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Autore: lipstick_    01/09/2020    0 recensioni
Renée è una dottoressa. Lo ha sempre saputo che avrebbe fatto quel lavoro. Fin da piccola, quando lei le bambole le usava come pazienti e non le faceva giocare come le sue amichette.
Renée sa di essere brava, non permette a nessuno di mettere in dubbio il suo operato.
Ed è per questo che quando incontra Andrea, un ragazzo estremamente bello come estremamente arrogante, non si perde d'animo e risponde per le rime. Non le piace vantarsi, a lei non interessa che gli altri sappiano quanto lei sia brava, ma questo bellissimo ragazzo arriva in un momento caotico e Renée non sa proprio come ma parla senza pensare. Decisamente insolito per la controllata Renée.
__ SAAALVE__ questa è la prima storia che pubblico, non sono una scrittrice e nemmeno una dottoressa, quindi chiedo perdono se alcune cose saranno approssimative.
ci tengo a precisare che personaggi, luoghi e vicende sono del tutto inventati dalla mia testolina.
spero di potervi tenere compagnia e perchè no? spero anche che possa piacervi la mia fantasia.
lipstick_
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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CAPITOLO QUATTORDICESIMO

Apro gli occhi controvoglia. La testa mi scoppia e onestamente oggi non ho proprio voglia di andare a lavoro, ma la prospettiva di rimanere a casa con Andrea è ancora peggio.
Mi preparo nel modo più silenzioso possibile, e solo una volta entrata in macchina tiro un sospiro di sollievo.
Stai scappando codarda.
Quando passo di fronte al bancone dell’accettazione Clizia mi legge nella mente.
«Tutto apposto Renée?» sospiro: «C’è sempre qualcuno con la croce più pesante della nostra, no?»
non aspetto una risposta ed entro nel mio ufficio.


Dopo circa due ore sono già ripartita al meglio, quando la porta si apre di scatto «Dove sta?» alzo gli occhi e sbuffo, davvero credevo di poter avere una giornata tranquilla?
«Scusa doc. questo bestione non mi ha voluto ascoltare» guardo la caposala trucidare con lo sguardo più inquietante la figura del “bestione”.
«Tranquilla Clizia, vai pure» quando esce sposto lo sguardo sul soggetto dell’ira di quella meravigliosa donna.
«Dove sta chi?» Stefano apre e chiude le mani.
«Quel coglione del fotografo!» oddio che ansia!
«Perchè Ludovica non sa tenere la bocca chiusa?!» sbotto. Ogni persona che fa parte della mia vita ha questo terribile vizio di mettersi in mezzo.
«Stai scherzando Renée? Ha fatto bene a dirmelo. Quella testa di cazzo si è approfittato di te. È venuto a letto con te dopo essere stato con un’altra!» cerco di calmare il respiro. Prima ho sbagliato, è il mio lo sguardo più inquietante.
«Stefano, prima di tutto: non sie è approfittato di me. Secondo non è andato con un’altra tipa, non nel modo che intendi tu almeno, e fidati ho motivi per esserne sicura. E terzo, ma davvero non per importanza, finiscila. Tu, mia madre, perfino Ludovica. Basta. Non fate altro che mettere bocca sulla mia vita. Ho una testa, so pensare cazzo, e di conseguenza anche agire. Fatevi i cazzi vostri!» dai doc, eri partita così bene, calma e pacata.
Stefano non si placa, sia mai «Sono il tuo migliore amico. Voglio proteggerti, esattamente come faccio con mia sorella e anche con mio fratello.» perché non capisce che è tutto così tremendamente esagerato e melodrammatico?
«Ma io non ne ho bisogno.» cerco di scandire bene le parole «Ho un fratello anche io. E se mai avrò bisogno della vostra “protezione” saprò di poter contare su di voi. Ma ripeto: non è questo il caso.»
Echeccazzo! Sembrano tutti più arrabbiati di me. Alla fine dovrei essere io arrabbiata no?
Già perché sei così tranquilla?
Apprezzo l’interesse e la preoccupazione, davvero. Ma così è troppo.
«Io lo ammazzo.» alzo gli occhi al cielo, decisamente troppo.
«Stefano smettila, non so cosa ti abbia raccontato Ludo, ma ero decisamente consenziente alla cosa. Adesso perdonami ma ho del lavoro da fare. La porta è dietro di te.» brusca, forse anche un po’ cattiva ma ne ho fin sopra i capelli di questa storia.
«Non finisce qui» sibila. Sbuffo quando sbatte la porta: «Fai un po’ come ti pare.».


Come se ne avessi voglia preparo la cena, rigorosamente solo per me – come sei infantile – ma sento lo sguardo di Andrea puntato addosso. Ho intenzione di fare qualcosa al riguardo? Assolutamente no.
Appena rientrata da lavoro l’ho trovato in soggiorno ad aspettarmi, un “ciao” e poi niente.
Chi lo capisce è bravo.
Il campanello salva la mia schiena dallo sguardo assillante di Andrea.
«Vado io » oh menomale, fa qualcosa.
«Ludovica?» mi giro di scatto nel sentire nominare la mia amica.
«Emh ciao, io dovrei parlare urgentemente con Renée» urgentemente?
Vado davanti la porta «Se non è per chiedermi scusa per aver spifferato tutto a Ste, puoi andare» Andrea mi guarda in panico. Si hai capito, sanno tutto, potevi pensarci prima.
Ludo mi guarda colpevole, ha lo sguardo lucido di colpe, e sta uccidendo le pellicine attorno alle unghie delle mani. È nervosa. Perché è così nervosa? Insomma in realtà già me l’aspettavo che lo dicesse alla sua dolce metà.
«Ecco in realtà sono qui per questo ma non solo.»
«In che senso?» parla e basta!
«Ho paura che Stefano lo voglia uccidere, sta arrivando qui con una scusa stupidissima» alzo gli occhi al cielo. Ma perché non può passare una giornata senza drammi da soap opera?
«E noi non lo faremo entrare. Ludovica metti apposto il tuo uomo. Sono stanca delle vostre stronzate e soprattutto delle sue. Dovreste mettervi in testa che so badare a me stessa.»
Ludo spalanca gli occhi, e non è per le parole che ho detto. Nono. È perché ha sentito anche lei il rumore della macchina di Stefano. Inconfondibile.
Andrea si agita, e per la prima volta dal “ciao” di un’ora fa mi parla. Tzè, come se fossi io in torto.
«Dovrei scappare?» è serio?
«Vedi tu» torno in cucina, perché onestamente? Chi se ne frega.
Andrea mi segue «Sul serio. Renée? Mi ascolti? Il tuo amico mi vuole ammazzare» oh mio Dio che drammatico.
«Andrea» mi porto le mani alle tempie, esasperata «ho un amico stupido e troppo esagerato, lo sapevi, hai già preso un pugno da lui. Che ti devo dire? Vuoi che provi a fermarlo? Ci ho già provato. È un cretino che agisce prima di pensare. E sbaglia. Sempre.» voglio un mondo di bene a Stefano, e so che è così anche per lui. Ma so anche che prima o poi finirà per beccarsi una denuncia se non peggio. È troppo impulsivo, davvero troppo.
Come non detto, il re impulsivo entra a passo di guerra in cucina, Andrea fa in tempo a girarsi prima di vedere il braccio caricato da Ste. Il pugno che il mio amico gli sgancia addosso fa male anche a me. Ma sul serio? Ma che cazzo di problemi hanno tutti?
«Stefano!» Andrea si tiene lo zigomo con la mano, almeno non ha beccato il naso.
«Stefano. Fuori da casa mia. Ora.» alza lo sguardo colpevole verso di me. Lo conosco abbastanza bene da sapere che solo adesso sta metabolizzando quello che ha fatto.
Beh che vada da uno psicologo per controllare la rabbia.
«Io non...»
«Tu non un cazzo!» non lo lascio finire. Adesso basta. «Sono davvero a tanto così dal chiamare la polizia. Stefano ti voglio bene, ma sei preoccupante. Vai a farti curare! Non puoi prendere a pugni tutte le persone che ti fanno incazzare. Cosa succede se litighi con Ludo? Picchi anche lei? Esci. Non mi è mai piaciuta la violenza e lo sai. Non posso avere vicino a me una persona come te. Non è sano.»
Sono stata cattivissima, lo so che è una bravissima persona, so che non metterebbe mai le mani addosso ad una ragazza, ma sta esagerando.
Ludovica – dove cavolo era prima? – lo prende per il polso portandolo fuori di peso, ancora scioccato dalle cattiverie che gli ho urlato addosso.
Sposto lo sguardo sull’altro cretino, gli uscirà un livido enorme sullo zigomo.
«Vatti a sedere» vado verso il freezer, prendo del ghiaccio e appena arrivo vicino alla poltrona dove si è seduto, gli spiattello la busta sul viso, senza troppa delicatezza, sedendomi sul bracciolo.
«Ahia» il bambinone sibila. Esagerato.
«È già il secondo pugno che mi becco dal tuo amico.»
«Almeno uno te lo meritavi, come va?» sposta il ghiaccio e gira il viso per guardarmi meglio.
«Ho paura di essere malato» Per un pugno?
«Mmh, e lo sai perché sei diventato dottore improvvisamente, cercando i sintomi su google?» mi sfugge una risata al mio sarcasmo.
Andrea scuote la testa «ma so che puoi curarmi tu»
«Beh sono un medico, teoricamente si potrei provarci» continuo ad usare il sarcasmo come arma «cosa pensi di avere?»
Mi punta addosso quelle pozze verdi che, seriamente, sono normali in natura?
«Mi sono innamorato di te» ci provo davvero, giuro. Ma dentro di me parte il coro di “buuu, troppo banale” e mi sfugge una risata.
«Interessante e questo quando l’avresti capito? Quando Stefano ti ha tirato un pugno? O quando non mi hai parlato per tutto il giorno? O no. Aspetta. Forse quando sei andato da quella ragazza prima di venire a letto con me? Sul serio Andrea. Non sono brava con i miei sentimenti ma le persone le osservo bene. E se pensi che un banale “mi sono innamorato” possa farmi cadere ai tuoi piedi, ti sbagli. Tieni il ghiaccio sullo zigomo per un po’, domani avrai un livido. Io non ho fame, puoi mangiare benissimo quello che avevo preparato per me. Buona notte.»
Non sono nemmeno le 20.00, ma poco importa. Oggi chiunque io abbia incontrato ha messo a dura prova la mia pazienza facendo uscire la stronza che è in me.
Ho bisogno di dormire.
  
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