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Autore: Aky ivanov    07/09/2020    2 recensioni
Kei Hiwatari & Hilary Tachibana
Sono lieti di invitarvi al loro matrimonio.
Sabato 15 Agosto 2020, ore 10:30
presso Villa Hiwatari Nagoya, Aichi-ken, Tokyo

Cosa può scatenare un semplice invito?
Più di quanto gli sposi e alcuni invitati avessero mai potuto immaginare.
[KeixHilary]
[YurixJulia]
Genere: Comico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Boris, Hilary, Julia Fernandez, Kei Hiwatari, Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Bentrovati intrepidi lettori!

Questo è un capitolo un po’ particolare, anticipo subito che la narrazione potrà sembrare più lenta rispetto ai precedenti, la lunghezza parla già da sé ma per esigenze di trama ci sono scene svolte contemporaneamente…e non posso aggiungere altro altrimenti ora sarebbe spoiler! >.<

Prima di lasciarvi alla lettura volevo cogliere l’occasione per ringraziare nuovamente tutti coloro che seppur silenziosi continuano a seguire la storia e Beatris Hiwatari, Pin e A_PTX4869 (spero tu riesca a recuperare i dati d’accesso al sito) per aver espresso le loro considerazioni sulla storia.

Sempre Beatris Hiwatari per averla inserita tra le seguite e le ricordate, Lilyyy_92 e Simorko per averla inserita tra le preferite.
Ve lo assicuro, sapere che state apprezzando la storia mi rende immensamente felice!

 

E le stelle stanno a guardare

~ Danziamo sotto le stelle~

 

 

Yuri lasciò scivolare le dita sul mobiletto in mogano al suo passaggio.

Le due bottiglie d’acqua ingerite nell’ultima mezz’ora per riacquistare i liquidi corporei evaporati nella fornace a cielo aperto avevano fatto effetto, lo avevano reso idratato ma gli avevano anche consigliato l’uso impellente di un bagno. La vista delle imponenti rampe di scale era però bastata a farlo desistere da utilizzare quello in stanza, optando per quello di servizio.

Oltrepassata la scultura femminile nell’incrocio di corridoi aveva seguito la direzione del braccio marmoreo proteso come gli aveva consigliato Kei, fino alla porta situata sulla destra da cui proveniva un leggero brusio.

Due colpi delicati sulla chiara superfice in noce accostata ed essa si aprì alla leggera pressione.

Yuri restò bloccato sulla soglia, uno scatto istintivo all’insù del sopracciglio alla vista di Boris a torso nudo spaparanzato su una cesta rettangolare di vimini, la camicia spiegazzata appesa all’estremità di due manici di scopa anch’essi issati sulla cesta, in linea sotto il getto del condizionatore. Come se la sua vista non fosse sufficiente, Ivan accompagnava il quadretto in mutande disteso sulle piastrelle esattamente di fronte all’altro con accanto il mucchietto dei suoi vestiti.

«Esattamente, cosa state facendo?» chiese dubbioso dopo alcuni attimi di silenzio in cui erano rimasti ad osservarsi a vicenda.

«Ci rinfreschiamo Mustafa, tu continua a vivere pure nei paesi arabi ma noi restiamo qui. Sai, Kei non ha una cella frigorifera e ci siamo dovuti arrangiare così»

Boris sollevò una delle palpebre calate indicandogli l’aggeggio chiassoso sulla sua testa, lasciandosi andare ad un lento, lungo e sospirato sospiro di piacere. Tra le quattro pareti del bagno adibito per gli ospiti aveva trovato il suo angolo di paradiso, la stanza vantava ormai un microclima a sé rispetto al Giappone.

«Ci sono! Sostituiamo quella pianta lì con un albero di Natale, giusto per accompagnare l’atmosfera!» la voce squillante di Ivan si unì al chiasso dell’apparecchio refrigerante, dopo la breva permanenza il russo più giovane sentiva di nuovo la vita scorrergli nelle vene.

«Sono le diciotto e trenta passate e il sole è ormai tramontato. Se foste voluti sfuggire al caldo avreste dovuto usare il condizionatore minimo due ore fa, come ha fatto il sottoscritto mentre quei tre cantavano» Yuri afferrò la maniglia roteando l’altra mano nell’aria, in un alquanto ironico ed elegante invito ad uscire «Comunque, io devo usare il bagno. Sloggiate»

Boris aprì entrambi gli occhi scuotendo la testa, per nulla al mondo avrebbe abbandonato la stanza della salvezza.

«Non ci penso neanche, cambia stanza tu»

«Il condizionatore lo puoi trovare anche nel soggiorno, io il water ce l’ho qui»

«Io sono arrivato prima di te»

«Ve lo giuro, siete insopportabili quando iniziate» soffiò tra i denti Ivan voltandosi a pancia in giù, la faccia affondata nel mucchio di vestiti nel misero tentativo di soffocarsi da solo pur di non ascoltarli. La tregua stipulata all’arrivo alla villa non aveva retto nemmeno le prime ventiquattro ore.

«Bene, puoi non ascoltarci uscendo tu per primo»

«Yu ma qual è il problema? Usa il cesso tranquillamente, non ci scandalizziamo a vedere cos’hai tra le gambe» Boris si rizzò con la schiena all’occhiataccia di ghiaccio constatando che forse pure il suo istinto di sopravvivenza era ormai congelato, un sorriso malizioso sempre più grande accompagnò il tono provocatorio delle sue ultime e alquanto probabili parole di vita «Oppure… il balletto della spagnola ti ha fatto venire qualche particolare fantasia e ora la devi sfogare qui solo soletto?»

Yuri – in quella che a Boris parve un’eternità – lentamente assottigliò gli occhi in due lame taglianti cerulee, unico segno di reazione lasciato trasparire sul volto altresì impassibile. Lo avrebbe ucciso mettendo in pratica anni di torture conosciute sulla sua pelle.

«No» un monosillabo che sembrava trasportasse il vento siberiano.

«Mmh, effettivamente ora che ci penso Julia non è niente male» Ivan inconsapevole della guerra silenziosa innescata a due passi da lui, ripensando alla danza di poco prima aveva sollevato la testa poggiandola sul palmo, parlando più a sé stesso che agli altri «Ha un bel fisico, con tutti gli allenamenti che fa e l’elasticità che si ritrova deve essere un portento tra le lenzuola»

Boris impedì con la forza alla sua risata di fuoriuscire alla vista dello scatto fatto da Yuri, la testa voltata in quel millisecondo verso Ivan che continuava le sue elucubrazioni sul corpo della madrilena con lo sguardo perso dinanzi a sé.

«Ha un sedere da urlo, con il vestito non si notava ma il body striminzito…wow, ha lasciato aperto un mondo. Capisco perché si esibisca con Raul che è il fratello, dove lo trova un altro che quando si piega per raccogliere i cerchi non dia inizio a uno spettacolo a luci rosse»

Yuri fissò Ivan nel suo stato scanzonato non vedendolo realmente, la mente dispersa in un’altra dimensione pervasa dall’irritazione.

Non era uno stinco di santo, quei pensieri li aveva fatti anche lui in altre occasioni su diverse ragazze ma ora si parlava di Julia, ed ogni qual volta lei entrava in gioco, la sua oggettività vacillava.

«Ehi piccoletto, non è che ti devo prestare la scatolina magica dei palloncini stanotte?» domandò Boris con una punta di sarcasmo nella voce, non perdendo di vista nemmeno per un secondo il suo amico dai capelli rossi che non batteva ciglio.

«Quanta generosità, deluso di averla portata ed essere rimasto a secco?»

«Nessuna mi soddisfa fino a questi livelli, però vedevo te interessato»

«Sì, ma non avrebbe senso. Julia non mi sembra il tipo da serata passeggera»

Yuri nonostante l’acqua ingerita si sentì la gola secca, provò a deglutire ma nemmeno la salivazione collaborava.

«Credo proprio di no, ma questo può dircelo solo chi è finito a letto con lei»

Boris aveva pronunciato la frase scadendo volutamente ogni parola carica di sarcasmo, al pari di un cacciatore che dopo ore di attesa mimetizzato tra le foglie scocca finalmente il suo colpo alla preda ingenua. Nelle sue intenzioni però non c’era alcun barlume di cattiveria, voleva soltanto assicurarsi di non aver frainteso la fonte dell’irritazione manifestatasi poco prima.

A malincuore ammise a sé stesso di aver fatto centro.

La preda braccata era morta, Yuri con lei.

Per Boris nessuno sussulta e perde colore quando alludi ad un episodio che per anni hai sentito classificato come “insignificante”.

La leggera suoneria folkloristica russa interruppe il discorso, Ivan senza troppi problemi rispose alla breve chiamata di Nataliya non cogliendo la piega nascosta nel discorso e le conseguenze derivate.

«Comunque Yuri… » Boris schioccò le dita un paio di volte per risvegliare l’attenzione del russo che come un automa aveva sollevato il volto cereo «Ti sarai pure salvato dal caldo ma il tuo aspetto non è migliore del nostro, dovresti guardarti allo specchio»

Yuri seguì reticente il suggerimento, Boris si stava divertendo a rigirare il coltello nella piaga?

Solo quando si ritrovò faccia a faccia con il suo riflesso capì di aver frainteso, il suo amico non alludeva al suo stato emotivo.

La camicia spiegazzata, privata della giacca ore prima, era arrotolata sulle braccia, mezza sfilata dai pantaloni con molta probabilità da quando in preda ad un raptus isterico per il caldo se l’era quasi strappata di dosso facendone saltare il primo bottone. Il gel non teneva più fermo nulla se non alcune ciocche che combattevano la loro resistenza e la punta del naso così come le guance erano leggermente scottate dal sole.

In sintesi, sembrava essere appena uscito da una guerra.

D’impeto si sciacquò la faccia, bagnando volutamente i capelli per togliere alla ben meglio la sostanza appiccicosa e legarli in un piccolo codino sulla nuca, ricordandosi al contatto gelido con l’acqua il vero motivo per cui si era recato lì.

«Finalmente vi ho trovato! Ivan ho portato la crema per le scottature che mi hai chie

Yuri evitò per un soffio la porta aperta da Nataliya che come lui era rimasta inizialmente sconcertata all’ingresso.

«Cielo benedetto, ci saranno meno di dieci gradi qui dentro!» esterrefatta corse vicino allo spaventapasseri improvvisato con la camicia per lanciarla dopo un’attenta occhiata addosso a Boris «Come hai fatto a ridurla in questo stato?! L’avevo accuratamente stirata ieri…rimettila. Rischi di congelare sudato come sei qua sotto!»

Boris si scostò il capo d’abbigliamento dal viso osservando perplesso la donna strappargli il telecomando di mano e spegnere il condizionatore, diretta immediatamente verso l’amico per terra.

«Ivan che ci fai completamente svestito!? Alzati! Rischi di prendere un malanno!» chinata su di lui prese la camicia completamente abbottonata lì per terra, chiedendosi per un attimo come il ragazzo fosse riuscita a togliersela, infilandogliela sulla testa a mo’ di maglioncino «Ci credo che mi hai chiesto la crema, hai il collo praticamente ustionato!»

La rimostranza di Ivan passò inascoltata mentre cercava di far sbucare le braccia oltre le maniche, Nataliya spostatasi alle sue spalle gli stava applicando la crema lenitiva sul collo ringraziando mentalmente gli anni addietro in cui il ragazzo aveva deciso di tagliar corti i capelli.

«Nataliya ma sei impazzita? Ridammi il telecomando!» tuonò Boris alzandosi dalla cesta su cui aveva gettato l’indumento.

«Non ci penso minimamente! Vi fa male troppa aria condizionata!»

«Senti zuccherino o mi dai quel telecomando con le buone o me lo riprendo con la forza» sibilò minaccioso ma non scalfì minimamente la donna, anzi, lei si rialzò da terra fronteggiandolo con aria di sfida.

«Accomodati»

Un’unica parola accattivante, un unico gesto.

Boris si fermò stringendo i pugni, era in quelle occasioni che capiva come avesse fatto a integrarsi così bene con loro. La vena subdola ce l’aveva nel sangue. Il telecomando nascosto nell’unico posto in cui non avrebbe mai potuto mettere le mani se ci teneva ancora alla vita e alla sua amicizia con Sergej, nello scollo del vestito.

Nataliya soddisfatta del risultato si esibì in un ultimo sorrisino prima di concentrare l’attenzione sull’ultimo russo non ancora tediato dal ruolo di mammina apprensiva.

«Yuri pure tu santo cielo, in che stato vai in giro?!» la donna senza attendere risposta si avvicinò cogliendolo di sorpresa, abilmente gli sistemò la camicia nei pantaloni ignorando il “no” pronunciato quando era ormai troppo tardi «Guarda la tua faccia! Come avete fatto a scottarvi sotto il gazebo?»

Yuri ancora intento a chiedersi se il contatto appena avvenuto rientrasse nella cosiddetta categoria “off-limits” di Sergey non bloccò le mani della donna che si posarono sul suo viso spalmando la lozione doposole per bambini.

«Nataliya dammi quel barattolo!» la frase interrotta dalla faccia smossa su e giù, il tanfo della crema sempre più pungente «Non sono Dimitrij, posso farlo da solo!»

«Non fare storie tanto ormai ho fatto» la donna chiuse il tappo del flacone e Yuri sospirò sollevato, una smorfia schifata nel tastare la faccia oleosa prima del nuovo attacco «Ma aspetta…se sposti i capelli così ti si vede il livido! Guarda come è diventato scuro! Boris sei da rinchiudere per averglielo lasciato»

«Dagli il bacino, così la bua passa»

Boris fu fulminato contemporaneamente da due paia d’occhi e malincuore provò un pizzico di delusione nel non ricevere il barattolo in testa come d’aspettativa.

Nataliya stizzita si lavò le mani facendo scattare un richiamo della natura messo da parte fino a quel momento.

«Yuri, potrei aver-» la frase non fu portata a termine, la russa si trovò delicatamente sospinta verso la porta.

«Nataliya ti ringrazio, dopo mi dici tutto quello che vuoi ma ora per favore esci»

«Non stai eliminando l’unica testimone per uccidere Boris, vero? In quel caso tranquillo, deporrei a tuo favore»

«No» Yuri sorrise leggermente all’espressione indignata dell’altro russo, arrivando finalmente oltre la porta che chiuse con una certa fretta «Ho solo bisogno del bagno»

 

 

Julia sfilò l’ennesimo fermaglio lasciando la chioma libera di ricaderle sulle spalle, dopo i volteggi la sua acconciatura aveva assunto una certa somiglianza con i cespugli del giardino.

Sorrise felice al suo riflesso ricordando il termine dello spettacolo, Yuri le aveva fatto un complimento donandole uno dei suoi migliori sorrisi e seppur a distanza, di certo non l’aveva immaginato.

Canticchiò allegramente il motivetto della canzone ballata, le gambe ancora incrociate sul pavimento e la spazzola tra i capelli ingarbugliati quando bussarono alla porta.

«Avanti!»

«Capisco perché Raul abbia parlato di testa fra le nuvole, sei ancora in alto mare eppure un vestito devi mettere»

Reclinò la testa alla voce divertita di Mao, individuando nella sua visione sottosopra anche Hilary e Mariam. Quest’ultima, piatto alla mano scrutava accigliata il tavolo pieno di cianfrusaglie per gli spettacoli e abiti di scena alla ricerca di uno spiraglio libero.

«Mio fratello esagera sempre, non può capire i dilemmi di una donna con i suoi capelli»

«Però…due giorni e questa stanza non è più così tanto anonima» Hilary non nascose il suo stupore guardandosi intorno, quando erano state preparate per gli ospiti le aveva definite “tristi”, tutte così uguali e ferme a venti anni addietro nell’arredamento; ora tra gadget, vestiti, fili colorati e fogli appesi in giro era tutt’altro discorso.

«Più che anonima, la definirei caotica» sussurrò Mao coprendo la distanza con la ragazza, sedendosi sulla poltrona accanto allo specchio dove un tubetto a pressione spara coriandoli esplose al contatto col peso bloccandole il battito «Appunto…una discarica»

Julia scoppiò a ridere ondeggiando le mani per scostare i pezzettini di carta colorata che le erano piovuti addosso, compatendo la povera cameriera che avrebbe dovuto sistemare quel caos «Hilary ora sicuro non ti dimenticherai di me! Per quanto uno pulisca a fondo tra qualche mese, anche anni, un coriandolo spunterà fuori!»

«Sembra la minaccia di un ex fidanzato schizzato» affermò sarcastica Mariam sedendosi accanto alla spagnola a tempesta di carta conclusa, la seconda portata presa dal tavolo ancora fra le mani «Ho capito, qui è una zona minata. Questo lo mantengo io finché non finisci di vestirti ma dopo lo mangi!»

Julia guardò confusa il piatto ed Hilary spostandosi vicino alla bruna le chiarì ogni dubbio «È il piatto del tuo secondo, Mariam lo ha visto sul tavolo e ha insistito per portartelo…effettivamente stava lì da più di mezz’ora»

La spagnola sorrise riconoscente andando a poggiarlo in un angolino del tavolo.

«A proposito della tua teoria dei coriandoli che non fanno dimenticare…questo vale anche per le persone?»

Julia lasciò il tovagliolo con le posate accanto al piatto, un’occhiata di sottecchi a Mao che guardava le sue unghie simulando un disinteresse che non le apparteneva associato alla domanda.

«Mh, può essere…Però è difficile per una persona nascondersi in casa come i coriandoli e apparire dopo anni» rispose infine mantenendo un tono tranquillo mentre si dirigeva verso il letto dove nella fretta precedente aveva gettato il suo vestito.

«Beh, indirettamente un invito per il matrimonio è pur sempre carta…magari quello può farla comparire improvvisamente»

Mao smise di osservare le sue dita concentrandosi su Julia che a sua volta ricambiava lo sguardo stringendo con forza l’abito tra le mani.

«Mao…» l’ammonì prontamente Hilary in un misto di rassegnazione e rimprovero per aver chiaramente ignorato la sua richiesta di non toccare l’argomento.

«Sono l’unica a non aver capito l’oggetto della conversazione?» chiese circospetta Mariam dopo aver squadrato e alternato lo sguardo su tutte loro, e i suoi sospetti vennero confermati dall’occhiata furente di Hilary diretta a Mao che ora sembrava sentirsi in colpa e che a sua volta aveva guardato Julia rimasta ferma sul posto.

Sospirò pesantemente, non le piaceva impacciarsi così dei fatti altrui «Se volete parlare liberamente vado via»

«No, Mariam tranquilla» Julia bloccò sul nascere il tentativo di alzarsi della ragazza, ai tempi non la conosceva bene per fidarsi di lei ma ora le cose erano nettamente diverse «Puoi restare, non c’è problema»

«Io volevo soltanto capire se ci fossi ricascata» proferì stancamente Mao lasciandosi andare contro lo schienale «E non per impicciarmi ma per assicurarmi tu non ti faccia male di nuovo»

«Mao apprezzo il pensiero ma no, non sto ricascando in nulla»

Julia lasciò scivolare via il body, sfilando una gamba, poi l’altra, pur di tenersi occupata e non stare lì a sentirsi una criminale nella stanza degli interrogatori.

«Quello che Mao voleva dire è che abbiamo notato a chi fosse rivolta la tua attenzione a fine spettacolo» si inserì pacatamente Hilary, lanciando una strana palla colorata presa lì intorno verso la cinese per intimarle di far silenzio «Ci ha ricordato molto la stessa felicità che avevi nei suoi confronti anni fa e… ci ha inevitabilmente ricordato anche i successivi mesi dopo la fine del quarto campionato in cui Raul non sapendo più cosa fare o pensare chiamava noi per chiedere spiegazioni sul tuo strano comportamento»

Mariam incrociò le braccia preferendo non dar voce alla sua osservazione, era stata invitata a restare ma comunque non le era stato chiarito l’argomento di discussione.

Julia rimasta in biancheria intima, infilò il suo vestito contorcendosi per allacciarlo e il ricordo di come ci fosse riuscita al mattino portò ancor più incessantemente il russo nei suoi pensieri. Non biasimava le ragazze, avevano mantenuto il segreto con suo fratello accaparrando le scuse più strampalate, cercando di farle compagnia nonostante fossero dall’altra parte del mondo ed era loro infinitamente grata.

Mao era perfino venuta a trovarla per qualche tempo partendo alle spalle di Lai che per tutta la durata della sua permanenza l’aveva chiamata incessantemente calato nel perfetto ruolo di fratello apprensivo.

«Lo so…e davvero, vi ringrazio di cuore per essermi state vicine. Ma, non preoccupatevi più del dovuto, ok?»

Hilary sospirò sconfitta andando in aiuto della madrilena, aveva provato dolore al suo posto nel vedere la posizione innaturale assunta dalle braccia per chiudere la cerniera.

Mao aveva battuto ripetutamente la francesina sulla moquette in un chiaro sintomo di nervosismo crescente, usato come metodo alternativo per tenersi occupata durante le belle parole dell’amica che finalmente aveva esaurito il suo compito.

Arrestò il picchiettio sbottando all’improvviso «Io davvero non capisco! Te lo concedo, è un bel ragazzo ci mancherebbe altro e te ne eri innamorata perdutamente, ma caratterialmente ed eticamente il mondo è pieno di persone migliori! Come Andrés, il tuo ultimo fidanzato! Quel ragazzo sarebbe andato sulla luna per te ma lo hai lasciato dicendo che non era il tuo tipo ideale…non era abbastanza glaciale?»

«Mao, cosa ti avevo detto prima di salire?» sibilò fra i denti Hilary mentre alzava la zip dell’abito.

«Non ci riesco! L’idea di vederla di nuovo così triste fa stare male me al suo posto! Tu non l’hai vista di persona in Spagna, strapparle un sorriso era un’impresa…ed è di Julia che parliamo!»

«Urlare e sbraitare come fai tu non mi sembra il modo corretto per farle capire il tuo punto di vista!»

«Pensavo l’avesse capito dieci anni fa quanto può essere insensibile Yuri!» Mao sbatté irritata le mani sulle gambe, Julia nonostante fosse la diretta interessata si era tirata fuori dalla discussione guardando un punto imprecisato nel buio oltre la finestra e questo la mandava in bestia. Lei si era preoccupata da morire a quel tempo «Se l’è portata a letto per poi sparire senza un misero messaggio, la storiella del “il primo amore non si scorda mai” non credo possa reggere con un tipo del genere!»

Mariam schiuse le labbra in un’enorme “o” capendo finalmente l’infervoramento generale, l’innominabile era il blader russo senza cuore.

«Ci siamo baciati stamattina»

Julia si torturò le labbra riportando l’attenzione nella camera dove un pesante silenzio era piombato. Hilary e Mao l’osservarono confuse, gli occhi lontani, quasi stessero cercando di metabolizzare, giungere a una conclusione logica.

Quasi per aiutare quel “Cosa?” appena sussurrato da Mao, o forse più per convincere sé stessa che fosse avvenuto davvero lo ripeté con maggiore convinzione aprendosi in un sorrisetto agrodolce.

«Fammi capire, prima ci dici di non preoccuparci e poi te ne esci così?!» Mao fu la prima a far scoppiare la bolla di pace. Piegata sulle ginocchia si massaggiò le tempie sperando di aver sentito male «E sentiamo, stavolta almeno ti ha dato una spiegazione?»

Boccheggiò a vuoto nel silenzio della non risposta, la sua amica non poteva essere davvero così autolesionista.

Hilary si accovacciò davanti il letto per guardare negli occhi Julia, la madrilena in un impeto nervoso si era chinata ad indossare i tacchi il cui gancetto proprio non voleva saperne di entrare «Hai parlato al plurale, quindi è partito da entrambi…mettendo da parte lui, tu perché l’hai fatto? Provi ancora qualcosa per Yuri?»

Julia con uno strattone lasciò perdere il suo intento iniziale sospirando sonoramente «Non lo so Hilary…pensavo di averlo chiuso quel capitolo della mia vita. Stamane, lui ha preso l’iniziativa ma io non mi sono tirata indietro ed è stato maledettamente bello. Forse è stato un incidente, forse no, io sono confusa ma credo lui non sia da meno» le dita giocherellarono nervosamente con il sottile braccialetto attorno al polso «Quando l’ho rincontrato ieri sera in cucina una parte di me ha avuto il sospetto di non essere stata tanto insignificante, probabilmente è solo una mia stupida illusione o una stramba coincidenza ma…aveva conservato qualcosa che non mi sarei mai aspettata di rivedere. Infondo è di Yuri che parliamo, anche se l’aura gelida che lo circondava mi è apparsa meno vistosa non ho avuto modo di passarci chissà quanto tempo insieme per dire se fosse cambiato o meno… ma in quel bacio scambiato oggi sembrava che questi dieci anni non fossero mai passati»

«Ma sono passati» rimbeccò Mao sconsolata alzandosi «Ripeterti le stesse cose credo non abbia senso, non l’hai sentite allora, non le ascolterai ora perché sei una maledetta testarda. Con te non si parla di sbattere la testa, tu non capisci qualcosa finché non te la rompi… L’unica cosa che ti chiedo è di stare attenta, sei grande e vaccinata per le tue scelte ma non farti nuovamente male affezionandoti a qualcuno che ti ha abbandonato una volta e potrebbe tranquillamente farlo una seconda…va bene?»

Julia annuì sorridendo dolcemente alla preoccupazione genuina, le voleva bene proprio per l’essere così schietta e diretta e nonostante cercasse di mantenere un cipiglio severo in quel rimprovero, dopo uno sbuffo Mao corse da lei ad abbracciarla.

«Tesoro ci conto, eh! Al primo problema dimmelo che ci penso io a far fuori Ivanov una volta per tutte!» chinata sulla ragazza le adagiò un bacio sulla fronte dirigendosi alla porta «Ora, scusami ma devo controllare quella piccola peste, ero salita per accompagnare Hilary nel suo terzo, e spero ultimo, cambio vestito trattenendomi più del previsto. Questa giornata sembra non finire mai!»

Julia notò solo dopo quelle parole il vestito rosso fuoco della brunetta, lungo fino ai piedi e adornato da ghirigori dorati su un lato della gonna che ora riversava in parte sul pavimento. Notò anche un’altra cosa, gli improvvisi occhi sbarrati di Hilary precipitarsi sulla sveglia.

«KEI! Mi sta aspettando da dieci minuti per tornare tra gli invitati!»

«Sposata da nemmeno mezza giornata e già dimentichi tuo marito» commentò sarcasticamente la cinese trascinando di peso l’amica che si stava ancora attardando a fare ulteriori raccomandazioni.

A porta chiusa Mariam tossicchiò leggermente per ricordare la sua presenza indicando il piatto non ancora toccato. La scoperta era stata sicuramente sorprendente, ma la sua curiosità era più spinta rispetto a quella delle altre due ragazze.

«Allora…mentre mangi, perché non mi racconti come se la cava Ivanov tra le lenzuola?»

 

«Très bon Raul!»

«Raul complimenti!»

Lo spagnolo si grattò la nuca imbarazzato, da quando era uscito dalla stanza aveva ricevuto decine e decine di elogi, primi fra tutti quella della signora Kazuko. Restava un caso disperato in quel campo, proprio non riusciva a mettersi al centro dell’attenzione come la sorella. Infatti, solitamente era Julia a ringraziare per entrambi ma quel giorno sembrava andare a passo di lumaca in ogni cosa immersa in un mondo tutto suo.

Rick lo prese in giro per quella modestia insensata assestandogli una poderosa pacca sulla spalla da togliere il fiato, bellamente seduto sulla sedia di Mystel.

In realtà dall’entrata degli sposi nel loro nuovo abito, con Ming Ming a briglia sciolta sul palchetto insieme alla band e con l’uscita delle portate bloccata, nessuno era più al proprio posto.

Il suo tavolo – il più vicino al manto erboso in cui si era esibito poco prima – era diventato un punto di approdo e ritrovo altalenante. I blader che passavano di lì prima o poi si fermavano a scambiare quattro chiacchiere proprio per l’ampia vista circostante garantita, ed eccezionalmente, ora più che meta occasionale sembrava essere divenuta la base segreta russa.

Boris seduto al contrario su una delle sedie osservava i primi avventurosi sul prato commentando nella sua lingua natia, Yuri di tanto in tanto svogliatamente annuiva poggiato al palo del gazebo provvisorio lì accanto mentre Nataliya era seduta sulle gambe di Sergej.

«Come mai si sono spostati qui?» Raul lo chiese in un sussurro a Brooklyn, l’unico reduce della formazione Bega ancora presente.

«Boris vuole godersi il panorama, Yuri tiene d’occhio i bambini, Nataliya sta evitando la vicinanza con Andrew…Sergej è pronto a uccidere Andrew» il ragazzo finì di arrotolare il filtro della sua sigaretta passando la lingua sulla cartina «Oh, se te lo stessi chiedendo Ivan manca all’appello perché Charlotte voleva ballare e il russo le stava simpatico»

Raul non poté chiedere un riassunto migliore. Il suo confabulare alle spalle non era generato dalla cattiveria ma dall’inquietudine che provava vicino a quei ragazzi nonostante gli anni.

Brooklyn si passò una mano tra i capelli alzandosi svogliatamente.

«A più tardi Raul, se mi cerchi sai dove trovarmi» ondeggiò la sigaretta tra le mani braccato immediatamente da Eddie e Claude che colsero l’occasione per scroccargliene una e andargli a fare compagnia.

«Rick tu non ti unisci alle danze?»

«Non ci penso nemmeno»

Raul ridacchiò all’espressione orripilata dell’americano, era difficile capire tutta quella avversione quando fin da bambino ti insegnavano a volteggiare e danzare in vista degli spettacoli.

Il suo era stato un misero tentativo di far conversazione, a parte Rick dubitava di poter intavolare una discussione con il resto del gruppetto al tavolo ma come se fosse stato letto nel pensiero, la donna russa si era aperta in un grande sorriso girandosi completamente nella sua direzione, elargendogli gli ennesimi complementi della serata e sottolineando l’apprezzamento dei suoi figli.

«Che sbadata, non ci siamo ancora presentati! Piacere, Nataliya!»

Raul ricambiò titubante la stretta di mano presentandosi a sua volta, l’occhiata in tralice di Sergej l’aveva gelato.

«Oh non far caso al mio maritino geloso, non ce l’ha con te» la donna rise divertita punzecchiando la guancia del biondo che la osservò scettico «Julia non è ancora tornata?»

«No, mia sorella si è persa davanti lo specchio»

«Tua sorella soffre di manie di grandezza, te lo ripeterò sempre» proruppe Rick distendendo una gamba su una delle sedie libere.

«Chissà chi mi ricorda» mormorò annoiato Boris spostando il piede in tempo per non farselo calpestare, il suo ex capitano doveva avergli messo qualche microfono addosso per sentire i bisbigli con la musica assordante «Dì un po’, hai imparato a leggere il labiale a mia insaputa?»

«Ti conosco, so a cosa hai pensato» la risposta giunta senza nemmeno voltarsi.

«Questo non è conoscere ma avere la coda di paglia»

Nataliya continuò la propria indagine chiacchierando con i due ragazzi, non le capitava tutti i giorni di attorniarsi di persone così loquaci e dovette ammettere che quello sport per lei a lungo sconosciuto aveva fatto convogliare le personalità più disparate.

«Cosa ridi Raul, lo sai benissimo da anni che mi sono laureato in economia!» Rick sbraitò offeso verso lo spagnolo, ogni volta che ne parlava era la solita storia nonostante lo sapesse già da due anni.

«Scusa Rick, ma non riesco proprio a vederti in giacca e cravatta rinchiuso in un’azienda come Kei»

«Ti sembra che ora indossi una camicia hawaiana e bermuda?! Pure questo è un completo elegante!»

«Lo so, lo so»

Rick rinunciò a far ragionare Raul, quelle poche cose che aveva in comune con la sorella erano le più fastidiose. Julia era scoppiata a ridere nello stesso identico modo quando li aveva invitati alla sua laurea, quasi si era sorpreso di non sentirla sghignazzare durante il suo discorso.

«Mao, ma le vuoi far fare la sauna?»

Yuri si coprì l’orecchio all’urlo di Boris, la piccola Lin poco distante era stata infagottata in un cardigan beige e per il russo etichettato come termosifone vivente quello era un affronto oltraggioso.

«Si è fatta sera, la temperatura è scesa! Quando avrai figli puoi farli morire di freddo se preferisci»

«È scesa a un livello vivibile non ai livelli del polo artico» bofonchiò sottovoce pregando per la sopravvivenza della bambina.

«Io mi chiederei quando si scarichino le pile di questi marmocchi, corrono da stamattina»

Rick mormorò la frase alzandosi con l’intento di fare una passeggiata, l’espressione piuttosto scettica riservata allo spagnolo rizzatosi in piedi repentinamente con lui.

Raul non aveva la minima intenzione di restare lì da solo.

 

 

«Dai Kei, è il vostro matrimonio!»

Emily sbuffò al ventesimo rifiuto, da buoni dieci minuti stava cercando di convincerlo ad andare a danzare con Hilary senza risultati. Il “no” categorico era stata l’unica risposta fino a quel momento pronunciata portandola a riflettere sul numero di parole di cui si componeva il dizionario “Hiwatari e il sociale”. Hilary le aveva consigliato di lasciar perdere ma se c’era una cosa che le riusciva bene, quella era perseverare.

«Ehi Emily, che succede? Ti si sente sbraitare oltre la musica»

Un segno divino, ecco cos’era Julia.

Emily abbracciò la madrilena d’impeto definendola un angelo, Julia stralunata ebbe solo il tempo di guardare confusamente Hilary prima di finire trascinata tra i cespugli a cospirare in perfetto stile gangster.

La ragazza dai capelli arancioni in pendant con il tubino turchese freneticamente riassunse la situazione: lei, Mathilda e Gianni avevano tentato di convincere Kei a ballare con sua moglie senza averla vinta, Rei per un breve momento aveva abbracciato la causa per poi darsi alla fuga a causa di una poco velata minaccia ed anche tutti gli altri avevano ben presto rinunciato lasciandola sola.

Julia ascoltò attentamente gettando un’occhiata veloce alla pista da ballo semi vuota dove gli unici erranti e coraggiosi ballerini figuravano tra le file dei musoni dell’azienda Hiwatari.

Un indice alzato di scatto per zittire Emily, un sorriso sinistro all’accensione della lampadina nella testa.

Lasciò la sua borsetta alla ragazza dirigendosi da Ming Ming, la cantante appoggiò divertita il piano improvvisato sedendosi sul bordo del palco con la scusa di fare una pausa. Drink alla mano annuì al dj dando inizio alle danze, la canzone pop sostituita da una melodia latino-americana.

Julia trascinò Emily in pista ancheggiando, le braccia alzate e abbassate per invitare i gruppi reticenti ad unirsi in quel ballo sensuale. Iniziativa appoggiata da pochissime persone: Max e Mariam, Michelle e Mathilda ed Olivier con una delle cameriere della festa che il caposala cercava invano di recuperare.

Soddisfatta, terminò il suo avvitamento seducente voltandosi con istinto predatorio in direzione del tavolo degli sposi, la distanza coperta in poche falcate. Kei impegnato a sistemare i polsini della giacca grigia fiutò il pericolo in ritardo, Julia materializzatasi dal nulla gli aveva afferrato la mano e la socia complottista sul palchetto non aveva perso l’attimo centrandoli con la luce di un faretto rosso.

«Hiwatari, scapperai pubblicamente ora?» il sussurro provocatorio nell’orecchio trovò base fertile.

Kei sperò con tutto il cuore di poter uccidere una persona semplicemente guardandola.

Stritolò volontariamente la mano alzandosi sotto l’attenzione di tutti, la spagnola non fece una piega camuffando il dolore con un sorrisetto all’urlo vittorioso di Emily nell’applauso generale.

«Oh, ora iniziamo a ragionare!» pochi passi convogliati al centro delle danze, la mano stretta in quella di Kei sollevata a mezz’aria, l’altra scesa su un fianco del ragazzo nei corpi pericolosamente vicini «Ma non restare come una statua di sale!»

«Julia, farò in modo che tu patisca una morte lenta e dolorosa entro stanotte» graduali e ben cadenzate parole affinché le sentisse solo lei nei primi e alquanto scoordinati passi. Fatica sprecata a detta di Julia, gli occhi infuocati parlavano da soli.

«Questo è il giusto espíritu caliente!» urlò divertita al di sopra della musica, una leggera piroetta per constatare nell’area circostante quanto suo fratello la capisse al volo. Con la medesima tattica aveva invitato una più che disponibile Hilary a ballare con lui «E adesso ghiacciolino mio, segui bene i passi! Il leader è l’uomo in questi balli non farmi fare brutta figura!»

«I tuoi genitori ti drogavano per tenerti ferma? Se sì, dammi il loro numero che chiedo come ti abbiano sopportata finora» una leggera smorfia alla fine della frase sputata con acidità, le unghie di Julia gli si erano conficcate nella carne. Quella pazza nemmeno fingeva di ascoltarlo.

«Non restare mai fermo, segui un percorso a circonferenza se ti riesce meglio» la mano risalì il corpo dell’ex blader fino a centro schiena, il tono da maestrina intriso di divertimento «Il ritmo è sempre lo stesso: piede indietro, piede avanti con balzo come se stessi calpestando un oggetto. Su, forza! Un, due, avanti e indietro… e NO! Non guardare in basso, tutto il tuo orgoglio dov’è finito? Occhi alti verso di me! Perfetto così, se ammazzerai i piedi di Hilary te ne renderai conto subito!»

Kei ebbe solo la possibilità di lanciarle un’occhiata accusatoria prima di ritrovarsi a ruotare su sé stesso come una trottola. Il vorticare bloccato dallo scontro con sua moglie a cui era stato riservato lo stesso trattamento.

Julia e Raul si diedero il cinque saltellando all’applauso generale che accolse la coppia dei neo sposini, i due stretti l’un l’altro avevano finalmente aperto le danze.

«Io al vostro posto non sarei così felice» sussurrò la ragazza avvicinandosi con movenze sinuose a Michael che capite le intenzioni non riuscì a scappare per tempo «Voi fate da soli, vero?»

Rei sorrise accondiscendente porgendo la mano in un galante invito a Mao, la donna poggiata la borsa accettò ben volentieri.

Julia appagata si dedicò al ribelle ballerino rapito che proprio non voleva saperne di muovere il bacino, ben presto scaricato ad Emily rimasta a danzare da sola attorno agli sposi.

Dimitrij e Anja le passarono davanti abbracciati, maldestramente impegnati a imitare i passi degli zii al centro delle coppiette danzanti ridendo come pazzi dei loro stessi scarsi risultati, spesso accompagnati dai ruzzoloni di entrambi.

«Dovreste prendere esempio da loro!» esclamò divertita indicando i bambini alla ricerca della prossima preda.

Takao ondeggiò le mani davanti a sé quando capì di essere il bersaglio designato.

 

 

«È una forza della natura quella ragazza»

Nataliya commentò allegramente la scenetta che si stava svolgendo sul prato, invidiando la nonchalance con cui Julia andava da una parte all’altra sui tacchi senza risentirne minimamente.

«Secondo me stanotte farebbe bene a chiudere la porta, Kei è davvero capace di ucciderla»

Sergej era seriamente preoccupato per la vita della ragazza, Hiwatari continuava a fulminarla con gli occhi ogni qual volta gli passava accanto. Lui invece non poteva negare di starsi divertendo. Dopo il povero Ivan che mandava ancora richieste d’aiuto a causa della bambina accollata a lui, Kei trascinato di peso era stato il miglior spettacolo della giornata.

Yuri tuttora poggiato al palo a braccia incrociate stava bloccando la propria circolazione, le dita strette spasmodicamente sugli avambracci. Julia era difficile da perdere di vista, uno dei riflettori le era costantemente puntato addosso quasi a farsi beffa dei malcapitati caduti nelle sue grinfie.

Malcapitati, quelli erano punti di vista.

Dubitava altamente che a qualcuno di quei ragazzi fosse dispiaciuta la breve compagnia, ad eccezione di Kei, lo sposino nemmeno si era reso conto di quanto lo spacco del vestito fosse scivolato sulla gamba abbronzata.

Julia dopo averlo lasciato ad Hilary si era dedicata alla creazione di coppie casuali, Takao e Dunga, Ralph alla nuova fiamma del mattino di Boris, Mystel e Lai ed altri che non ricordava minimamente, l’attenzione catalizzata esclusivamente su Julia.

Yuri storse gli angoli della bocca, Takao nella sua fuga alla chetichella aveva per un attimo oscurato la figura della donna, ed involontariamente si era ritrovato a seguire le azioni del giapponese piuttosto che lei. Gli aveva ricordato moltissimo i personaggi dei cartoni animati nei momenti di esplorazione silenziosa, ginocchia piegate e piccoli passetti sulle mezze punte sempre più veloci. Fin troppo veloci, senza riacquistare una postura corretta aveva iniziato a correre inciampando nel terreno e cascando proprio davanti al loro tavolo.

«Per la fame hai deciso di mangiare anche il prato?» Boris punzecchiò con un la punta del piede lo sterno di Takao ricevendo un mugugno soffocato e un ammonimento di Nataliya sul suo essere cinico.

Dopo alcuni colpi di tosse il giapponese massaggiandosi il naso si rialzò sputacchiando terra e fili d’erba.

«Nient’affatto, stavo fuggendo da Julia e i suoi strampalati accoppiamenti!»

«My friend non si abbandona così un compagno di ballo!»

Max cessato il suo volteggiare, mano nella mano con Mariam tra una risata e l’altra si era avvicinato a soccorrere l’amico, aiutandolo a spolverare la terra dai vestiti una volta messo in piedi.

«Max vorrei vedere te tra le braccia di Dunga

«Takao era soltanto un ballo!»

«Per una volta appoggio Takao, io quello scimmione ce l’avevo in squadra non mi sognerei mai di ballare con lui»

«Ecco! La tua ragazza almeno mi dà ragione!»

Boris sorrise sarcasticamente nella sua posizione contraria sulla sedia invitando Yuri a chinarsi a portata d’orecchio, un cenno verso Nataliya mentre bisbigliava «Quanto ci scommetti che tra poco le sia attiva la modalità “super mamma in azione”?» una piccola pausa in cui Yuri rimase in attesa divertito quanto lui prima di riprendere al pari di una telecronaca «Eccola, ha preso la borsa. Signori, frugare in quel marasma alla ricerca di un oggetto richiede grande coraggio! Quanta audacia in quell’esile corpicino tutto curve…ehi Yu! Non pizzicare!...Dicevo cari spettatori, il kit di soccorso è stato trovato! La scatolina delle meraviglie in grado di curarti anche nel deserto…ma, Yu può davvero starci tutta quella roba in una borsa?»

Yuri non seppe dare una risposta, da una borsa rettangolare larga all’incirca quindici centimetri era uscito di tutto: salviettine, crema solare, doposole, fazzoletti, biscottini per i bambini, cellulare, caricabatterie, chiavi – di cosa? La stanza?­ – cerotti, spray di ghiaccio istantaneo e altri oggetti che non aveva fatto in tempo a capire perché rimessi nella borsa.

La sua perplessità crebbe quando sentendosi osservato alzò lo sguardo verso Mariam che continuava a squadrarlo da capo a piedi con uno strano sorrisetto sulle labbra.

«Qualche problema?»

La donna scosse la testa non preoccupandosi nemmeno di essere stata colta in flagrante, il racconto di Julia fra un boccone e l’altro era stato fin troppo particolareggiato su alcuni aspetti «Nessuno. Scusami, stavo pensando ad un dolce che volevo assaggiare»

Yuri lasciò cadere il discorso considerando le donne fin troppo strane e diverse alle volte. Lì se una pensava ai fatti propri l’altra era una crocerossina in incognito. Nataliya fatto accomodare Takao gli aveva pulito il viso con un fazzolettino imbevuto, disinfettato il taglio – pure il disinfettante aveva portato? – e provveduto a spruzzare il ghiaccio sul naso.

«Takao aspetta! Fatti sistemare il cerotto!»

Takao fu costretto a risedersi ed aspettare l’applicazione del suddetto oggetto, ringraziando di cuore la donna a medicazione ultimata, forse persino esagerata.

Interruppe i suoi pensieri alla vibrazione del cellulare, fronte corrugata alla vista del mittente sconosciuto sul display «Una chiamata…in Giappone il prefisso è +81, perché questo numero inizia con +31?»

Sergej scrollò le spalle incapiente, seguito dal restante gruppetto. Max incuriosito si era sporto oltre la spalla del giapponese invitandolo a rispondere.

«È il prefisso dei Paesi Bassi» esordì con sicurezza Boris.

Al di là del destinatario che aveva appena premuto il tasto di risposta, tutti si erano voltati verso il russo piuttosto straniti da quella sicurezza. Yuri poggiato di nuovo al palo lo osservava dall’alto in basso sperando non centrasse qualche stramberia di Irina in quella conoscenza.

«Che c’è? Mi annoio in bagno» Boris sbuffò scocciato a quelle domande silenziose.

«E cerchi i prefissi degli altri stati mentre sei lì?»

«Dimmi Sergej, nel bagno di casa tua preferiresti trovarmi a cercare cavolate su internet o a guardare un porno?»

«Non entrerei a prescindere per evitare di soffocare»

«Shh…fate silenzio. Takao che sta succedendo?»

Nataliya con un gesto della mano li zittì all’istante, concentrata apprensivamente su Takao sempre più impacciato nel parlare in un misto di giapponese e inglese con alcune parole probabilmente inventate da lui. Il ragazzo rise istericamente frizionandosi i capelli, una mano repentinamente posata sul microfono del ricevitore e due occhi terrorizzati.

«Svetlana è un nome russo?» chiese concitatamente al gruppetto di tale nazione.

«Sì, perché?»

Boris non ricevette risposta, Takao era tornato a sbiascicare parole sconnesse che con la musica circostante non riusciva a comprendere. Max scosse la testa, nonostante la vicinanza all’amico non riusciva a dare un senso compiuto a quanto veniva detto.

«Scusate, nei Passi Bassi non c’è Amsterdam? Siete stati lì nemmeno due giorni fa, magari ha a che fare con questo» Mariam soppesò lo sguardo su ognuno dei ragazzi presenti, fermandosi su Max con un cipiglio più scuro e tagliente, lei ancora non aveva digerito quel viaggio nella capitale europea «Cosa è successo ad Amsterdam?»

Max sorrise nervosamente, i suoi ricordi dopo Kei stramazzato al suolo erano leggermente confusi «Nulla di cui tu debba preoccuparti, abbiamo ballato, ci siamo divertiti in qualche club…oh, ricordo di aver passato gran parte del fine serata con Ivan!»

Il biondino chiese un appoggio a Boris che in un impeto di clemenza confermò la sua versione.

Yuri alla domanda della ragazza istintivamente aveva cercato il professor Kappa nella folla, il ricordo del balletto insieme al giapponese fin troppo vivido nonostante tutto l’alcool ingerito. Era più forte di lui, quella scena aveva ricompensato tutte le ore di aereo.

Si morse le labbra voltandosi verso Sergej, due occhi improvvisamente vispi mentre cercava con tutto sé stesso di pensare ad altro.

«Amore, non hai niente da dirmi su Amsterdam?»

Sergej in un altro contesto si sarebbe preoccupato della strana inflessione sul nomignolo usato dalla moglie, ma quella conversazione l’avevano già avuta appena tornati e lui non aveva fatto alcunché. Ricambiò risoluto lo sguardo di Yuri seguito dalla perplessità di Boris alla sua frase «Yuri, no. Non iniziare di nuovo»

Mariam si chiese distrattamente se fossero i rari momenti in cui Ivanov sembrava umano ad aver conquistato la sua amica, il russo sorprendetemene sembrava vicino a uno scoppio di risate. Ma soprattutto, si chiese cosa fosse accaduto di così divertente da spingere persino lui a ridere.

«Ragazzi vi prego aiutatemi!» Takao supplicò all’improvviso, l’apparecchio telefonico di nuovo coperto per bloccare i suoni «C’è questa Svetlana che continua a dire di essere mia moglie! Dice che ci siamo sposati all’interno del night club quella sera di nostra spontanea volontà alla presenza di testimoni! Vuole venire a vivere con me prendendo il primo aereo! Avere dei figli! Passare la vita insieme!»

I ragazzi lo fissarono completamenti ammutoliti per qualche secondo.

Boris scoppiò a ridere affondando la faccia nelle braccia incrociate sullo schienale, Max sbiancò iniziando seriamente a pensare che i vuoti di memoria fossero un problema, Mariam non seppe se ridere o meno della faccia impaurita di Takao, Sergej scambiò un’occhiata preoccupata con Yuri le cui guance avevano assunto un colorito roseo per lo sforzo di trattenersi mentre Nataliya era scattata in piedi preoccupata a livelli estremi.

«Takao calmati un attimo, non puoi esserti sposato all’improvviso. Prima di tutto ci vogliono dei testimo

«Dice che era tutto regolare! Entrambi avevamo dei testimoni favorevoli all’unione!» il giapponese la interruppe freneticamente, goccioline di sudore lungo la fronte all’improvviso richiamo di suo nonno avvicinatosi a lui.

«Takao! Finalmente ti ho trovato! Dovevamo finire il nostro discorso sull’espansione della palestra»

«Nonno non adesso!» Takao esplose adirato scansando per un pelo il bastone da passeggio usato come arma bianca per punire il suo tono irrispettoso «Ok, ok! Scusami! Ma, sono occupato in questioni più urgenti con tua nuora al telefono!»

«Nuora?» l’anziano signore placò la sua ira ricomponendosi, un sospiro rassegnato dopo aver elaborato e decifrato correttamente la frase del nipote, alle volte faticava a capirlo «Takao, se hai trovato una fidanzata non è ancora nuora di nessuno…Comunque, eventualmente lo sarebbe di tuo padre non di certo mia»

«Oh, ora non ha importanza! La situazione è critica!»

«La prego di scusarmi un attimo» Nataliya interruppe con un piccolo inchino la risposta del signor Jey sul nascere, proseguendo con una certa urgenza verso il ragazzo dalla carnagione olivastra «Takao chi diavolo ti ha fatto da testimone?»

«Che ne so! Questa dice che era la brutta copia di Rambo!»

Il fracasso di una sedia urtata contro il tavolo si sentì distintamente anche con la musica, i bicchieri tintinnarono all’improvviso scossone attirando gli sguardi di tutti alle loro spalle, dritti verso il palo lungo cui era scivolato Yuri. Il russo rannicchiato per terra con le gambe attirate al petto scuoteva la testa ridendo sommessamente, brevi frasi in russo mormorate che non capirono nemmeno i suoi connazionali.

Se Boris rimase perplesso, il resto del gruppo estraneo a quelle manifestazioni di gioia lo fissava come se fosse un alieno.

Miriam istintivamente si era voltata verso la pista da ballo ma Julia impegnata con Andrew non si era accorta di nulla.

«Che gli prende ora?» chiese incerto Max indicando il ragazzo il cui volto era nascosto nell’incavo fra petto e ginocchia.

«Ha ricordato la sua parte preferita del viaggio ad Amsterdam» Sergej sospirò ignorando il suo ex capitano per parlare rivolto a Takao e alla sua pseudo sposa che stava spendendo un capitale con quella chiamata internazionale «Il prof Kappa, è stato lui il tuo testimone. Ad un certo punto della serata ha legato una cravatta a mo’ di fascia sulla testa, ballando con te sul cubo, non ricordi? Probabilmente quando vi abbiamo persi di vista è avvenuto il tuo matrimonio»

«Testimone? Matrimonio? Takao di che state parlando?!» nonno Jey iniziò seriamente a preoccuparsi dei guai in cui continuava a cacciarsi il nipote nonostante l’età.

«Io ricordo solo l’uomo travestito da donna che chiamava my kitty Rei» mormorò tra sé Max procurandosi un’occhiata scettica da Miriam, sempre più propensa a domandarsi cosa fosse effettivamente successo in quei due giorni.

«Ah vero, gli avevo comprato pure le orecchie da gatto in ricordo della serata ma non le ha accettate» Boris assunse un’espressione desolata ripensando al cerchietto peloso lanciato dalla finestra dell’hotel «Però, per dar retta alla rianimazione di Kei mi sono perso il balletto! Sapevo di doverlo lasciare lì per terra, Yu almeno ne è valsa la pena?»

Il rosso annuì di nuovo in piedi, tornato nei ranghi del suo autocontrollo.

«Kei ha avuto bisogno di una rianimazione?!» Nataliya non seppe se scioccarsi di più per la vicenda in sé o il menefreghismo con il quale Boris aveva pronunciato la frase, se Kei avesse tirato le cuoia un briciolo di compassione l’avrebbe provata?

«No! Non è mio il bambino!» Takao urlò al cellulare in preda alla disperazione, gesticolando come se la sua interlocutrice potesse vederlo «Non puoi aver scoperto di essere incinta in meno di due giorni!...Lo eri prima? Appunto! Non sono io il padre del bambino!»

«Sembra di stare in una telenovela»

«Boris please, non dirlo con quell’allegria»

«Io…credo di non sentirmi molto bene»

Max e Yuri accorsero immediatamente a sorreggere il povero vecchio le cui ginocchia avevano ceduto all’improvviso, Sergej preso uno dei menù lo invitò a sedersi sventolando il pezzo di carta.

Nataliya senza troppe cerimonie strappò il cellulare dalla mano di Takao «Svetlana, giusto? Ecco, sentimi bene cara, hai chiamato mio marito non il tuo. Qualunque cosa tu abbia fatto dubito fosse legale e possa avere valore…oh stai zitta! Sto parlando io!» marcò le ultime parole con irritazione distruggendo i timpani dall’altro capo del telefono.

Mariam le si accostò facendole un breve cenno con le dita, il vivavoce fu azionato e le due iniziarono a parlare alternativamente nel piccolo apparecchio scambiandosi un sorrisino sarcastico. Mariam emise un leggero colpo di tosse iniziando per prima, la voce ridotta ad un sussurro inferocito dritto nel microfono.

«Ed io sono la seconda moglie, una terza non ci serve! Te lo dirò una volta sola: richiama questo numero e assolderò un sicario lì ad Amsterdam»

«Prova a venire in Giappone ed io ti scuoierò viva»

«Accollagli il bambino e lo ucciderò davanti i tuoi occhi»

«Infine, YA ub'yu tebya rukami1»

Ci fu una pausa di qualche secondo, la russa allontanò il cellulare osservando il display compiaciuta «Ha riattaccato»

Restituì il cellulare al giapponese intontito che dopo qualche istante saltò addosso alle due ringraziandole in lacrime.

Boris si diede una pacca sulla spalla, complimentandosi con sé stesso. Sei anni prima Nataliya non avrebbe mai minacciato qualcuno in quel modo, era sicuramente merito delle ore trascorse con i suoi insegnamenti ad aver portato a galla quel lato malvagio. In più, non era niente male nemmeno l’altra donna, come era finita insieme a quel biondino innocente?

Max sorrise leggermente preoccupato per come la frase detta in russo sembrasse davvero l’ultimatum di un killer, Nataliya poteva non essere la giusta compagnia per la sua fidanzata. Mariam già da sé aveva inclinazioni pericolose senza che nessuno le incentivasse e quella sera sicuramente sarebbe tornata a far domande sul viaggio ad Amsterdam. Nonostante ciò, la sua preoccupazione maggiore sul momento fu un’altra: scollare il suo amico dalla russa prima che ci pensasse Sergej.

 

 

«Io l’ammazzo»

Hilary roteò gli occhi all’osservazione del marito.

Appena Julia passava nel raggio d’azione la frase veniva ripetuta come un mantra. Quella notte avrebbe dovuto segregarlo in camera per salvare la vita alla sua amica che al contrario di Kei, lei continuava mentalmente a ringraziare per la sua imprudenza. Solo una sconsiderata avrebbe osato andare contro di lui e Julia era in cima alla sua lista di amici avventati.

«Ti fa così schifo ballare con me?»

Kei si voltò pesando bene la sua risposta, non gli piaceva come Hilary aveva posto la domanda. Dal tono utilizzato sembrava dipendesse il destino della sua vita coniugale, passata in camera da letto o su un divano.

«Sai benissimo che non è così» ribatté piatto sollevando un braccio per farla volteggiare.

Conosceva l’amore di Hilary per il ballo e avrebbe anche cercato di accontentarla prima del fine serata. Il suo intento era invitarla in uno degli angoli remoti del giardino lontano da quella massa di impiccioni, dal giudizio altrui ad ogni singolo passo e dalle battutine sarcastiche che circolavano da una parte all’altra.

Sarebbe stato tutto estremamente riservato, invece no, la rompiscatole della Spagna aveva dovuto mettersi in mezzo.
Tra suo nonno che lo fulminava con gli occhi, il padre di Hilary che sbuffava ogni qual volta abbassava una mano di troppo, Gianni che continuava a passargli vicino abbracciato alla fidanzata di Ralph suggerendogli le giuste posizioni da mantenere e Daichi che se la rideva della grossa commentando con Hitoshi indicandoli, sentiva la sua misera pazienza precipitare a bassissimi livelli di tolleranza.

Nemmeno al suo matrimonio lo lasciavano in pace.

Hilary delineò le labbra in un sorriso spostando le braccia attorno al collo di Kei, non era certamente incline a quelle effusioni pubbliche sfrontate ma il leggero bacio a fior di labbra le sembrò inserito nel contesto più adatto. Il suo amato stava sacrificando sé stesso in quel momento, la rigidità della postura era percepibilissima sotto la stoffa anche se lui non sembrava essersene accorto.

«Kei adesso farete un bambino, vero?»

Il chiamato in causa alla domanda squillante morse accidentalmente le labbra di sua moglie, un moto d’ansia interiore al pensiero di un pargoletto urlante in giro per casa. Si voltò lentamente verso la saltellante sorellina di Max accanto a loro, mano stretta intorno a quella di uno sconsolato Ivan. La bambina doveva averlo scambiato per un compagno di giochi per via della statura.

«Charlotte ci siamo appena sposati, è ancora presto» Hilary ridacchiò leggermente allungando una mano a scostare la frangetta dagli occhi della ragazzina «Potrebbe succedere quando meno ce l’aspettiamo. Tra qualche mese, anche anni oppure giorni, chi lo sa!»

«Io al tuo posto toglierei la possibilità di qualche giorno e mi procurerei un defibrillatore in casa» commentò sarcasticamente Ivan ondeggiando ancora lentamente con Charlotte per star loro affiancati «Tuo marito sembra stia per avere un attacco di cuore»

Hilary osservò il pallore sul volto del suo uomo sospirando leggermente.

«Già stanchi?» si inserì Rei nella conversazione avvicinandosi con Mao dall’altro lato della coppia, un’occhiata più attenta e preoccupata verso il bicolore mentre ballavano sulle note di un qualche motivetto spagnolo senza testo «Kei sicuro di sentirti bene? Non hai una bella cera»

«Effettivamente, hai mangiato qualcosa che ti ha fatto male?» continuò la donna dei capelli rosa non nascondendo una certa preoccupazione.

«State tranquilli, si parlava solo di futuri bambini»

Alle parole di Ivan la testimone di nozze si fece improvvisamente attenta, gli occhi sfavillanti rivolti alla migliore amica in un misto di eccitazione ed impazienza «In nome del cielo, sei incinta e non mi hai detto niente?!»

«Ma che hai capito! La ragazzina ha chiesto loro se avrebbero fatto un figlio» Ivan sottolineò l’affermazione sollevando da terra con nonchalance la ragazzina, sfortunatamente per lui ella trovò divertente il gesto affezionandosi ancora di più.

Kei allentò la presa su Hilary asciugandosi la fronte, stava sudando e non era da lui farlo per una conversazione. Probabilmente aveva esagerato con il vino senza rendersene conto e quello era il risultato, non doveva fasciarsi la testa per delle stupide battutine.

Inspirò profondamente assicurando a sé stesso l’assenza di pericoli.

«Oh, quindi non sei incinta?»

Kei abbassò lo sguardo su sua moglie, la domanda sconsolata di Mao sospesa nell’aria.

Hilary rimasta in silenzio aveva scosso di scatto la testa voltandosi verso la sua amica avviando una di quelle comunicazioni non verbali di cui spesso si era ritrovato spettatore. Mao inclinato il capo aveva assunto una smorfia perplessa, Hilary in risposta aveva battuto il piede a terra arrestando il ballo e rimarcando qualcosa con un leggero movimento del capo. Senza ottenere il risultato sperato sua moglie aveva rivolto il viso nuovamente verso di lui.

La linea sottile delle labbra tremolante, un titubante sorrisetto di circostanza.

Kei restò a fissarla chiedendosi se fosse soltanto una sua impressione l’improvviso silenzio palpabile attorno a loro.

Mao lasciatasi sfuggire improvvisamente un’esclamazione sorpresa aveva guardato Rei, volatilizzandosi nel giro di un microsecondo insieme a lui seguiti pochi istanti dopo da Ivan. Il russo accalappiata la bambina l’aveva trascinata con sé lasciandogli una pacca sulla spalla.

Hilary era ancora bloccata sul posto non accennando a muoversi, una leggera risatina isterica.

Kei sperò di aver capito male.

«Hilary…sei incinta oppure no?» la voce salì di un’ottava, nuove goccioline gli imperlarono il viso sentendole ricadere lungo le guance.

Kei batté le palpebre ed Hilary scomparve insieme a tutta la festa e agli invitati.

L’ambiente circostante sostituito dal suo studio personale all’interno della villa circondato da quattro mini Hiwatari starnazzanti. Doveva essere uno scherzo della sua mente, Hilary gli aveva appena accennato la questione non potevano essere già nati. Un battito di ciglia ed era seduto alla scrivania, un pargoletto in lacrime fra le braccia che proprio non voleva saperne di bere il latte. Altri strepiti provenienti dal secondo bambino seduto a terra circondato da cataste di pannolini sporchi che continuava a togliere uno dopo l’altro aumentando la montagna nella stanza, invece il terzo scavata la galleria in quel mucchio puzzolente gattonava allegro verso il balcone. Si alzò di scatto per recuperare il figlioletto sucida bloccandosi a mezza strada, il quarto era coperto di sangue per aver preso in mano Dranzer tagliandosi con una delle lame.

Non poteva essere vero, il suo dovere era portare avanti l’azienda appena eredita non mettere su famiglia così precocemente.

«Kei…Kei! Mi senti?»

L’uomo si riscosse fuoriuscendo dalla proiezione ovattata della sua mente, il martellare della musica era ritornato, lui era ancora in piedi nel prato abbracciato a sua moglie che lo stava scrutando preoccupata. Annuì non del tutto convinto.

«Dimmi che non sono quattro»

«Quattro cosa?»

«Bambini. Dimmi che non ne aspetti quattro»

Hilary strabuzzò gli occhi scoppiando a ridere dopo alcuni secondi, Kei non ci trovò nulla di divertente.

«Kei ti prego tranquillizzati, non aspetto nessun bambino. Volevo solo vedere una tua reazione…dire che ne sei totalmente terrorizzato è riduttivo!»

Kei sentì il suo respiro tornare regolare, era stato tutto uno stupido scherzo. Fulminò con gli occhi sua moglie che continuava bellamente a prenderlo in giro mentre riprendevano a ballare, ci era cascato in pieno.

«Non ne sono terrorizzato» rispose piccato guardando verso un punto imprecisato alla sua destra «Stavo soltanto riflettendo sull’eventuale ipotesi. Già ci tocca tenere in casa quella palla al piede di mio nonno perché ce l’ha imposto l’avvocato, sai benissimo dove vorrei che fosse in questo momento. Ho appena preso in mano totalmente l’azienda a cui dovrò fare innumerevoli cambiamenti e…i bambini di certo non erano nelle priorità a cui stavo pensando»

«Mh…Però in futuro, ti dispiacerebbero?» domandò a bruciapelo la donna ruotando il volto del marito verso di lei.

Kei non rispose immediatamente, anche se il “no” era balenato subito nella sua testa.

Accanto alla negazione aveva fatto capolino il primo incontro con i due gemellini russi, si era trovato a Mosca quando avevano già compiuto un paio di mesi e quasi aveva stentato a credere che quei piccoli bambini potessero essere davvero i figli di Sergej. Si era sentito strano quando Dimitrij gli aveva stretto il dito e Anja aveva iniziato a ridacchiare guardandolo, non meno di quando aveva visto i suoi ex compagni di squadra osservare i bambini con espressione ebete per svariati minuti. In quell’occasione un pensiero su un futuro bambino con Hilary l’aveva avuto, così come il giorno della nascita di Lin.

Ricordava il sorriso emozionato di Rei mentre nella sala dell’ospedale lo invitava a prendere in braccio quell’esserino minuscolo raggrinzito. Di primo acchito era rimasto quasi schifato da quella pelle rossastra e grinzosa ed era stato immensamente grato ad Hilary di avergliela tolta dalle mani. Aveva temuto di romperla, farla cadere, di far del male a quel tesorino così fragile.

«No, se capitasse non mi dispiacerebbe» rispose infine ricevendo un’espressione soddisfatta in cambio «Conoscendoti non mi sorprenderei se ora mi dicessi che non era uno scherzo ma volevi tastare il terreno»

«No, puoi stare tranquillo»

Hilary ridacchiò poggiando la testa sulla spalla del suo uomo lasciandosi cullare da quel ballo dondolato.

 

 

Yuri impedì ai propri muscoli facciali di reagire.

Dopo la breve parentesi con Takao, il tavolo era tornato ad essere unico punto di ritrovo per la sua squadra.

Annoiato a morte data l’assenza di altre alternative aveva deciso di concentrarsi nuovamente sulla pista. Una punta di rimpianto per aver scelto quell’opzione.

Julia dopo essersi separata da Andrew era stata invitata da Garland.

Lei ovviamente non si era tirata indietro avvinghiandosi senza pudore per quel ballo indecente che Nataliya aveva definito bachata e a giudicare dalle movenze eseguite con sicurezza loro due sembravano gli unici a conoscerne i giusti movimenti.

Il sangue di Yuri ribollì nelle vene, per quanto fossero esigenze di danza proprio non riusciva a buttar giù quello scuotimento di bacini così vicini. Entrambi i corpi si muovevano integralmente, l’ondeggiare dei fianchi di Julia più pronunciato rispetto a Garland, ora attaccato difronte a lei, l’attimo dopo dietro di lei quello successivo con la gamba posizionata al centro tra quelle di Julia che rideva spensieratamente.

Yuri distolse lo sguardo seccato sedendosi insieme agli altri, le spalle volutamente rivolte alla pista.

Boris continuò a guardare indisturbato verso la confusione sul prato, seduto sulla sedia ruotata al contrario accanto al suo ex capitano. Il volto semi affondato nelle braccia poggiate allo schienale.

«Qualche problema?» la domanda fu posta flebilmente, a malapena udibile.

«No»

Per nulla convinto Boris mosse lievemente la coda dell’occhio in un’occhiata fugace non aggiungendo altro.

Yuri gliene fu estremamente grato, si sentiva confuso. Da tutto.

Metà della sua vita l’aveva passata privato da qualunque tipo di emozione, desiderando inconsciamente di poter vivere normalmente come gli altri. L’altra metà la stava vivendo finalmente libero ma desiderando la sparizione di tutti quei sentimenti contrastanti.

Al centro di quel percorso c’era stata Julia, lei aveva minato ogni certezza con la sua irruenza, voglia di vivere, gioia, amore. Non avrebbe mai dimenticato lo sguardo regalatole dalla ragazza in quella fatidica notte, lo aveva marchiato a fuoco sulla pelle.

Lei aveva donato tutta sé stessa, lui non era riuscito a fare altrettanto.

Julia non immaginava neanche lontanamente quanto fosse stata importante, d’altronde non leggeva nel pensiero e lui non lo aveva mai ammesso verbalmente. Era stata l’ancora di salvezza a cui inconsciamente si era aggrappato per non precipitare a fondo nel marasma oscuro fatto di odio, rancore e tutte tutti quei sentimenti negativi che per anni il monaco gli aveva inculcato come passabili. Ma, aveva capito quanto lei fosse fondamentale per lui quando era ormai troppo tardi per rimediare e quella consapevolezza aveva fatto persino più male delle punizioni di Vorkov, perché non era una ferita fisica che si sarebbe rimarginata ma una cicatrice più profonda che non sarebbe riuscito a cancellare.

Dopo quell’ultimo giorno insieme aveva rinchiuso tutto l’affetto provato per lei in una scatola immaginaria, messa in un’altra scatola a sua volta racchiusa in quel percorso infinito finendo per blindarla anche a sé stesso. Al pari di quelle vecchie cose confinate in soffitta che si saprà sempre dove andare a cercare in un impeto nostalgico, Yuri sapeva benissimo che sotto quegli strati il ricordo di Julia imperterrito sarebbe sopravvissuto.

Quei contenitori d’altro canto si erano logorati col tempo o più semplicemente era stato lui a dargli letteralmente fuoco quella mattina lasciando tornare prepotentemente al proprio posto tutto quello provato per lei.

Il come e il quando avesse iniziato a guardare Julia non più come una semplice conoscenza ma con gli occhi di quel sentimento indefinibile, Yuri non lo sapeva. Poteva essere stato un passaggio graduale o repentino, innescato da un singolo gesto o da tutte le attenzioni che lei gli aveva dato ma alla fine del tutto lei era arrivata. Lei, quella consapevolezza che lo aveva lasciato disorientato.

Julia non era più una conoscenza ma nemmeno un’amica, era diventata qualcosa che andava oltre.

Oltre, Yuri per giorni si era tormentato sul significato di quella parolina rigirando il cellulare tra le mani non riuscendo a fare quella maledetta chiamata. Al di là dello stadio di amico per lui si apriva un mondo sconosciuto e un briciolo di comprensione verso quel posto ignoto l’aveva avuta soltanto anni dopo l’esperienza con Julia, quando Sergej aveva ammesso di essersi fidanzato con Nataliya.

Aveva ascoltato i dubbi del suo amico facendoli propri, rigirando le domande a sé stesso aventi per soggetto Julia ed era arrivato alla conclusione che lei fosse più importante di quanto inizialmente aveva creduto e che per quanto non volesse ammetterlo era diventata una presenza vitale per lui già dieci anni prima.

Ed era stato in quell’occasione che aveva scrollato la rubrica fino a trovare il suo numero, oscillando il dito sul nome senza mai premerlo.

Yuri se lo era chiesto, cosa avrebbe dovuto dirle?

Ciao, sono Yuri, il pezzo di merda di cui aspetti la chiamata da quattro anni.

Non gli era più sembrato il caso, il giorno seguente era andato a compare un cellulare nuovo, il vecchio era volato giù dal terzo piano.

Boris gli aveva fatto notare che i telefoni cadono in linea retta se sfuggono di mano e non vengono trovati a dieci metri dalla struttura della presunta caduta ma l’aveva totalmente ignorato.

Con i se e con i ma non avrebbe mai raggiunto alcuna soluzione, non l’aveva trovata a tempo debito, non l’avrebbe trovata ad occasione perduta.

Yuri faticava solo a pensarla la verità ma aveva ceduto. Si era arreso alle sue paure.

La felicità era effimera e lui non l’avrebbe potuta raggiungere o mantenere, aveva mollato prima ancora di provarci. La paura di restare ferito aveva prevalso.

Ingenuamente aveva creduto che cessare di rimuginare sulla faccenda fosse la strada più facile.

Il tempo aveva guarito le cicatrici del monastero, avrebbe sistemato anche quell’insana attrazione.

Insulso effetto placebo.

Le sue convinzioni si erano rivelate un precario castello di carte.

Julia aveva riempito un vuoto, andandosene ne aveva lasciato uno più grande e quella mancanza il tempo l’aveva preservata facendola tornare prepotentemente a galla appena l’aveva rivista.

Yuri sospirò amaramente, lo sguardo saettato ti tanto in tanto alle sue spalle sulla coppietta in grado di fargli contorcere lo stomaco.

Doveva avere una qualche inclinazione masochista.

Nataliya sorrise teneramente al tamburellare agitato delle dita di Yuri che sovente, con la scusa di rifarsi il codino, lanciava fugaci occhiate stizzite alle sue spalle. Lui non doveva essersi accorto di essere osservato altrimenti non avrebbe lasciato un’incrinatura tanto visibile.

L’aveva notata la distrazione dell’amico a inizio pranzo ma non gli aveva dato peso, solo con le acrobazie dei gemelli era giunta l’illuminazione.

La felicità negli occhi di Anja era stata nulla se paragonata a quella di Yuri.

«Ho voglia di ballare» decretò all’improvviso attirando su di sé le attenzioni del trio.

Sergej impallidì vistosamente accaparrando ogni genere di scusa, dal tendine infiammato al mal di stomaco, simulando il tutto con smorfie di dolore ben studiate che fecero alzare gli occhi al cielo alla moglie.

«Va bene, ho capito. Cercherò un altro cavaliere»

Gli altri due tirarono un sospiro di sollievo quando la videro allontanarsi, lasciando Sergej a corrodersi il fegato nell’ipotetico caso Andrew avesse provato ad avvicinarla.

Boris sorrise compiaciuto quando Nataliya bloccò il volteggiare della fatidica coppia appropriandosi di Garland come partner di ballo, sempre più convinto che la donna fosse una strega con la sfera di cristallo per riuscire a capire tutti loro così bene.

Julia non aveva fatto alcuna storia per quella perdita ma l’ansia generale degli invitati di essere trascinati sotto i riflettori era cresciuta a dismisura col diavolo spagnolo di nuovo in libertà.

Boris si dispiacque per il suo amico intento a leggere svogliatamente l’etichetta del vino piuttosto che a godersi la scena. Un sorriso subdolo rivolto all’altro componente del tavolo quando le mani di Garland scesero sui fianchi della russa.

«Sergej non fare quella faccia, almeno non è l’inglese!»

Il biondo lo guardò in cagnesco trattenendo a stento il nervosismo «Chi se ne importa se inglese, americano o persino turco! Sempre uomini sono!»

Yuri lasciò andare la bottiglia sorpreso da quell’esternazione così esplicita, solitamente Sergej evitava di mostrarsi apertamente geloso proprio per non sentire le frecciatine di Boris.

«Accidenti, Andrew ti ha proprio fatto infuriare»

«Boris, meglio per te se taci»

«Però, non credo ci sia un turco. In compenso puoi pensare all’italiano, al francese, al tedesco, al giapponese, al cine-»

Boris si interruppe scoppiando a ridere, Sergej aveva tentato di colpirlo con la borsa della moglie finendo con il rovesciarne il contenuto sul tavolo. Yuri compatì il suo povero amico aiutandolo a raccogliere le mille cianfrusaglie non capendo in un primo momento i suoi occhi sbarrati.

«Sergej?»

«Yu…ti conviene voltarti»

Al termine della frase Yuri non ebbe il tempo di farlo volontariamente, afferrato per una mano si era trovato voltato e tirato in piedi all’improvviso e non ebbe dubbi su chi l’avesse alzato di peso. L’aroma alla pesca l’aveva preceduta, l’unica probabilmente ad avere ancora un odore decente dopo quelle ore infernali.

Strizzò leggermente gli occhi accecato dalla luce puntata su di loro, Julia se la portava dietro da inizio danze così come l’odiosa vocina di Ming Ming che aveva pronunciato il suo nome fin troppo divertita. Essere al centro dell’attenzione come blader era un conto, come preda un altro.

«Stare troppo tempo seduto fa male» la mano intrecciata saldamente alla sua per impedirgli di ritirarsi.

«Julia, non ci provare» la minaccia ben poco velata detta a denti serrati.

La donna fece finta di non ascoltarlo, l’intenzione di trascinarlo con lei ben evidente ma nonostante gli allenamenti ginnici non riusciva a smuoverlo di un centimetro. Il problema di Yuri fu l’aver dimenticato di avere un deficiente come amico, Vorkov poteva aver avuto ragione nell’insistere sul non fidarsi di nessuno. Boris l’aveva spintonato facendogli perdere l’equilibrio.

Yuri rivolse un’occhiata omicida al suo indirizzo ricevendo in cambio un saluto d’addio con tanto di fazzoletto di stoffa ondeggiato, melodramma contrastante con il sorrisetto da schiaffi che aveva stampato sulla faccia. Altro, che schiaffi, Yuri l’avrebbe preso a pugni.

Quella spinta aveva dato piena libertà a Julia di trascinarlo in mezzo alla calca.

La musica rallentò divenendo più tranquilla, segnale d’allarme per un ballo decisamente più intimo e riservato.

Julia sorrise seducente non scaricandolo ad alcuno come aveva fatto con le altre vittime sacrificali. La mano poggiata sulla schiena, il corpo a stretto contatto con il suo da bloccargli il respiro. Assecondò la spinta della spagnola, muovendosi con lei pur di non restare imbambolato ad attirare più occhiate curiose del necessario, riuscendo nell’intento di far scollare da loro quella fastidiosissima luce.

«A che gioco stai giocando?»

Julia si distanziò volteggiando su sé stessa, tornando più vicina di prima con lo slancio.

«Nessuno, Gianni aveva proposto una scommessa: portare la persona più reticente in pista» un sorrisino trionfante verso l’italiano intento a confabulare con altri blader guardando nella loro direzione «Credo di aver appena vinto»

L’aveva trascinato lì solo per una sfida, null’altro.

Yuri dovette rallegrarsene, avrebbe evitato di darle una nuova delusione, questa volta l’aveva ricevuta soltanto lui.

«Perfetto, posso tornare a sedermi»

Julia ebbe improvvisamente freddo, dopo anni udire quel tono glaciale privo di emozioni faceva un certo effetto.

Istintivamente aveva rafforzato la presa non permettendogli di andare via, non che potesse davvero impedirglielo. Yuri si sarebbe potuto divincolare con facilità ma nonostante le sue parole non lo stava facendo.

Si era contraddetto.

«Allora fallo» come lei del resto.

Un tuffo al cuore alla mano improvvisamente libera, Yuri l’aveva fatto davvero. Non era più una ragazzina ma fermare il groppo in gola era stata un’impresa titanica, cosa si era aspettata del resto? Avevano innescato un rapporto contorto da quel mattino senza giungere a capo.

Tutto vorticò, la sensazione di caduta nel vuoto le attanagliò le viscere e un urletto le sfuggì dalle labbra.

I capelli le ricaddero ai lati del volto dopo il movimento repentino, schiena inarcata ed espressione sorpresa riflessa nelle pozze azzurrine incredibilmente vicine, il respiro caldo del russo sulla pelle.

La musica era cessata.

Yuri l’aveva la lasciata per afferrarla in vita in quel casquet improvvisato, sorprendendola oltre ogni misura.

«Nataliya. Al matrimonio di Sergej ha insistito di poter ballare con tutti noi»

No, la domanda che premeva sulla lingua di Julia non era rivolta alle ragioni delle sue, fino a quel momento sconosciute, doti da ballerino. Voleva chiedergli di chi fosse il cuore a battere all’impazzata a quel contatto ravvicinato e se era l’unica a mentire ancora a sé stessa.

Yuri si rizzò aiutando la ragazza a tornare in posizione eretta, lo spacco della gonna aperto sensualmente sulla gamba e il braccio ancora avvolto intorno alla sua vita. Non era riuscito a staccarsi da lei.

Garland e Nataliya erano passati alle spalle di Julia proprio quando lo aveva sfidato ad andarsene, l’immagine della madrilena sostituita a quella della russa fra le braccia del giovane era stato un pugno nello stomaco.

L’ incentivo a restare nonostante fosse stato usato per vincere una sfida.

Lasciò scivolare la presa bloccandosi a metà, Yuri non seppe dire chi dei due artigliò per primo la mano dell’altro alle note iniziali di “Viva forever”.

Yuri non aveva mai creduto nel caso, era fermamente convinto che la maggior parte degli accadimenti e situazioni della vita derivassero dalle scelte individuali di ognuno. Lui aveva accettato con Boris l’invito di quel monaco pazzo nelle gelide strade di Mosca (*), lui si era autocondannato a quel tempo senza volerlo. Le sue scelte l’avevano portato a rimettere in gioco la sua vita, proprio quelle l’avevano mandato in coma ed infine, sempre quelle l’avevano portato a perdere Julia. Nonostante ciò, la canzone appena cominciata non poteva essere altro che frutto del caso, di un’ironica coincidenza.

Uno scherzo del destino che voleva farsi beffa di lui.

Dieci anni prima, una notte in albergo, la radio accesa per coprire qualunque altro rumore, la prima canzone, l’unica che ricordasse ancora a distanza di tempo era appena cominciata.

Il numero di persone tutt’intorno subì un calo, c’era qualcosa di non detto nell’aria su come e quanto ogni melodia potesse essere assimilata ad una relazione sociale. C’era chi lo comprendeva e chi semplicemente mentiva a sé stesso.

Julia dal primo assolo aveva piantato gli occhi in quelli di Yuri fissandolo senza batter ciglio, paradossalmente consolandosi nel vederlo fare altrettanto.

Un passo in avanti, l’insulsa scusa di non interrompere chi c’era attorno per muoversi ancora insieme. Mentendo l’ennesima volta.

 

Do you still remember how we used to be?

Feeling together, believing whatever

My love has said to me

Both of us were dreamers

Young love in the sun

Felt like my savior, my spirit I gave you

We'd only just begun

 

Julia circondò con le braccia il collo di Yuri senza interrompere quel contatto visivo perdendosi fra passato e presente. La presa del russo sui fianchi così delicata da sembrare inesistente, ma lei sentiva ugualmente la pelle bruciare oltre lo strato del vestito laddove le dita esercitavano una maggior pressione.

Le sue amiche potevano aver avuto ragione nel paragonare lei all’estate e lui all’inverno, però quel leggero cambiamento in quegli occhi limpidi loro proprio non riuscivano a coglierlo. Quando l’alone di ghiaccio spariva restava solo un bellissimo cielo estivo baciato dal sole.

«Gianni dovrebbe ormai darti certa la vittoria» il bisbiglio rauco, graffiante, quasi come se la gola non vedesse acqua da giorni «Dovresti cercare qualcuno con cui poterti divertire realmente»

Non era quello l’obbiettivo, Yuri non avrebbe voluto pronunciare un’affermazione tanto meno su quell’argomento ma le corde vocali l’avevano tradito viaggiando su una strada parallela alla sua mente.

La domanda sull’ incontro ravvicinato del mattino restò inespressa. La prima occasione dall’inizio della giornata in cui poter parlare da soli era stata gettata via a causa dell’orgoglio, nuovamente vincitore per quel primo passo troppo arduo da compiere quando la fonte dei propri pensieri diventava illeggibile.

Julia era sempre stata spiccatamente espressiva e più volte l’aveva presa in giro per quelle smorfiette involontarie.

Nella gioia, nella rabbia, nel dolore, in ogni sentimento diverse sfaccettature venivano a galla anche senza che lei se ne rendesse conto, ed era proprio quello il fulcro della sua confusione attuale. Julia si comportava con lui con una naturalezza disarmante, come se gli anni non fossero passati, lui non l’avesse brutalmente lasciata senza una spiegazione e fossero rimasti in contatto come buoni amici.

Yuri guardò di sottecchi il gruppetto europeo borbottante, con molta probabilità era proprio lui la fonte del loro sparlare.

 

Hasta mañana,

always be mine

 

«In realtà ho già trovato chi cercavo»

Julia abbozzò un sorriso sincero, un passo indietro per quella leggera distanza frapposta mentre saldamente afferrava entrambe le mani del moscovita per farlo ruotare con lei.

La risata cristallina proruppe sull’ incedere del ritornello all’espressione seccata per quel giro imprevisto.

 

Viva forever, I'll be waiting

Everlasting, like the sun

Live forever, for the moment

Ever searching for the one

 

Julia poteva abbandonare la sua commedia.

Fingersi meramente una vecchia conoscenza non aveva funzionato, la sua recitazione aveva fatto acqua da tutte le parti fin dal primo momento.

Yuri non era stato la scappatella leggera adolescenziale a cui si era indotta a credere per tutto quel tempo, nessuno dei ragazzi successivi era riuscito a farle provare le stesse emozioni, il primato lui l’aveva riconquistato in mezza giornata.

Le mani mascoline scesero lungo le braccia prima di tornare a posizionarsi sulla vita, lasciandole quella fugace e stentata carezza.

La loro era una di quelle storie da leggenda, al pari della luna innamorata del sole.

Il racconto di quell’amore impossibile che tanto l’aveva affascinata durante l’infanzia. La luna pronta a rincorrere l’altro astro per tutta la vita, in quell’alternarsi di sere in cui purtroppo il sole andava via appena lei arrivava, lasciandola in balia di quella tristezza solitaria. Due sovrani di altrettanti mondi distanti, il giorno e la notte inscindibili e complementari che mai si sarebbero potuti incontrare senza stravolgere la vita del mondo.

Costretti a vivere un’esistenza separata sotto la testimonianza delle stelle, spettatrici silenziose della tristezza della luna e del rammarico del sole.

Nonostante il travaglio però, seppur per scarsissime volte all’anno in barba alla distanza, la luna e il sole potevano coronare il loro sogno d’amore in splendide eclissi mozzafiato. Anche se mancavano pochissime ore al termine della giornata, al pari di quei due astri, lei voleva godersela appieno.

Alcune occasioni capitavano una sola volta nella vita e lei era stanca di avere rimpianti.

Seppur per poco, avrebbe ingoiato il magone nostalgico per lasciarsi cullare da quel mare di cristallo, più limpido e meno oppresso di quello che ricordava.

«Yu-chan mi sembri in difficoltà, mai ballato un lento?»

Il moscovita sentì un brivido freddo corrergli lungo la schiena, odiava quel vezzeggiativo affibbiatogli dal nonno di Takao al quarto campionato mondiale.

 

Yes, I still remember every whispered word

The touch of your skin, giving life from within

Like a love song never heard

Slippin' through our fingers, like the sands of time

Promises made, every memory saved

As reflections in my mind

 

«Mai ballato improvvisando, non rientra nelle mie priorità»

Yuri non aveva la minima idea di come si ballasse quel tipo di canzone, si era lasciato guidare dall’istinto osservando le varie coppiette circostanti abbracciate in modo simile al loro. Non sembrava un imbranato ma nemmeno era a suo perfetto agio, l’improvviso magone in gola l’aveva gettato in una battaglia interiore senza tempo. Si chiedeva davvero come si potesse essere felici e tristi al contempo.

«Questo non va bene, devi lasciarti trasportare dalla musica» Julia aveva chiuso gli occhi assecondando le proprie parole, la testa lasciata ricadere sulla spalla sinistra del russo in quell’aggiunta morbida mormorata «Rilassati, non ti ritroverai più i muscoli se continui a stare così in tensione»

Yuri squadrò la donna tra le braccia perdendosi ad osservare i suoi lineamenti, per nulla al mondo avrebbe chiuso gli occhi in quel momento.

Si lasciò sfuggire un sospiro allentando la tensione nelle spalle, i passi sempre più lenti, quasi fermi sul posto mentre le sue dita salivano sul volto di lei per scostarle alcune ciocche ribelli. Il flash della notte in cui aveva compiuto il medesimo gesto si sovrappose al presente e quella risata soave lontana si unì alla musica. Julia quella volta aveva riso ma non per l’azione, il ciondolo penzolante della sua collana d’acciaio le aveva fatto il solletico sul petto scoperto quando si era chinato. Le sistemò i lunghi capelli castani dietro l’orecchio lasciandoli scivolare come sabbia tra le dita mentre il braccio sinistro l’avvolgeva stretta per la vita.

«Aspetterò una tua chiamata»

Accentuò la presa adagiando sempre più i loro corpi al ricordo di quelle ultime parole, la testa reclinata a sua volta su quella di lei. Quella era stata la promessa tacitamente stipulata a cui non aveva saputo tener fede, la sua prova, il test per dimostrarle quanto veramente ci tenesse facendosi sentire anche a distanza. Lui l’aveva miseramente fallita. Le aveva dimostrato invece quanta poca fiducia si potesse riporre in lui.

 

Hasta mañana,

always be mine

 

«Julia, dovremo fermarci»

«A te la prima mossa»

 

Viva forever, I'll be waiting

Everlasting, like the sun

Live forever, for the moment

Ever searching for the one

 

Yuri serrò le labbra contrariato, l’intenzione di separarsi era solo verbale, nessun’altra parte del suo corpo sembrava voler assecondare quell’indicazione.

La volta precedente l’aveva persa non facendo nulla, ora voleva davvero allontanarla facendo la prima mossa?

No, non si sarebbe accollato quell’ingrato compito.

«Mi chiedo come faccia Raul a sopportarti» l’osservazione stanca fuoriuscì in un soffio, recepita più per risonanza data dalla vicinanza che per il proposito di farla giungere a destinazione. La guancia ancora poggiata sulla folta capigliatura, in contemplazione di un punto indefinito nella massa alberata del giardino.

Julia sorrise tra sé strofinando leggermente il viso sulla camicia, non importava quanti gradi ci fossero quel calore l’avrebbe ricercato anche in mezzo al deserto. Perché l’abbraccio può anche essere un gesto ripetitivo ma il momento era quello unico e irripetibile.

«È costretto dalla genetica»

«Allora, mi chiedo come ti sopporti il tuo fidanzato»

Yuri sapeva bene di essere bravo a mentire solo esteriormente, che quel tum tum agitato avrebbe potuto tradirlo in un attimo ma l’istinto di martoriare a sangue le proprie labbra per sua fortuna aveva prevalso. Quella domanda schietta non sarebbe dovuta uscire, l’aveva detta senza pensarci, non credendoci per davvero finché non aveva sentito la sua voce pronunciarla.

Avrebbe dovuto rispondersi da solo, per un brevissimo tempo c’era andato vicino nell’esserlo anche se nessuno a parte Boris lo aveva saputo.

Le parole della canzone cessarono lasciando solo la base strumentale della musica a riempire il silenzio fra loro.

«Ah non saprei, appena lo trovo puoi chiederglielo se vuoi»

Yuri sì sentì leggero come una piuma a quell’ammissione.

La mano fremette nella stretta attorno alla schiena, il muro invalicabile utilizzato come scusante per non provare ad avvicinarsi ulteriormente a lei si era sgretolato in tanti piccoli pezzettini.

Julia sorrise tra sé approfittando di quegli assoli acustici per ballare senza seguire dei passi specifici, un saltellante incrocio di gambe e di braccia in cui Yuri finì per essere strattonato di qua e di là in giro per il prato. Il moscovita inutilmente le chiese di non muoversi a casaccio, lei imperterrita continuava con la scusa di lasciarsi trasportare e più che una danza finirono per far sembrare il tutto una caccia tra il gatto e il topo.

Yuri suo malgrado si ritrovò ad assecondarla, poco importava se di tanto in tanto urtavano qualcuna delle coppiette circostanti che elargiva loro occhiatacce o acidi commenti, il sorriso luminoso di Julia dissipava qualunque tipo di oscurità.

 

Back where I belong now, was it just a dream?

Feelings unfold, they will never be sold

And the secret's safe with me

Hasta mañana, always be mine

 

Difficile fu decretare il vincitore di quella insolita caccia.

Yuri era riuscito a ghermirle la vita attirandola in una posizione canonica ma forse fu solo aiutato nell’impresa da Julia stessa che finì la sua piroetta con le braccia allacciate attorno al suo collo. I loro volti fin troppo vicini nonostante i tacchi non compensassero totalmente la differenza d’altezza.

Restò incatenato a fissare i profondi occhi verdi, il respiro affannoso di entrambi l’uno contro l’altro.

Affaticati per il ballo? Fuori forma? In ansia per quello che sembrava sarebbe accaduto di lì a poco?

Yuri avrebbe scommesso tutto sull’ultima domanda, al pari di un risveglio quando si cerca di appurare che quanto appena vissuto sia stato davvero un sogno, lui aveva bisogno del suo contatto fisico con la realtà.

La forza magnetica di quel mattino era tornata, così come i due poli di una calamita entrambi venivano attirati l’uno verso l’altro mentre un leggero venticello scostava il vestito di Julia.

«LIN!»

L’attrattività si sciolse ma loro restarono avvinghiati. Più che da una brezza, l’aria era stata spostata dalla bambina in volo schiantatasi contro le gambe di un cameriere poco distante, alle spalle di Julia. L’uomo colto alla sprovvista aveva perso l’equilibrio facendo cascare i diversi piatti addosso alla signora Kazuko.

Yuri istintivamente si era voltato indietro guardando verso Dimitrij che aveva urlato il nome della piccola. Il bambino rimasto fermo con solo il cardigan di Lin tra le mani stava accaparrando giustificazioni a Sergej e Nataliya su un girotondo troppo vorticoso finito male.

Alcuni ospiti si erano allontanati dinanzi all’ilarità della scena probabilmente per non dar sfogo pubblicamente alle loro reazioni.

Mao e Rei accorsi preoccupati sulla bambina avevano tirato un sospiro di sollievo nel constatare che a parte qualche macchia sul vestito, Lin ne era uscita pressoché indenne. Solo la povera donna, che a detta di Yuri necessitava di una benedizione, era coperta interamente da molluschi di diverse grandezze. Yuri ammirò silenziosamente la serietà con cui i due sposi cercavano di toglierle da dosso il resto delle pietanze, la signora sembrava prossima ad una crisi.

Di sottecchi vide Julia a labbra serrate dare immediatamente le spalle alla scenetta famigliare, la faccia affondata nel suo petto per evitare di farsi sentir ridere apertamente. La musica era stata ridotta a un leggero sottofondo e loro erano troppo vicini allo scenario di guerra.

«Julia, cerca di contenerti» mormorò atono al suo orecchio arretrando di qualche passo, quasi dovendola spostare di peso con lui.

La madrilena scosse la testa stringendogli spasmodicamente il colletto della camicia sulla nuca, fallendo miseramente nell’intento di tornare seria.

Il secondo tentativo di placarla finì nel vuoto.

Boris scoppiato a ridere senza ritegno era persino cascato dalla sedia, la signora indignata alzatasi di scatto per urlargli contro di essere poco rispettoso aveva fatto scivolare lentamente sul viso il polipo che fino a pochi istanti prima era sulla testa.

Yuri scosso dalle stesse convulsioni della ragazza nel tentativo di ridere il più silenziosamente possibile si era morso la lingua nascondendo la faccia nell’incavo tra la spalla e il collo di Julia.

Julia però la risata genuina del ragazzo la sentì distintamente, il volto leggermente sollevato verso il cielo stellato per riprender fiato fra un attacco di risa e l’altro.

Yuri non la stava aiutando per nulla con i suoi commenti sarcastici sbiasciati.

 

 

Note finali

1 YA ub'yu tebya rukami -> Ti ucciderò con le mie mani

(*) La precisazione è rivolta al passato di Yuri e Boris, nel manga i due si incontrano bambini nelle strade gelide di Mosca dandosi una mano a vicenda per sopravvivere, rubacchiando e sostenendosi con mezzi di fortuna almeno finché non incontrano Vorkov.
Anche se lì inizia un altro tipo di sopravvivenza ç.ç

Un’altra precisazione che mi sento di aggiungere è rivolta al personaggio di Charlotte, la sorellina di Max, lo scorso capitolo avevo dimenticato di precisarlo ma non è inventato da me. Non so quanti di voi stiano seguendo il sequel del manga, Beyblade Rising (che non ha niente a che vedere le serie animate) ma lì Max ha proprio questa sorellina appena nata che io ho deciso di inserire nella storia xD

Bene, passando al capitolo in sé…non so cosa ne sia venuto fuori! >///<

Tutto ciò non era previsto, la suddivisione della trama doveva seguire un’altra linea e da tre capitoli dedicati inizialmente alla sola giornata del matrimonio ora me ne ritrovo quattro. Tra l’altro, seguendo lo schema attuale la storia dovrebbe arrivare ad un massimo di sette capitoli ma ormai non assicuro nulla, l’insonnia ha un brutto effetto sulla mia immaginazione, fa arrivare troppe idee.

Pure l’arco finale dedicato al ballo tra Yuri e Julia doveva essere solo accennato... poi ne è venuta fuori la musica, le riflessioni reciproche, i miei occhi a cuoricino mentre fantasticavo su di loro e non si è capito più nulla >.<

Di questo passo e considerando la lentezza con cui aggiorno, mi ritroverò a Natale con questi poverini ancora a festeggiare Ferragosto.

Al di là delle mie chiacchiere a ruota libera, il capitolo come si è visto è dedicato in gran parte a Yuri e Julia ma un piccolo occhio ai veri protagonisti del matrimonio non poteva comunque mancare. Come ho detto in una qualche risposta alle recensioni, l’intento era di creare una storia sentimentale ma a tratti anche comica e se questo capitolo per certi versi può sembrare fin troppo serioso, nel prossimo avremo una discreta inversione di rotta.

Ricordate l’implosione a cui avevo accennato nel precedente capitolo?

Ecco, Kei e Hilary avranno il loro bel da fare nel prossimo u.u

Ringrazio nuovamente tutti coloro giunti fin qui, spero vivamente il capitolo non abbia deluso le aspettative di nessuno e come sempre se volete lasciare un piccolo parere fatelo pure

 

In più, anticipo che un occhio più attento ai fatidici dieci anni prima riuscirete ad averlo.

Un grande bacio a tutti, e al prossimo capitolo!
Aky

 

 

Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Takao Aoki, questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

 

   
 
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