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Autore: Ksyl    07/09/2020    3 recensioni
Castle e Beckett si sono incontrati solo una volta, durante quell'unico caso risolto durante il Pilot e da lì più nulla. Si rivedono solo alcuni anni dopo. E a quel punto inizia questa storia.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Richard Castle
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
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Non le era sempre possibile passare a prendere Tommy all'uscita pomeridiana da scuola. A dirla tutta era un'eventualità piuttosto rara, anche era sempre alla ricerca di stratagemmi dell'ultim'ora che le consentissero di essere presente a un appuntamento che considerava tra i più piacevoli della giornata, soprattutto durante la bella stagione. La scuola era situata in un quartiere residenziale vicino al distretto, raggiungerla a piedi significava lasciarsi alle spalle un mondo monocromo e polveroso per immergersi nella brillante tavolozza della natura.
Nel tragitto verso casa potevano tagliare attraverso il parco, fare una sosta alle altalene – spesso molto lunga -, prendere un gelato, raccontarsi come era andata la loro giornata. Erano occasioni in cui poteva permettersi il lusso di stare con suo figlio senza la solita fretta, momenti fugaci e preziosi che normalmente doveva a malincuore affidare ad altri.

Quel giorno era diverso. In vista della cena con Castle che aveva, forse avventatamente – solo il tempo lo avrebbe deciso -, programmato per quella sera, era prioritario preparare Tommy a un cambiamento della loro routine domestica, che di solito non prevedeva l'arrivo di uomini piacenti che se ne stessero seduti a tavola con loro. Non che Tommy avrebbe giudicato il loro ospite in base all'aspetto esteriore, come invece stava facendo lei, e in più arrossendo. Aveva quindi preferito occuparsi personalmente di recuperarlo a scuola.

L'ansia che aveva iniziato a serpeggiare dentro di lei da quando aveva lasciato il loft raggiunse un nuovo picco, mentre si avviava verso la sua destinazione. Si diede della sciocca per essere tanto nervosa. Nel corso della sua carriera aveva affrontato molte situazioni difficili, alcune molto pericolose, ma, a quanto pareva, per il suo cervello alle prese con un incessante incremento dei livelli di adrenalina libera di scorrazzarle nel corpo, niente era paragonabile alla prospettiva di far incontrare suo figlio all'uomo con cui usciva.
Era cosciente di non dover, lei per prima, caricare quell'evento di troppe aspettative perché tale atteggiamento avrebbe avuto come conseguenza quella di far agitare oltremisura anche Tommy. Suo figlio, da sempre e misteriosamente, percepiva in modo infallibile e preciso gli stati d'animo materni e li trasferiva su se stesso, ingigantendoli. Avrebbero potuto far esplodere interi palazzi solo sommando le loro identiche emozioni.

Consapevole delle dinamiche in atto, sapeva che era necessario giocare d'anticipo per aumentare le possibilità che filasse tutto liscio. Voleva essere pronta ad appianare qualsiasi contrattempo che avrebbe potuto portare a futuri disastri. E voleva che si piacessero. Sapeva che non poteva imporlo a nessuno dei due e non era difficile aspettarsi che almeno una delle due parti sarebbe stata più propensa a far sì che ciò accadesse, ma l'altro protagonista, quello che condivideva il suo dna, sarebbe stato un osso molto più duro, nonostante all'esterno apparisse come un bambino cordiale. Lei invece conosceva bene la sua volontà d'acciaio, che qualcuno sosteneva avesse ereditato da lei. Sciocchezze. Lei era molto più malleabile.

Anche Castle doveva essere vittima della medesima irrequietezza, a giudicare dai bip senza sosta che provenivano dal suo telefono. Prima che lei riuscisse a lasciare il loft – operazione che richiedeva una forza d'animo che non sempre poteva vantarsi di possedere -, si era offerto di occuparsi dell'intero menu, nonostante gli avesse spiegato che, in qualità di ospite, quel compito non sarebbe spettato a lui. Non che non sarebbe stato un sollievo per lei, che non aveva idea dello stato in cui versava il suo frigorifero, né poteva dedicarsi a fare una spesa degna di questo nome dovendo trascinarsi dietro anche Tommy. No, era ingiusta. Sarebbe stato la sua estrema agitazione a rallentare le incombenze che Castle si era proposto di svolgere al posto suo, non poteva dare colpa a un bambino indifeso.
Le aveva risposto che si trattava di un'occasione importante e che cucinare gli avrebbe permesso di calmare i nervi e ingannare l'attesa. Quell'ammissione le aveva fatto un'inspiegabile tenerezza. L'aveva baciato e gli aveva ricordato che non era in procinto di incontrare il Presidente, ma soltanto suo figlio. Le sarebbe piaciuto dar retta al suo stesso consiglio.

Il cancello della scuola era ancora chiuso, essendo arrivata con qualche minuto di anticipo. Salutò un paio di genitori che riconobbe per averli fugacemente incontrati in passato durante qualche evento collettivo, anche se non avrebbe ricordato i loro nomi e attese in disparte che i bambini venissero accompagnati all'uscita. Non si fecero attendere a lungo. Il loro arrivo fu preannunciato da un vociare in rapido accrescimento che coprì ben presto qualsiasi altra fonte sonora in un raggio piuttosto esteso.
Grazie all'allenamento, scovò a colpo sicuro il viso di Tommy nella folla festante che si riversò fuori dall'edificio, pregustando la sua reazione.
Suo figlio si illuminò nel riconoscerla e lei si preparò a essere fisicamente investita dal solito ciclone entusiasta che le si arrampicò in braccio, pronto a inondarla di affetto.

Ogni mattina, prima di salutarlo, gli ricordava chi sarebbe passato a prenderlo nel pomeriggio, di solito il nonno o la babysitter. Quando capitava un cambiamento di programma che le consentiva di farsi viva di persona, proprio come era successo quel giorno, la gioia di Tommy nel vederla le colmava il cuore di gioia assoluta. Si sentì inondare di sconfinato amore per gli abbracci soffocanti e la pioggia di baci, i racconti sconclusionati e l'inesauribile allegria che Tommy produceva senza sforzo e che lei assorbiva avidamente.
"Ti va di andare al parco, prima di tornare a casa?"
Gli passò una mano tra i capelli per domare il ciuffo, reso ancora più ribelle da una giornata di attività sfrenate.

Tommy saltellò felice, annuendo. La gratificava accontentarlo con poco ed era da lui che aveva imparato a notare e apprezzare le piccole cose che la circondavano e che di solito sfiorava con sguardo indifferente. Il cielo terso delle mattine d'estate, la prima luce d'autunno, le foglie da raccogliere insieme, l'enorme collezione di pietre che conservavano a casa, per lei tutte identiche, ma per Tommy singolarmente riconoscibili grazie a qualche minuscolo particolare. Anche Castle aveva lo stesso approccio alla vita e anche lui era un ottimo maestro.

Trascorse lunghi minuti a spingerlo sull'altalena dietro sua richiesta, ascoltando le sue risate, finché Tommy non si stancò e decise che era arrivato il momento di gustare il gelato che gli aveva promesso strada facendo. Lo osservò assaporarlo con la consueta lentezza, che qualche volta trovava esasperante, pur sentendosi in colpa ad ammetterlo. Non gli fece fretta, intervenne solo perché il gelato non si trasferisse interamente sulla sua maglietta. Infine, lo ripulì con le salviettine che portava sempre con sé. Il contenuto della sua borsa era fonte di infinito stupore perfino per se stessa. Quando ebbe finito, lo acchiappò prima che si scagliasse di nuovo sul prato, pronto per nuove avventure.

"Ehi, Tommy, ti va di avere un ospite a cena stasera?"
Il solo dirlo le provocò un guizzo nel petto.
Tommy accolse la sua uscita con tiepido interesse, scalciando con le gambe sotto la panchina su cui l'aveva costretto a rimanere seduto, creando solchi con la sua impazienza. Sapeva di dover agire in fretta. "Non vuoi sapere di chi si tratta?" insistette.
A casa loro non c'era un tale andirivieni di persone da giustificare la sua indifferenza, la notizia avrebbe dovuto almeno incuriosirlo. "Ti ricordi di Rick?"
Tommy mostrò un barlume di consapevolezza. "Il mio coniglietto?"
Sarebbe scoppiata a ridere, se non avesse temuto di ferire i suoi sentimenti.
"No, ma possiamo aggiungere un piatto anche per lui. Si tratta di Rick, l'amico della mamma che ti ha regalato il coniglietto". Che si chiamava Rick a sua volta, giusto per confondere le idee.
"Perché viene?", domandò sospettoso, senza darle modo di capire se in effetti Castle fosse per lui qualcosa di diverso di un nome che non gli diceva nulla.
"Per passare la serata con noi". Meglio semplificare il più possibile. "Ha promesso di portarci una torta", improvvisò. Doveva ricordarsi di avvertire Castle di provvedere a reperire anche una torta al cioccolato, secondo i gusti di suo figlio, oltre a tutto il resto.
Tommy si illuminò. "È il mio compleanno? Mi porta anche un regalo?"
Gli accarezzò una guancia. "No, non è il tuo compleanno".

Sarebbe stato utile a quel punto ribadire un concetto educativo che trovava fondamentale, cioè il valore della compagnia degli amici fine a se stessa, senza la necessità di scambi materiali, ma era sicura che sarebbero state parole inutilmente spese, perché sospettava che Castle non si sarebbe presentato a mani vuote, così come non lo aveva fatto in occasione del loro primo appuntamento. Si predispose ugualmente a illustrare qualche principio etico di base, che sperava, mettesse radici nella sua mente.

...

Castle si palesò all'ora stabilita bussando alla porta. Dovette precipitarsi a bloccare suo figlio prima che assumesse l'amato ruolo di portinaio.
Gli aveva ripetuto diverse volte, perché gli fosse molto chiaro senza possibilità di dubbi a riguardo, che avrebbero accolto insieme il loro ospite. In primo luogo perché non voleva che Castle finisse di nuovo preda di un assalto senza la sua supervisione – credeva di doverglielo – e poi perché Tommy doveva imparare a non aprire a chiunque senza prima controllare chi ci fosse dall'altra parte. E in ogni caso, visto che era ancora troppo piccolo, spettava unicamente a lei in quanto adulta decidere se fosse sicuro lasciar entrare chicchessia.

Era uno dei suoi crucci. Tommy manifestava un'innata fiducia nel mondo esterno ed era sempre troppo amichevole con gli sconosciuti. Non si capacitava di come potesse non avergli trasmesso la sua naturale circospezione nei confronti del prossimo. A quattro anni non doveva aver ormai imparato con l'esempio? Lei non andava di certo in giro a chiacchierare con le persone che non conosceva, a meno che non fossero sospettate di omicidio. E lui comunque non era mai stato presente agli interrogatori, fortunatamente. Forse era ancora troppo piccolo o forse, se ne stupiva lei per prima, la diffidenza di cui era dotata non era una caratteristica innata nemmeno per lei. Doveva averla acquisita sul campo svolgendo un lavoro che l'aveva spinta inesorabilmente a vedere gli esseri umani sotto la luce peggiore. In ogni caso, era necessario inculcargli un po' di sana prudenza.

Una volta tornati dal parco, si era data come ordine tassativo quello di affrontare i successivi preparativi con la calma necessaria. Aveva dovuto lei per prima darsi una regolata, per non rendere Tommy inutilmente isterico. O se stessa. Non sarebbe successo niente di clamoroso, in fondo. Solo un amico che avrebbe trascorso qualche ora in loro compagnia, non era così che l'aveva spiegato a suo figlio? Non doveva disinnescare una bomba nello scantinato di un edificio governativo.

Aveva infilato Tommy nella vasca da bagno – un volta regno delle sue serate solitarie accompagnate da un bicchiere di vino e un buon libro e ora piena di giocattoli galleggianti – e, dopo averlo fatto tornare presentabile, si era dedicata a se stessa, mentre suo figlio era intento a colorare un disegno da offrire a Castle in cambio di quei regali che era certo di ricevere dal suo benefattore. Non c'era stato modo di convincerlo altrimenti. Sì, si rendeva conto che era in parte colpa sua e di tutti quelli che gli volevano bene. L'avevano viziato. Tutti quanti. All'annuncio della gravidanza e quando l'assenza di una qualsiasi figura paterna di riferimento si era fatta sempre più imbarazzante, quando cioè era diventato palese che sarebbe stata da sola senza lo straccio di un sostegno concreto, amici e colleghi si erano stretti intorno a lei pronti a sostenerla. Aveva accettato felice ogni genere di aiuto, convinta che a Tommy avrebbe giovato sentire di far parte di una famiglia allargata estremamente chiassosa e affettuosa.

"Rick!", strillò Tommy elettrizzato non appena gli diede il permesso di aprire e si trovò Castle davanti. L'intero palazzo ormai doveva aver ricevuto la lieta novella che un visitatore di sesso maschile si era materializzato nel suo appartamento. Si aspettava quasi che i vicini venissero alla spicciolata a conoscere il fortunato candidato, se non si fosse trattato di persone molto discrete.
Doveva aver iniziato a piovere, mentre lei era impegnata a riordinare la casa, badare a Tommy e immaginare scenari catastrofici. Se ne accorse dai capelli grondanti acqua di Castle, in piedi sulla soglia pieno di borse e pacchetti e un sorriso che avrebbe sciolto un muro di cemento armato. Venne presa da un tremito che soffocò brutalmente al suo timido manifestarsi.
Fu suo figlio a prendere in mano la situazione e fare gli onori di casa, visto che lei aveva la sensazione che qualcuno le avesse rubato la lingua.
"Ti ho fatto un disegno! Anche se la mamma dice che non dobbiamo scambiarci regali perché non è il mio compleanno", gridò al massimo dell'eccitazione, facendole rimbombare i timpani. Quindi qualche volta ascoltava quello che tentava pazientemente di inculcargli.

"Ciao Tommy". Era previsto da qualche manuale il fatto che stesse per sentirsi male solo sentendolo pronunciare il nome di suo figlio con quel tono pieno di calore e meraviglia? Forse era influenza? Si sentiva le guance scottare.
Castle le lanciò un'occhiata troppo intensa perché fosse in grado di metabolizzarla senza rimanerne turbata e le passò le provviste. Quando ebbe le mani libere si chinò verso Tommy e afferrò delicatamente il foglio di carta su cui il bambino aveva disegnato una visione rudimentale del coniglietto Rick, convinto di fare cosa gradita al loro ospite nel ricordargli il precedente regalo. Non una strategia molto sottile.
C'erano quindi tre versioni di Rick nel suo salotto – una in carne e ossa particolarmente sexy, una di peluche e una di carta - e non era sicura di essere in grado di gestirle tutte, pensò mentre si affrettava a deporre cibi e bevande nella cucina che brillava per le recenti pulizie. C'era anche la torta, splendidamente decorata. Sorrise di nascosto. Non gli era sfuggito niente.

Castle si concentrò sull'opera d'arte sottolineando i dettagli cromatici e la somiglianza con l'originale e infine si sperticò in lodi sul risultato, rendendo Tommy così orgoglioso di se stesso da farlo perfino apparire più alto.
"Ti ringrazio per il disegno, lo conserverò con cura. È un peccato che non ci si possa scambiare regali perché ne ho anche io uno per te", annunciò Castle dopo una pausa a effetto che catturò subito l'attenzione di Tommy. E anche la sua, ma per le ragioni opposte.
Tirò fuori dal solito cilindro magico, che nascondeva chissà dove, un pacchetto rettangolare ben confezionato e lo mise sotto il naso di Tommy, che, ormai incapace di controllarsi, fece per strapparglielo dalle mani.

"Prima però dobbiamo chiedere il permesso alla mamma, che ha sorprendentemente una visione molto austera quando si tratta di doni, ma noi abbiamo il dovere di rispettarla". Tommy era ancora troppo innocente per cogliere il tono ruffiano con il quale Castle aveva parlato della sua austerità. Quattro occhi speranzosi si levarono verso di lei, facendola sentire una strega cattiva. Perché mai aveva dovuto impuntarsi sul valore dell'amicizia in senso simbolico e non materiale? Anche lei era curiosa di scoprire che cosa ci fosse dentro il pacchetto e, a dire il vero, le sarebbe piaciuto ricevere lo stesso trattamento.
"D'accordo. Ma solo per questa volta".
Tommy lanciò un gridolino, prese la scatola che Castle gli mise tra le braccia e si lasciò cadere sul pavimento. Castle lo imitò, sedendosi accanto a lui proprio di fronte alla porta ancora aperta. I suoi vicini l'avrebbero ringraziata per l'intrattenimento serale gratuitamente offerto.
Tommy strappò la carta da regalo e scoprì, fuori di sé dalla gioia, che si trattava di una navicella spaziale. Nemmeno a dirlo, era qualcosa che il bambino le aveva già chiesto ripetutamente, sfinendola perché gliela comprasse. Si trattava della versione deluxe provvista di ogni accessorio. Ne era informata non perché avesse qualche interesse nell'oggetto in questione, ma perché l'aveva studiata a fondo, prima di rifiutarsi di imbarcarsi in un'avventura del genere. Come aveva fatto Castle a saperlo? Come faceva a sapere sempre tutto?

C'erano altri pacchetti che apparirono uno via l'altro – dopo aver acconsentito la prima volta nessuno badò alle sue successive proteste. Facevano tutti parte della stessa area tematica, quella per cui suo figlio impazziva: astronavi, stelle, pianeti. E c'erano anche dei dinosauri. Anche se non aveva ancora colto il collegamento che avevano con il resto degli oggetti, era certa che fosse invece chiarissimo per gli uomini presenti che se la intendevano perfettamente. Non aveva idea di dove avrebbe messo tutti quei giocattoli piovuti dalle generose mani di Castle, che, in più, aveva portato da mangiare per l'intera popolazione di New York.
Tommy aveva gli occhi sfavillanti, mentre apriva l'ennesima scatola. Di quel passo avrebbe vomitato per la troppa agitazione. Tenne per sé quel timore, non voleva rovinare quel loro primo incontro ufficiale con previsioni troppo prosaiche.

"Possiamo chiudere la porta o intendete trasferirvi sul pianerottolo?", li richiamò all'ordine, quando riuscì a inserirsi nel loro fitto parlottare a bassa voce con le teste vicine.
"Non vuoi il tuo regalo?", le chiese Castle sfoderando un sorriso consentito solo nel mondo degli adulti.
"Non mentre dei minorenni sono ancora svegli", gli mimò con le labbra.
"Katherine Beckett, non mi stavo di certo riferendo...", commentò scandalizzato, a beneficio dei bambini presenti. Si alzò dal pavimento, aiutando anche Tommy a farlo, prendendolo per mano. Tommy lo lasciò fare. Erano piccolezze che nessun altro avrebbe notato, quella spontaneità che Castle aveva con i bambini, la sua connaturata premura, che tradiva lunga esperienza e genuino interesse.
"Il mio intento era innocente, sei tu come al solito a travisare". La zittì offrendole un mazzo di fiori di semplice fattura e molto colorato, che le piacque subito proprio per quel motivo.
Si sporse istintivamente verso di lui per ringraziarlo, ma all'ultimo si rese conto della situazione sfavorevole e deviò la traiettoria, optando verso un casto bacio sulla guancia, che durò comunque troppo a lungo per gli occhi da falco della sua progenie.

"Sei il fidanzato della mia mamma?" domandò Tommy con gli occhi a fessura, pronto a mettere da parte ogni genere di bonario sentimento che poteva aver provato per Castle e la sua generosità. I fiori erano accettabili, ma sua madre non si toccava e lui non si faceva corrompere, era quello il messaggio che venne fatto roteare a tutta velocità nel silenzio ostile.
Castle rimase senza parole, voltandosi a guardarla in cerca d'aiuto. Gli fece freneticamente segno di inventarsi qualsiasi cosa, tranne la verità. Con buona pace dei suoi propositi di non mentire mai a suo figlio. Poteva sempre dare colpa a Castle.
"No, assolutamente no, siamo solo amici", esclamò Castle, con troppa enfasi. Le venne da ridere. Sembravano due adolescenti colti in fallo da un padre molto rigoroso.
Tommy gli scoccò un'occhiata severa, prima di concedergli l'onore di accompagnarlo a tavola, dove gli indicò il posto più lontano dalla madre.
Castle aveva davanti un lungo cammino prima di conquistare definitivamente il cuore del prode cavaliere autoelettosi difensore della virtù materna, realizzò divertita. Non sarebbero bastate navicelle e dinosauri.

"Vado a prendere qualcosa per asciugarti i capelli". Gli fece cenno di seguirla in bagno, dopo aver trovato il vaso che rendesse giustizia allo splendido mazzo di fiori.
Castle controllò che Tommy non avesse niente in contrario, prima di accettare e muoversi nella direzione che gli indicò.
Lo fece entrare e poi si chiuse la porta alle spalle, mettendogli le braccia intorno al collo.
"Che cosa stai facendo?", bisbigliò preoccupato, allontanandola. "Potrebbe vederci".
Lo bacio sulle labbra. "Castle, è solo un bambino, non il garante della moralità del quartiere".
"Mi hai appena costretto a mentirgli sulla natura dei nostri rapporti", protestò. "Anche tu hai paura di lui".
"Non era una bugia. Non siamo forse solo amici? Non c'è niente che dimostri il contrario".
Castle ridacchiò. "Ne terrò conto. Tu e tuo figlio non andate molto per il sottile quando si tratta di esprimere i vostri desideri".
"Stai zitto e baciami, è la nostra unica occasione".
Diligentemente, Castle fece come gli era stato ordinato.

...

Buona settimana. Silvia

   
 
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