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Autore: MonicaX1974    02/09/2020    0 recensioni
Raccolta di storie brevi che parlano d'amore ispirate ad una canzone.
Potete trovare la raccolta completa su Wattpad, intitolata Decibel
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Sono in ritardo.

Ma è la storia della mia vita.

Ho fatto tardi in così tante occasioni che mi è difficile ricordarle tutte: all'esame di maturità, agli appuntamenti, agli eventi importanti, al compleanno di mamma, persino al funerale di papà, ma credo sia un segno distintivo del mio codice genetico, dato che sono nato in ritardo di quasi due settimane.

E oggi non fa differenza: devo dare l'ultimo esame prima di discutere la tesi e temo di non riuscire ad arrivare in tempo.

Quando ho aperto gli occhi al suono della sveglia ho avuto subito l'impressione che ci fosse qualcosa che non andava. C'era troppa luce che entrava dalla finestra e mi sono alzato di scatto dal letto per controllare l'orario, che non era quello che avevo impostato la sera precedente.

Ero convinto di aver puntato la sveglia alle sei, ma per qualche motivo di cui non sono a conoscenza il trillo fastidioso mi ha svegliato mezz'ora dopo.

Che sia stata la nebbia causata dalla terza birra che Tommaso mi ha convinto a bere ieri sera?

Forse. O forse è lo stato confusionale nel quale sguazzo come un girino che si è perso, da quando lei mi ha lasciato.

È questo il motivo per cui il mio migliore amico si ostina a farmi uscire nonostante le mie calde proteste. Gliel'avevo detto che oggi avevo l'ultimo esame e lui mi aveva promesso che non avremmo fatto tardi, ma "tardi" è ciò che mi caratterizza, il fardello che mi porto addosso da prima che nascessi.

E le coincidenze che mi hanno portato a correre su per le scale che portano all'ingresso dell'ateneo, sembrano essere una convergenza di eventi che puntano a una determinata circostanza. O almeno così direbbe Tommaso.

In sequenza cronologica c'è stata la sveglia puntata mezz'ora dopo l'orario previsto, le batterie del rasoio elettrico scariche – per cui ho dovuto cercare una lametta usa e getta – la mia camicia fortunata ancora da stirare e la metropolitana che è rimasta ferma per una decina di minuti.

Spero solo di non inciampare su questi gradini, ho davvero pochissimo tempo per arrivare in aula in orario. Stamattina c'è un gran viavai, ho già preso una spallata da un ragazzo che forse aveva fretta come me.

Tengo stretti tra le mani il libro e il cellulare, che vibra per l'arrivo di un messaggio. Abbasso d'istinto lo sguardo sul display e leggo il nome di mia madre: un gesto che mi porta via troppo tempo per accorgermi di dove sto andando e la distrazione mi fa bloccare all'improvviso, quando vado a sbattere contro qualcuno.

Il contraccolpo non è così forte da farmi cadere, ma il libro e il telefono mi sfuggono dalle mani.

«Oddio, scusa, mi dispiace».

Sollevo lo sguardo ed è come se venissi attraversato da una scarica elettrica da migliaia di volt. Un paio di occhi azzurri come il cielo, incorniciati da un caschetto nero e un nasino a punta.

«Scusami, ero distratta» continua, e raccoglie le mie cose cadute, mentre io resto a fissarla con la bocca socchiusa e gli occhi sbarrati. «Spero di non aver fatto nessun danno» prosegue, porgendomi il telefono e il libro.

Afferro con calma gli oggetti, mentre penso che ha fatto un danno enorme, perché mi ha appena sorriso, un sorriso che ha avuto la capacità di rompere la diga che avevo eretto intorno al mio cuore. Sento riversarsi nel mio petto tutti i sentimenti che ho tenuto repressi negli ultimi due mesi, li sento mescolarsi, li sento impregnarsi ognuno dell'essenza dell'altro. Sono confuso. È come se mi avesse lanciato una palla da bowling nel petto ed è così bella che non sembra nemmeno reale.

Ha un sorriso così bello e contagioso che mette voglia di sorridere anche me, come se il mio sorriso potesse fare rima con il suo. Un sorriso che mi è piombato addosso come una pioggia di stelle cadenti. Sento quel sorriso riscaldarmi il volto, sento il calore espandersi dalle guance al collo.

«Stai bene?» mi domanda, osservandomi con aria stranita.

«Sì. No. Cioè sì. Insomma sono in ritardo e tu hai devastato ogni cosa, ma sì. Sì, sto bene».

Lei sorride di nuovo come se avessi detto qualcosa di divertente e allunga una mano verso il mio telefono.

«Hai ragione, guarda qui» afferma, mostrandomi un angolo del vetro del cellulare andato in frantumi. «Ti lascio il mio numero, per ripagarti i danni».

«Non so se voglio aggiustare tutto. Sai, la diga, la palla da bowling, insomma era quello che mi serviva».

La ragazza mi guarda come se mi fossero spuntate le branchie e mi rendo conto che sto farneticando, ma la sua presenza mi ha mandato in confusione.

«Sicuro di stare bene?»

«Sì. Sicurissimo».

Annuisce e mi affretto a sbloccare il telefono per memorizzare il suo numero. Sono in ritardo, lo so, ma forse sono in perfetto orario per la pioggia di sorrisi che questa ragazza mi sta regalando.

«Chiamami. Adesso devo andare. Ciao».

Non mi dà modo di replicare che corre via verso il fondo della scalinata.

«Stefano?» Di nuovo seguo l'istinto e mi volto all'indietro quando sento la voce di Tommaso. «Che stai facendo? L'esame sta per iniziare» mi ricorda serio.

«Sì, arrivo. Stavo solo...» le parole mi muoiono in gola quando mi volto per cercare la ragazza mora dagli occhi azzurri, ma non la vedo da nessuna parte.

«Cosa?» mi domanda Tommy, dopo avermi affiancato.

Il mio sguardo si perde a perlustrare il grande piazzale antistante l'ingresso dell'università, ma la moretta sembra sparita nel nulla.

«Ho parlato con una ragazza, era qui fino a un attimo fa, ma non la vedo più».

«Possiamo cercarla un'altra volta? Non c'è bisogno che ti ricordi cosa succederà se non ti presenti all'esame, giusto?»

«Sì, hai ragione».

Lancio un ultimo sguardo nella direzione in cui l'ho vista dirigersi, poi seguo il mio amico. Mentre camminiamo controllo di avere ancora quel numero memorizzato: Gaia, è questo il suo nome. Non posso evitare di pensare alla catena di eventi che mi hanno portato a essere in quel preciso punto, in un determinato momento; non può essere un caso. Tuttavia, dopo averla vista sparire ho avuto, per un attimo, la sensazione che non fosse stata reale.

«Andiamo, sbrigati!» Tommaso mi richiama all'ordine e accelero il passo.

Devo concentrarmi, adesso, ma quando uscirò di qui devo trovarla. Dopotutto ho il suo numero: quanto può essere difficile rintracciarla?

 

   
 
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