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Autore: kibachan    05/09/2020    1 recensioni
[Baby Netflix]
[Baby Netflix]Cosa succede a Fabio dopo la fine della seconda stagione? E a Brando sopratutto?? L'esperienza spaventosa del suo collasso sarà l'occasione per riavvicinarsi, e iniziare a lavorare per cominciare ad essere... davvero sé stesso.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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CAP 17

 

UNA SETTIMANA DOPO

 

Brando strofinò forte le mani tra loro, coperte di un impasto farinoso e appiccicoso, nel tentativo di pulirsele un po'.

“è troppo secco Fa... praticamente so briciole” sentenziò. Fabio si grattò la testa constatando che avesse ragione “che ci mettiamo?” chiese rivolto a Giovanni che, con una improbabile parannanza a fiori, stava girando il ragù in una pentola di coccio. L'uomo si sporse per sbirciare dentro la ciotola davanti a Brando mentre il figlio gli diceva “olio? Latte? Acqua?” osservò il misto slegato di patate schiacciate e farina “direi acqua..” asserì “ma non lo so, non li ho mai fatti” aggiunse prima di ridare attenzione alla pentola.

Fabio prese un bicchiere d'acqua dal rubinetto, lasciandola scorrere un attimo calda, e poi lo versò senza un minimo di grazia nell'impasto “pocaaaaaa” gli urlò troppo tardi Brando “a Fa!!” lo fulminò il riccio con lo sguardo “che ne so...” si difese lui, cercando di non ridere per la sua espressione furiosa “avevi detto che era secco” “e mo è troppo moscio!” lo rimbeccò lui cercando di dare un senso alla ben e meglio all'impasto che aveva davanti, con il risultato che quasi metà rimase attaccato alle sue mani “che cazzo di schifo!” si lamentò “Brando....” lo rimproverò cantilenando Giovanni, che non aveva voglia di essere severo perchè si stava divertendo a cucinare tutti e tre insieme, ma le parolacce proprio non le sopportava. Il ragazzo alzò gli occhi al cielo, mentre cercava di spiccicarsi le mani da quella specie di colla “sì, sì, ok... che schifo terribile! Va meglio?” lo sfottè palesemente. Fabio ridacchiò mentre Giovanni invece non raccolse la provocazione “si grazie” disse, e poi rivolgendosi al figlio aggiunse “se è appiccicoso ora metteteci un po' di farina, però poca per volta eh?” Fabio annuì e Brando gli rivolse un'occhiataccia come a dire -vedi? Come avevo detto io- sbuffò di nuovo “vado a lavarmi le mani, continua un po' tu” gli intimò avvicinando la ciotola dal suo lato del tavolo.

Quando ritornò gli sembrò che la situazione fosse un po' migliorata. Ok, Fabio era sporco di farina fino ai gomiti, però l'impasto sembrava star prendendo effettivamente la forma di una palla come diceva il video. “me ne metti ancora un pochino?” chiese Fabio facendo un cenno della testa al sacchetto della farina. Brando lo prese, resistette strenuamente alla tentazione di fare il bambino e buttarcene dentro una badilata, così tanto per restituirgli il favore, ne prese una manciata e la buttò nella ciotola. “grazie” gli disse Fabio facendogli un sorriso dolce, che ebbe il potere di spazzare via tutta la sua voglia di brontolare. Si sedette lì vicino ad osservarlo poggiando un gomito sul tavolo e il mento sulla mano.

“mamma mia che fatica...” si lamentò Fabio dopo un po' cercando di togliersi la farina, che sentiva solleticargli il naso, con la spalla “ma di chi è stata l'idea di provare a fare gli gnocchi???” insistette tornando a impastare “tua figliolo” rispose tranquillamente Giovanni senza girarsi “chi è causa del suo mal...” snocciolò un bel proverbio, così per gradire. Fabio si voltò per trapassargli la schiena con un'occhiataccia mentre Brando sghignazzava “beh se tu non avessi comprato, per qualche motivo, 5 kg di patate! Che stavano per andare a male!” ribattè, cercando comunque di non alzare la voce per non indispettirlo “che poi” intervenne Brando mentre disegnava delle formine sulla farina sparsa sul tavolo “che l'hai prese a fa che in questa casa le patate manco ci piacciono” buttò lì in tono malizioso. Fabio si strozzò con la saliva per la portata della battutaccia. Giovanni invece rimase impassibile “beh parla per te, Brando” ribattè ridacchiando. Questa volta fu il turno di Brando di strozzarsi mentre Fabio esclamava “papà!!” esterrefatto “che c'è?” chiese lui tranquillo “sono vecchio, mica morto” aggiunse facendo scoppiare il riccio a ridere così forte che iniziò a contorcersi sulla sedia.

In quel momento suonò il campanello.

“aspettate qualcuno?” chiese Giovanni. I due ragazzi scossero la testa “accidenti, io qua non posso mollare..” commentò l'uomo. Brando si alzò in piedi, dato che Fabio aveva le mani sporche di impasto “vado io” sentenziò uscendo dalla cucina.

 

L'ospite doveva aver trovato il cancelletto aperto, perchè lo sentì suonare di nuovo, questa volta al campanello del portoncino. Non si prese la briga di chiedere chi era, afferrò la maniglia e aprì la porta.

La sensazione fu quella di ricevere un pugno dritto nello stomaco, lo sguardo gli si congelò all'istante nell'incrociare gli occhi della persona davanti a lui.

“ciao Brando...” lo salutò a bassa voce Roberto, osservando il suo sguardo duro in imbarazzo, ma non sorpreso. Non si aspettava niente di diverso da lui, nel ritrovarselo davanti.

Brando rimase a fissarlo zitto, e rigido. Quasi non respirava. L'uomo si mise le mani in tasca, perché istintivamente avrebbe voluto toccarlo, ma immaginò che non avrebbe gradito “mi fai entrare?” propose abbozzando un sorriso, ma il ragazzo non si mosse di un millimetro. Fortunatamente Giovanni sopraggiunse alle sue spalle un istante dopo. Era venuto a controllare dato che non tornava.

“Brando chi....” anche a lui si mozzò la frase a metà nel riconoscere l'uomo sulla porta, sollevò le sopracciglia sorpreso “signor De Santis!” lo salutò con tono stupito ma non ostile “prego..” aggiunse. E poi, vedendo che Brando non accennava a spostarsi, lo prese delicatamente per il gomito tirandolo un po' verso di sé per liberare il vano della porta “su vieni...” gli disse a voce bassa senza lasciarlo, perchè l'aveva sentito tremare.

 

 

Se ne stavano tutti e quattro nel salotto. Brando e Giovanni stavano su delle sedie, Fabio divideva il divano con l'ospite. In casa non c'era più traccia dell'atmosfera tranquilla di quella mattina. Anzi per tutto il tempo che Roberto De Santis aveva parlato, nell'ultima mezz'ora, una tensione palpabile aveva riempito ogni angolo della stanza. Fabio non gli aveva staccato gli occhi di dosso, studiandolo a braccia incrociate sul davanti, con sguardo critico, suo malgrado. Brando invece non aveva alzato neanche per un attimo gli occhi da per terra. Stava seduto a gambe larghe e si torturava le mani, buttate tra le ginocchia. Solo Giovanni aveva tentato di interagire con l'uomo, mentre si era lanciato in un monologo il cui succo era che fosse lì per riportare Brando a casa con lui. Fabio aveva sentito lo stomaco accartocciarsi quando lo aveva detto.

“Brando...” Roberto si rivolse per la prima volta al figlio da quando aveva iniziato. Il ragazzo fece dardeggiare su di lui appena uno sguardo “ti chiedo scusa” gli disse l'uomo, sinceramente. Lui gli rivolse un'altra occhiata mentre il suo ginocchio aveva iniziato a muoversi compulsivamente su e giù per scaricare lo stress. L'uomo sospirò e aggiunse rivolgendosi stavolta a Giovanni “e a lei volevo dire grazie, signor Fedeli, se quel giorno non fosse venuto a parlami, non sarei qui adesso.”

Giovanni chiuse gli occhi. Brando invece li spalancò.

 

Cioè.... lo aveva chiamato lui?

 

Fu come ricevere una pugnalata. Non resistette più, si alzò in piedi di scatto e marciò via dalla stanza come una furia. Fabio fece per alzarsi e seguirlo ma Giovanni allungò una mano avanti per fermarlo, senza staccare gli occhi dal punto in cui Brando era andato via “vado io” disse in tono talmente risoluto da convincerlo.

Quindi si alzò iniziando a chiamarlo prima ancora di essere uscito dalla stanza.

Fabio e Roberto si rivolsero un'occhiata imbarazzata dai due lati opposti del divano. Il ragazzo prese un respiro. Provando a non detestarlo con ogni fibra del corpo. In fondo era il padre del suo ragazzo, e sembrava venuto lì per seppellire l'ascia di guerra

“sono Fabio, comunque” si presentò tendendogli la mano. L'uomo guardò la sua mano e poi lui in un moto di imbarazzo “sì..” rispose debolmente voltandosi a guardare per terra “lo so chi sei” aggiunse senza ricambiare la stretta.

 

Giovanni raggiunse Brando in fondo al corridoio, davanti alla porta della stanza, da cui usciva dopo essersi messo le scarpe. Probabilmente voleva uscire

“Brando...” tentò allungando le mani verso di lui per poggiargliele sulle spalle, ma lui si divincolò ancora prima che lo sfiorasse allontanandole da se con uno schiaffo “no!” disse solo “non fare così, ascoltami un attimo...” insistette l'uomo, provando di nuovo a fermarlo fisicamente, ma Brando lo spinse indietro “non mi toccare!” gli gridò e poi partendo in quarta gli vomitò addosso un fiume di parole “avevi detto che potevo restare! Io ci avevo creduto! Invece vuoi mandarmi via! L'hai chiamato per farmi portare via!” gli urlò spingendolo di nuovo, con la voce che gli si incrinava sull'ultima frase. Lottò per non mettersi a piangere, dato che si accorse di star già facendo una scenata da ragazzino “non l'ho chiamato io!” gli urlò di rimando Giovanni “lui ha detto così!” ribattè a voce ancora più alta Brando, fulminandolo con lo sguardo “ha detto che sei andato a parlarci!” Giovanni lasciò andare una boccata d'aria di botto alzando gli occhi al cielo “sì! Ma non gli ho mai detto di venire a riprenderti!” insistette. Brando girò il viso, arrabbiato, e tentò di nuovo di farsi spazio per passare con la spalla, ma Giovanni lo afferrò, stavolta saldamente, per tutte e due le braccia e lo scrollò forte, come per tentare di mandare via di forza la rabbia che lo accecava “Brando ragiona!” gli intimò in tono duro ma basso, costringendolo a guardarlo in faccia “tuo padre è il tipo che si fa comandare da me? Che sarebbe venuto solo perchè io gliel'ho detto?” lo incalzò “dopo che ti ha mollato in mezzo alla strada ti riporta a casa solo perchè io gliel'ho chiesto??” insistette. Si guardarono per qualche istante negli occhi, insistentemente. Poi Giovanni sentì la tensione abbandonare lentamente le spalle di Brando. Il ragazzo abbassò gli occhi per primo “no” disse debolmente, convinto dalle sue parole. Giovanni soddisfatto lo lasciò andare e entrambe ripresero fiato per un attimo.

“sono andato a parlarci, è vero” confessò l'uomo a voce molto più bassa e calma “ma te lo giuro, non per dirgli di venire a prenderti” si passò una mano nei capelli “volevo solo convincerlo a vederti, almeno. Parlarti magari” aggiunse facendolo ritornare a guardarlo “ed era andata, a mio avviso, talmente male che neanche te l'ho detto che c'ero andato” continuò “credevo fosse stata una perdita di tempo” “e allora che diavolo ci fa qua???” chiese Brando a denti stretti indicando con tutto il braccio in direzione del salotto “non lo so!” ribattè Giovanni “sono sorpreso quanto te!” aggiunse incrociando le braccia al petto e girando gli occhi al soffitto ragionando “forse l'ha convinto tua madre?” tentò, ma Brando scosse la testa con decisione “impossibile” sentenziò secco “non ha il potere neanche di convincerlo ad ordinare una cosa diversa a ristorante, figuriamoci questo... e poi comunque non si oppone mai alle sue decisioni” aggiunse amaramente, guardando per un attimo di nuovo a terra. Giovanni fece un lungo sospiro per calmarsi meglio “beh... in ogni caso quel che conta è che sia qui no?” gli disse poggiandogli per un secondo le mani sulle spalle per farsi guardare di nuovo, e poi aggiunse “mi sembra una cosa molto positiva no?” Brando si abbracciò il busto con entrambe le mani passando il peso da un piede all'altro, nervoso “tu pensi che dovrei andare con lui?” stavolta non c'era alcun tono di accusa nella sua voce, solo paura. Tanta paura. Giovanni scosse la testa piano, guardandolo “tu Brando, non DEVI fare niente” gli disse con tono infinitamente più dolce “la stessa ragione che non lo obbligava a tenerti a casa con lui prima, non obbliga te a seguirlo: sei maggiorenne” spiegò “devi fare quello che vuoi” e poi aggiunse “anzi, sai che ti dico? Se tu non vuoi, andiamo di là e io lo mando via subito, ok?” gli fece un sorriso, guardandolo negli occhi quasi stesse parlando ad un bambino. Brando si rilassò a sentirglielo dire. Paradossalmente la sola idea di avere una scelta, di non doversi sentire obbligato, ebbe il potere di tranquillizzarlo. Si morse il labbro inferiore riflettendo, sotto lo sguardo attento dell'uomo, che sorrise impercettibilmente nel non vedergli dire un secco -non voglio-

“Brando ascolta” gli disse piano “io sono contento se tu stai qui” lo guardò dritto negli occhi per convincerlo della sua sincerità “però” aggiunse “loro sono i tuoi genitori, io lo so che ti mancano” il ragazzo si guardò per un attimo le scarpe passandosi stizzito il dorso della mano sotto l'occhio. Non ebbe il coraggio di negare e Giovanni continuò “e credimi, certi strappi se non li ricuci faranno male per tutta la vita” gli disse con dolcezza “io penso che non sia il caso di sprecare questa occasione, e tu?” Brando ci mise un tempo che sembrò eterno a rialzare lo sguardo da terra, ma quando lo fece annuì, anche se piano. Giovanni gli sorrise “male che va, puoi sempre ritornare, ok?” gli disse allungando una mano per poggiargliela tra collo e guancia “questa sarà sempre casa tua” sentenziò in tono dolce. Poi, vedendolo annuire di nuovo, gli sorrise e gli battè un paio di colpetti leggeri lì dove posava la mano, come per esortarlo a muoversi “dai..” gli disse accennando col capo al salotto. Ma Brando invece, senza preavviso, gli buttò le braccia al collo e lo abbracciò strettissimo, quasi con disperazione. Giovanni rimase per un attimo interdetto, con le braccia leggermente sollevate, sorpreso oltre modo da quel suo gesto. Già in generale gli abbracci di un adolescente sono cosa rara, ma Brando in particolare aveva sempre mostrato più che altro fastidio all'idea di essere toccato da lui, e ora lo stava praticamente stritolando. Gli avvolse la schiena con le braccia per un attimo, alzando gli occhi al cielo e battendogli un paio di pacche tra le scapole.

Quando si staccò da lui lo guardò e lo vide arrossire di imbarazzo. Così decise di far finta di niente. Sfoderò un sorriso sornione “dai andiamo a salvare Fabio” buttò lì con un cenno del capo “l'abbiamo lasciato da solo col suocero pure troppo” scherzò facendo fare uno sbuffo di risata anche al ragazzo.

 

 

POMERIGGIO

 

Giovanni aveva insistito perchè Roberto si fermasse a pranzo con loro. Aveva voluto disperatamente che gli animi si rilassassero un po' prima che Brando tornasse a casa. Non voleva che la cosa somigliasse a una deportazione, ma qualcosa di naturale. Più serena, in un certo qual modo.

A tavola si era parlato un po' di tutto e di niente. Brando e suo padre non avevano interagito quasi per nulla tra loro, a dire la verità. Ma era sembrato a tutti normale, e nessuno aveva fatto qualcosa per forzare in tal senso.

Gli gnocchi erano venuti duri. Troppa farina.

Fabio, che all'inizio aveva guardato suo padre esterrefatto quando gli aveva sentito invitare Roberto a fermarsi, si era dovuto ricredere.

Avere qualche ora per abituarsi all'idea aveva fatto bene a Brando. Adesso gli sembrava abbastanza tranquillo, non entusiasta magari, ma tranquillo.

Per il momento non si era interrogato su cosa significasse per lui il fatto che Brando se ne andasse da casa sua. Aveva voluto concentrarsi su di lui, sentiva che ne aveva bisogno.

 

“Fà, perchè non dai una mano a Brando a portare le sue cose in macchina?” propose Giovanni quando ormai avevano finito di preparasi. Il ragazzo annuì, rivolgendo poi un breve sorriso al riccio, vicino a lui.

Quando i due ragazzi uscirono Giovanni si accostò a Roberto, trapassandolo con uno sguardo penetrante che ebbe il potere di metterlo a disagio. Lo guardò per un lungo momento prima di parlargli di una cosa che riteneva urgente. Gli era sembrato fin troppo rilassato e non voleva che desse per scontato quello che stava succedendo

“signor De Santis” esordì poggiandogli una mano sulla spalla “io spero lei si renda conto di quanto è fortunato, suo figlio le sta dando un'altra possibilità, dopo che lei si è comportato in modo che chiunque definirebbe imperdonabile. Veda di non sprecarla ok?” l'uomo evitò il suo sguardo per un attimo, ma poi annuì “lo ascolti” continuò Giovanni usando un tono più calmo ora “qualsiasi cosa vorrà dirgli, Brando è un ragazzo chiuso, già normalmente, perciò qualora voglia parlarle di qualcosa, anche sul futuro magari, lei si faccia trovare pronto e lo ascolti. Avete tanta strada da fare” commentò con un sorriso e poi aggiunse “questo è il consiglio che le do... e poi l'avverto” e nel dire questo il suo tono mutò nuovamente, in uno di calcolata minaccia “se lei di nuovo si azzarderà ad usargli violenza, fisica... o peggio psicologica, io non glielo ridarò mai più indietro” scandì fissandolo negli occhi quasi avesse potuto incenerirlo con la sola potenza del suo sguardo. Roberto abbassò gli occhi, nonostante i suoi considerevoli centimetri di altezza in più, e annuì debolmente

“grazie” disse solo, strappandogli questa volta un sorriso.

 

 

“incredibile” sentenziò Brando osservando il bagagliaio della macchina di suo padre, in cui avevano stipato una busta con i pochi vestiti personali che aveva e lo zaino con le cose della scuola “tre mesi di vita in due buste?” chiese divertito lanciando un'occhiata a Fabio “che tristezza...” commentò facendolo ridere per un secondo.

Spazzolino e un altro paio di cose avevano deciso di lasciarle. Così, tanto per mettere in chiaro con l'universo che comunque poteva andare lì quando voleva.

Brando rivolse un sorrisino a Fabio, che aveva su un'aria sconsolata adorabile “non fare quella faccia” gli intimò colpendogli con due nocche il braccio per convincerlo a guardarlo “guarda che non ci stiamo mica lasciando!” aggiunse ridacchiando “lo so!” ribattè subito Fabio, mascherando il suo imbarazzo insaccando le mani in tasca “è solo che...” aggiunse guardando un attimo di lato e poi di nuovo lui, negli occhi “mi mancherà dormire con te ogni notte” ammise candidamente, avvicinandosi di un passo. Brando gli sorrise, annuendo “e a me mancherà vederti coi capelli dritti ogni mattina” rispose, con un pizzico di ironia che fece sorridere Fabio, e fargli istintivamente portare una mano a toccarsi i capelli, quasi a controllare che fossero in ordine.

“vabbè comunque puoi venire quando ti pare, no?” insistette Fabio, come se ne avesse bisogno più lui di Brando, di avere conferma di quella cosa. Il riccio annuì di nuovo, poggiandosi per un attimo al tettuccio della macchina “chi lo sa” nicchiò guardando di lato “magari tra un po' di tempo potrai venire anche tu a casa mia..” propose tamburellando le dita sul metallo della carrozzeria. Al momento quell'ipotesi gli sembrava assurda in realtà... ma mai dire mai “magari...” ne convenne l'altro con un sorriso “ma io parlavo... sì insomma... di rimanere a dormire” aggiunse grattandosi la testa e arrossendo leggermente, per quanto era palese che intendesse altro. Brando scoppiò a ridere “oh quello per forza” esclamò “lo sai che non mi ci trovo a farlo in macchina” aggiunse facendo ridere anche Fabio. Le loro risate, che si erano mischiate per un attimo, si spensero lentamente dopo poco, lasciando il posto a un'espressione un po' tesa.... triste... sul viso di entrambi. Fabio colmò la distanza che li separava per primo. Gli passò un braccio intorno alle spalle e uno intorno alla vita e lo abbracciò stretto stretto a sé. Brando ricambiò l'abbraccio subito, poggiando gli occhi sulla sua spalla e lasciandosi coccolare per un attimo. Fabio lo strinse più forte un secondo prima di lasciarlo. Si stampò un sorriso rassicurante sul viso e gli fece una carezza veloce, mentre gli diceva “andrà tutto bene Bra” “ci credi veramente?” gli chiese lui, con un'espressione da bimbo che gli fece sciogliere il cuore “si” rispose secco, con quanta più sicurezza fu in grado di riprodurre “ok allora...” commentò Brando cercando di rilassarsi. Fabio gli sorrise e poi avvicinò il viso al suo per dargli un bacio. Impattò con la fronte contro la visiera del suo cappello e allargò di più il sorriso, divertito, mentre gli rivolgeva uno sguardo tenero. Gli prese il cappellino dalla visiera e glielo girò al contrario, facendolo sorridere a sua volta, prima di avvicinarsi e catturargli le labbra tra le sue. Gli accarezzò la bocca con la sua, mentre Brando incrociava le braccia dietro la sua schiena iniziando a rispondere al bacio con la stessa dolcezza. Si sarebbero mancati, in alcuni momenti, ma erano sempre insieme, ed era questo quello che contava.

 

 

Giovanni andò a sbattere contro lo schiena di Roberto, che si era paralizzato di colpo mentre uscivano dal portoncino. Sbirciò oltre la sua spalla, spostandosi di lato, e comprese il motivo, nel vedere i ragazzi che si baciavano davanti alla macchina. Fece un breve sbuffo di risata e battè un paio di pacche in mezzo alla schiena dell'uomo “si beh...” gli disse con aria complice notando il suo imbarazzo “veda di farci l'abitudine perchè lo fanno di continuo” scherzò facendo un ampio gesto della mano ad accompagnare le sue parole. Roberto cercò di ridarsi un contegno allentandosi un po' il nodo della cravatta, mentre i due ragazzi, sentita la voce di Giovanni, si separarono di botto allontanandosi di un passo l'uno dall'altro. Fabio si mosse verso suo padre velocemente, nascondendosi quasi dietro di lui, dopo aver rivolto al signor De Santis una rapidissima occhiata imbarazzata. Roberto guardò Brando, che invece era rimasto fermo vicino alla macchina, solo girato completamente col viso dalla parte opposta alla sua, che si teneva una mano sulla bocca come se si vergognasse a morte. Si avvicinò a lui, sentendosi di nuovo in difficoltà per come evidentemente era capace di farlo sentire. Gli poggiò, quasi in imbarazzo, dei colpetti leggeri su una spalla “Bra.. è tutto a posto” gli disse a voce bassa “stai tranquillo ok?” aggiunse tentando di risultare rassicurante, anche se doveva convincere innanzi tutto sé stesso. Lui si voltò a lanciargli un'occhiata un po' stranita ma, Roberto notò, rilassandosi un pochino “dai, sali” lo esortò, prima di fare il giro della macchina e rivolgere un cenno di saluto col capo a Giovanni. Brando guardò sia lui che Fabio mentre saliva in macchina e si sforzò di ricambiare il sorriso che Fabio gli stava facendo, mentre suo padre metteva in moto e partiva.

 

Fabio e Giovanni rimasero lì sull'ingresso di casa finchè la macchina non fu sparita oltre il vialetto. Fabio, con le braccia strette intorno al busto per contenere la tensione accumulata fino a quel momento, si voltò verso suo padre, non riuscendo a evitare di dispensargli un'occhiataccia rancorosa. L'uomo lo guardò a sua volta, per nulla sorpreso “ce l'hai con me. Lo so” sentenziò calmo, facendolo voltare dall'altra parte infastidito dal suo atteggiamento misurato “pensi che non avrei dovuto lasciarglielo fare... vero?” lo incalzò Giovanni incrociando le braccia a sua volta “no! Infatti!” sbottò Fabio a quel punto girandosi completamente dalla sua parte, guardandolo con rabbia, e gli occhi lucidi “quell'uomo lo ha distrutto!” urlò “quando è arrivato da noi era l'ombra di sé stesso! Ci sono volute settimane per rimettere insieme i pezzi” “lo so questo!” gli urlò a quel punto di rimando sul padre “c'ero anch'io! Te ne sei dimenticato???” lo sgridò facendolo tacere di riflesso e girare il viso di lato per non guardarlo, poi lo afferrò per le spalle e gli piantò gli occhi dritti in faccia “ma quelli sono i suoi genitori Fà...” aggiunse con tono tra il dolce e il disperato che non lo capisse “se c'è anche una sola possibilità che possa recuperare un rapporto con la sua famiglia bisogna provarci!” gli spiegò “è giusto così, lo capisci?” Fabio lo guardò per un lungo momento, mandando giù di forza il groppo di lacrime che sentiva in gola, poi abbassò gli occhi annuendo. Suo padre aveva ragione, lo sapeva, lui era solo preoccupato. Non voleva per nessuno motivo vedere Brando stare male, mai più.

Giovanni gli sorrise attirandolo a sé per le spalle che ancora gli teneva strette, e lo abbracciò per un lungo momento “adesso devi stargli vicino. Più di prima.” gli disse piano “vedrai che andrà tutto bene” aggiunse, ripetendo inconsapevolmente le stesse parole che suo figlio poco prima aveva detto al ragazzo. Fabio si lasciò abbracciare rimanendo però fermo.

Sarebbe andato tutto bene, doveva andare bene. Bisognava solo impegnarsi perchè accadesse.

 

 

Brando si fissava le mani, incrociate sulla sua pancia, mentre il padre guidava verso casa.

“mamma sarà felicissima di vederti” tentò l'uomo ad un certo punto abbozzando un sorriso imbarazzato. Lui non disse nulla. “non parliamo di tua sorella poi... sei pronto sì? Ad avercela attaccata al collo per almeno un paio di giorni” provò a scherzare, ma il ragazzo non gli diede alcuna soddisfazione continuando a rimanere in silenzio. Roberto sospirò, gettandogli una rapida occhiata prima di ridare attenzione alla strada. Non era uno stupido, non si era mai illuso che sarebbe stata una cosa facile ... per entrambi. Lo guardò di nuovo, con una sola unica domanda che gli martellava in testa “Brando...” lo chiamò, con un tono talmente diverso da prima da convincerlo ad alzare la testa per guardarlo “potrai mai perdonarmi?” gli chiese a bruciapelo, con un tono di autentica sofferenza nella voce. Il ragazzo sospirò, inghiottendo dolorosamente il sasso che gli sembrava di avere bloccato in gola, indeciso su cosa rispondere. Alla fine decise per la verità “non lo so” disse debolmente, voltandosi verso il finestrino. Inghiottì a vuoto di nuovo. Non era stato facile rinunciare a vivere in una casa in cui ormai si sentiva completamente a suo agio, per un salto nel vuoto così, per la sua famiglia. Ma Giovanni gli aveva detto che, anche se sarebbe stata dura, ne sarebbe valsa la pena. E Brando si fidava di lui. Forse era l'unico adulto di cui si fidava.

Sentì un leggero vibrare all'altezza della coscia e estrasse con un gesto meccanico il cellulare dalla tasca. Sul display comparve un messaggio di Fabio

 

 

Sono lì con te <3

 

 

Semplice e diretto come era sempre lui. Sorrise brevemente stringendosi il telefono vicino al petto. Poi abbassò il finestrino al massimo e poggiò un gomito nel vano aperto sporgendo la testa fuori. Chiuse gli occhi mentre il vento forte gli spazzava via i capelli dalla faccia.

Non voleva pensare ora a tutto quello che lo aspettava nelle prossime settimane. Lo avrebbe affrontato con calma, un po' per volta, così come veniva. Ora voleva solo sentire il vento addosso, attraversarlo forte, come se potesse portarsi via con lui ogni paura che aveva.

 

 

  
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