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Autore: Urban BlackWolf    07/09/2020    4 recensioni
Come la vite, ogni essere umano ha un lato esposto al sole ed uno all’ombra. Un lato più caldo ed uno più freddo, che non sempre riescono a convivere, anzi, che spesso e volentieri cozzano l’uno contro l’altro creando dissonanza, una profonda lacerazione interiore che rende tutto confuso e complicato.
Come la vite, ogni essere umano porta frutto e lo dona agli altri, ma a seconda delle stagioni e delle cure ricevute, lo fa generosamente o meno.
Come la vite, ogni essere umano ha bisogno di sentirsi amato, spronato e protetto per dare il meglio di se, senza soffocamenti o costrizioni.
E come la vite che allunga i tralci verso la pianta accanto, anche gli esseri umani sono alla costante ricerca dell’anima affine alla quale potersi tendere ed intrecciare.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri | Personaggi: Haruka/Heles, Michiru/Milena, Minako/Marta, Starlights, Usagi/Bunny | Coppie: Haruka/Michiru, Mamoru/Usagi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna serie
Capitoli:
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Tralci di vite

 

I personaggi di Haruka Tenou, Michiru Kaiou, Mamoru Kiba, Usagi Tzuchino (Usagi Tenou), Minako Aino (Minako Tenou), Seiya Kou e Yaten Kou, appartengono alla fantasia della scrittrice Naoko Takeuchi

Sviluppo della storia ed altri personaggi sono idea di Urban Blackwolf


 

 

 

Gelosia

 

In fretta passò il Capodanno, così come le vacanze natalizie e Michiru ringraziò il cielo per i tempi tanto ristretti che non le avevano permesso di pensare, perché mai come in quel periodo, il mondo che l’aveva idolatrata per anni le era apparso tanto spento e ricco di vanità. Aveva retto alla festa indetta dalla Filarmonica per l’ultimo dell’anno, così come aveva retto al concerto del Primo che tanto le piaceva guardare con la madre quando era ragazzina. Aveva retto e lo aveva fatto come sempre con classe ed eleganza, sperando che la maschera che si era così ben calzata sul viso risultasse convincente e soprattutto non s’infrangesse in mille pezzi.

Aveva resistito, era stata brava e lei, orgogliosa e sfiancata protagonista di quella ormai stucchevole pantomima, aveva continuato giorno dopo giorno ad andare avanti barcamenandosi tra prove, concerti ed interviste. Se mai erano state queste ultime ad impensierirla, a causa delle domande che, via via sempre più personali, non riusciva quasi più a tenere a bada con un no comment. Voleva assolutamente tenere nascosta l’identità di Haruka per salvaguardare la sua, come la serenità dell’intera masseria Tenou.

Sul fronte sentimentale Seiya sembrava essersi calmato, relegando al solo giorno di Natale l’assurdo comportamento che lo aveva reso ridicolo e non volendo rimanere ancora sola con lui più del necessario, Michiru aveva iniziato a pianificare ogni singolo minuto delle sue giornate con la Filarmonica, relegando all’ex compagno i pochi spicchi liberi lasciati per assolvere al meglio le esigenze contrattuali della U.A.F.. Era fuor di dubbio che sul piano lavorativo fossero tornati la coppia d’oro di un tempo, ma oltre a questo la donna non avrebbe più concesso altro.

In quel periodo freddo ammantato di magia, Kaiou non uscì molto. Il suo carattere schivo ed introspettivo poco si confaceva alla vita mondana. Declinando inviti serali provenienti da più parti, la violinista si era però resa conto, non senza una punta d’ironia, di quanto negli anni addietro la giovialità e l’allegria di Seiya l’avessero spronata ad uscire dal suo bozzolo. Era grazie a lui se almeno un paio di volte alla settimana uscivano. Il riconoscerlo la spinse a forzarsi, ad avere quasi un moto di rivalsa ed un giorno dal freddo pungente accettò da una vecchia e piacevolissima conoscenza l’invito a prendere un aperitivo. Da sempre suo fan e passando da Vienna per lavoro, le fece un’improvvisata con il solo scopo di farsi due risate e quattro chiacchiere.

Quel pomeriggio nevoso Michiru si preparò con cura, sentendosi finalmente entusiasta dopo un’infinità di tempo. Non indossò nulla di appariscente, ma un semplice vestito bastò a valorizzarle la figura e si truccò pochissimo, conscia che la sua contentezza nel rivederlo dopo tanto tempo sarebbe bastata ad illuminarle lo sguardo. Ma quando lo intravide dall’ascensore aperto, fermo ad attenderla nella reception, non avrebbe mai pensato che quell’incontro avrebbe portato un qualcosa d’inatteso anche nella vita delle sorelle Tenou.

 

 

Staccando gli occhi dal monitor del computer del suo ufficio, Haruka guardò una delle lucine del telefono lampeggiare sul prefisso interno del reparto vendite e sapendo già chi fosse, rispose mollando uno sfondone, “Che vuoi? Ho da fare, Giò!?”

“Io invece sto pettinando le bambole! Alza le chiappe e vieni giù, devi vedere una cosa.” Ordinò l’altra sbattendole il telefono in faccia.

Guardando prima la cornetta, poi il vuoto, la bionda fece una smorfia alzandosi di malavoglia. Era appena riuscita a concentrarsi, ora cosa voleva quella scassa pifferi?!

Scendendo i gradini vetrati che dal ballatoio degli uffici portavano alla reception, notò solo in quel momento quanto stesse piovendo. Speriamo smetta presto, pensò non tanto per le viti, ormai messe a riposo, quanto per il suo povero umore, nerissimo quando era costretta a stare chiusa dentro quattro mura. Un cenno alla receptionist e la donna si diresse a passo lento verso il punto vendite.

Da dietro la sua scrivania Giovanna non la guardò nemmeno.

“Allora, che c’è?” Chiese chiudendo la porta.

Non allontanando gli occhi da alcuni fogli che aveva disseminati davanti, Giovanna gliene passò uno. “Guarda qui.”

“Che cos’è? Altra ingiunzione di pagamento?”

“Grazie al cielo no, tutt’altro. Un ordine d’acquisto.”

Haruka lesse il nome dell’acquirente stupendosi che fosse straniero. “Statunitense?”

“Si.”

“Lo conosci?”

“Mai sentito prima, ma guarda l’importo dell’ordine.”

Pochi secondi e l’altra sgranò gli occhi. “O cazzo.”

“Vero?”

“Ma sarà uno sbaglio. C’è uno zero di troppo!”

“No, ho appena verificato telefonando al suo ufficio… a Sant’Antonio, in Texsas.”

“Dove?”

Muovendo il braccio in aria Giovanna alzò le sopracciglia quasi più stupita di lei. “Solidissima impresa di bestiame che pare abbia esportazioni fino alla west coast.”

“Ma praticamente vorrebbero un terzo di tutta la produzione dell’ultimo anno!” Costatò Haruka tornando a contare le quantità dell’ordine con relativo importo finale.

“Di bianco. Ma guarda un po’ qui. - Porgendole un foglio gemello nei contenuti, la maggiore continuò. - Vogliono anche trenta colli di rosso con invecchiamento decennale.”

Ormai senza parole, Haruka continuò ad ascoltarla scoprendo così che questo fantomatico texano di nome Tomas Harrison, proprietario di un’azienda bovina, aveva espressamente richiesto le bottiglie più pregiate della loro cantina.

“Ma… è assurdo. Perché noi? Come diamine ci conosce?”

“Io questo proprio non lo so, ma spulciando in internet un’idea me la sono fatta. - E voltando il monitor verso la sorella, Giovanna continuò iniziando a leggere un trafiletto scovato su di una rivista on line. - Tralasciando il mio scarso inglese, qui c’è chiaramente scritto che il signor Harrison è un grosso tifoso dei Cowboys Dallas, ama giocare a golf, vendere e comprare cavalli e… la musica classica, nello specifico è un grande estimatore dei violinisti Hedgard Michell, Adolf Stidell e Michiru Kaiou.”

Al sentire il nome della donna che da mesi aveva in pratica occupato gran parte dei suoi pensieri, la bionda ebbe un brivido seguito da una violenta contrazione alla bocca dello stomaco.

“Haru, io credo che anche questa volta il nostro Primo Violino abbia voluto darci una mano.”

 

 

“E’ un uomo molto capace, ma come tutti gli statunitensi spesso tende ad esagerare.” Michiru ridacchiò mentre tenendo il cellulare in una mano, cercava di calzarsi le scarpe con l’altra.

“Allora sei stata tu?!”

“A suggerirgli di svuotarvi la cantina? No. Un paio di pomeriggi fa siamo usciti per un aperitivo e parlando del più e del meno è uscito fuori che la causa del mio momentaneo allontanamento dalle scene era dipeso dal mio essere ospite in una splendida casa vinicola e lui, amando molto il vino, mi ha chiesto qualche specifica sulle vostre produzioni.”

“E ha ben pensato di farci un ordine a cinque zeri?”

“Credo di non essere riuscita molto bene a trattenere l’enfasi nel raccontargli che posto incredibile sia l’azienda Tenou.”

“Forse…”

“Vi ho messe nei guai?” Chiese alzandosi e gettando un occhio alla pendola ottocentesca che faceva bella mostra di se nel soggiorno.

“Assolutamente no, anzi grazie. E’ una bella boccata d’ossigeno.”

“Ne sono felice.”

“Che tipo è?”

“Chi, Tomas?”

Ad Haruka non sfuggì il chiamarlo per nome, un timbro affettuoso e gentile, seguito poi dal suo descriverlo come un uomo alto, ben piazzato, dallo sguardo azzurrissimo e la pelle riarsa dal sole dello Stato della stella bianca, simpatico nella più stretta etimologia della parola, molto irruento, ma estremamente amante delle cose belle.

“Sai, caratterialmente vi assomigliate. Non credo di avere fan più presente. Si è fatto da solo e si vede. Mi piace molto parlare con lui. Stranamente non ha una mente chiusa come gran parte della gente della sua terra, anzi, è di larghe vedute e questo mi ha sempre affascinata.”

“Da quanto tempo è che lo conosci?” Domandò masticando bile.

“Da una decina di anni. Praticamente dall’inizio della mia carriera. Un paio di volte sono stata anche ospite nel suo ranch.” Serafica ed assolutamente innocente, Michiru continuò a parlare di lui e della sua famiglia, della sua casa favolosa in perfetto stile country e di mille altre cose che sinceramente alla bionda poco importavano e più andava avanti e meno Haruka ascoltava, presa da uno strano gioco mentale che la vedeva fantasticare sul viso di questo fantomatico amico, un po’ Paul Newman, un po’ Robert Redford.

Parlare a ruota libera di lui fu un errore in buona fede che Michiru non avrebbe mai commesso se l’avesse conosciuta meglio. Il dirle tutto poteva dirsi un’azione intelligente, soprattutto per un rapporto che si stava momentaneamente vivendo a distanza, ma fu dannatamente controproducente.

Dopo un monologo che la impegnò praticamente per tutto il tempo che le ci volle per prepararsi ad uscire, la violinista sembrò intuire che nelle risposte monosillabate dell’altra covasse un qualcosa.

“Scusa. Ti ho soverchiata di parole. - Ma sospirando l’altra non rispose.- Haruka…, che c’è?”

Stizzita per l’atteggiamento che suo malgrado stava riservando alla violinista e conoscendone perfettamente la causa, la bionda cercò di dissimulare noncuranza. Era gelosa. Gelosa marcia.

“Ma niente è che sono stanca della pioggia e del freddo.”

“Mi era sembrato di capire che l’inverno ti piacesse. Ho visto come diventi intrattabile con le alte temperature… Anche se…”

“Anche se?”

“Anche se sei molto sexy con la pelle tutta sudata.” Rivelò stupendosi di quanto poca fatica avesse fatto nel dirlo.

Una frase che smorzò immediatamente il gonfiarsi di una crisi cubana, riuscendo addirittura a fare apparire sulle labbra di Tenou l’indolenza di un lievissimo sorriso. “Bando alle sciocchezze o non riuscirò a dormire questa sera, vai alle prove?”

“No, devo vedere… “ Bloccandosi di colpo Michiru si portò le dita alle labbra. Questa volta si, si accorse di avere sbagliato.

“Chi? Seiya?!” E l’idillio finì.

“O su Haruka, non fare così! Lo sai che è solo per lavoro. Devi stare tranquilla.”

“Stai facendo tutto da sola, Kaiou. Chi ti ha detto niente?!” Ed invece era come se avesse detto tutto, tanto che anche Michiru iniziò a spazientirsi.

Non amava essere chiamata dall’altra per cognome, perché in genere la bionda lo faceva per sottolineare qualcosa di sbagliato e questo per Michiru era inaccettabile.

“Senti, se lo vuoi capire, bene, altrimenti… non so proprio cosa farci.” Dispiaciuta afferrò il cappotto e la chiave magnetica abbandonata sulla consolle dell’ingresso e una volta inforcata la cinghia della borsa alla spalla, aprì la porta della suite per ritrovarsi nell’anonimo corridoio del piano.

Un breve silenzio ed Haruka cedette. “Hai ragione Michi. E’ solo lavoro.” Disse senza però metterci un briciolo di convinzione.

“Bene, perché ritengo che nella NOSTRA storia la gelosia sia la componente più pericolosa di tutte.” Stilettò risoluta chiudendo anta e questione.

La telefonata terminò così, con un paio di frasi di circostanza ed un commiato che in quei primi mesi di lontananza non era mai stato tanto impersonale. Due caratteri forti come i loro avrebbero sempre dovuto vivere sulla soglia del compromesso. Seiya aveva ragione e Michiru stava iniziando a sperimentarlo con quella forzata lontananza; a prima vista erano due anime incompatibili, ponderata e risoluta la prima tanto com’era passionale ed irruenta la seconda. Michiru mai gelosa, o almeno mai scioccamente, Haruka… tutto l’opposto. In più la vita, i rispettivi retaggi famigliari, gli interessi, le avevano cresciute agli antipodi e se non fosse stato per un incidente in una notte d’estate, non si sarebbero neanche mai incontrate.

Ingoiando amaro, Haruka entrò in modalità istrice per tutto il resto della giornata, barricandosi dietro la solita cattiva educazione, soprattutto nei confronti di Mamoru e del suo gironzolare per casa. Giovanna cercò di ricoprire la figura di mediatrice che dalla partenza di Kaiou spettava a lei, ma fece il solito buco nell’acqua.

 

 

 

Febbraio, mese sterile e statico, portò Michiru a rallentare un po’ e con impegni meno ravvicinati, riuscì finalmente a concedersi qualche uscita. Andò per musei, sempre da sola o al più con qualche collega della Filarmonica e dormì tanto, anche troppo per un tipo come lei, cercando così nei sogni il bellissimo viso della sua Haruka. Sapendo di aver saltato il suo compleanno, girò Vienna in lungo e in largo per cercarle un regalo che rappresentasse tutto quello che stava provando per lei e che ancora non riusciva a dirle, ma non trovò nulla di quanto sperava. Non che avesse le idee chiare, ma contava sul fatto che non appena avesse visto l’oggetto più adatto a far felice la sua bizzosa bionda, l’intuito l’avrebbe aiutata. Il suo girare, il darsi da fare per poi crollare sul cuscino una volta tornata in albergo, erano tutti sintomi di una profonda solitudine.

Con la vita sociale praticamente azzerata, da persona intelligente qual’era, Michiru si accorse della pericolosa involuzione che stava avendo e non accettandola perché non sana, così come aveva fatto per Harrison, un giorno decise di darsi una scossa organizzando una cena post prove con alcuni membri dell’orchestra. Se Kaiou avesse sub dorato anche solo lontanamente l’innesco che quell’innocente uscita avrebbe portato nella relazione che stava nascendo con Haruka, sarebbe rimasta volentieri a guardare un film romantico sul cinquantasei pollici della sua suite.

 

 

Usagi uscì dalla porta salutando il negoziante e giuliva come una Tortorella s’incamminò verso il parcheggio dove sapeva avrebbe trovato Minako ad aspettarla. Era conscia che le nausee che stavano affliggendo la sorella sin dalle primissime settimane di gravidanza non le permettevano grandi sforzi, ed era anche per questo che come un’alacre formichina cercava ogni giorno di darsi da fare anche per lei. In più con Mamoru spesso da loro, aveva finalmente la possibilità di sperimentare quella vita di coppia che presto avrebbe vissuto pienamente.

Il signor Lucas era stato indagato per una valanga di reati, la cantina Kiba posta sotto sequestro e la produzione quasi del tutto fermata e Usagi avrebbe fatto di tutto per rendere il suo moro un po’ più sereno. Incluso invitarlo alla masseria per pranzo praticamente tutti i giorni per poi tutte le sere sgattaiolare per andargli a tenere un po’ di compagnia nella sua cascina.

Naturalmente questo fare, un po’ da bambina, un po’ da mogliettina navigata, mandava Haruka fuori dalla grazia del cielo. Senza la mediazione continua di Michiru, le cose fra le due sembravano essere tornate quelle di sempre. Forse anche peggio.

“Dove vai con questo freddo?” Tuonava la bionda ogni sacrosanta sera ormai conscia che, visto il periodo difficile che stava passando l’uomo e l’avvicinarsi della maggiore età della sorella, non poteva più costringerla a stare incatenata a casa.

“Da Mamo. Torno tra un paio d’ore.” Rispondeva serafica con la sua sciarpona colorata stretta al collo e i due bon bon ai lati della testa nascosti da un caldo cappello di lana.

“Vedi almeno di farti riaccompagnare a casa. Domani hai scuola…”

“Si, si…” Urlava già con un piede fuori dalla porta sul retro della cucina.

“Lasciala respirare.” Consigliava Giovanna, ma niente, ad Haruka quel boccone per lei amarissimo proprio non sarebbe mai andato giù.

Usagi lo aveva compreso anche troppo bene ed apprezzando la libertà negli spostamenti che comunque aveva da quando la turbolenta storia del signor Kiba era iniziata, quel pomeriggio decise di fare alla sorella un pensiero per ringraziarla ed arruffianarsela un po’. Passando in edicola sperò di trovare il nuovo numero del mensile Musica oggi. Era una rivista che parlava prettamente di classica e che a gennaio aveva pubblicato un bellissimo articolo sul ritorno alle scene di Michiru. Spulciando tra gli scaffali non trovò però nulla che non fosse una rivista minore, più popolare e accontentandosi la prese senza soffermarsi troppo sul suo contenuto. Così pagò schizzando fuori per andare al randevu con Minako.

Tornarono a casa una mezzoretta più tardi con la spesa per la settimana e dopo aver parcheggiato di fronte alla cucina, le due sorelle rimpinguarono la dispensa soddisfatte per il lavoro svolto e non appena finito, la piccola si diresse giù per la collina percorrendo il solito mezzo chilometro che divideva la masseria dal ciclo di produzione. Uno sguardo al ponticello che portava alla cascina di Mamo e poi su per la salita terrosa, pronta per fare una bella sorpresa alla sua burbera sorella maggiore.

Con la rivista arrotolata nel palmo della mano e l’altra stretta alla sciarpa, varcò la vetrata salutando alcuni dipendenti.

“Haruka è in ufficio?” Chiese con lo scarponcino sul vetro della prima pedata e ad un accenno positivo, ringraziò salendo i restanti gradini a due a due.

Arrivata davanti alla porta semiaperta e l’asciandovi un paio di colpetti, fece capolino. Con la cornetta del telefono bloccata tra spalla e orecchio ed entrambe le mani sulla tastiera del suo PC, l’altra le fece cenno di entrare.

“All right. Thank you.” E riattaccò grattandosi la fronte.

“Chi era?”

“Una Cooperativa olandese. Ci hanno invitate a partecipare ad un convegno che si svolgerà a Bruxelles in primavera.”

“Bello!”

“Una palla. Ci manderemo Giovanna. A lei piace girare. E tu dimmi, avete fatto la spesa?”

“Yes, off corse.” A differenza delle altre sorelle, Usagi non era mai andata un gran che bene a scuola, ma non si sa perché, per le lingue era portatissima.

“E allora cosa ci fai qui? Non devi fare i compiti per domani?”

Gonfiando le guance la biondina mosse leggermente la testa in segno di assenso. “Lo so, ora vado, ma prima volevo darti questa. - E le porse la rivista, ma badandoci poco l’altra tornò a scrivere. - Ho dato solo una scorsa al sommario, però dentro c’è anche un articolo che parla della Filarmonica e perciò… anche della tua Michiru. Ho pensato ti avrebbe fatto piacere arricchire il tuo personale e segretissimo album di ritagli di giornale ed immagini scaricate da internet.” Concluse sfacciata tanto che afferrando una penna, Haruka gliela lanciò contro.

“Vai a studiare ciuccia, o gli esami di licenza non li passi!”

“Ma che modi.”

“Vai a casa, cammina!”

“Che caratteraccio.” Borbottò uscendo comunque divertita.

Rimasta sola Haruka continuò a battere sui tasti per un altro paio di minuti, convinta che se avesse smesso, Usagi sarebbe saltata fuori per ridicolizzandola.

Imponendosi quel supplizio, terminò quello che stava facendo per poi alzarsi, chiudere la porta a chiave e tuffarsi finalmente a capo fitto sulla rivista.

Dopo lo scherzetto lanciatole da Bravery, ci aveva messo un po’ per riprendere a sfogliare quel genere di riviste, sotto sotto spaventata dal potersi ritrovare di fronte ad un nuovo gossip su Michiru, ma poi la voglia di sapere dalla mano asettica di un giornalista cosa stesse facendo, l’aveva spinta alla ricerca e il suo non più segreto album di ritagli nascosto sotto i maglioni dell’ultimo cassetto dell’armadio, si era fatto sempre più corposo.

Non passando per l’indice, Haruka iniziò a sfogliare la rivista che, pagina dopo pagina, le rimandava volti di gente mai vista in vita sua. Poi, arrivata più o meno al centro, l’occhio le cadde sulla foto che ritraeva un bell’uomo moro che stringeva senza troppo pudore una ragazzotta dall’apparente età di vent’anni. Estremamente carina, ma molto volgare nel vestire, sorrideva guardando fieramente l’obbiettivo con gli occhi spavaldi della sua giovane inesperienza.

Tenou sorrise riconoscendo il soggetto maschile. “Queste sono le donne con le quali ora ti accompagni? Sei un cretino Kou, avevi per le mani il più bello dei diamanti e te lo sei lasciato scappare per robbetta del genere? Buon per me!”

Dando un colpetto con le dita al bordo della pagina, la bionda lesse di sfuggita le prime righe dell’articolo, dove in pratica si attribuiva al manager il nuovo flirt di turno. “Ma come si fa!” Gongolò tronfia abbassando le difese.

La partita contro quell’uomo era stata vinta, anche se in realtà si poteva dire che non ci fosse mai stata. Con un sorriso trionfante a solcarle le labbra, si appoggiò al piano della scrivania continuando a sfogliare trovando finalmente uno speciale sulla Filarmonica, o più precisamente, una serie d’immagini rubate da un paparazzo ad alcuni suoi membri seduti a cena in un ristorante del centro storico di Vienna. Curiosa girò la pagina ritrovandosi Michiru davanti. Mettendo meglio a fuoco si beò della bellezza della sua donna, iniziando poi a leggere il trafiletto descrittivo d’accompagno. Con l’aggettivo languido, questo lasciava intendere che tra il Primo Violino ed il collega sedutole accanto, ci fosse sotto un qualcosa. In effetti lo scatto evidenziava Michiru mentre guardava intensamente negli occhi l’uomo, rafforzando quella piccola intimità con l’aiuto di una mano posata dolcemente sulla spalla di lui.

La gola della bionda si strinse di colpo provando nuovamente quella sensazione di smarrimento natale immediatamente dopo aver letto il titolo dell’articolo con il quale Bravery le aveva fatto sapere l’identità della violinista e la consequenziale relazione con suo fratello Seiya. Identica, pesante, mefitica. Quasi soffocante.

Una foto che ritraeva un gruppo di persone tranquillamente sedute attorno ad un tavolo, era di se per se normalissima, ma tra sorrisi e chiacchiere c’erano loro; un uomo ed una donna che si sfiorano con lo sguardo. Nella consapevolezza di Tenou fu lampante il confronto voluto dall’editore della rivista; da una parte un articolo che parlava di Seiya e della sua nuova fiamma e dall’altra Michiru, che sembrava stare allacciando una conoscenza con un altro uomo. Due strade che finalmente si dividono e poco importava se il collega della Filarmonica della signora Kaiou non aveva gli occhi di smeraldo, come titolava il suo ultimo brano, nell’articolo s’insinuava comunque che fosse LUI l’artefice del ritrovato smalto artistico del Primo Violino.

“E meno male che dovevo stare tranquilla!” Ringhiò.

Haruka era una giovane donna generosa ed altruista, ma il suo punto debole era sempre stata la gelosia, fin da piccola. Quando se per un qualsiasi motivo si vedeva impossibilitata ad avere affetto da chi amava, invece che cercare di capire ed analizzare la situazione, perdeva totalmente il controllo percorrendo tutte le fasi dell’indecenza; dalla nevrosi, al mutismo, dalla collera all’insofferenza contro tutto e tutti.

Se soltanto avesse conosciuto un po’ meglio Michiru, avrebbe avuto sicuramente il distacco e, soprattutto, il sangue freddo per cogliere in quello sguardo rubato il vero senso che aveva spinto la donna ad aprirsi così con il collega. Purtroppo vuoi per lo scarso tempo che avevano potuto passare insieme, vuoi per l’atavico carattere bizzoso di Haruka, questo non stava accadendo.

Richiudendo la rivista e nascondendola in un cassetto della scrivania, uscì come una furia conscia che con tutto la bile che aveva dentro non avrebbe più potuto concentrarsi.

 

 

Rayan le sorrise alzando il braccio in segno di saluto. Dalla parte opposta della carreggiata stradale attese che Michiru lo raggiungesse stringendosi nel suo cappotto nero. In quella domenica mattina era a dir poco scorato. Le prove, almeno per lui, non erano andate bene e questo era un brand che se perpetrato avrebbe costretto il Direttore ad escluderlo dall’orchestra.

Conoscendo la situazione, Michiru cercò di essere il più gentile possibile, ma la musica doveva cambiare. “Ti sei ripreso dalla sfuriata?” Chiese ricambiando il sorriso tirato di lui.

“Insomma… Me la sono meritata, ma il Direttore dovrebbe andarci piano.”

“Un tedesco?!”

“Già. Quell’uomo è più freddo del ghiaccio, ma se conoscesse tutta la situazione…”

“Se conoscesse la situazione saresti già stato espulso. Le conosci le regole, no? Non hai ancora deciso cosa fare? Guarda che così non puoi più andare avanti.”

“Lo so Michiru, ma non so proprio come affrontare la situazione. Mi sento tra l’incudine ed il martello. - Prendendo a camminare verso un caffè, l’uomo le confessò che in quarant’anni di vita non si era mai trovato in una situazione del genere. - Sono sempre stato un tipo risoluto o almeno così credevo fino ad ora.”

“Perciò arguisco che tu non sia ancora riuscito a dirlo a tua moglie.” E nella sua voce suonò un rimproverò che lui colse subito.

“Non giudicarmi, ti prego. Ho dei figli… Non posso mollare tutto così su due piedi.”

“Rayan ti assicuro che sto cercando con tutta me stessa di non farlo, vorrei solo che fosse chiaro quanto il tuo procrastinare renda tutto più difficile.”

Fermandosi ad un semaforo il collega la guardò finalmente negli occhi ed il rimprovero che lesse lo mise immediatamente sulla difensiva. “Lo so Kaiou, ma non è che posso uscirmene con un: sai amore, mi sono fatto l’amante. Lavora con me e adesso sono talmente preso da non riuscire più a concentrarmi.”

Quella parola, amante, le aveva sempre dato fastidio e perciò le risultò umano ricambiare con la stessa moneta. “Invece se vuoi lasciarla dovresti dirglielo proprio così!”

Storpiando il viso Rayan non replicò e come avrebbe potuto. Michiru aveva ragione su tutta la linea, ma era come se non volesse capire che in quel casino non ci era caduto scientemente, era successo e basta. Aveva lavorato molto per arrivare dov’era, come marito, come padre, ed infine come membro stabile di una delle più prestigiose orchestre mondiali. Ma sapeva bene che se la moglie avesse scoperto la sua giovane storia non lo avrebbe perdonato, così come non lo avrebbero perdonato i vertici di un’istituzione secolare come la Filarmonica, che da sempre vietava ai suoi componenti di allacciare intrecci sentimentali.

La mattina passò in fretta e per Michiru fu pesante, perché più che starlo a sentire, non poteva fare per Rayan nulla di più. Quando tornò in albergo aveva l’umore sotto ai tacchi. L’atteggiamento attendista del collega non le piaceva e ne conosceva il motivo. Da sempre intollerante alle situazioni poco chiare, non riusciva a capire come alcune persone riuscissero invece a conviverci benissimo.

Forse sono troppo severa nei suoi confronti. L’amore è amore, però… anche la sincerità ne dovrebbe far parte, si disse mentre assorta attendeva l’arrivo dell’ascensore in un angolo della reception del suo albergo. Michiru era tanto critica con Rayan anche perché s’immedesimava in sua moglie. Per tanto tempo era stata lei la donna tradita ed ora provava per quell’emerita sconosciuta una sorta d’empatia. Il collega non poteva certo essere paragonato al suo ex e la situazione di un amore clandestino appena nato tra i leggii di un palcoscenico, completamente diversa da quella ormai logora che in anni aveva portato lei e Kou a dividersi, ma era più forte di lei giudicarlo.

Ritornando nel suo asettico appartamento pieno zeppo di cose lussuose per lei completamente inutili, la donna provò il desiderio fortissimo di chiamare la sua bionda, anche perché erano giorni che per un motivo o per un altro non riuscivano più a sentirsi. Così abbandonato cappotto e guanti su una sedia ed afferrato il cellulare nella borsa, scorse la rubrica chiamando direttamente il suo numero sperando che fosse raggiungibile. Un paio di squilli ed una voce calda e profonda rispose.

“Pronto…” Un po’ freddino visto che Haruka sapeva perfettamente chi fosse.

“Buona domenica. Disturbo?” Chiese per poi mettersi seduta sul divano del soggiorno.

“No…”

“Sicura?”

“Se ti dico di no è NO!”

Guardando un attimo il cellulare con circospezione Michiru iniziò ad insospettirsi. “Vuoi che ti chiami in un altro momento? Ti sento un po’ nervosa.”

Non sarebbe cambiato nulla, anzi, con il passare dei giorni Haruka avrebbe continuato a montare rabbia fino all’esplosione. Provando a calmarsi, la bionda decise di dare all’altra una chance. Era passata una settimana dall’uscita di quell’articolo e lei aveva fatto di tutto per non sentirla, sapendo che se lo avesse fatto avrebbe finito per darle addosso senza lasciarle il tempo di parlare. Doveva ascoltare e doveva farlo ora. Basta scappare e comportarsi da immatura.

Quanto sarebbe stato più logico e semplice chiamare la diretta interessata e chiederle chi fosse e cosa rappresentasse per lei quell’uomo dalla carnagione chiara e lo sguardo scuro che gran parte dei paparazzi europei stavano già dando per il suo nuovo compagno. Semplice, ma non da Tenou, che quando si parlava della vita sentimentale e dei gusti sessuali di Michiru aveva capito di non avere il coltello dalla parte del manico. Troppo presa e troppo fumantina, Haruka stava vivendo una situazione del tutto nuova, ovvero quella di doversi guardare le spalle dal mondo maschile. Era già stata con donne etero, ma mai per più di una notte e MAI donando cuore ed anima. In più sapeva che la sua infantile gelosia poteva essere benissimo scambiata per mancanza di fiducia.

“Si, sono nervosa, ma lasciamo perdere. Parlami un po’ di te. Quali programmi hai per oggi?”

Pensando che quello strano comportamento dipendesse dalla presenza di Mamoru, Michiru l’accontentò dicendole che non aveva in mente nulla, anzi, che visto il freddo sarebbe rimasta al calduccio in compagnia di un buon libro.

“Non sei uscita neanche questa mattina?”

“Si, ma niente di che.”

“Mmmm.”

“Tu? Sei a casa?”

“Ora si, un paio d'ore fa sono passata al Consorzio per parlare dell’elezione del nuovo Presidente.”

“Allora è per questo che sei di umore no?”

“Più o meno. - Mentì. - I candidati non mi piacciono:”

“Candidati tu.”

“Per carità, con tutto il lavoro che ho da fare, Giovanna che non lascia stare i nuovi innesti, Usagi ed i suoi occhietti amorosi e Mina con la pancia che cresce…” Disse sentendola ridere.

“Come va la gravidanza?”

“Quella bene e Mina che non si regge.” Un’altra risata ed il suono di un campanello.

“Hanno bussato?”

“Si, sarà la cameriera per le faccende. Eppure avevo lasciato detto che non sarei più uscita.” Alzandosi Michiru andò alla porta chiedendo chi fosse mentre dalla parte opposta dell’anta la voce di un uomo allarmava Haruka. “Michiru sono io, ho dimenticato di darti una cosa.”

Rayan comparve sull’uscio paonazzo dal freddo. “Scusami, non so dove ho le testa. Prima al caffè mi è passato di mente. Ieri hai dimenticato questo sul leggio.” E le porse un fazzoletto bianco con ricamare su le sue iniziali.

Sorpresa lei sbatté le palpebre non ricordando neanche di averlo smarrito. “Non dovevi. Sei tutto intirizzito.”

“Sembra che questa notte nevicherà forte, perciò è molto probabile che domani le prove saltino.”

“Allora grazie.”

“Di nulla. Grazie a te per la bella mattina.”

“Vuoi entrare per scaldarti un po’?”

“No, preferisco tornare a casa. Buon proseguimento.”

“A te Rayan.” Ed aspettando che facesse qualche passo sul pianerottolo richiuse la porta della suite.

“Haru, sei ancora li?”

“Prima… al caffè?!” Inquisì sentendo riecheggiare nella testa le frasi, si, ma niente di che e vuoi entrare per scaldarti?

Ritornando verso il soggiorno Michiru confermò la cosa. “Era Rayan, un collega. Questa mattina abbiamo preso una cioccolata insieme, ma poi visto il tempo, ho preferito tornarmene in albergo.”

“Questo vuol dire che se avessero fatto trenta gradi saresti ancora con lui?!”

“Haruka… - Fermandosi al centro della stanza la violinista iniziò a capire. - … non sarai gelosa, spero.”

“Dovrei?”

“Assolutamente no! Posso arrivare a capirlo di Seiya, ma per Rayan.”

“Ci sei uscita a cena?”

“Si, la settimana scorsa, con degli altri membri della Filarmonica. Ma che cos’è questo terzo grado?”

“Be mia cara Kaiou, ti informo che stanno circolando voci su una tua possibile relazione con questo… collega. O almeno credo sia lui.”

Un secondo per recepire l’informazione e Michiru scoppiò a ridere. “O Haruka, non lo avrai letto in qualche rivista!? Ma lo sai quanti flirt mi appiccicano addosso? Ti prego…”

Quell’ilarità ed il sentirsi come una sempliciotta di paese mandarono la bionda ancora più su di giri. “E anche fosse? Non è che mi faccia piacere leggere certe cose su di te!”

“E allora non leggerle, non navigare in internet e quando ti senti insicura sul nostro rapporto, chiamami!”

“Insicura?!”

“Si Haruka, insicura. E’ palese! Lo so che la lontananza è difficile, ma smettila di farti dei film sul come possa condurre la mia vita qui! Questo tuo atteggiamento mi offende e poi sono talmente stanca che non potrei farmi una storia neanche se volessi.”

“Ma a cena ci vai!”

“Ma ti senti?!” I decibel si alzarono.

Michiru era allibita. Aveva capito da subito che Tenou fosse una persona gelosa. Lo era con le sorelle, con la sua azienda, con il pegiouttino di famiglia o la sua Ducati e quando le aveva detto che sarebbe dovuta ritornare a calcare le scene, lo era stata anche nei suoi confronti, ma qui si sfiorava il ridicolo.

“Non è forse vero? Dici sempre di essere esausta, che vivi praticamente da reclusa, tutta casa e prove e poi ti beccano a fare gli occhi dolci al primo venuto.”

“Rayan è un collega che sta vivendo un periodo complicato ed io non sto facendo altro che cercare di aiutarlo.”

“Invitandolo ad entrare da te?!”

“Non ti permettere!” Esplose sapendo solo lei quanta fatica le fosse costata mettere in piedi quella cena o quanto stesse lottando contro i suoi principi per provare a dare a quell’uomo un sostegno.

“Senti Haruka, forse è meglio finirla qui prima che si possano dire altre fesserie. Datti una calmata e riflettici su, poi, quando ti sentirai pronta per imbastire una discussione intelligente, richiamami. Fino ad allora sarà meglio non sentirsi.”

“Michiru…”

“A presto!” Ed imbestialita e delusa interruppe la chiamata spegnendo definitivamente il cellulare per tutto il resto della giornata.

 

 

Era rimasta ferma in piedi a guardare il suo cellulare come una polla, conscia di avere appena fatto un casino epocale, stravolta per aver sentito Michiru tanto determinata nel non volerla più sentire fino ad un suo rinsavimento ed ancora più scioccata dal tono con il quale l’aveva liquidata. Poi un moto di rivalsa le aveva colto l’orgoglio e scattando verso la sua stanza vi si era chiusa a fare su e giù inveendo contro il mondo. Il carattere che aveva ricevuto in sorte non era certo dei più docili, si sapeva, ma proprio di una violinista affermata doveva andarsi ad innamorare? Una donna che fino a qualche mese prima aveva avuto una storia con un uomo dalla testa ai piedi, conosciuto dalla famiglia, con il quale lavorava, aveva messo su una casa e con il quale avrebbe tanto voluto avere dei figli?

“Non è colpa mia, cazzo. Non è colpa mia!” E giù sfondoni e calci all’armadio aperto sui suoi capi invernali.

“Sei troppo bella Michiru, non lo capisci?! Sei troppo TUTTO e fai gola, anche se non te ne rendi conto.” Presi pantaloni e camicia.

“Oppure lo sai e fai solamente la santarellina!” Calzini e maglietta.

Non ti azzardare, dici, ma io i film me li faccio e come. Ma cosa credi, sto facendo una fatica pazzesca a non pensarti nuda tra le braccia di quel porco di Kou. E’ storia vecchia, lo so, ma ci rosico lo stesso! Poi salta fuori il texano e adesso il collega… Sta passando un periodo difficile, dici. Lo sto solo aiutando, assicuri.”

Infilandosi i pantaloni se li allacciò in vita tirando violentemente verso l’alto la zip.” Il collega ha problemi? E chi sene frega!”

Haruka continuò ad inveire vestendosi con l’idea di uscire nonostante avesse promesso alle altre una tipica domenica in famiglia. Riaprendo l’anta per afferrare il giubbotto che in genere usava per andare in moto, vide la sua immagine riflessa nello specchio interno e scosse la testa.

“Sei un’imbecille! Si, tu! - Si urlò contro. - Ti senti tanto figa, vero? Inforchi i tuoi Ray-Ban conscia che le stenderai tutte. Vai a caccia per non fallire mai, giusto? DEFICIENTE! Lo sapevi che se avessi dato via il tuo cuore avresti sofferto! Brava Tenou! Adesso sai che non sei infallibile, che c’è chi ti ha fregata e ora ti tiene per le palle!”

“Ma che fai, parli da sola?” Giovanna la guardò dalla porta fare capolino da dietro l’anta.

“Tutto bene?”

“Fanculo anche a te!” E spostandola da un lato uscì sul corridoio scaracollandosi giù per le scale.

“Ma che cavolo… Haruka!”

Diretta al silos spalancò le porte trovando ad aspettarla la sua Rose. “E’ ora di riappropriarsi di un po’ di dignità!” Disse prendendo dalla tasca del giubbotto i suoi occhiali da sole ed inforcandoli sul naso fece altrettanto con la sella sicura che qualunque cosa fosse successa, quella sera Haruka Tenou avrebbe ritrovato il suo orgoglio.

 

 

 

Note dell’autrice: Salve. Chiedo scusa a tutti per l’enorme ritardo con il quale ho pubblicato. Lo so, non è un capitolo lungo, ma abbiate pazienza. Il caldo mi ha steso ed il lavoro con lui.

Ciau

   
 
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