanti a parlare di molti argomenti e ogni volta Clarke era sempre più a suo agio e stava abbassando le difese. Spesso stava in silenzio per osservare le quattro persone con cui cenava, incredula di poter già ritenerli amici e di sentire con loro una grande familiarità. Li guardava e registrava, già pronta a disegnare, gli sguardi d’amore che si lanciavano Murphy ed Emori, l’affetto per Octavia che traboccava in ogni gesto di Bellamy e la sensazione di poter dire casa.

Mentre chiacchieravano seduti comodamente sui divani, però, Murphy si rivolse a Clarke, noncurante dello sguardo fulminante che gli stava lanciando Bellamy “oggi abbiamo sfogliato la galleria con le riproduzioni delle tue opere, devo dire che sono davvero belle, complimenti!” Clarke guardò Bellamy confusa, come a cercare spiegazioni “eravamo solamente curiosi, non avevo mai conosciuto una pittrice” cercò di giustificarsi il moro. “Non abbiamo potuto fare a meno di notare” continuò imperterrito Murphy “che hai cambiato nettamente il tuo stile di pittura” “Sì” confermò Clarke “ci sono degli eventi che cambiano drasticamente te e il proprio modo di vedere il mondo. Prima o poi succede a tutti e a me è capitato presto purtroppo”, a Bellamy non sfuggì il tremolio nella voce e l’adombrarsi degli occhi azzurri e cercò di cambiare il discorso “Il ragazzo che ritraevi spesso era il tuo fidanzato?” “Sì, lo era”, sussurrò Clarke “Bellamy si chiedeva cosa deve aver fatto perché tu lo uccidessi pugnalandolo in uno dei dipinti. Ti ha mollato?”. Nella stanza era sceso il silenzio, tutti gli sguardi passavano da Bellamy a Clarke che aveva abbassato il volto con i capelli biondi che le ricadevano sul viso impedendo agli altri di vederne il viso. Alle parole di Murphy si era incurvata e ritirata in se stessa, sembrava che volesse scomparire. Bellamy stava per alzarsi per abbracciarla e consolarla come è piccola pensava chissà che sofferenza ha in sé. Sembra a prima vista una principessa ma è solo una maschera. Il suo slancio venne fermato dallo sguardo carico di disprezzo che Clarke gli rivolse una volta alzata la testa: “Ah è questo che pensi di me? Una povera ragazza che è stata mollata dal fidanzato? Mi hai invitato qui perché ti facevo pena? Bhe, hai sbagliato. Tu non sai niente di me Blake” gli sputò addosso queste parole e, senza rivolgere uno sguardo agli altri, prese le sue cose e corse via dalla casa.

Bellamy era interdetto, la vide correre via mentre, ne era sicuro, alcune lacrime iniziavano a sgorgare da quei bellissimi occhi azzurri. “Bell, cosa aspetti?” lo richiamò Octavia “Corri da lei!”. Il fratello non se lo fece ripetere due volte e si precipitò fuori. Non dovette fare molta strada prima di trovarla perché era accovacciata accanto alla sua bici con le mani che le tremavano così tanto da impedirle di aprire la catena della bici.

Bellamy si fermò a qualche passo da lei, esitante. “Clarke, mi dispiace” lei non lo guardava neppure in faccia, aveva le braccia strette intorno a sé, come se, abbracciandosi, cercasse di ritrovare da sola la forza o come se cercasse di sentire nuovamente le braccia di un altro intorno a sé. “Io l’ho ucciso” singhiozzava “è morto per colpa mia” continuava a dire queste uniche frasi e Bellamy fece quello che gli sembrava la cosa più naturale. Si sedette vicino a lei e l’avvolse tra le braccia, spingendola dolcemente contro il proprio petto. “Principessa, va tutto bene” continuava come un mantra Bellamy mentre le lasciava dei baci sulla testa, nella speranza di farla calmare; Clarke continuava a piangere e si avvinghiò alla maglietta del ragazzo per cercare un appiglio e un sostegno, per non precipitare nel fondo del dolore. Rimasero così fino a che la ragazza non si calmò “Scusami Clarke. Scusami, non volevo riaprire una ferita e neanche sottovalutare la tua storia” “Non importa Bellamy, grazie che sei stato qui. Adesso però voglio tornare a casa, sono esausta” Bellamy la guardò ma lei evitava il suo sguardo tenendolo fisso ai piedi. “Va bene ma lascia che ti accompagni” “Non è necessario, poi io sono in bici e tu dovrai tornare a piedi” “Non è un problema, mi piace camminare di notte e poi mi aiuta a pensare” “Allora ti ringrazio”.

Si avviarono verso casa di Clarke, senza proferire parola. Ogni tanto Bellamy la guardava curioso, ora, mentre camminava tirando la bicicletta, non sembrava più uno scricciolo in preda alla tempesta ma una fiera principessa che affrontava il mondo a testa alta. Che persona intrigante e che forza d’animo pensava Bellamy, spero davvero che dopo la serata di oggi voglia continuare a parlare con me e che non si chiuda.

Non parlarono per tutto il tragitto, ognuno perso nei propri pensieri e ricordi. Fino a che Clarke non si fermò davanti al portone del suo palazzo. Si dondolò sui piedi prima di dire qualcosa “Ti ringrazio Bellamy, per la serata e per avermi riaccompagnata a casa” Bellamy la guardava con dolcezza “mi spiace per quanto successo” “davvero non preoccuparti, uno dei prossimi giorni avrò il coraggio di raccontarti quello che è successo a Finn, perché dovresti saperlo anche tu. Ma non devi mettermi fretta” “Non ne ho”, disse “ti aspetterò per tutto il tempo che ti serve” Clarke sgranò gli occhi sorpresa come è possibile che una persona conosciuta da così poco tempo sia così paziente e attenta a me? “Buona notte Clarke” prima che potesse rispondergli lui si era sporto verso di lei abbracciandola forte per l’ultima volta e baciandole la guancia; Clarke era pietrificata, “Buona notte Bellamy” balbettò, lui le sorrise per l’ultima volta e si girò nel buio della notte, allontanandosi e lasciandola sola con una strana sensazione nel cuore.


 

Angolo autrice: ecco i primi momenti Bellarke! Siete contenti? Fatemi sapere come vi sembra questa storia, se vi piace e se vi va di continuare a leggerla. Ho messo dei riferimenti alla serie (come il tatuaggio a forma di cervo nel capitolo prima, il fatto che Finn muoia per una coltellata e Raven che lavora per creare intelligenze artificiali). Ringrazio come sempre chi commenta e chi legge la storia, condividetela pure con amici  e conoscenti. Alla prossima, un bacione! Marie

 

  
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