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Autore: Ramalilith    02/09/2020    0 recensioni
Questa è una trasposizione a romanzo del videogioco "The Witcher 3 - Wild Hunt", completa di missioni secondarie, cacce al tesoro e contratti.
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ciri, Geralt di Rivia, Triss Merigold, Yennefer
Note: nessuna | Avvertimenti: Non-con, Violenza
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Dopo pochi metri Geralt decise di smontare da cavallo e di proseguire a piedi. La via che passava in mezzo al villaggio era stretta, e ora che il mattino era avanzato si stava affollando di paesani e di bambini che avrebbero rischiato di finire sotto gli zoccoli di Rutilia.

Uno di questi era accovacciato a terra in uno slargo vicino all’argine del fiume, poco più avanti, intento a scavare con un bastoncino. Sentendo avvicinarsi Geralt, alzò verso di lui la faccia sporca. “Ti piacciono i grilli? Li mastichi o li ingoi interi?”

Geralt lo ignorò, ma senza giudicarlo. In fondo lui aveva mangiato anche di peggio nei suoi momenti difficili.

Poi il suo sguardo fu attratto da un volto familiare. Era il mercante che lui e Vesemir avevano salvato dalle grinfie del grifone poche ore prima.

“Ci rivediamo” lo salutò, e Bram sussultò, distolto dalle proprie riflessioni, che sembravano abbastanza cupe.

“Grazie per avermi salvato” disse. “La gente dice molte cose sui witcher, ma io ho sempre sostenuto che sia una gilda onorevole”. Geralt fece un mezzo sorriso. Dopotutto, non chiedergli un compenso aveva avuto un risvolto positivo, se non si trattava di mera piaggeria… anche se il lato negativo era che ora lui si trovava quasi completamente a secco. Lanciò un’occhiata alle scatole ammassate alle spalle di Bram. “Vedo che sei riuscito a recuperare le tue merci…” Lui annuì. “Sì, attendo che il mio carro sia riparato. Più il tempo passa, più le mie perdite crescono”. Sospirò, poi rialzò gli occhi di scatto con aria speranzosa. “Ti serve qualcosa? Ti venderò tutto a metà prezzo”.

Sarebbe stato un buon affare – aveva anche adocchiato quello che sembrava un kit per la manutenzione delle armi che, sebbene modesto, gli avrebbe fatto comodo – ma si accorse subito di non potersi permettere praticamente nulla. “Grazie lo stesso. Stammi bene”.

Allontanandosi, rifletté che la sua disastrosa situazione economica avrebbe potuto essergli di serio intralcio nel prossimo futuro. Non tanto per il cibo – anche se la prospettiva non lo entusiasmava, un witcher poteva resistere piuttosto a lungo senza nutrimento – quanto perché il denaro contante spesso era l’unico modo per superare parecchi ostacoli. Ad esempio, poteva darsi che i nilfgaardiani alla guarnigione richiedessero un compenso in cambio delle loro informazioni su Yennefer. Geralt sospirò. Tanto valeva cercare di racimolare qualche soldo lungo la strada, già che c’era. In fondo era il suo lavoro.

Incominciò raccogliendo quello che la natura aveva da offrirgli. Lungo il ciglio della strada crescevano numerosi arbusti di mirto bianco, alti come un uomo e ricoperti di candidi fiori. Era probabile che i paesani di Bianco Frutteto li coltivassero solo per la loro bellezza, e che ignorassero il valore dei petali per la preparazione di pozioni e unguenti. Geralt ne raccolse parecchi.

Lo stesso fece con i frutti di una pianta di balissa che prosperava a fianco di una casa. Quelle piccole bacche blu elettrico, anche se all'apparenza tossiche, erano utilissime per la preparazione del miele bianco. Non escludeva di poterle rivendere a qualche erborista o guaritore, e al massimo le avrebbe usate lui stesso.

Mentre si rialzava e riponeva i vegetali ben pressati sul fondo della bisaccia, udì dei suoni metallici. Qualcuno stava battendo su un’incudine, ma il rumore era più forte del normale, e i colpi troppo veloci. Si guardò intorno incuriosito, e pochi minuti gli bastarono per individuare la causa del frastuono. Uno degli edifici lì vicino, a quanto pareva, era la bottega del fabbro – o perlomeno lo era stata. Era bruciata quasi completamente; il tetto di paglia si era carbonizzato e afflosciato su se stesso.

Nel cortile, il fabbro si stava accanendo col maglio su una spada malconcia. Evidentemente, dato che la bottega era inservibile, aveva portato fuori l’incudine per lavorare all’aperto, e perciò i colpi risuonavano così forti e non attutiti. Era un nano, con una gran barba grigia e un fazzoletto legato sulla testa calva.

Geralt entrò lentamente nel cortile con Rutilia al seguito, osservando lo sfacelo. Il nano lo ignorò, continuando a battere furiosamente. Alla fine fu il witcher a rompere il silenzio. “Che è successo qui?”

L’altro non alzò nemmeno la testa. “Oh, avevo un po’ di freddo stanotte, così ho dato fuoco alla mia forgia… dovevi vedere come bruciava! Ci ho arrostito le salsicce!”

Diede una martellata più forte delle altre e lo fulminò con lo sguardo. “Cosa credi che sia successo, idiota?” sibilò. Aveva un difetto di pronuncia molto marcato. “Qualche stronzo ha dato fuoco alla mia bottega… ho perso tutto. Tutto!”

Geralt decise di ignorare l’insulto. Sapeva riconoscere una persona malvagia da una semplicemente sconvolta. “Mi dispiace. Qualche sospetto?”

“L’intero dannato villaggio” rispose cupamente il fabbro. “Vivo qui da mezzo secolo, pensavo mi considerassero uno di loro… ma tutto è cambiato con l’arrivo degli Oscuri”. Il suo sguardo saettò alle spalle di Geralt, e lui intuì, più che vedere, un soldato nilfgaardiano di passaggio. “Sono l’unico fabbro della zona, perciò devo assistere la loro guarnigione. Occuparmi di corazze ammaccate, ferrare i cavalli… cose di questo tipo. I nilfgaardiani non mi pagano un dannato centesimo. Mi danno solo i materiali e gli ordini. Ma gli umani non riescono a capirlo… credono che mi stia arricchendo sulle loro sfortune, che dorma su un mucchio d’oro come un fottuto drago. Così hanno smesso di parlarmi, sputano quando passo… e ora questo”.

“Posso trovare il tuo piromane, se sei disposto a pagarmi”.

Il nano lo fissò attentamente, poi scrollò le spalle. “Non mi resta molto… ma ti darò tutto se mi porti quel figlio di puttana. Avrà ciò che si merita”. Rifletté un attimo. “La notte dell’incendio ho sentito dei movimenti fuori dalla mia capanna. Sono uscito per vedere se trovavo delle impronte, ma niente… D’altronde, io non ho occhi da gatto, giusto? Buona fortuna”.

Geralt non se lo fece ripetere. Lasciò il cavallo accanto alla staccionata e iniziò subito a esplorare l’area circostante. Il cortile di fronte alla bottega era in terra battuta, ed eventuali tracce sarebbero risultate immediatamente visibili. Dopo un’occhiata veloce, concluse che se c’era qualcosa da vedere, doveva essere sul retro.

Lì le piante crescevano incolte e rigogliose. Alcuni ragazzini stavano giocando a nascondino fra i cespugli. Il witcher non ci mise molto a identificare qualcosa di estraneo sul terreno.

“Schegge di acciarino…” mormorò meditabondo, raccogliendole. “Il piromane deve aver acceso la torcia qui, l’ha gettata sul tetto… e poi è fuggito attraverso il frutteto”.

Esaminò il prato circostante, e in un attimo poté trovare i punti in cui l’erba era stata schiacciata da passi pesanti.

“Impronte di stivali” borbottò, valutandone dimensioni e profondità. “Un uomo. Grosso”.

Seguì le impronte nel prato fino a ritrovarsi nel bel mezzo di un gruppo di quei meli fioriti a cui Bianco Frutteto doveva il nome. Il profumo era primaverile e inebriante… a differenza  dell’odore acre che saliva da terra. Geralt si chinò e individuò, senza toccarla, una bottiglia vuota accanto alla traccia. “Puzza di piscio… e di vodka”. A quanto pareva, il piromane non era sobrio durante la sua spedizione punitiva. Né era un tipo particolarmente incline all’igiene personale.

Le impronte risalirono una breve china, e il witcher si ritrovò in breve sul sentiero. Una donna proveniente dal villaggio, con la testa avvolta in una sciarpa, lo squadrò incuriosita. “Tutto bene?”

Lui non le badò. Ormai quasi correva lungo la pista. Certo, questa caccia all’incendiario razzista e alcolizzato non era tra le più eccitanti della sua  carriera, ma l’istinto quasi animalesco di trovare , di catturare, stava prendendo il sopravvento. In pochi minuti era giunto al fiume. Lì, accanto a una barchetta tirata in secco, le impronte terminavano bruscamente.

“Si è tolto gli stivali ed è entrato in acqua” mormorò. “Probabilmente voleva coprire le tracce”. Non si era aspettato un tale guizzo di furbizia da parte del piromane. Del resto, in quel punto il fiume era così poco profondo da poter essere agevolmente guadato a piedi; non sarebbe stato difficile esplorare entrambi gli argini.

Alla base di un ponte lì accanto scovò un cofano di legno mezzo marcio. Per curiosità, e non perché pensasse di trovarci qualcosa di interessante, decise di aprirlo. Fra le assi fradice erano contenute alcune reti e canne da pesca, conservate all’incirca altrettanto bene, e un sacchetto sdrucito contenente una manciata di oren. Li intascò senza pensarci. Avrebbe potuto farseli cambiare in corone nella banca di Novigrad. Probabilmente il proprietario di quell’attrezzatura era morto da qualche decennio.

Qualche metro oltre il ponte, sulla sabbia della spiaggia, le tracce riprendevano, e non erano semplicemente le impronte di qualcuno che esce dall’acqua e si allontana: i passi avevano disegnato un intrico complesso, e si mescolavano alle tracce di qualcuno – o qualcos’altro.

“Qualcosa è saltato fuori dai cespugli… un drowner” stabilì Geralt. “ma è riuscito a scappare”. Poco più in là rinvenne due calzature abbandonate nell’erba stentata. “Ha perso i suoi stivali nella fretta”.

Seguì ancora le impronte, questa volta di piedi nudi, che tornavano verso l’entroterra. Questa volta procedette a passo più lento, il che gli permise di ascoltare una conversazione fra due donne intente a lavare in un cortile.

“Mia nonna mi ha detto del ragazzo del fabbro. Un giorno, è scomparso, così la gente ha preso un witcher che cacciava nei paraggi. Ha iniziato a pungolarlo e chiedere. Be’, questo ha iniziato ad agitarsi e dimenarsi, così… Bam! Gli hanno mozzato la testa”. “Già, è andata così” rispose l’altra. “Solo che è stato un drowner a mangiarsi il ragazzo. Il witcher non c’entra nulla!”

Geralt strinse i denti, cercando inutilmente di non farsi distrarre. Chissà se il fabbro di cui parlavano era il suo committente. E chissà se aveva conosciuto quel witcher.

Continuò ad avanzare lungo la pista, che si addentrava fra le case sempre più fitte. “Le tracce riportano al villaggio” constatò, chinandosi a controllare da vicino alcune piccole macchie brune che picchiettavano la terra battuta del sentiero. “Sanguinava… ma non molto. Ferite superficiali”.

Ben presto si ritrovò  in uno squallido cortile davanti a una casupola di legno. “Le tracce terminano qui… ma lo riconoscerò dalle ferite”.

Spinse la porta ed entrò. La stamberga era buia e miserabile quanto la sua facciata prometteva. Una donna stava pulendo il pavimento, ma vedendolo si affrettò a cambiare aria, e Geralt non la fermò.

Il suo uomo era nella stanza sul retro. Grosso, proprio come aveva immaginato, stolido e puzzolente d’alcool. Indossava una camicia verde sbrindellata, con una delle due maniche tagliata per far posto alla voluminosa fasciatura sull’avambraccio destro.

“Segni d’artiglio di drowner” concluse il witcher. “Dev’essere lui”.

Lo squadrò. L’uomo ciondolava inerte con aria ottusa, e non dava l’impressione di voler protestare riguardo alla sua intrusione, perciò fu Geralt a prendere la parola.

“Brutta ferita” buttò lì, accennando col capo al braccio bendato. “Ti sei imbattuto in un drowner?”

L’uomo reagì all’istante. La sua voce era pesante, impastata. “E a te che cazzo te ne frega?”

“Oh… il nostro piromane è anche un damerino” sorrise Geralt, per niente sorpreso. “Vieni, il fabbro vuole parlarti”.

L’ubriaco ondeggiò sulle gambe malferme, e un’ombra di preoccupazione mista a odio gli si disegnò sulla faccia. “Non parlerò con un non-umano. Sono tutti figli di puttana, e i nani sono i peggiori! Piccole gazze avide, farebbero di tutto per soldi! Forgiano le lame con cui gli Oscuri ci tagliano la gola! Ho ragione?” Geralt si limitò a guardarlo con un sopracciglio sollevato, per nulla impressionato dalla filippica, e l’altro deglutì. “Ascolta…” continuò “…possiamo risolverla da uomo a uomo. Io ti pago, e tu non mi consegni. Mia madre è morta da un po’, e ho rivenduto i suoi attrezzi. Ho speso qualcosina, ma il resto è tuo”.

Geralt scosse la testa. Preferiva non farsi corrompere, se non era strettamente necessario. “Le gazze e i nani saranno anche avidi, ma io no. Non puoi comprarmi”.

L’uomo fece una smorfia. “Allora ti spaccherò quel fottuto grugno!” L’effetto della minaccia fu però rovinato da un singhiozzo involontario, e Geralt provò una briciola di compassione per il poveraccio. Non più di una briciola, però. Dopotutto, aveva rischiato di far bruciare vivo il fabbro.

Tracciò rapidamente il segno Axii con la mano. “Calmati. E ora seguimi”.

Gli occhi già annebbiati dell’uomo si sfuocarono ulteriormente. Annuì.

Geralt lo scortò fuori. L’uomo incespicava, procedendo piano con le spalle curve. “Devo… chiedere scusa” borbottava. “Devo andare a chiedere… scusa”.

Per fortuna la bottega del fabbro non era distante. In qualche minuto furono lì, e il witcher spinse l’ubriacone davanti al nano. “Forza, sveglia!” disse, rimuovendo il Segno. L’altro sbatté gli occhi, ridestandosi.

“Uh? Che… che cosa succede?”

Geralt si rivolse al fabbro. “Ecco… un piromane del villaggio, in carne ed ossa”.

Il nano incrociò le braccia, squadrando il colpevole con un misto di stupore e severità. “Napp? Tu? Conoscevo tua madre da anni e non le ho mai chiesto un centesimo! È così che mi ripaghi? Ne ho abbastanza”.

Fece un cenno in direzione di un gruppetto di nilfgaardiani che si erano fermati a chiacchierare per strada. “Ehi, soldato! Un minuto del tuo tempo, per favore”.

“No!” implorò Napp. “Willis, ti prego! Ero ubriaco… non sapevo quello che facevo!” ma il fabbro scosse la testa imperturbabile, gli occhi chiusi.

Tre soldati si fecero avanti nel cortile. A quanto pareva avevano davvero una certa familiarità col fabbro. “Te l’ho detto, mastro Willis… ti aiuteremo a ricostruire, quando arriveranno i rinforzi” esclamò uno dei tre, un po’ spazientito. “Abbiamo già ordinato i materiali…”

Ma il fabbro scosse la testa. “Non ti ho chiamato per questo, amico. Ecco il piromane… il witcher l’ha trovato”.

I tre soldati dedicarono appena un’occhiata a Geralt, e circondarono immediatamente Napp, che li guardò spaventato. “La forgia era importante per la guarnigione. Distruggerla equivale a un sabotaggio” lo accusò uno, gli occhi duri sotto l’elmo. “Non serve un processo. Basterà un albero”. E senza altri indugi condussero via il malcapitato.

Geralt rimase in piedi di fronte al nano, vagamente a disagio. “Una punizione severa” commentò. “Ma meritata” ribatté aspramente Willis. “Sai, all’inizio odiavo gli Oscuri, come chiunque altro. Ora penso che potrebbero portare ordine in questo luogo… insegnare un po’ di maniere a questi perdigiorno. Ma basta parlare di questo… La tua ricompensa”. Gli mise in mano venti corone, che lui intascò senza dire nulla. “E… sono riuscito a recuperare qualcosa dall’incendio. L’incudine è ancora intera, quindi sono sicuro di poter forgiare qualcosa. Se dovessi aver bisogno, fammi sapere… ti farò un buon prezzo”.

   
 
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