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Autore: vento di luce    30/08/2020    7 recensioni
Una raccolta di racconti eterogenei,che comprende non solo i personaggi principali,ma anche molti altri personaggi,trattando i loro sentimenti a partire da una parola,che sia astratta o concreta,che ha catturato la mia attenzione,facendo riferimento sia all'anime che al manga.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Vestito-Zio Kevin
One shot
 
 
*********
 
“Così Abel ha deciso d'imbarcarsi”, ricordò Kevin, un vecchio australiano dalle folte sopracciglia, dalla corporatura asciutta e dalla pelle rovinata dal duro lavoro nei campi, mentre si dirigeva dai Buttman, ripensando alla conversazione avuta con Mary poco prima che il figlio partisse.
 “Si, vuole fare il marinaio, così però se ne andrà per sempre, non so davvero cosa fare”, aveva risposto la donna, che si confidava spesso con lui dopo la morte del marito. L’anziano uomo voleva molto bene a quella famiglia e Abel, Arthur e Georgie lo chiamavano zio, consapevole però che non avrebbe mai potuto sostituire Eric.
“Posso immaginare cosa provi, credo però che abbia preso la decisione giusta”, aveva esclamato Kevin, "dovresti provare a comprenderlo, vuole allontanarsi da Georgie per cercare di capire cosa prova. Lasciagli fare quel che sente.”
 
 
In quell’occasione Mary sembrava avesse trovato un po’ di pace, sopportando l’assenza di Abel. Ma, quando l’anziano uomo era venuto a conoscenza che il ragazzo aveva deciso di ritornare, pensò che doveva andare a parlare di nuovo con la donna, specialmente dopo aver incontrato Georgie lungo la strada, preferendo rimandare alcune commissioni in un secondo momento.
“Immagino che tua madre sarà felicissima per il ritorno di Abel”, aveva detto Kevin rivolgendosi alla fanciulla.
“Non so che dire, forse è contenta o forse no”, aveva risposto la ragazza rimanendo poi in silenzio.
“In che senso?”
“Non lo so, ma è molto arrabbiata con me.”
Kevin aveva sbarrato gli occhi nell’udire quelle parole e, senza aggiungere altro, aveva salutato Georgie con un sorriso bonario, apparentemente privo di qualunque preoccupazione.
 
 
“Ho immaginato che fosse questo”, esclamò una volta seduto a quel tavolo familiare nella cucina dei Buttman, sorseggiando una tazza di tè.
“Sono molto felice che Abel ritorni”, disse Mary, “ma non riesco a non pensare al perché abbia deciso di lasciare l’imbarco a metà del viaggio, così all’improvviso.”
“ Credi che abbia deciso qualcosa riguardo a Georgie?”, chiese Kevin sapendo già la risposta, vedendo la donna annuire, “stavolta deve averci pensato molto bene stando solo, lontano da tutti.”
“ Che cosa devo fare, Abel ormai è grande e anche Georgie”, esclamò Mary portandosi una mano su una guancia.
L’anziano uomo sospirò guardando per alcuni istanti il volto corrucciato della donna, cercando di trovare ancora una volta le parole giuste.
“Devi lasciare che tutto segua il suo corso”, iniziò a dire con voce pacata, “ ognuno ha il proprio destino da seguire sin dalla nascita, è la volontà di Dio e, per quanto ci sforziamo, non possiamo cambiarlo. Se è destino che Georgie e Abel si sposeranno nessuno potrà fare niente, nemmeno tu perché qualunque cosa farai si sposeranno ugualmente.”
“La volontà del signore”, ripeté Mary.
“Si, era destino anche che Georgie venisse ad abitare in questa casa”, disse Kevin versandosi dell’altro tè, “tante altre cose l’attendono nel futuro, ogni cosa è scritta, incontri, imprevisti, separazioni, noi possiamo solamente stare a guardare e vedere cosa accadrà.”
“Va bene”, rispose la donna iniziando a sentirsi più rasserenata. Anche in quell’occasione l’anziano uomo, con la sua saggezza, aveva saputo confortarla in un momento difficile, carezzando la sua anima.
“Poi non sappiamo ancora il motivo per il quale Abel ha deciso di tornare, magari vuole solo assistere all’inaugurazione della ferrovia”, aggiunse infine Kevin.
“Non penso, comunque sono contenta di aver parlato con te e forse hai ragione tu, come al solito mi sento meglio”, esclamò Mary accennando un sorriso.
 
 
Così, proprio il giorno della cerimonia in cui tutti gli abitanti dei dintorni fremevano dalla curiosità, la signora Buttman era di nuovo in compagnia del suo confidente, ripensando a quanto le aveva detto, che dovevano stare solamente a guardare.
“La nuova generazione comincia qui”, disse l’anziano uomo vedendo Arthur rincorrere e salutare quella locomotiva che divorava gli estesi prati australiani, “questo treno prenderà il posto dei nostri vecchi carri a traino come i giovani prenderanno il posto dei più anziani, questa è la vita.”
“È vero, anch’io sento che sto invecchiando e non sono al passo con i miei figli, quando ci penso mi sento sola”, esclamò la donna riflettendo sulla sua condizione.
Condizione che, pur non avendolo mai dato a vedere, pesava ancor di più al vecchio Kevin che, portando le mani dietro la schiena e alzando lo sguardo al cielo esclamò:
“I figli devono prendere la loro strada e noi dobbiamo imparare a sopportare la solitudine.”
 
 
 Sino a quel momento i Buttman avevano sempre avuto bisogno della sua preziosa presenza ma, con il trascorrere del tempo, sentiva che anche lui iniziava ad aver bisogno della freschezza e delle forze vitali dei suoi adorati ragazzi, come quella volta che si ammalò.
 “Lo zio Kevin non sta bene, sta a letto col raffreddore”, disse Georgie tutto d’un fiato leggendo il biglietto che era legato al collare di Junior, il fedele cane dell’anziano uomo che alleviava in parte il senso di vuoto che lo attanagliava.
Nemmeno il tempo di sapere delle sue precarie condizioni di salute che Abel e la sorella erano già sul carro con il bollito che Mary aveva cucinato apposta.
Kevin nel frattempo, in attesa del loro arrivo, sempre più stanco per  gli anni che avanzavano, tossiva avvolto in una vecchia coperta, riscaldato dal tepore del camino, nella sua stanza da letto arredata solamente con una vecchia sedia a dondolo e un mobile di legno.
“Il brodo è pronto, l’ha cucinato la mamma per te, stai attento che scotta”, esclamò Georgie una volta arrivata, porgendogli il piatto bollente, mentre il fratello era andato subito a portare le pecore al pascolo.
L’anziano uomo raffreddò il cucchiaino assaporando quel liquido fumante, chiudendo gli occhi per un momento, commosso per le attenzioni dei due ragazzi e inebriato da quel profumo, il profumo del calore familiare.
 
 
Una commozione ancora più intensa quando Georgie si travestì da ragazzo per partecipare al torneo di boomerang in onore del nuovo governatore, infrangendo il regolamento.
“Davvero è per me? Grazie tanto Georgie, mi sarebbe piaciuto esserci”, disse lo zio Kevin con occhi lucidi ancora a letto, accarezzando con le mani ruvide la raccoglitrice per cereali che la fanciulla aveva vinto per lui.
Guardando poi tutti e tre i giovani riuniti nella sua stanza, provò una grande gioia e al tempo stesso una profonda malinconia nell’osservare quegli sguardi, quei sorrisi tirati e il silenzio di Abel.
 “Si può sapere cosa è successo?”, chiese a Georgie dopo che i due fratelli erano andati via in tutta fretta.
“Non lo so, adesso ti preparo il tè”, rispose l’altra evasiva, andando in cucina.
Ascoltando quella risposta Kevin capì che ancora una volta era successo qualcosa, preferendo tacere.
 
 
Il giorno seguente sentì che le forze stavano pian piano ritornando, si alzò così di buonumore, consumando il primo pasto della giornata con appetito. Dopo aver sbrigato alcune faccende lo sguardo cadde su quella porta di fronte a lui, che apriva raramente. Decise di varcarla, osservando  al centro della stanza il grande letto matrimoniale che un tempo condivideva con la moglie, ormai defunta. Chiuse gli occhi  ricordando i momenti felici trascorsi insieme, asciugandoli con le dita di una mano. Aprì poi il vecchio armadio di legno, prendendo una grande scatola che aveva conservato con cura, richiamando infine il suo cane, legandogli ancora una volta un biglietto al collare, indirizzato però solamente a Georgie.
La fanciulla, dopo aver letto quel messaggio, corse subito a casa dello zio Kevin, ripensando alle parole che le aveva detto Abel poco prima: “Ti prometto che quando diventerò ricco ti comprerò il vestito più bello. E ti dico anche che per me sei la ragazza più bella di tutte quelle che parteciperanno alla festa.”
“Vieni, volevo mostrarti qualcosa”, disse l’anziano uomo vedendo la ragazza all’entrata, conducendola nella sua stanza fino a farla accomodare sul letto, “questo è il vestito più bello che possedeva mia moglie, lo indossava da giovane.”
“è meraviglioso”, esclamò Georgie sorpresa, osservando quell’abito rosa ricamato.
“Sono felice che ti piaccia, ho saputo che non hai niente da mettere per la festa. Vorresti andarci non è vero?”, disse Kevin porgendoglielo, “tieni, è un ringraziamento per tutto quello che hai fatto per me.”
“Davvero è per me?”, esclamò la fanciulla con le iridi che brillavano per l’emozione.
“Ma certamente, prendi anche questo”, disse l’altro dandole anche una scatola più piccola.
“Ma è bellissimo”, esclamò Georgie ammirando quel cappello lilla decorato.
“Spero che ti divertirai stasera.”
“Purtroppo non posso andarci”, esclamò la giovane con sguardo malinconico, “la mamma non vuole.”
“Come mai?”, disse lo zio corrucciando le sopracciglia.
“Pensa che non saremmo graditi. Ma posso provarlo lo stesso? Vorrei che Abel e Arthur mi vedessero.”
“Ma certo, è tuo”, esclamò l’anziano uomo.
“Grazie, me ne prenderò molta cura”, disse l’altra allontanandosi per un istante.
Quando Kevin la vide tornare volteggiando con leggiadria rimase estasiato, osservandola poi dalla finestra andar via raggiante. In quel frangente si rese conto, tutto d’un tratto, che il tempo era passato e che Georgie era diventata bellissima. Quell’abito fasciava le sue forme divenute più femminili, più floride e il vecchio sospirò pensando alla difficile situazione nella quale si trovava Mary. Due figli nel pieno della loro giovinezza sempre al fianco della loro splendida sorella, consapevoli non fosse tale. Sospirando pensò che tutto quello che poteva fare era continuare a star il più vicino possibile a quella famiglia, come aveva sempre fatto.
 
Immerso in quei pensieri Kevin non poteva però minimamente immaginare cosa stesse accadendo nel frattempo proprio dai Buttman e quanto di ancor più grave sarebbe accaduto di lì a poco quella notte, facendo precipitare tutto.
  “ Non posso sopportarlo, non può portarmi via la mia Georgie, non lo permetterò mai! Non può, non deve innamorarsi di nessun altro”, esclamò Abel tornando a casa sconvolto, bevendo un bicchiere dopo l’altro seduto in cucina, dopo aver visto la ragazza baciarsi al fiume con Lowell.
“Cos’hai?”, disse Arthur mentre sistemava alcuni pezzi di legno vicino al camino.
“Basta, ho deciso, dirò a Georgie la verità”, continuò l’altro alzandosi, sbattendo le mani sul tavolo.
“Di cosa stai parlando? Non capisco.”
“Tu ti accontenti di essere solamente il suo caro fratellino, io no, Voglio essere molto di più per Georgie, continua a recitare questo ruolo, ma io non ce la faccio più”, esclamò Abel.
“Che stai dicendo? Hai bevuto troppo, sei ubriaco.”
“Perché non posso essere io a renderla felice? Dimmelo! Adesso le rivelerò che non sono suo fratello, così lei sarà libera di innamorarsi di me.”
“Ti prego non farlo, perché vuoi svelarle il segreto? Lei pensa di essere nostra sorella, non puoi fare questo, la faresti soffrire, lascia le cose come stanno”, disse Arthur, mentre Abel aprì la porta d’uscita senza rispondere. “No non passerai, non te lo permetterò, non voglia che tu le faccia del male, che la faccia soffrire. Perché vuoi rovinare tutto?”, continuò il giovane mettendosi davanti, piangendo.
“Io non voglio perderla, ma non posso più vivere così, non ce la faccio più.”
“Sei soltanto un egoista. Come puoi pensare di farle del male solo per far piacere a te stesso?.”
“Basta, togliti di mezzo”, disse Abel.
“No, dovrai prima passare sul mio corpo e batterti con me. Ricordati che se lo farai non sarai più mio fratello”, rispose Arthur scuotendo la testa.
“Smettila di fare il bravo ragazzo.”
“Te lo impedirò.”
“Adesso ti faccio vedere io”, rispose Abel iracondo, colpito con forza all’addome, sbattendo al tavolo,  iniziando poi a prendere l’altro a pugni .
La cosa che Mary temeva più di ogni altra al mondo alla fine era successa. I suoi adorati figli si stavano battendo per Georgie senza esclusione di colpi mentre Kevin, ignaro di tutto, beveva in quei drammatici istanti una tazza di tè come d’abitudine, assaporando dolci memorie.
  “Io sono l’unico che può farla felice. Adesso glielo dirò e tu non potrai fare niente, hai capito? ”, esclamò Abel continuando a colpire il fratello.
 “Ti sbagli, Georgie sarà felice anche senza di noi e potrà essere felice con noi solo se ci crederà suoi fratelli. Non devi dirle la verità, se lo farai distruggerai ogni cosa”, disse Arthur con il volto tumefatto e un rivolo di sangue all’angolo della bocca, dando poi un calcio all’altro facendolo sbattere di nuovo contro il tavolo.
“Me la pagherai cara”, esclamò  Abel passandosi una mano sulle labbra, colpendo il fratello con ancora più forza.
I due giovani massacrarono così i loro bei volti a turno, fino al rientro della madre che, sconvolta, rivelò loro il triste segreto della nascita di Georgie, figlia di un deportato.
 
 
“Sono tornata. Che ne pensi Arthur, ti piace? Me lo ha regalato lo zio Kevin”, disse la ragazza tornando poco dopo, mentre Mary tremava con la testa sul tavolo per aver fatto fuggire Abel.
 “Georgie, levati subito quell’abito, è indecente”, esclamò la donna alzando il capo di scatto al suono di quella voce acuta, che odiava con tutta se stessa, guardando quella scollatura con una rabbia che avrebbe quasi voluto strapparle quel vestito di dosso.
Un vestito che Kevin aveva invece donato alla ragazza con amore, non potendo immaginare che avrebbe alimentato ancora di più  l’ira e il risentimento di Mary, che ormai rischiava di esplodere da un momento all’altro.
 
 
Quello che l’anziano uomo aveva così costruito con calma e pazienza, dispensando buoni consigli, si era del tutto sgretolato. All’ora della cena consumò il suo frugale pasto, con impresso nella mente il sorriso di riconoscenza di Georgie, mettendosi poi a letto. Si rigirò più volte fra le lenzuola provando una strana inquietudine quando iniziò a piovere, fino poi ad addormentarsi. Non poteva sapere quanto di terribile sarebbe accaduto in quelle ore, cambiando il destino della famiglia Buttman per sempre. Al rumore di un tuono si svegliò di soprassalto, raccogliendo da terra il cappello che indossava per dormire, avvertendo un forte peso al cuore. Proprio in quel momento il corpo di Georgie stava fluttuando nelle acque gelide del fiume, dopo che la madre le aveva rivelato ogni cosa riguardo le sue origini, tirandole la testa per i capelli sotto la pioggia battente. Kevin guardò per alcuni istanti quel cielo di lampi e fulmini per poi riaddormentarsi a fatica quando, alle prime luci dell’alba, sentì bussare alla porta.
“Zio Kevin”, gridò Arthur più volte colpendo la porta con forza, “apri ti prego.”
“Chi diamine è?”, disse il vecchio stropicciando gli occhi, indossando una vestaglia mentre Junior abbaiava con foga.
“Arthur! Cosa le è successo?”, esclamò vedendo Georgie fra le braccia del ragazzo, fradicia e incosciente.
“È caduta nel fiume, stava per annegare”, rispose il giovane.
“Sbrigati, entra”, disse l’anziano uomo mettendo la ragazza a letto, togliendole la camicia da notte zuppa. “Georgie, rispondimi Georgie. Arthur accendi il fuoco svelto! Ancora non l’hai acceso?”
“La legna è bagnata”, rispose l’altro con voce spezzata, continuando a provare.
“Sbrigati fai qualcosa”, esclamò Kevin toccando il polso della fanciulla, “accidenti, sta diventando sempre più fredda, la temperatura è troppo bassa, bisogna trovare il modo di scaldarla o morirà.”
“Georgie, se potessi ti donerei la mia vita. Non morire ti prego, voglio vederti sorridere ancora almeno una volta ”, sussurrò Arthur con lo sguardo perso nel vuoto per un momento nell’udire quelle parole, levandosi poi d’impeto i vestiti sdraiandosi sopra quel corpo minuto, cercando di reprimere il suo senso del pudore, “adesso ti scalderò e ti salverò con la forza del mio amore.”
Gli occhi dell’anziano uomo, nel vedere quella scena, divennero umidi fino ad inondarsi di lacrime.
Strofinandosi il naso andò poi vicino al camino, sistemando quella camicia da notte che continuava a gocciare, appesa a un filo. Un filo al quale era appesa anche Georgie, sospesa fra la vita e la morte.
 Toccando quella stoffa bagnata ricordò la sensazione di quella setosa del vestito donato alla fanciulla, che aveva danzato gioiosa in quella stanza solamente poco prima.
Pianse il vecchio Kevin continuando a stringere quel tessuto fra le dita ruvide di una mano, pregando per la salvezza della piccola Georgie. Non poteva morire.
 
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