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Autore: Evie_Frost    08/09/2020    0 recensioni
Noah ci ha lasciati, Stiles è diventato il nuovo sceriffo e Derek ha fatto ritorno a Beacon Hills. Cosa potrebbe succedere ancora vi starete domandando? Semplice, moltissimi colpi di scena.
Il buon vecchio sceriffo non è mai stato l'uomo che diceva di essere.
Un giallo che vi porterà a vedere e vivere in modo totalmente diverso la nostra amata cittadina acchiappa esseri soprannaturali.
Ma niente paura, l'intuito di Stiles lo porterà a risolvere il più grande mistero della sua carriera, ovviamente grazie all'aiuto del suo licantropo preferito (Sterek❤️ accenni alla Thiam)
Genere: Romantico, Sovrannaturale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek/Stiles, Sceriffo Stilinski
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Ero decisamente stressato. Stressato dal fatto di non aver chiuso occhio per colpa del turno massacrante che avevo appena concluso, stressato dalla minaccia che aleggiava sul Nemeton, stressato dal fatto di non avere ancora elaborato il lutto di mio padre…i miei nervi erano messi a dura prova da così tante piccole sottigliezze, che procastinate, si erano ingigantite. Si trattava del medesimo meccanismo che regolava il verificarsi di uno tsunami: goccia dopo goccia si veniva a creare un’onda dalle dimensioni inimmaginabili, impossibile da placare od arrestare. Beh, placare il mio stato d’animo burrascoso non era al di fuori della portata di chiunque, specialmente di un certo lupone che mi aspettava dentro casa. Trascinai con estrema fatica i piedi sul vialetto di casa, trovando la chiave sotto al vaso accanto alla porta: Derek aveva seguito le istruzioni che gli avevo lasciato poche ore prima. Aprii delicatamente l’uscio: dopotutto erano solamente le sei del mattino e non mi andava di disturbarlo. Derek si stava facendo in quattro per aiutarmi con la carriera e i pericoli provenienti dal soprannaturale, che non capivo come facesse al tempo stesso a badare ad una classe di adolescenti durante i pochi momenti in cui eravamo separati. Nemmeno mi ero reso conto di essere diventato completamente dipendente da lui, non per quanto riguarda il dividerci le preoccupazioni dovute al folle piano di Taranee, ma per quanto riguardava la sua semplice presenza. Amavo sentire il suo profumo ovunque: nella mia camera da letto, sugli asciugamano del bagno e sui cuscini del divano. Era una cosa piuttosto lupesca questa, me ne rendo conto, ma al cuor non si comanda dopo tutto. In punta di piedi mi diressi in bagno, mi lavai dalla tensione accumulata, per poi dare un’occhiata in direzione della camera da letto: Derek non c’era. Fui colto da un’insolita angoscia: che se ne fosse andato perché la prima presenza era troppo invasiva? Taranee lo aveva già scovato ed ucciso? Perché non mi aveva nemmeno lasciato un messaggio? Perch- “Per favore Stiles, come riesci a pensare così tanto di mattina presto? Il rumore dei tuoi pensieri è un ronzio continuo” afflosciai le spalle emettendo un sonoro sospiro di sollievo: Derek era giunto di soppiatto alle mie spalle, con ancora la sua tuta da casa in dosso. Senza pensarci troppo mi gettai tra le sue braccia. “Scusami, è stata una nottata difficile” tentai di giustificare quel gesto. Mentalmente iniziai un conto alla rovescia che mi avrebbe inevitabilmente portato a sbattere il sedere contro il pavimento, rigettato da un impulso di disgusto del licantropo. Ero già arrivato al numero cinque quando, con mia somma gioia, mi ritrovai corrisposto nella mia ricerca d’affetto: Derek avvolse un braccio attorno alla mia vita, mentre inspirava il mio odore dalla mia chioma. “Lo so, lo è stata per entrambi. Se solo si potesse pagare per poter eliminare per sempre ogni minaccia da Beacon Hills, darei fondo al mio patrimonio” ridacchiai e più ridevo, più mi sentivo il cuore leggero. “Avevo quasi dimenticato che condivido la mia umile dimora con un miliardario” lui iniziò a rilasciare qualche timida carezza. “Non ti preoccupare, ho già deciso che modifiche apportare per rendere più piacevole la mia permanenza”. “Der, non trasformerai questa casetta in un hotel a cinque stelle” il lupo ringhiò frustrato. “D’accordo, ma sappi che ho ordinato una nuova maniglia per la porta di camera nostra…in ottone, stile imperiale. Un vero affare, l’ho trovata su un sito che rivende oggetti vintage” raccontò tutto fiero del suo acquisto. -Camera nostra- due parole che fecero aprire i cancelli del mio personale paradiso. Sotto ai miei piedi, la moquette era scomparsa, lasciando spazio ad una confortante nuvoletta che mi avrebbe direttamente condotto al monte Olimpo. Derek, il più bello degli dei, mi avrebbe fatto stendere accanto a sé sul suo triclinio, bevendo ambrosia e… “Stiles? Mi stai ascoltando? Beh poco importa. Ho già pianificato di appendere un arazzo nel soggiorno” fui risvegliato dal mio sogno ad occhi aperti, trasalendo, come quando la puntina di un giradischi schizza via proprio durante il momento di massima estasi di una composizione di Beethoven. “Derek! Che stai dicendo!” lo inseguii mentre si dirigeva al piano inferiore. “Non lo farò davvero ma è servito a svegliarti. Temevo ti fossi addormentato spiaccicato a me e credimi: l’ho visto lo stato in cui hai ridotto il tuo povero cuscino” ridacchiò, versandosi del caffè. “Sei un ingrato!” urlai, fregandomene del sonno di bellezza in cui auspicavano i miei vicini. “E poi tu non sei messo tento meglio caro mio. Russi da far tremare le pareti” iniziammo una lotta di rimproveri degna di un asilo nido. “Io potrò anche russare ma almeno non costringo il mio inquilino a mettersi i braccioli per non annegare nella bava che rilascio mentre dormo. Sei un bruco da seta” come osava rivolgermi questo tono da saccente. “Come siamo cortesi oggi, professorino. Ti informo che mentre ti accarezzavo i capelli, hai iniziato a scalciare con un piede come il più tenero dei cuccioli” gli occhi di Derek si tinsero di un blu elettrico, dovevo averla fatta grossa. Posò con estrema lentezza la tazza di caffè sul tavolo, iniziando a correre. “Aiuto! Pietà Derek! Pietà!” urlai a squarcia gola, gettandomi a capofitto nella camera da letto e sbarrando la porta con tutto ciò che trovavo. Era giunta la mia ora: potevo non essere morto a causa di un demone millenario, della caccia selvaggia, di un branco di alpha… ma era impensabile sfuggire alla rabbia di Derek Hale. ‘Credo si sia arreso’ tentai di rassicurami, il cuore mi martellava nel petto. Feci appena in tempo a voltarmi che andai a sbattere contro il petto possente del licantropo, cacciando un urlo. “COME DIAVOLO SEI ENTRATO!” indietreggiai. “Hai lasciato la finestra aperta” rispose con un sorriso sornione sul volto. “Derek io stavo scherzando. Non sei un adorabile cucciolo, sei un grande e forte alpha!” mi giustificai, camminando all’indietro fino a quando la mia schiena non andò a sbattere contro la porta della stanza. Il lupo non frattempo non aveva smesso di avanzare, con quello sguardo da predatore ed i muscoli tesi. Ci ritrovammo nella stessa posizione in cui eravamo finiti anni addietro, una delle innumerevoli volte in cui mi aveva sbattuto contro una superficie per potermi minacciare. ‘Se dovrò nascondere un fuggitivo dentro casa mia, lo farò con le mie regole’ gli avevo intimato, convincendolo sorprendentemente. Ci eravamo aggiustati la giacca di pelle vicendevolmente ma poi il licantropo, giusto per rimarcare il suo ruolo da dominante, aveva fatto uno scatto improvviso nella mia direzione. ‘Oh, ma dai’ sbuffai, tornando alla mia postazione computer. Ora Derek era difronte a me, una manciata di centimetri si frapponeva tra i nostri volti. Il suo sguardo altalenava dai miei occhi alle mie labbra, come se fosse indeciso nella scelta della tortura da riservarmi. Dal canto mio ero totalmente rapito dai lineamenti del suo viso: ancora non mi spiegavo come degli zigomi così pronunciati potessero celare un sorriso tanto stupendo. Peccato che in tutti questi anni di conoscenza, avessi visto Derek sorridere solamente in modo sadico. Esattamente come fece in quel momento: le labbra rosee si aprirono in una smorfia divertita, lasciando che i canini pronunciati ne facessero capolino. Prima ancora che potessi cacciare un altro urlo estremamente virile, il licantropo mi aveva caricato sulla sua spalla, gettandomi sul letto ed iniziando a farmi il solletico. “Basta Der!” lo supplicavo, divincolandomi sotto le sue abiti dita, che compresero immediatamente i punti più sensibili della mia pelle. “Come un cucciolo, eh? Voglio vedere se avrai ancora il coraggio di chiamarmi così!” rideva mentre constatava la mia arrendevolezza, dato che dai miei occhi iniziarono a sgorgare piccole lacrime divertite. “S-sei tu…sei tu. Hai vinto. Mi arrendo” mormorai con il fiatone. Il licantropo ne sembrò convinto, arrestando la mia meritata esecuzione. Il verde silvestre delle sue iridi si perde in quello castano dei miei occhi, nemmeno ci eravamo resi conto di esserci persi in uno sguardo. Scrutava ogni dettaglio del mio viso quasi come se fosse la prima volta che ci incontrassimo: lo vidi percorrere con le pupille un percorso immaginario, volto a congiungere i neri che giacevano sulle mie guance arrossate. “Der…” sussurrai, come a volermi rendere conto che non fosse semplicemente frutto della mia immaginazione. Per la seconda volta, nell’arco di breve tempo, avevamo sentito entrambi l’esigenza di un contatto fisico diretto e, per quanto mi riguarda, non mi sarei mai tirato indietro. Come se risvegliato da uno stato di trance, il lupo si sollevò dal mio corpo. “E’ il caso che tu dorma per quelle poche ora che ci separano dall’apertura della clinica di Deaton. Ricordati di prendere il campione e di farti trovare pronto per la cena di questa sera, sempre che tu non abbia intenzione di evitarla…in tal caso ti seguirò a ruota” mi infilai sotto le lenzuola come suggerito, faticando improvvisamente a tenere gli occhi aperti. “Non possiamo” sbadiglio “scappare” altro sbadiglio “Lydia ci verrebbe a cercare ovunque” borbottai, avvertendo la testa appesantita dal sonno. Avevo accumulato un quantitativo di stanchezza tale da non prestare nemmeno attenzione al mio inquilino, mentre indossava abiti più formali per recarsi al liceo. L’ultima cosa che vidi fu la triscele tatuata sulla sua schiena e dopo poco, qualcuno che rimboccava le lenzuola del mio letto. “Grazie papà” furono le ultime parole che dissi prima di addormentarmi. - “Derek smettila di suonare quel dannato clacson!” urlai a squarcia gola ancora dentro casa, certo che con il suo super udito avrebbe ben recepito le mie lamentele. Se il quartiere avesse presentato una denuncia per disturbo della quiete pubblica, non avrei certamente insabbiato il caso anzi, sarei stato ben vieto di girare il dito nella piaga. “Sei in ritardo di mezz’ora” mi fece presente una volta aperta la portiera della Camaro. “Buon pomeriggio anche a te. Si, anche io sono felice di vederti e si, se ho fatto ritardo è solamente perché non trovavo la giacca che mi hai chiesto” gliela mostrai. “Peccato che non sia nemmeno quella. Questa è di pelle con le borchie, io avevo chiesto di pelle con il colletto alto” fu in quel momento che giurai gli avrei avvelenato il caffè con dello strozzalupo. “Grazie Stiles per aver perso tempo a cercare una giacca in mezzo alle altre venticinque che possiedo, tutte perfettamente e dannatamente identiche” gli puntai un indice accusatorio contro. “Non sono tutte identiche per tua informazione” si lamentò come se avessi appena criticato la sua famiglia. Per il resto del tragitto verso la clinica veterinaria, ci limitammo ad ascoltare le canzoni che venivano trasmesse alla radio, canticchiando. Per meglio dire: canticchiai, Derek si limitava ad assecondare il ritmo della musica ondulando il capo. “Non è cambiata per niente” constatò il lupo, una volta giunti difronte alla clinica veterinaria. La sala d’attesa era vuota e dalla stanza sul retro proveniva solamente la voce del medico, occupato a rassicurare un paziente particolarmente intimorito, a giudicare dal lamentio che attirò l’attenzione del licantropo. Diedi un leggero colpetto al campanello posto sulla scrivania della reception, per segnalare a Deaton il nostro arrivo. “Solo un secondo!” la sua risposta fu pronta. Lo sentimmo riporre il suo paziente peloso in una gabbietta, ricoprendolo di lodi per aver masticato delle pastiglie assieme al suo pranzo. “Come posso esservi utili?” non appena il medico sollevò lo sguardo, un’ondata di gioia gli rallegrò il volto. “Non ci posso credere, ragazzi…siete davvero voi?” ci venne incontro, abbracciandoci e dandoci pacche amichevoli sulle spalle. Non era affatto cambiato, se non per il fatto che si fosse abituato a portare la barba in modo più incolto e per via di qualche ruga che segnava, in modo poco simpatico, il passaggio del tempo. “Venite, accomodiamoci di là. Tranquillo Derek, ho eliminato la mia buona vecchia dose di sborbo dell’uccellatore sulla porta” ridacchiò tutto contento, come uno zio che rivede i nipoti dopo che questi si sono diplomati. Effettivamente era così, fatta eccezione per il fatto che non avessimo buone notizie da condividere. “Raccontatemi un po' come ve la passate. Non sapevo fossi tornato a Beacon, Derek. Fa sempre piacere avere un Hale tra i paraggi. Tu, Stiles? Come sta andando alla centrale?” non cessò di fare domande, porgendoci due tazze di chissà quale tisana rimediata durante uno dei suoi viaggi. “Sono tornato solamente da poco tempo. Sono ospite a casa sua” spiegò Derek, sempre di molte parole ma che alle orecchie del veterinario parvero preziosissime. “Già, il fatto che ora conviviamo ha reso il mio ritorno alla normalità più facile, se così si può dire. Non ho molto tempo libero da occupare con pensieri negativi, sono sempre di corsa” mi grattai il collo, consapevole che molto preso quel clima di buon umore sarebbe scomparso. “Deaton, noi siamo veramente felici di rivederti ma siamo qui per condividere con te un problema, sperando tu possa aiutarci” fortunatamente ci penso l’impulsività del licantropo a rimettere sulla giusta carreggiata la conversazione. Il volto del veterinario si incupì, annuendo. “Noi abbiamo trovato una pista…alla centrale” lanciai un’occhiata al licantropo: non che non mi fidassi di Deaton, ma preferivo che la faccenda dei sotterranei della centrale rimanesse una questione puramente personale. “Non ne abbiamo ancora la piena certezza, ma crediamo che il Nemeton sia in pericolo. L’ecosistema della riserva è stato manomesso e come tu ci hai sempre ripetuto, l’universo trova sempre un modo per riequilibrare le cose. Temiamo che questo possa condurre inevitabilmente ad una rovina del mondo del soprannaturale” il nostro interlocutore ebbe bisogno di sedersi per assimilare il tutto. “Avevo il sentore che qualcosa non andasse…” “Siamo nelle tue mani, Deaton. Ti abbiamo portato un campione dei rovi che stanno divorando la riserva, speriamo che tu possa darci qualche informazione maggiore” poggiai nei suoi palmi, la provetta contenete l’oggetto della nostra discussione. Il druido ci impiegò meno di una manciata di secondi per elargire la sua sentenza. “Si tratta di un esemplare di Taxus baccata, altrimenti chiamato Tasso o albero della morte. Le sue bacche sono letali: ora comprendo l’incremento di casi di avvelenamento qui alla clinica. Oltre al suo naturale livello di pericolosità, è stato manomesso geneticamente” spiegò con cura e dedizione. “Perfetto, ci troviamo difronte ad una ragazza che gioca a fare la scienziata” borbottò Derek. “Mi dispiace contraddirti amico mio, ma la scienza non è ancora pervenuta a livelli di manipolazione delle erbe di un tale complessità. Questa è opera di qualcuno interno al nostro sistema” sgranai gli occhi. “Intendi che un altro druido è presente in città?” il licantropo al mio fianco si concedette un ringhio di frustrazione, ricordando la sua passata e disastrosa relazione con Jennefer. “Onestamente penso che la fanciulla di cui parlate non abbia ancora completato la cerimonia di investitura al grado di druido, ma sta imparando ed anche velocemente a giudicare da quello che è riuscita a compiere. Quello che mi incute più timore è il fatto che abbia qualcuno dalla sua parte” perfetto, davvero una situazione con i fiocchi. “Intendi dire che questo livello di manipolazione delle piante non è roba da novellini?” avvertivo la rabbia di Derek montare ad ogni nuova scoperta venuta alla luce. “Esattamente. Questo genere di incantesimo lo appresi dopo diversi anni dal compimento della mia vita come druido. E’ un tale caos. Non sono si stanno sovverchiando le leggi della natura ma anche quelle che regolano il pensiero celtico. Ci stanno attaccando su tutti i fronti”. “Dividi et impera” mormorò Derek. “Vogliono dividerci per poterci opprimere. Sperano che tu ti allontani dal nostro branco per occuparti della riserva in modo da lasciarci soli. Tipico della Monroe. Non ha intenzione di sporcarsi le mani questa volta e per questo utilizza sua figlia. Non le ha permesso di convertirsi ad un credo pagano ma sta costringendo qualcuno ad insegnarle i segreti del mestiere” purtroppo per me, furono tutti concordi con la mia visione dei fatti. “Non siamo noi le uniche vittime in gioco. Promettetemi che salveremo anche mio fratello o sorella di culto. Siamo così pochi che ogni vita risulta preziosa doppiamente” ovviamente annuimmo. “Avrò bisogno di alcuni giorni per analizzare a fondo il campione di Tasso, vi chiamerò appena avrò degli sviluppi. Fate attenzione, avete nominato Monroe e le mie preoccupazioni non possono che essere giustificate. Gli altri lo sanno?” Derek lasciò a me il compito di rispondere. “No. Ad essere onesti non abbiamo ancora avuto modo di conversare tutti riuniti sotto un tetto da anni, ma non c’è da preoccuparsi: Lydia ha indetto una rimpatriata per cena” il veterinario sembrò comprendere la tensione che gravava sulle mie spalle. “Prima di condividere con loro quello che sta accadendo, preferirei comunque conoscere il tuo referto. C’è ancora una parte di me che spera che ci stiamo sbagliando” dissi l’ultima frase con un tono di voce troppo alto per sembrare convincente. Stavo per avviarmi verso l’auto quando il veterinario richiamò Derek. Non avrei dovuto, non avevo il diritto di immischiarmi nei suoi affari privati ma la curiosità ebbe il sopravvento. Così sostai nell’area della reception, una mano poggiata sulla maniglia della porta d’ingresso. “So perché sei tornato” Deaton pareva quasi compiaciuto. “E’ stato difficile ammetterlo a me stesso ma devo dire che da quando sono qui, è come se mi sentissi nuovamente a casa” non potei fare a meno di sorridere per lui. “Sai meglio di me che una casa non la fa il luogo ma le persone che ci vivono” che cosa voleva dire?. “Già, lui ancora non lo sa” io non sapevo cosa? Cosa mi stavi nascondendo Derek? Che saresti partito nuovamente spezzandomi il cuore? Che avevi una famiglia altrove?. “Potrebbe non averlo ancora capito lucidamente, Derek, ma il suo inconscio si” ridacchiò di cuore. “Quando sarà il momento lo verrà a sapere” udii i passi del lupo avvicinarsi e mi lanciai verso l’auto. “Credevo fossi già seduto” inarcò un sopracciglio. “Non ho artigli con cui rompere la portiera io, l’avevi chiusa a chiave” Derek così sbadato nei confronti della Camaro? Assurdo quasi quanto un calo d’affetto da parte mia per la jeep. “Andiamo a cena?”. “Andiamo”.
   
 
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