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Autore: Melmon    17/08/2009    8 recensioni
Le statistiche affermano che le prime 36 ore di un rapimento sono cruciali scaduto questo breve intervello le probabilità di trovare la vittima viva calano drasticamente.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Spencer Reid
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Le statistiche affermano che le prime 36 ore di un rapimento sono cruciali, scaduto questo breve intervello le probabilità di trovare la vittima viva calano drasticamente.
Questo è la maniera che il mio subconscio ha trovato per avvisarmi che ho solo 36 ore di vita, 36 ore per combattere, 36 ore per cercare una via di fuga, 36 ore e poi mi daranno per morta, 36 ore e cercheranno il mio cadavere.
Fino a poco tempo fa non sapevo molto sui sequestri ma da quando frequento lui so tante nuove cose come la consapevolezza che ora mi stanno già cercando.
Lui e la sua squadra stanno dando del loro meglio per cercarmi ed io devo fare del mio meglio per concentrarmi e non farmi prendere dal panico, non sarebbe d’aiuto né a me né in caso arrivassero i soccorsi, spero che Reid riesca a trovare quelle poche tracce di me che sono riuscita a lasciare.
Spencer Reid un genio, un profiler che lavora  all'unità di analisi comportamentale, uno che collabora per sbattere i cattivi dietro le sbarre ma per me un ragazzo fragile, dolce a volte buffo e impacciato nelle cose di tutti i giorni, lo trovo adorabile.
Penso a lui che parla di statistiche, che parla sicuro di se di teorie o persone a me ignote, penso a lui per non perdermi in questo buio il pensiero che mi sta cercando non mi fa arrendere.
Il mio genio mi sta cercando non so da quando ma spero con tutta me stessa che non siano passate le fatidiche 36 ore, che non mi creda morta.
Lo sgabuzzino in cui sono rinchiusa è illuminato dai pochi raggi che filtrano da una finestra lurida sulla porta, c’è puzza di umidità, c’è sporcizia, ho le mani incatenate al muro, i jeans sono strappati e sporchi del mio sangue, ho dei profondi tagli su bracci e gambe, ho freddo e mi inizia a girare la testa, la concentrazione che ero riuscita a tenere fino ad ora sta diminuendo, il terrore inizia a far strada in me.
Rumori strani provengono da dietro la porta e l’apparizione di ombre scure mi terrorizza ma per il momento non urlo mi limito a versare lacrime più silenziosamente possibile, non voglio che si accorga di me, che si ricordi di me rinchiusa qui dentro se posso voglio diventare invisibile, ma lui arriva lo stesso.
Grida cose senza senso, mi da colpe che io non ho, parla di avvenimenti a me ignari e alla fine dice che tornerà presto e la pagherò.
La porta si riapre e con lei i miei incubi, le mie paure, la mia angoscia e mi ritrovo ad urlare mentre le lacrime mi appannano la vista.
Sto ancora urlando quando la luce si accende, sto urlando quando degli uomini armati mi dicono che è tutto finito, che sono al sicuro ma non è facile credergli, a fatica capisco che sono poliziotti e che mi hanno salvata.
I poliziotti mi conducono fuori dalla mia prigione e subito dei medici iniziano a prendersi cura di me ma io non riesco a non pensare a lui che mi minaccia, al freddo e all’umidità della stanza che sento ancora addosso, alla paura che ancora provo ed ho voglia di un volto amico che non trovo tra i molti uomini in divisa, ho bisogno di rivedere il suo volto che mi ha dato sostegno in quelle lunghe e interminabili ore.

Riapro gli occhi e mi ritrovo in una delle tante stanze sterili e impersonali dell’ospedale dove ho passato la notte sedata per non rivivere nei sogni l’incubo appena passato, ci sono delle persone qui e lentamente riesco a metterle a fuoco, tra esse finalmente c’è Spencer Reid, impacciato e imbarazzato come avrei immaginato.
– Lo avete preso?
– E’ questione di tempo, siamo sulle sue tracce ci sono due poliziotti qui fuori per proteggerti.
– Va bene, grazie.
– E’ il nostro lavoro. Appena possibile dovrebbe parlare con uno dei nostri specialisti.
– Come vuole.
– La lasciamo riposare.
– Grazie.
– Mi dispiace è colpa mia.
– Non è colpa tua.
– Ti ha scelto come vittima nel bar dove siamo stati ieri sera, credeva che tu fossi un membro del FBI è colpa mia
– Spencer che esce con una ragazza?
– Si ma prima che mi rapissero ora vuole scaricarmi ma non rinuncio cosi facilmente, tu sei un suo collega?
– Si, mi chiamo Derek Morgan.
– Puoi convincerlo con metodi scientifici che non è colpa sua a me non da retta.
– Ci posso provare ma conoscendolo non posso prometterti nulla.
- Grazie.
– Vi lascio soli.
– A dopo Morgan.
– Ciao e grazie.
– Reid non hai costretto tu quel S.I. a rapirmi quindi non è colpa tua.
– Da quando usi vocaboli come S.I.?
– Da quando frequento te ovvio…
- Vedi cosa ti è capitato, ti capisco se non puoi più vedermi…
- Scherzi? Hai fatto quello che mi aspettavo che tu facessi mi dici quanti altri uomini lo farebbero?
– E’ cosa avrei fatto oltre a metterti nei guai?
– Mi hai trovato o hai aiutato a farlo per me non fa molta differenza.
– Ti chiamo un dottore forse ti hanno dato troppo sedativo…
– Non credo visto che la pensavo cosi anche prima ... ma forse un controllo da un bravo psicologo ci sta: in certe occasioni una spera che arrivi superman a salvarla no un profiler intelligente, carino e imbranato. Alla fine direi che ho avuto ragione: superman non è arrivato.
– Le statistiche erano dalla mia parte…
– Spencer quando esco di qui e inizio a riprendermi usciresti di nuovo con me? Mi farebbe piacere riprendere da dove siamo stati interrotti.
– Sì.
– Bene perché a superman preferisco te.
– Ti chiamo quello psicologo!
– Scemo
  
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