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Autore: ChrisAndreini    08/09/2020    3 recensioni
Cinque coppie, cinque cliché, tropes letterari e delle fanfiction ovunque, e un narratore esterno e allo stesso tempo interno che sembra attirare a sé le più assurde coincidenze e situazioni da soap opera.
Un gruppo di amici si ritrova a passare l'anno più movimentato della loro vita guidati dai propositi, dall'amore, e da una matchmaker che non accetta un no come risposta.
Tra relazioni false, scommesse, amici che sono segretamente innamorati da anni, identità segrete e una dose di stalking che non incoraggio a ripetere, seguite le avventure della Corona Crew nella fittizia e decisamente irrealistica città di Harriswood.
Se cercate una storia piena di fluff, di amicizia, amore, e una sana dose di “personaggi che sembra abbiano due prosciutti negli occhi ma che alla fine riescono comunque a risolvere la situazione e ottenere il proprio lieto fine”, allora questa è la storia che fa per voi.
Genere: Commedia, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Corona Crew'
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New Malfair Comic & Games

 

Sabato 27 Aprile 

La parrucca prudeva davvero tanto, gli occhiali da sole gli impedivano di vedere quasi tutto, il pendente con la G dei Gavinners era pesantissimo e quasi lo sbilanciava e rimaneva in equilibrio solo grazie al suo pienissimo zaino a forma di custodia di chitarra.

Mathi era al settimo cielo!

E non riusciva proprio a smettere di sorridere, mentre entrava finalmente alla bellissima fiera di New Malfair, accompagnato dal suo caro Dan, Clover (che aveva offerto a entrambi due cosplay di fattura eccelsa), Diego e la sorella di Diego, che aveva già conosciuto alla gara per i biglietti della fiera ed era felice di rivedere.

Mathi si era guardato bene intorno per tutto il tempo in fila e mentre si avviavano all’entrata, e oltre a notare la bellezza della location, si era anche accorto che non c’era Amabelle, fatto sorprendente e allo stesso tempo apprezzabile.

Un po’ di calma prima della probabile futura tempesta ci voleva proprio.

Aveva sempre voluto visitare quella fiera in particolare. Certo, nei suoi sogni ci sarebbe andato con sua sorella, ma era felicissimo anche di stare in compagnia di Denny.

-Allora, io direi di dividerci. Io da sola ad autocommiserarmi perché le fiere non mi piacciono, la coppia gay/finto etero da qualche parte e Diego si gode un po’ Juanita che non vede mai- propose Clover, sedendosi su una panchina già provata parecchio dal lungo viaggio in macchina.

Anche lei era in cosplay, così come il suo accompagnatore e sua cognata. Mettevano in scena una versione molto originale di Alice, il Cappellaio Matto e la Regina di cuori.

Clover, ovviamente, era la Regina di cuori.

Lo sguardo da “tagliatele la testa” c’era tutto.

-Suvvia, cognatina. In realtà vedo Diego molto spesso. Mi piacerebbe passare del tempo anche con te- Juanita si avvicinò alla Regina di cuori e la prese sottobraccio, incoraggiandola ad alzarsi per seguirla.

Sbuffando, Clover si alzò controvoglia, e borbottò qualcosa che Mathi non riuscì proprio ad afferrare.

Denny, che aveva un udito migliore, aggrottò le sopracciglia, ma scosse leggermente la testa tra sé, facendo finta di niente.

-Per me è una buona idea separarsi, si percorre più spazio, si rimane meno fermi per colpa di altri e ci si orienta meglio nel traffico di gente- commentò invece, prendendo il braccio di Mathi per incoraggiarlo a stare con lui.

Mathi saltò un battito, non aspettandosi un contatto così improvviso, ma cercò di mantenere la compostezza, anche se non trattenne un sorrisino e le guance si erano fatte estremamente calde.

-Bravi, andate per la vostra strada, piccioncini- Clover fece un occhiolino malizioso, e Denny arrossì vistosamente e lasciò immediatamente andare il braccio di Mathi.

Peccato, il ragazzo avrebbe potuto vivere in quella stretta… avrebbe voluto vivere in quella stretta. E non solo una stretta al braccio, anche in tutto il corpo, per tutta la vita. Ahhhh, sarebbe stato un sogno.

-Non siamo piccioncini!- ci tenne a sottolineare Denny, con corde vocali d’acciaio che si abbinavano perfettamente al suo cosplay di Apollo Justice.

Ah, giusto, quel piccolo particolare rendeva il sogno impossibile. Ma i sogni sono fatti per questo.

-Sì sì, godetevi lo stato di single finché Amabelle non si intrufola per farvi mettere insieme- lo prese in giro Clover, con un occhiolino.

Denny si guardò intorno, preoccupato, sistemandosi i ciuffi di capelli gellati per assomigliare a quelli di Apollo Justice nella speranza che potessero celarlo alla vista dell’amica e vicina invadente.

Mathi doveva ammettere che, nonostante il cosplay, Denny non era cambiato particolarmente. Era identico ad Apollo in ogni caso.

-Sarà meglio iniziare a girare. Mathi, iniziamo dai giochi da tavolo o dai videogiochi?- Denny tirò fuori la mappa del posto che aveva recuperato all’entrata e iniziò a controllare i vari settori.

Mathi si sporse verso di lui per vedere a sua volta.

Sentì l’amico irrigidirsi leggermente, ma era troppo impegnato a non morire di infarto a sua volta per rendersene del tutto conto.

-Allora, la sezione giochi da tavolo è più vicina. Direi di partire da lì e poi fare un giro generale- propose, in tono rilassato.

-Buona idea. Ragazzi, ci vediamo in giro- Denny si affrettò a chiudere la mappa e allontanarsi velocemente da Mathi, in imbarazzo.

E di conseguenza dal resto del gruppo.

Mathi lo seguì come un cagnolino fedele, avvicinandosi nuovamente per non perderlo troppo di vista e perché, ad essere onesti, voleva davvero tanto stargli vicino.

Era convinto che quella sarebbe stata una giornata meravigliosa.

E neanche Amabelle, che sicuramente prima o poi sarebbe arrivata, l’avrebbe rovinata.

 

Petra si era pentita di aver accettato di accompagnare Amabelle circa venti secondi dopo aver dato conferma, e al momento, in piedi su un treno con un centinaio di persone ammassate, si ripromise che mai avrebbe accettato nuovamente una cosa del genere.

Mai! Nessuno l’avrebbe più convinta a sottoporsi a tale tortura.

-Tray! Tray! Dove sei?!- una voce schiacciata dalla massa di gente, di cui Petra non riusciva a vedere la provenienza, le ricordò che difficilmente avrebbe mantenuto la parola data a sé stessa, perché Amabelle era in grado a convincerla a fare qualsiasi cosa se lo voleva davvero, e Petra era generalmente debole di fronte alle sue richieste, a prescindere.

-Sono qui- Petra alzò la mano in mezzo alla calca per attirare la sua attenzione, e sentì vagamente qualche lamentela e qualche spintone, prima che la chioma rossa dell’amica le spuntasse davanti, separando, paradossalmente, una coppia che stava chiacchierando e sembrava in grande affinità.

Appena vide il sorriso a tutto denti della rossa, Petra perse il proprio. Conosceva benissimo quel sorriso, e non prometteva niente di buono.

-Tray! Eccoti finalmente!- Amabelle le si appiccicò contro, e ampliò il sorriso, ampliando di conseguenza anche la preoccupazione dell’amica.

-Cosa è successo?- chiese, saltando i convenevoli.

Le guance di Amabelle si tinsero di rosso, confermando i timori di Petra.

-Ecco, vuoi sentire prima la notizia buona o quella cattiva?- chiese, sollevando due dita come ad indicare le due opzioni.

-Quella importante, quindi la cattiva- Petra avrebbe voluto incrociare le braccia seccata, ma era bloccata, quindi si limitò a sbuffare.

-La cattiva notizia è che abbiamo preso il treno sbagliato che va in tutt’altra zona- ammise Amabelle, abbassando timidamente la testa.

Petra sbuffò di nuovo.

-Ma la buona notizia è che al capolinea possiamo prendere l’autobus giusto, e quello va dritto dritto alla Fiera di New Malfair! Quindi non dobbiamo neanche cambiare autobus!- annunciò subito Amabelle, eccitata.

-Che vanno a fare due ragazze come voi alla Fiera di New Malfair?- chiese un invadente ragazzino di massimo otto anni, con un ghigno divertito.

-Non ci si immischia nei discorsi altrui, Jordan!- lo riprese sua madre -Scusate, ragazze-

-Andiamo a spiare dei nostri amici che sono lì per un appuntamento!- spiegò Amabelle, per niente disturbata dall’interruzione.

-E che ci fanno i vostri amici alla Fiera di New Malfair?- chiese poi Jordan, sempre più confuso.

-Jordan!- lo rimproverò di nuovo sua madre, impotente di fronte alla curiosità del bimbo e la calca che non le permetteva di portarlo via.

-Guarda, non li capisco neanche io, ma a loro piacciono un sacco queste cose- Amabelle alzò le spalle (urtando per sbaglio la coppietta precedentemente separata) e rispose nuovamente.

-Ma non è una cosa da…?- la successiva domanda del bambino venne interrotta dalla madre: 

-Jordan, adesso basta, non importunare le signorine!- lo riprese con forza, alzando leggermente la voce.

-Scusa mamma- il bambino si zittì, ma sorrise ad Amabelle e Petra.

I due scesero due fermate dopo.

-Mai pensato di avere figli?- chiese a sorpresa Amabelle, dopo averli visti uscire.

Petra per poco non si strozzò con la sua stessa saliva.

-Cosa?! No! Perché me lo chiedi?!- esclamò, alzando il tono di qualche decimo e venendo guardata male dai suoi vicini di calca.

-Curiosità. Perché no? Per me saresti una madre fantastica! Potresti adottare!- propose Amabelle, entusiasta.

-No! I figli sono un problema, e non ho grandi esperienza di madri da cui prendere esempio- Petra su questo punto era irremovibile. Lei non aveva la minima intenzione di avere figli. Punto e basta!

Sperando che la sua eventuale partner sarebbe stata d’accordo.

-Tu, invece? Vorresti avere figli?- chiese Petra ad Amabelle, parecchio spaventata dalla risposta. Non che se la figurasse come sua futura eventuale partner, ormai iniziava a rassegnarsi, ma era sempre meglio sapere, no?

-Mmmm, non ci ho pensato. Non lo so, sono ancora troppo giovane dopotutto- Amabelle alzò di nuovo le spalle, colpendo la solita coppietta, che provò a lamentarsi senza venire ascoltata.

Petra tirò un profondo sospiro di sollievo, che attirò l’attenzione di Amabelle, che si avvicinò all’amica fino a starle a pochi centimetri.

-Perché hai sospirato? Pensi non possa essere una brava madre?- indagò, socchiudendo gli occhi e guardando Petra con sdegno.

-No!- si affrettò a negare Petra, cercando di allontanarsi ma riscontrando una grossa resistenza dal tizio dietro di lei.

-Non pensi possa essere una brava madre?!- Amabelle si portò una mano alla bocca, drammaticamente devastata.

-Sì! Cioè, no! Cioè…- Petra era entrata in tilt totale, con Amabelle così vicino a lei e la consapevolezza che il sospiro di sollievo era dovuto al fatto che sperava vivamente che un giorno sarebbero potute essere una coppia senza figli di mezzo.

Ma non poteva rivelare il motivo ad Amabelle!

-Io penso tu possa essere una brava madre, in futuro, forse, se ci tieni davvero ad avere figli, ma sono sollevata che al momento, dato che hai solo 19 anni, tu non voglia averne, tutto qui- cercò di spiegarsi, senza guardarla negli occhi e cercando di risultare del tutto imperturbabile e imperturbata.

Amabelle la analizzò per qualche secondo, poi si allontanò, e alzò le spalle per l’ennesima volta, andando a sbattere contro la coppia, che non si lamentò ma sembrava davvero irritata.

Per loro fortuna, scesero alla fermata successiva.

-E poi, insomma, al momento manca anche la materia prima per fare un figlio, non ti pare?- Amabelle fece un occhiolino a Petra, che diede il meglio di sé per non storcere il naso e grugnire all’idea di Amabelle che faceva un figlio con un tizio qualunque.

Prima che potesse ribattere con qualsiasi cosa, o semplicemente cambiare argomento (sembrava l’idea migliore), un commento alle sue spalle attirò completamente l’attenzione di entrambe.

-Visto? È questo il motivo per cui non bisognerebbe accettare le adozioni gay- stava commentando una signora di mezza età con la sua vicina di posto, che la guardava come se nemmeno la conoscesse.

Per un attimo, Petra e Amabelle rimasero completamente immobili, senza parole (e la seconda cosa era molto rara per Amabelle).

Poi, con tutta la calma del mondo, Petra prese Amabelle per un braccio, fermandola dall’agire in modo sconsiderato, dato che sembrava in procinto di ignorare la calca per gettarsi addosso alla signora e riempirla di insulti.

Ma questo non avrebbe fatto che confermare qualsiasi idea avesse.

E Petra era abbastanza intelligente da sapere quando era il momento di restare calmi e quando fosse meglio esplodere.

Riuscì a circumnavigare il tipo massiccio dietro di lei, che la lasciò passare come se avesse intuito il suo intento, e si avvicinò tranquillamente alla signora, che la guardò preoccupata, ritirandosi sulla sedia e impallidendo.

-Salve, non ho potuto fare a meno di ascoltare il suo commento, che suppongo fosse in merito alla nostra conversazione. Le spiacerebbe elaborarlo davanti a me?- chiese, fulminandola con lo sguardo.

La signora era senza parole, e arrossì vistosamente. Non si aspettava di essere chiamata sul fatto, era evidente, come era evidente che non credeva che l’eventuale approccio sarebbe stato così elegante.

-Uh, io… dico solo che… dal vostro infantile modo di comportarvi non affiderei mai a voi dei bambini- borbottò, quasi senza farsi capire, e senza guardare nessuna delle due. La tipa con cui prima stava parlando si eclissò completamente dalla conversazione, cercando di non attirare l’attenzione su di sé.

-Noi due non siamo rappresentanti totali della comunità LGBT+, e se anche lo fossimo, lei non ha il diritto di giudicarci in questo modo senza conoscerci solo ascoltando una conversazione casuale su un treno- le fece notare Petra, sempre con assoluta calma.

All’interno stava ribollendo di rabbia, ma non avrebbe mai dato a quella omofoba una giustificazione per i suoi stupidi credi bigotti.

-In ogni caso, il vostro era solo uno dei tanti esempi di un discorso generale. Perché non si può far crescere un bambino con due genitori dello stesso sesso: Verrebbe preso in giro…-

-Colpa dei genitori altrui che educano i propri figli all’odio-

-Di solito sono problematici a prescindere. Si obbligano ad un ambiente che potrebbe essere ostile…-

-…e un orfanotrofio o una casa famiglia non sono ambienti altrettanto ostili se non di più?-

-Un bambino ha bisogno di una madre e un padre per crescere con i modelli di vita giusti e ricevere amore completo- 

-Questa è una grandissima st…- intervenne Amabelle, che per tutto il tempo era rimasta nell’angolo a fissare lo svolgersi degli eventi con espressione indecifrabile, ma adesso si era del tutto scaldata per l’argomento che le stava particolarmente a cuore.

Petra riuscì ad interromperla con un gesto della mano, ma Amabelle rimase a fissare la signora con occhi che mandavano scintille.

-A questo punto rispondo con ordine: innanzitutto i “ruoli” di maschio e femmina sono costrutti sociali, l’importante è appunto l’amore e l’educazione che vengono impartiti ai figli, e possono venire da uomini e donne indiscriminatamente; poi sono tantissimi i bambini che crescono con solo una madre e solo un padre, e molti di essi crescono benissimo- anche a Petra l’argomento stava molto a cuore.

-Scommetto che non sai neanche di cosa parli. La cugina della parrucchiera di mia sorella è cresciuta senza madre e ha un comportamento a dir poco allucinante, tra droghe e prigione- spiegò la signora, infiammandosi a sua volta.

-Mia madre è in viaggio e non la vedo da quando ero molto piccola. La madre del mio fratellastro è morta quando lui era piccolo. Siamo stati entrambi cresciuti principalmente da sua nonna, e poi da tate sempre diverse. So perfettamente di cosa parlo- obiettò Petra, ammutolendola.

-E i miei vicini di casa sono cresciuti senza madre, e Max è la persona migliore del mondo!- aggiunse Amabelle.

-E Denny?- chiese Petra.

-…se la cava. Il suo vero problema è stato passare i primi anni di vita con sua zia. Quindi tiè! La figura femminile lo ha rovinato!- spiegò Amabelle, decisa.

-Il punto è che due genitori gay non possono dare al bambino quello di cui hanno bisogno- provò ad insistere la signora, anche se ormai non sapeva più cosa inventarsi.

-Perché? Per le adozioni, gay e non, ci sono tantissimi controlli sulla famiglia. Quando una coppia etero qualsiasi fa figli questi controlli non ci sono. E sono moltissimi i bambini in case abusive che vengono bellamente ignorati- le fece notare Petra.

-Stai forse insinuando che adesso bisognerebbe controllare tutti i bambini?! Ma stai scherzando?! Le persone hanno il diritto di avere i figli, e solo perché qualcuno è abusivo non significa che tutti sono così- si infiammò la signora.

-Mi scusi, signora, ma è lei che sembrava particolarmente interessata alla salvaguardia dei bambini. Perché non inizia a pensare a quelli che soffrono per davvero invece di negare a delle semplici coppie piene di amore da dare la possibilità di adottare un figlio con cui condividerlo?- Petra alzò le spalle con ovvietà, e la signora si ammutolì di nuovo.

Iniziò a controllare i dintorni in cerca di una via di fuga, e quando il treno si fermò alla fermata successiva, si alzò di scatto.

-È la mia fermata- disse come giustificazione, prima di scappare via.

Petra fece cenno a un’anziana signora lì vicino di sedersi al posto precedentemente occupato, e prese il telefono, archiviando del tutto la conversazione.

-Spero vivamente che quella non fosse in realtà la sua fermata- borbottò Amabelle, sbuffando sonoramente irritata.

-Meh, probabilmente avrei fatto meglio a stare zitta. Tanto queste persone sono testarde. Più che altro avrei voluto una conversazione più civile- commentò Petra, iniziando un irritante giochino sul telefono.

-Oh, già! Ci guardava dall’alto al basso con disgusto, alzava sempre la voce, e si ritirava sulla sedia neanche fossimo infette!- si indignò Amabelle, incrociando le braccia.

-Dovremmo esserci abituate ormai. Tutti pensano sempre che stiamo insieme- Petra cercò di non arrossire all’idea, e ci riuscì meglio di quanto avrebbe pensato.

-Ah, credeva che stessimo insieme?- chiese Amabelle, confusa.

-Sì, ovviamente. Pensava stessimo parlando di adottare un figlio nostro- spiegò Petra, che l’aveva trovato piuttosto ovvio.

-Oh…- Amabelle si zittì per qualche secondo, e Petra alzò la testa per capire dalla sua espressione a cosa stesse pensando.

Ma Amabelle era imperscrutabile.

-Comunque sei stata fantastica a risponderle per le rime! Decisamente sexy- si sbloccò poi, facendo un occhiolino verso Petra, che, colta di sorpresa, questa volta non riuscì a non arrossire.

-Oh, beh, grazie. Cioè… che? Insomma, normale amministrazione- cercò di recuperarsi, ma ottenne solo che Amabelle ridacchiò tra sé, e le si avvicinò per vedere il gioco sul telefono.

Per il resto, il viaggio procedette piuttosto tranquillo.

 

Denny non riusciva a smettere di sorridere e muoversi da una parta all’altra come un cagnolino iperattivo.

Ogni stand era pazzesco, pieno di articoli interessanti, persone gentili, e cosplayer davvero originali.

L’unico problema?

Era sfinito!

Ed era solo mezzogiorno.

Solo che girare in aprile, nella città più calda della zona, con un completo attillato composto da camicia, gilet e cravatta non era esattamente comodo.

E non aiutava neanche essere saltellato in giro per gli stand manco fosse Amabelle.

-Vuoi sederti?- gli propose Mathi, vedendo quanto fosse affaticato.

Lui, al contrario, era fresco come una rosa. Ma era normale. Certo, il suo cosplay da Klavier comprendeva camicia e giacca pesante, ma almeno lui aveva avuto la possibilità di sbottonare i primi e gli ultimi bottoni della camicia, quindi un po’ di aria gli arrivava, dai.

-No, non preoccuparti, sto alla grande- mentì Denny, che era ad un passo dal collasso. Neanche il tempo di fare codesto passo, che inciampò su una cartaccia e rischiò seriamente di cadere a terra.

Venne però salvato dall’intervento tempestivo di Mathi, che lo afferrò da sotto alle ascelle e lo strinse a sé con forza, per tenere entrambi in equilibrio.

Denny sentiva chiaramente le forti mani di Mathi nella parte superiore del suo busto, il corpo dell’amico premuto contro di lui, e avvertiva quasi il battito del suo cuore. Sembrava trapassere il tessuto per quanto chiaramente Denny lo percepì. E fu come ricevere una iniettata di caffè per endovena, tanto che non riuscì a trattenersi da spingere via la presenza (non esattamente) sgradita dell’amico e cadere effettivamente a terra, preso alla sprovvista dalla situazione.

Ma era stato più forte di lui, sentiva come se dei fulmini gli fossero passati in tutto il corpo.

-Scusa!- Mathi si affrettò a sollevare le mani, dispiaciuto -Volevo solo evitare che cadessi- cercò di giustificarsi, avvicinandosi lentamente e offrendogli la mano per aiutarlo ad alzarsi.

-Non sarei caduto, era tutto sotto controllo- riuscì a borbottare Denny. O almeno avrebbe voluto borbottarlo, ma le corde vocali non sembravano funzionargli. Cercò anche di afferrare la mano di Mathi, ma nel momento in cui le loro dita si sfiorarono, il ragazzo sentì nuovamente la scossa di prima, e anche una sensazione stranissima allo stomaco, come se ci fossero centinaia di farfalle impazzite che combattevano all’ultimo sangue o cercavano un’uscita.

Era una sensazione terrificante. Che stesse per morire di una stranissima malattia improvvisa e incurabile?

Si allontanò da Mathi nel modo più discreto possibile per non ferire i suoi sentimenti, e cercò di stabilizzarsi.

-Stai bene? Sei rosso come un pomodoro! E caldo come una stufa- purtroppo la discrezione non era la sua abilità migliore, e Mathi si accorse subito che qualcosa non andava.

E, purtroppo numero 2, per cercare di controllare la sua temperatura, il cosplayer del personaggio più obiettivamente figo e attraente (per una ragazza, non per Denny, certamente) di Ace Attorney, gli si avvicinò e gli mise una mano sulla fronte.

Al ché, Denny si ritirò inconsciamente, mandando all’aria la sua discrezione, e iniziando ad accettare una durissima realtà.

Una consapevolezza che portava nel cuore, ma che non voleva assolutamente ammettere.

Tutti i sintomi, dopotutto, suggerivano una cosa.

E Denny non era uno sprovveduto, sapeva esattamente il loro significato.

Era stanco.

Già, sicuramente era soltanto stanco e accaldato. Purtroppo aveva finito l’acqua un’oretta prima, ma poteva comprarne dell’altra ad un qualsiasi stand del cibo.

-Dan, ti devo portare nello stand di primo soccorso? Inizio a preoccuparmi- Mathi cercò di fargli aria con la parrucca di Klavier senza alcun successo, e Denny capì che era proprio il caso di ammettere la sua debolezza.

-No, tranquillo. Sono solo un po’ stanco, hai ragione. Forse è meglio sederci- ammise, adocchiando una panchina poco distante e avviandosi il più velocemente possibile per allontanarsi da Mathi, che però, ovviamente, lo raggiunse facilmente, dato che le sue falcate erano molto più lunghe di quelle dell’amico.

Una volta arrivati alla panchina, Denny si stravaccò con ben poca eleganza, e respirò profondamente per calmare i fremiti del suo cuore.

-Certo che questi cosplay sono pazzeschi. Clover è stata davvero gentile a regalarne uno anche a me- commentò Mathi, osservandosi da una finestra riflettente piazzata proprio davanti a loro.

-Gliel’ho chiesto io. Mi piaceva un sacco l’idea di fare un cosplay di coppia- spiegò Denny, sbirciando lo specchio e controllando i loro riflessi -Hai ragione, siamo proprio uguali- commentò poi, ammirando la fattura.

-Beh, Klavier è più smilzo e più abbronzato. Il tuo Apollo è identico, e…- Mathi interruppe la sua spiegazione di scatto, come se si fosse appena reso conto di una cosa, e arrossì leggermente, giocherellando con la parrucca bionda.

-Che c’è?- chiese Denny, improvvisamente preoccupato di aver detto qualcosa di sbagliato.

-Niente, niente. Sono onorato che tu abbia usato il tuo regalo di compleanno anche per me. Dimmi un po’, hai scelto anche i soggetti o Clover è esperta di giochi?- indagò.

-Ovviamente ho scelto io. Pensavo Apollo e Trucy, perché ami la magia e so che è il tuo personaggio preferito. Ma non c’erano opzioni per una Trucy maschio né le tue misure se avessi voluto comunque comprare il cosplay. Hai un bellissimo fisico ma…- Denny si portò una mano alla bocca, sconvolto dalla confessione appena fatta.

Mathi arrossì ulteriormente.

-Oh, beh, grazie- borbottò, con un sorrisino molto compiaciuto.

-Cioè… hai capito che intendo. Non era un complimento!- si affrettò a negare Denny, diventando molto più rosso dell’amico e anche più rosso del suo stesso completo.

-Oh, okay- Mathi sembrava deluso.

-No, aspetta, intendevo… agh, il punto è che Klavier era il personaggio con il cosplay più carino che si addicesse ad Apollo e poi mi piace la loro dinamica nel gioco!- Denny cercò di cambiare argomento e tornare a quello precedente, e Mathi decise di assecondarlo.

-Beh, sì. Ammetto che io li ho sempre visti come una bella coppia- ammise, un po’ imbarazzato.

-Sì, una coppia di rivali!- gli diede man forte Denny.

-No, una coppia coppia- specificò Mathi, senza guardarlo negli occhi.

-Sì, ho capito che intendi, una coppia di amici nemici-

-Non solo, insomma, una coppia più unita che come semplici amici-

-Ah, capisco, una specie di bromance? Sì, ci possono stare. Un po’ come Phoenix ed Edgeworth. Molto amici e…-

-No, Denny. Io li vedo come una romance, senza B- 

Denny rimase in silenzio per qualche secondo.

-E onestamente metà dei fan della serie li vedono come una coppia, mi sorprende che tu non lo sappia- aggiunse poi Mathi, tra sé.

Denny continuò il suo mutismo, poi osservò i dintorni, soffermandosi sul loro riflesso e poi sulle facce di alcuni passanti che li guardavano maliziosi.

-Ah…- disse infine, arrossendo e seppellendo il volto tra le mani -Oh, no! Credi che la gente pensi che stiamo insieme?! Lo sapevo che dovevo comprarti Trucy!- iniziò a farsi mille paranoie, e le farfalle nel suo stomaco si risvegliarono.

Probabilmente quelle erano un simbolo di fame. Sì, sicuramente. Non avevano nulla a che fare con l’idea di lui e Mathi, insieme come coppia bromance senza b, che gli stava entrando in testa.

-No, sicuramente no! Il mio era solo un commento e un’opinione personale, tutto qui! Cambiando argomento, più o meno, perché hai deciso di non partecipare alla gara cosplay?- Mathi cercò di rassicurarlo e distrarlo, e ci riuscì abbastanza.

-Non mi sembrava giusto gareggiare con un costume che non ho né fatto né comprato io personalmente. Apprezzo tantissimo il regalo di compleanno, ma non mi va di parteciparci ad un concorso- spiegò Denny, sempre con la testa sepolta, ma più calmo.

-Che cosa adorabile!- commentò Mathi, intenerito.

-È solo onestà!- si affrettò a sminuire Denny, arrossendo.

-A proposito di regali. Mi devi ancora dire il giorno del tuo compleanno. Non vorrei perdermelo- Mathi prese il telefono pronto a segnare la data sul calendario, e l’agitazione di Denny tornò di prepotenza.

Il ragazzo si alzò di scatto (provocandosi un giramento di testa) e si guardò intorno in cerca di una distrazione.

-Io vado a prendere una bottiglietta d’acqua e qualcosa di molto poco costoso per pranzo. Vuoi qualcosa?- chiese, già pronto a scappare via.

Mathi lo guardò stranito, ma decise di non insistere, e si alzò a sua volta.

-Perché non resti qui e vado io a comprare qualcosa? Tu mi hai offerto il cosplay, io ti offro il pranzo- provò a proporre, facendogli cenno di sedersi.

-No, non posso accettare! Non ho mica pagato io il cosplay- provò ad obiettare, ma Mathi era irremovibile.

-Insisto. Se non fosse stato per te non avremmo neanche vinto i biglietti. Sei tu ad aver proposto la sala giochi al nostro primo ed ultimo finto appuntamento- gli fece un occhiolino, e iniziò ad avviarsi verso uno stand di cibo.

Denny sospirò, e si risedette, sorridendo appena tra sé.

Certo che Mathi era davvero speciale.

Era quasi tentato di ringraziare Amabelle per la stupida scommessa che gli aveva permesso di conoscerlo.

Quasi.

Perché quella ragazza non aveva bisogno di incoraggiamento. 

Anzi, a dirla tutta era strano che non fosse ancora arrivata per spiarli. Da quando Clover aveva messo il tarlo nella mente di Denny, quest’ultimo era stato molto attento ai suoi dintorni, per scorgere l’amica nel caso avesse deciso di stalkerarlo.

Che poi, chissà, forse era davvero arrivata, ma la fiera era così grande che non lo aveva ancora trovato.

Denny decise di non pensarci e limitarsi ad aspettare le vettovaglie e riprendersi dalla stanchezza.

In effetti iniziava a sentirsi molto meglio, e in quella zona passavano parecchi cosplayer.

Denny osservò con interesse tutti coloro che passavano vestiti, ammirando la fattura, l’impegno e soddisfatto da sé per riconoscerne la maggior parte. 

Era un po’ deluso nel non vedere nessun personaggio di Ace Attorney, ma ci poteva stare, andare in giacca e cravatta con quel caldo era sfiancante.

Proprio mentre formulava quel pensiero, un cappello a cilindro azzurro attirò la sua attenzione, insieme al mantello ad esso accorpato.

Trucy!

Fantastico, c’era una Trucy Wright!

Era quasi tentato di salutarla e chiederle una foto, e si chiese se fare una cosa del genere sarebbe valso come gesto spericolato per il suo proposito.

Ma prima che potesse decidersi, la ragazza vestita come la sorellastra del suo personaggio, si voltò a guardarlo, e sembrò illuminarsi.

-Fratellone!- urlò, attirando l’attenzione di mezza fiera, e avvicinandosi a grandi passi verso Denny, che sobbalzò vistosamente, non aspettandosi un saluto tanto sentito.

Nonostante lo stesse guardando fisso, Denny si girò comunque a controllare che stesse chiamando proprio lui.

Si avvicinò prima che Denny avesse modo di ricambiare in qualche modo il saluto, e lo indicò emozionata.

-Non ci credo! Sei il primo personaggio di Ace Attorney che vedo in tutta la fiera! Il tuo cosplay è fantastico! Deve costare una fortuna!- commentò, guardandolo ammirata.

Denny cercò di non farsi prendere dal panico, e di restare rilassato. Era una ragazza esuberante vestita da Trucy, non era di certo lì per fargli del male a caso. O per derubarlo. Doveva restare calmo.

-Beh, sì. Adoro il tuo costume. Il mantello è identico- commentò, cercando di ostentare sicurezza.

La ragazzina, che a vederla più vicino aveva un’età da liceo, si illuminò.

-Grazie! L’ho cucito da sola! È un cosplay completamente artigianale. Era un po’ difficile ma ci tenevo. Ace Attorney è la mia serie preferita!- commentò, eccitata, saltellando da una parte all’altra e mostrando bene il mantello azzurro.

-Davvero?! Anche la mia! Adoro quei giochi. Anche se il mio preferito è Apollo Justice- ammise. Era un’opinione impopolare, ma se la ragazza davanti a lui era vestita come Trucy e non come Maya, forse avrebbe capito.

-Anche il mio! Ci ho giocato con mio fratello, tanti anni fa. Sei alla fiera da solo?- chiese la ragazza curiosa, sedendosi accanto a lui.

Denny era ancora un po’ all’erta, ma si impose di restare calmo.

-No, sono qui con degli amici, e ora sto aspettando Klavier che è andato a comprare il pranzo- le spiegò, allontanandosi inconsciamente.

-C’è anche Klavier? Fantastico! Possiamo farci una foto, appena arriva? Il trio di Apollo Justice. Mancherebbe solo Ema per renderlo perfetto!- la ragazzina tirò fuori il telefono, speranzosa, e Denny non riuscì a non annuire alla proposta.

-Certo! Sarebbe fantastico- acconsentì, prendendo anche il proprio telefono perché gli sarebbe davvero piaciuto avere una foto con Trucy.

-Allora, sei di New Malfair?- chiese Trucy, curiosa.

Iniziarono a chiacchierare per un po’. Denny non rivelò troppe informazioni su di sé, ma raccontò del torneo, del finto appuntamento, e di aver offerto il cosplay al Klavier. Trucy gli raccontò di come avesse messo da parte i risparmi per un biglietto e di quanto fosse eccitata di essere lì per la prima volta, insieme ad un paio di amiche che però non erano in cosplay. 

Nessuno dei due rivelò il proprio vero nome, ma quando Mathi tornò con due hot dog e due bottigliette d’acqua, Denny era molto più tranquillo e divertito.

-Wow, vedo che hai fatto amicizia con una Trucy! Sono felice di vedere che stai meglio- commentò, raggiungendo i due da dietro e ridacchiando tra sé quando Denny sobbalzò.

-Oh, tu devi essere il Klavier di cui mi parlava il mio fratellone!- indovinò Trucy, girandosi verso il nuovo venuto e facendogli un grande sorriso.

-Ja, Fraulein, sono proprio io- Mathi ebbe un totale switch di personalità, iniziando ad interpretare il personaggio che stava impersonando, e si premette con forza gli occhiali da sole sul volto, accentuando l’immagine da divo. Il suo accento era praticamente identico a quello di Sonja, ma la sua pronuncia era davvero terribile.

E Denny ne sapeva qualcosa, dato che al liceo aveva studiato tedesco, ed era stato il migliore della classe.

Trucy sembrò trovarlo divertente.

-Piacere, Herr Gavin. Il tuo costume è davvero dettagliato. I capelli sono veri?- chiese, avvicinandosi e iniziando a tirargli i capelli.

Mathi scattò indietro, rischiando di far cadere il pranzo.

-No, sono una parrucca, e rischia di andare via quindi meglio non tirare, Fraulein Wright- cercò di scherzare, ma il suo tono era urgente, sembrava quasi spaventato.

-Tutto bene, Ma…?- iniziò a chiedere Denny, alzandosi e avvicinandosi per controllare.

-Ja, ja. Avete già fatto una foto commemorativa o stavate aspettando me?- lo interruppe velocemente lui, cercando di mantenere la facciata rilassata ma sempre più agitato, per un motivo che Denny davvero non capiva.

-Stavamo aspettando te. Volevamo riunire il trio delle meraviglie! Possiamo avvicinarci?- chiese Trucy, senza accorgersi del comportamento strano, e tirando fuori il telefono.

Mathi si avvicinò a Denny, che si accostò il più possibile a Trucy, sperando davvero di venire decentemente in foto.

Poi scattarono anche con il proprio telefono.

-Grazie mille, Trucy- la ringraziò a fine photoshoot, molto soddisfatto dagli scatti ottenuti.

-Grazie a voi! Vi lascio al vostro pranzo. Ci becchiamo in giro- con un esuberante saluto, Trucy scappò via in tutta fretta, probabilmente a cercare le sue amiche.

-Che simpatica- Denny si risedette, prendendo uno degli hot dog -Non dovevi offrimi un intero hot dog. Mi bastava un pacchetto di patatine da due soldi, o solo l’acqua- si lamentò, iniziando però a mangiare famelico.

Mathi non commentò, e si limitò a sedersi a sua volta, tenendo in mano il proprio pranzo e la bottiglietta, che fissava con attenzione.

-Non mi ero accorto di quanto avessi fame. Ti devo almeno la cena. Magari potremmo andare di nuovo alla sala giochi, uno di questi weekend, che ne dici?- Denny continuò a parlare, troppo concentrato sul suo panino per accorgersi dell’improvvisa e innaturale immobilità dell’amico.

Ma quando si girò verso di lui, aspettando una risposta, il sorriso che fino a quel momento svettava sl suo volto scomparve, lasciando posto ad un’espressione decisamente preoccupata.

-Mathi…?- provò a chiedere, avvicinandosi e lasciando del tutto perdere il cibo.

L’amico infatti era piegato su sé stesso, con il volto seppellito tra le mani,  respirava con difficoltà e sembrava nel mezzo di un attacco di panico.

E Denny aveva avuto abbastanza attacchi d’ansia da sapere esattamente di cosa parlava.

Gli mise cautamente una mano sulla spalla, per attirare la sua attenzione, ma la ritirò immediatamente quando Mathi sobbalzò e sollevò la testa verso di lui, con occhi rossi per il tentativo di trattenere le evidenti lacrime che avevano iniziato a rigargli le guance.

-Respira- iniziò a sussurrargli Denny, con calma, e imitando il gesto per aiutarlo.

Mathi lo seguì, con un po’ di difficoltà.

-Bravissimo, continua a respirare. Va tutto bene- lo incoraggiò Denny, rimettendogli con attenzione le mani sulle spalle e iniziando a massaggiargliele dolcemente.

-Io… mi dispiace- borbottò Mathi, smettendo per un attimo di respirare e rincominciando a piangere.

-Shh, va tutto bene, non ti sforzare- lo rassicurò Denny, con i nervi saldi -Prova a concentrarti su cinque cose che puoi vedere- gli suggerì poi, usando un metodo che aveva sempre funzionato per lui.

-I miei pantaloni, la panchina, la bottiglietta d’acqua… sono uno stupido- a metà della lista, Mathi cominciò a ritirarsi su sé stesso.

-Non lo sei per niente. Qualsiasi cosa che puoi vedere va benissimo. Ricomincia- lo incoraggiò Denny, guardandolo negli occhi.

-I tuoi capelli, il tuo naso, la tua camicia, la tua cravatta… i tuoi occhi- elencò Mathi, fissandolo, e iniziando a calmarsi, poggiando le mani sul petto di Denny, come a cercare un appiglio per ancorarsi alla realtà.

-Ora dimmi quattro cose che puoi fisicamente toccare- continuò Denny, con calma.

-L’asfalto, i vestiti, la panchina, te- rispose Mathi, regolando più facilmente il respiro.

-Ora tre cose che puoi udire- gli occhi di Denny scrutarono i dintorni, come a distogliere l’attenzione di Mathi da lui e permettergli di rendersi meglio conto di dove si trovava.

-La folla che parla, il mio cuore, il tuo respiro- Mathi però continuava a guardare lui, aggrappandosi sempre più forte alla sua camicia.

-Due cose che riesci ad odorare- Denny ritornò concentrato su di lui.

-L’hot dog, il tuo profumo- Mathi iniziò a respirare molto più normalmente, la presa su Denny iniziò a farsi meno salda. Il picco era passato.

-Una cosa che puoi gustare- concluse Denny, accennando un timido sorriso.

Mathi esitò, e lanciò una breve occhiata verso le labbra del ragazzo davanti a lui. Erano vicinissimi, più di quanto lo fossero mai stati. Poi lo lasciò andare e si allontanò leggermente.

-La mia saliva- rispose, abbassando lo sguardo e torturandosi leggermente le mani.

Denny tolse le mani dalle sue spalle per lasciargli un po’ di spazio, ma continuò a fissarlo, per assicurarsi che stesse meglio e dimostrargli di essere presente.

-Sto meglio- gli assicurò Mathi, dopo qualche secondo di ulteriore respiro -Grazie-

-Tranquillo, succede- Denny gli diede una dolce pacca sulla schiena, e prese un sorso d’acqua. 

Non voleva indagare e metterlo in imbarazzo, ma non voleva neanche essere insensibile. 

Ora che il momento di emergenza era passato si sentiva davvero a disagio. Aveva agito bene? Poteva agire meglio? Mathi stava bene davvero o fingeva? Cosa aveva causato l’attacco? Era stata colpa sua? Mathi non sembrava affatto una persona ansiosa, cosa gli era successo?

Cercò di trovare qualcosa da dire, ma Mathi lo anticipò.

-Non volevo che mi vedessi così. Speravo che non te ne accorgessi- borbottò, un po’ a disagio, e a testa bassa.

-Mi dispiace se sono stato invadente- si scusò Denny, interpretando il commento come una specie di “non ci conosciamo abbastanza e non ti volevo tra i piedi”.

-No, no, mi hai salvato. Solo…- Mathi sembrava parecchio imbarazzato, ed evitò accuratamente di guardare nella direzione di Denny -...volevo risultare figo ai tuoi occhi. Non volevo che capissi che sono un casino- si abbracciò a disagio. Il suo volto era serio e pieno di rassegnazione, come se fosse convinto che Denny si sarebbe allontanato da lui dopo quello che era successo.

-Ma tu sei figo!- si affrettò a rassicurarlo Denny, arrossendo subito dopo per quanto fraintendibile un commento del genere potesse risultare -Cioè, sei un amico fantastico, e avere un attacco di ansia non ti rende meno fantastico, anzi… sei molto forte a sopportare questo tipo di cose. Io ne so qualcosa- lo rassicurò, mettendogli una mano sulla spalla, per incoraggiarlo.

-Grazie, Dan. Non ho mai avuto un amico meraviglioso come te- gli sorrise Mathi, riconoscente.

Denny avvertì nuovamente quelle farfalle assassine nello stomaco, ma non era proprio il momento di dare loro importanza, e cercò di calmarle con la sola imposizione della mente.

-Dan, posso chiederti un ulteriore favore?- Mathi attirò nuovamente l’attenzione dell’amico, e mise a bada le farfalle per un po’.

-Certo, qualsiasi cosa- 

-Potresti non chiedermi il motivo di quello che è successo? E non parlarne più?- sussurrò Mathi, a disagio.

-Certo, va bene- si affrettò ad annuire Denny.

Era davvero curioso, doveva ammetterlo, ma non avrebbe mai forzato una persona conosciuta da poco a rivelargli i motivi della sua ansia. Dopotutto sapeva quanto era difficile aprirsi.

-Sarà meglio sbrigarci a mangiare, abbiamo ancora un sacco di cose da fare- Mathi cercò di recuperare la sua solita tranquillità, e Denny provò a fare altrettanto.

-Sì, c’è un secondo stand di videogiochi dove vendono giochi introvabili o molto vecchi. Forse riesco a trovare Investigations di Miles Edgeworth!- chissà se aveva abbastanza soldi. Aveva preso tutti i suoi risparmi nella speranza di comprare qualcosa di fantastico, ma non erano poi molti. E di certo non avrebbe chiesto a nessuno di prestargli qualcosa. Inconsciamente portò la mano in tasca, dove teneva il portafogli, e gli venne un colpo al cuore quando non lo trovò.

-A proposito, tieni- come se avesse avvertito la sua ansia, Mathi gli porse il portafogli perduto prima che fosse Denny ad avere un attacco di panico, e il ragazzo lo prese confuso.

-Mi hai rubato il portafogli?- chiese, confuso e anche leggermente seccato.

-No, ti era caduto durante il selfie- spiegò Mathi, grattandosi leggermente dietro il collo mentre con l’altra mano prendeva l’hot dog (ormai cold dog) che non aveva ancora mangiato.

-Oh, grazie, mi stava per venire un infarto- Denny controllò che ci fosse tutto (non perché non si fidasse di Mathi, ma perché era una sua mania) e lo rimise in tasca, decisamente sollevato.

Finirono i rispettivi pasti, e quando si alzarono per continuare l’esplorazione, lasciarono indietro ogni residuo di ciò che era appena accaduto.

Era il loro grande giorno, niente avrebbe potuto rovinarlo!

 

-C’è qualcosa che non mi quadra- commentò Petra, una volta che furono entrate alla “Fiera di New Malfair”.

-Ma che dici, è fantastica!- Amabelle non capiva cosa intendesse.

La fiera sembrava davvero incredibile e davvero divertente.

Era piena di animali da cortile, bancarelle di frutta, fiori e artigianato, e c’era uno stand enorme adibito per giocare a bingo.

Certo, gli ospiti erano quasi tutti anziani, avevano fatto pochissima fila e non avevano pagato il biglietto, senza contare che non c’era nessuno travestito, ma… aspetta.

-Okay, forse capisco che intendi- ammise, guardandosi meglio intorno e notando che lo spazio era molto poco, così come la gente, e non si vedevano i loro amici da nessuna parte.

-Mi scusi, questa è la Fiera di New Malfair, giusto?- Petra si rivolse a un addetto della sicurezza che probabilmente non aveva meno di settant’anni, e le guardò con un sorriso sdentato, e le mani dietro la schiena.

-Certo, signorine. Questa è LA Fiera, con la F maiuscola, ma immagino che due vispe giovincelle come voi stiano cercando la New Malfair Comic & Games, giusto?- indovinò, in tono gioviale.

-Oh…- Amabelle si rese conto di aver completamente sbagliato, e lanciò a Petra un’occhiata di scuse, cercando di tirar fuori gli occhi da cucciolo che le riuscivano meglio.

Petra si limitò a sospirare, senza dare a vedere alcuna emozione, e continuò a parlare al simpatico tipo della sicurezza.

-Effettivamente sì. Potrebbe darci le indicazioni per l’altra fiera?- chiese gentilmente.

-Mi piacerebbe, giovanotte, ma le fiere moderne che fanno da quelle parti non mi entusiasmano affatto, temo davvero di non sapere come arrivarci. Ma, visto che siete tanto garbate, vi consiglio di chiedere alla signora Lucie. Quella donna ne sa una più del diavolo. Potete trovarla allo stand del bingo- consigliò il vecchietto, incoraggiante.

-Grazie mille, è stato davvero gentile. Tray, vieni, andiamo a cercare la signora Lucie- Amabelle prese l’amica per il polso e iniziò a trascinarla verso lo stand del bingo.

-Oppure potremmo cercare su internet. Guarda che non siamo davvero nel 1950, anche se lo stile della fiera è quello- suggerì Petra, molto tra sé.

-Suvvia, dov’è finito il tuo spirito di avventura?- chiese Amabelle, che, onestamente, avrebbe preferito restare lì tutto il giorno invece che andare a una semplice fiera di fumetti qualsiasi. Ma il lavoro era lavoro, quindi doveva limitarsi a guardare il più possibile nel poco tempo che poteva passare lì.

-È rimasto a casa, dove vorrei essere io in questo momento- rispose Petra, evitando accuratamente un asino che passava poco distante, con occhi terrorizzati.

-Che bell’asino! Oh, guarda, lì ci sono i conigli! Credi che a Mathi farebbe piacere se gliene comprassimo un’altro femmina per accoppiarlo con Bonnie?- Amabelle indicò una zona piena di coniglietti bianchi e adorabili.

-Non si chiamava Apollo?- chiese Petra, un po’ confusa.

-Quel coniglio ha tre nomi, lascia stare- Amabelle agitò la mano per surclassare la questione, e si fermò a guardare le bestiole, con occhi adoranti.

-Comunque penso di no, ha già difficoltà con un coniglio solo. Ritrovarsene poi un esercito sarebbe poco saggio e poco gentile nei confronti dei conigli- suggerì poi Petra, prendendo di peso l’amica e cercando di farla concentrare sul suo lavoro principale del giorno.

-Mi sa che hai ragione- ammise, facendosi trasportare -Oh, guarda che belli quei braccialetti!- si distrasse subito dopo.

Insomma, alla fine, nonostante il bingo fosse a due passi, ci misero almeno venti minuti ad arrivare, se non mezzora.

Chissà se la signora Lucie era ancora lì.

-Bingo! Ah ah!- fu la voce che le accolse, appartenente a una signora anziana ma molto ben tenuta, con una vigorosa permanente biondo platino, unghie laccate e vestiti molto colorati.

-Wow!- esclamò Amabelle, fissandola con enorme ammirazione.

-Lucie! È il terzo bingo di fila!- si lamentò la sua vicina al tavolo, una donna afroamericana cieca con un enorme e bellissimo cane al seguito, che indossava divinamente una giacca di pelle e un look molto punk.

Era il turno di Petra di essere estasiata, anche se non l’avrebbe mai ammesso.

Amabelle si affrettò a raggiungere il tavolo, mentre veniva elargito il premio (un sacchetto di caramelle al limone e zenzero) alla fortunata signora Lucie, e le sorrise caldamente.

-Lei è la signora Lucie, presumo- suppose, anche se ne aveva la totale certezza.

-In persona. Cosa ci fanno due giovani ragazze come voi alla Fiera di New Malfair?- chiese lei, intascando la vincita e guardando le due con cauta curiosità.

-Posso premettere che è favolosa?! Vorrei davvero essere come lei quando avrò sessant’anni!- si complimentò Amabelle, adocchiandola con occhi a cuore.

La signora Lucie ridacchiò.

-Oh oh oh, mi lusinghi signorina. È da quel dì che ho superato gli ottanta- fece notare, molto soddisfatta da sé.

-NOO!!- Amabelle era sconvolta -Non l’avrei mai detto, è così bella! Che prodotti usa? Dove fa shopping? E la sua parrucchiera deve essere davvero straordinaria!- Amabelle si sedette accanto alla signora e iniziò ad indagare sulla sua vita.

-Hai sentito, Gevvie? C’è ancora gioventù che apprezza la vera bellezza. Ah, vorrei che mia nipote fosse come te- Lucie, lusingata, tirò una pacca sulla spalla della vicina di posto, che sbuffò.

-Tsk, e poi dicono a me che sono cieca- commentò poi, scuotendo la testa.

-Shush- la zittì l’amica, fintamente offesa.

-Amabelle, non avevi una domanda urgente da fare?- intervenne Petra, ricordandole impedimenti piuttosto urgenti.

Dopotutto l’ora di pranzo era passata da un pezzo, e metà fiera era già volata via.

-Giusto, capperi! Signora Lucie, mi è stato riferito che lei sa un po’ tutto. Non è che potrebbe darci indicazione per il New Malfair Comic & Games?- chiese Amabelle, con una punta di rimpianto, tornando all’argomento principale.

-Oh, ora si spiega perché siate finite qui- commentò la signora Lucie, divertita e affatto sorpresa -Sapete, non siete le prime a venire da me. Il mio ex-marito cerca sempre di interrompermi il bingo indirizzando poveri ragazzi in costume nella mia direzione- Lucie alzò gli occhi al cielo e scosse la testa, con un sorrisino. Non sembrava molto seccata dall’interruzione, in realtà.

-Sentite, facciamo un accordo. Vi unite a noi per una partita di bingo e in cambio vi do le indicazioni, che ne dite?- propose poi, facendo ad Amabelle un occhiolino.

-Assolutamente sì! Sarebbe fantastico!- acconsentì immediatamente la ragazza, che cercava solo una scusa per giocare a bingo con un gruppo di vecchiette adorabili.

-Quanto entusiasmo! Ah, essere giovani- commentò Gevvie, alzandosi per andare a prendere altre caselle, accompagnata dal cane esagitato.

-Quanto si paga a cartella?- chiese Petra, più pratica, mettendo già mano al portafogli.

-No, lascia, pago io con i soldi di papà- si offrì immediatamente Amabelle, rubandole il malloppo.

-Quanto siete carine. Non si paga nulla. Siete libere di lasciare un’offerta, ma le attività ricreative della fiera sono completamente gratuite- spiegò Lucie, alzandosi a sua volta e facendo strada alle due ragazze verso le cartelle -Ma c’è un limite di tre cartelle a persona- aggiunse poi, pratica.

-Con sei cartelle vinceremo!- esclamò Amabelle, con grande convinzione.

Petra la tallonò e il gruppetto si mise in fila.

-A proposito, io sono Amabelle, e lei è la mia migliore amica Petra- Amabelle presentò lei e la compagna, rendendosi conto solo in quel momento di quanto fosse stata maleducata.

-Piacere- Petra fece un cortese gesto di saluto.

-Lucille, ma puoi chiamarmi Lucie, e la brontolona poco collaborativa lì davanti è la mia compagna Genevieve- rispose la signora, indicando poi la sua vicina di posto.

-Awwwwww- Amabelle si illuminò.

-Eccola che comincia- borbottò tra sé Petra.

-Siete una coppia dolcissima! Lo sapevo che sareste state bene insieme ma non volevo fare commenti al riguardo. Si vedeva dal modo in cui vi punzecchiavate- iniziò a commentare, eccitata come era sempre quando si imbatteva in una coppia che le piaceva e che per fortuna non doveva mettere insieme di persona.

La signora non sembrava per niente seccata, anzi, la guardò intenerita.

-Confermo che vorrei davvero che mia nipote fosse come te- sorrise -Peccato che abbia preso tutto a suo nonno- 

-Eppure il signore lì fuori sembrava un brav’uomo- rifletté Amabelle, pensierosa.

-Oh, lo è, eccome. Abbiamo mantenuto uno splendido rapporto. Ma è cocciuto e un po’ all’antica, come mia nipote- spiegò la signora Lucie, scuotendo la testa.

In quel momento arrivarono alle cartelle, e ne presero tre a testa, casualmente.

-Sono stupende. È geniale mettere il codice in braille- commentò Amabelle, ammirandole e controllando i propri numeri.

-Gevvie le ha “prese in prestito” dal centro per non vedenti. Una piccola vendetta per i commenti omofobi ricevuti dallo staff- confidò Lucie, con una luce molto da Amabelle negli occhi.

-Hardcore- commentò Petra, ammirata.

-Le riporteremo dopo la fiera- si affrettò a rassicurare Genevieve, con un sorrisino soddisfatto per la bravata.

La partita iniziò, e Amabelle e Lucie erano gasate e competitive, attente alle proprie cartelle più di chiunque altro.

Petra e Genevieve, al contrario, sembravano molto più interessate al cane ai loro piedi, e agli stuzzichini posizionati in mezzo ai tavoli.

-Cinquina!- esclamò dopo un po’ Lucie, soddisfatta.

Si levò un coro di voci insoddisfatte dagli altri anziani intenti a giocare, e un tipo si affrettò a portare verso il loro tavolo un giocattolo di peluche, che venne immediatamente regalato al cane, che iniziò a giocarci sbattendo la coda da una parte all’altra.

-Un momento, voi non siete troppo giovani per partecipare al bingo della Fiera?- chiese il tipo, squadrando confuso Petra e Amabelle, accorgendosi di loro solo in quel momento.

-Le due ragazzine sono con me, Chip- Lucie prese le loro difese, con tono di comando.

-Oh, capisco! Finalmente conosco tua nipote. Effettivamente ti somiglia- osservò Chip, squadrando Amabelle gioviale.

-Magari fosse mia nipote. Purtroppo è solo una ragazza che si è persa- Lucie sospirò, tristemente -Però, credo che l’adotterò- rifletté poi, pensierosa.

-Oh, sì, sarebbe fantastico!- esclamò Amabelle, battendo le mani.

Il gioco, che nel frattempo era ricominciato, fece uscire uno dei numeri di Amabelle, e Petra si affrettò a segnarglielo.

-Amabelle, ti ricordo che hai già una madre- disse poi all’amica, per non farle venire strane idee.

-Guarda che si possono avere due madri, non è mica sbagliato!- commentò però Amabelle, senza darsi per vinta.

-Questo è lo spirito! Oppure potrei adottare tua madre direttamente- le diede man forte Lucie.

-Sìì!- Amabelle batté di nuovo le mani, entusiasta, e per una straordinaria coincidenza, un nuovo numero della stessa cartella uscì.

Petra lo segnò.

-Amabelle, presta attenzione- cercò di cambiare argomento, indicando le cartelle. Aveva appena fatto cinquina, e le mancavano tre numeri al Bingo.

Anche Lucie era in una situazione molto simile.

-Giusto! Il primo premio è un orsetto di peluche, e voglio trovare una compagna per Ozzy- Amabelle tornò concentrata, e iniziò a fissare storto le sua cartelle cercando di far uscire i numeri che voleva lei.

-Hai ancora quello stupido orsetto di peluche?- chiese Petra, ricordando lo stupido premio che le aveva vinto mentre spiavano l’appuntamento di Mathi e Denny alla sala giochi.

-Certo, me lo hai regalato tu! È importante!- esclamò Amabelle ovvia, continuando a fissare le cartelle, che però non avevano molti sviluppi.

-Uh uh, Gevvie, la mia nipote onoraria ha più attenzione di te per i regali della sua anima gemella- Lucie prese in giro la compagna, che sbuffò.

-Se conservassi tutti i pupazzi che mi regali non entreremmo noi in casa- commentò.

-Non stiamo insieme!- esclamarono Amabelle e Petra, insieme.

Lucie le guardò sconvolta.

-Cosa? Siete sicure?- chiese, incredula, dopo qualche secondo di pausa dove venne estratto un suo numero e lei si affrettò a coprirlo senza neanche guardare la cartella.

-Certo che siamo sicure- annuì Petra senza sicurezza.

-Tray è la mia migliorissima amica!- le diede man forte Amabelle, abbracciandola con affetto e dando l’impressione completamente opposta a una semplice amica.

-Mmmmm- mugugnò Lucie, con sguardo furbetto.

-No!- la riprese immediatamente Genevieve, prendendole le mani che le si erano appena intrecciate e strecciandole con forza.

-Ehi!- si lamentò Lucie, facendo il muso.

-No!- insistette Genevieve, tenendole fermamente la mano.

-Sto soltanto pensando che…- provò ad obiettare la compagna.

-Sei in pensione!- le ricordò Genevieve.

Amabelle non sapeva di cosa stessero parlando, ma le uscì un numero, e gliene mancavano due per fare Bingo, quindi tornò a concentrarsi sulle sue cartelle.

-Va bene, ci concentriamo sul gioco. Comunque sembrate davvero affiatate, ragazze, mai pensato che…- Lucie si rivolse ad entrambe a bassa voce, cercando di non farsi sentire dalla compagna.

-Sono cieca, non sorda!- la riprese Genevieve.

Un altro numero venne estratto.

Sia Lucie che Amabelle lo coprirono nella cartella più fortunata.

-Ah, vado per uno!- dissero insieme, per poi guardarsi in cagnesco per un attimo.

I prossimi numero sarebbero stati decisivi per la vittoria di una delle due.

-Amabelle…- Petra, pensierosa, le mise una mano sulla spalla per attirare la sua attenzione.

-Scusa sono concentrata voglio vincere- Amabelle fissava la cartella con attenzione, quasi odio.

-Chiudi gli occhi…- le suggerì Petra, colta da un misterioso presentimento.

-Eh?- Amabelle alzò un attimo lo sguardo verso l’amica, sorpresa.

-Fidati di me- le sussurrò Petra, in tono confidenziale e parecchio sexy alle orecchie dell’amica, che si affrettò a chiudere gli occhi.

-Ora batti le mani, e sorridendo prova a dire “Vincerò”. Con convinzione- spiegò Petra.

-Vincerò- borbottò Amabelle, con ben poca convinzione.

-Con convinzione!- la incoraggiò Petra, decisa.

-Vincerò!- esclamò Amabelle, battendo le mani sorridendo.

-13- fu il numero estratto.

-Ah! Ho vinto!- esclamò Amabelle, coprendo l’ultimo numero.

-Accidenti- borbottò Lucie, senza troppo astio, in realtà.

-Sei sicura che non sia tua nipote?- chiese l’addetto ai premi, un po’ seccato.

-Oh, una compagna per Ozzy! La chiamerò Bezzy!- Amabelle abbracciò il premio appena preso come una bambina.

-Seriamente, sei sicura che non sia tua nipote?- chiese Genevieve, divertita dal teatrino.

-È stato davvero divertente. Petra, facciamo un altro giro?- chiese Amabelle all’amica, stringendo Bezzy.

-Quello che vuoi, ma non dovevamo andare a spiare Denny e Mathi?- chiese Petra, ricordandole il motivo per cui erano a New Malfair in primo luogo.

-Sei sicura di non essere mia nipote?- chiese molto tra sé la signora Lucie, divertita dal commento.

-Giusto! L’altra fiera- Amabelle sbuffò, un po’ delusa.

-Possiamo sempre restare qui se vuoi- propose Petra, che preferiva di gran lunga il bingo ai cosplay.

-No, no, dobbiamo andare. Signora Lucie, potresti dirci come raggiungere il New Malfair Comic & Games?- chiese Amabelle, con occhi da cucciolo.

-Certo, cara. Aspetta che te lo scrivo su un bigliettino- Lucie prese un foglio di carta, una matita, e iniziò a segnare le informazioni.

-Vuoi qualche altro stuzzichino, Petra? Mi è sembrato che ti piacessero- Genevieve, nel frattempo, offrì alla ragazza i salatini dietetici per anziani, senza sale, che erano rimasti.

-Oh, sì grazie- Petra ne prese un paio, e li mangiò in tutta fretta. Era davvero affamata.

-Posso prenderne un paio anche io, non abbiamo pranzato- Amabelle si sporse verso la ciotola, ma si immobilizzò immediatamente.

Perché al suo commento, l’intero stand si era fatto così silenzioso che si potevano sentire i battiti del cuore di ognuno.

-Non avete pranzato?- chiese Lucie, sollevando lentamente lo sguardo dal foglio, e fissandole con occhi che mandavano scintille.

-Eh… no- sussurrò Amabelle a voce bassissima, ma facendosi comunque sentire da tutti, anche quelli con vari apparecchi acustici, perché il silenzio era di tomba, e l’udito degli anziani parecchio selettivo, soprattutto se si parlava di cibo.

Alla conferma, tutti i giocatori presenti si alzarono e si avvicinarono verso le due ragazze, in una parodia horror che Petra segnò nella sua mente come “L’alba dei nonni viventi”.

E le due giovani amiche vennero rimpinzate di così tanto cibo, che per poco non soccombettero.

-Amo questa fiera- commentò Amabelle, godendosi ogni istante di quelle dolcissime attenzioni che non aveva mai potuto sperimentare, dato che i suoi nonni erano morti quando era molto piccola.

Si ripromise di andare all Fiera di New Malfair ogni anno, a partire dal prossimo.

 

Dall’altra parte della città, una ragazza si ripromise esattamente il contrario, ovvero di non partecipare mai più al New Malfair Comic & Games.

Insomma, Clover in realtà si stava divertendo, doveva ammetterlo, ma era certa che se non fosse stato per Juanita non si sarebbe divertita affatto, e dubitava che sarebbe mai tornata con lei e Diego, dato che sicuramente non sarebbero più stati fintamente insieme per allora.

Quindi no, non sarebbe mai più tornata al New Malfair Comic & Games.

…quindi sperava davvero di vincere la gara di cosplay, perché altrimenti non ci sarebbero state altre occasioni.

Certo, sapeva che fosse oltremodo impossibile, dato che c’era chi creava cosplay per lavoro, ma si era davvero impegnata con gli outift, e a differenza di quelli di Denny e Mathi, che aveva semplicemente comprato già fatti su internet, per Alice, il cappellaio e la Regina di cuori aveva studiato il design, abbinato personalmente gli accessori, e assunto una sarta per assicurarsi che l’effetto fosse quello che desiderava.

E, obiettivamente, erano tre bellissimi soggetti.

Okay che lo sarebbero stati anche con dei sacchi di iuta addosso, ma il punto era che, sebbene i cosplay non fossero identici a un’opera originale (che poi ce n’erano tantissime su Alice) erano comunque estremamente curati, e si capiva chi fossero i soggetti, anche se riadattati in modo leggermente steampunk con tracce di classico medioevo fantasy.

E, nella fila per esibirsi durante la gara, Clover credeva di essere quella con il vestito più bello.

-Questa fila è eterna!- si lamentò Juanita, stiracchiandosi.

-Lo so Juni, ma devi essere paziente. La vita è una lunga attesa costante- Diego alzò le spalle, giocherellando con il papillon che aveva al collo.

-Smettila con le frasi filosofeggianti. So che sei il cappellaio matto, ma inizi a darmi sui nervi!- lo riprese la sorella, irritata.

-Ah, i nervi. Sai che il sistema nervoso centrale…- Diego iniziò a dare una qualche curiosità che aveva imparato a lezione, ma Juanita non lo fece finire.

-Zitto!- esclamò con forza, tirandogli il pupazzo a forma di coniglio che si era portata appresso per rendere più credibile il travestimento. Clover aveva provato a chiedere a Mathi di prestargli Connie, per avere un vero coniglio (e perché Clover adorava Connie), ma il ragazzo era stato irremovibile.

L’impatto con il pupazzo fece cadere il cappello.

-Ehi, attenzione!- Clover si piegò per riprendere in mano il cappello, e lo sistemò sulla testa del suo finto ragazzo.

-Grazie, Clo- Diego le fece un occhiolino.

Clover lo fissò per qualche istante con l’espressione più sprezzante del suo ben vasto repertorio.

Poi iniziò a punzecchiarlo con il suo bastone a forma di cuore.

-Tagliategli la testa!- ordinò con enfasi verso Juanita, facendo ridacchiare ancora di più Diego, che si sistemò meglio il cappello e cercò di evitare il bastone.

-Sapevate che dopo un taglio netto della testa il malcapitato è ancora cosciente per qualche secondo?- chiese poi, mantenendo la sua linea da cappellaio matto.

-Sul serio?- chiese Juanita, interessata e disgustata insieme.

-Nah, è solo una leggenda. Ma sono un cappellaio matto, quindi… ehi, basta con quel coniglio!- Diego schivò un altro oggetto volante ben identificato, che colpì per sbaglio una ragazza in fila poco davanti a loro.

-Oh, scusami tanto!- Juanita si affrettò a raggiungerla per recuperare il peluche.

-Oh, non fa niente. Wow! Sei Alice, giusto? Del paese delle meraviglie?- chiese la ragazza, una castana vestita anche lei con abiti medievaleggianti con tracce steampunk, ma più come una guerriera piuttosto che come una protagonista di un romanzo per bambini.

-Esatto. Ho anche al seguito il cappellaio e la regina di cuori- Juanita indicò il fratello e la finta cognata, che avevano iniziato a discutere di qualcosa, e non badavano molto a lei.

-Wow, è un cosplay davvero lavorato. Vi auguro di vincere. Siete davvero tra i meglio vestiti- sorrise lei, restituendo il coniglio.

-Anche il tuo abito è interessante, anche se non colgo il riferimento- ammise Juanita, un po’ imbarazzata.

-Kat, dal libro Sanje, Soldato semplice della Guardia di difesa 5, sotto il comando di… dov’è il mio Drew?- la ragazza si guardò intorno, per poi fare un cenno a un tipo poco distante che confrontava la sua spada con quella di un energumeno vestito da troll. Dopo aver notato quella che con molta probabilità era la sua ragazza, a giudicare da come la guardava, si affrettò a raggiungerla

-Eccomi tesoro, che ti serve?- chiese il Drew, agitando la spada in un goffo e fin troppo esagerato tentativo di offrirle protezione.

Kat ridacchiò, e prese con grande rapidità la propria spada per deviarlo prima che colpisse lei.

-Niente, stavo chiacchierando con la mia nuova amica Alice, e mi stavo vantando del mio perfetto Drew… anche se la cicatrice è un po’ più a destra- la ragazza osservò bene il volto del Drew e prese una matita per tracciare meglio la cicatrice.

-Sembrate davvero esperti di cosplay- commentò Juanita, stupita.

-Beh, abbastanza. Di certo siamo grandi nerd, e creiamo ogni nostro costume da zero!- sorrise orgogliosa Kat.

-Un momento, un momento, un momento!- Clover, che nel frattempo li aveva raggiunti, insieme a Diego, interruppe la conversazione e fissò Kat dalla testa ai piedi, come se cercasse di ricordare dove l’avesse già vista.

-Ciao regina di cuori- la salutò Kat, un po’ a disagio.

-Katherine da Sanje! E lui è Drew!- indovinò poi Clover, soddisfatta per aver capito il riferimento.

-Sì, ma sai che sei la prima ad indovinare? È un libro praticamente sconosciuto- Kat sobbalzò e guardò Clover con occhi brillanti.

-Beh, mai concluso e finisce in un brutto cliffhanger, ma lo adoravo da piccola- ammise Clover, ricordando i tempi andati.

-Non esistono costumi ufficiali, è incredibile quanto sia realistico e fedele al libro il tuo cosplay- aggiunse poi, osservando la spada e l’armatura.

Kat arrossì leggermente.

-Beh, l’ho letto tante volte, conosco ogni dettaglio- si sminuì, rigirandosi nervosamente l’anello tra le dita.

Clover sentiva che c’era qualcosa che non andava, ma decise di non indagare.

-Beh, stupendo- si limitò a complimentarsi, leggermente gelosa. Quei due erano degni avversari.

-Anche i vostri abiti. Vi andrebbe di fare una foto?- chiese Kat, un po’ imbarazzata.

-Certo- 

Fecero un selfie, e continuarono a chiacchierare per un po’, includendo anche Diego e il Drew.

La fila continuava a scorrere.

-Wow! Alice, il cappellaio e la regina di cuori?!- una voce fuori dalla fila, ma molto vicina al quintetto, attirò l’attenzione di Clover.

Apparteneva ad una ragazzina del liceo vestita con un mantello e un cappello a cilindro azzurri. Clover riconobbe vagamente il vestito come uno dei possibili cosplay che Denny aveva in mente per Mathi. Trudy? Trucy? Lucy? Non ricordava proprio il nome.

-Sì, progettati e riadattati dalla qui presente regina dei cuori- rispose Juanita, indicando Clover e facendole un piccolo applauso.

-Sembrano abiti davvero costosi. Ci avete messo un grandissimo impegno!- si complimentò la maga dal nome confuso, con un grande sorriso.

Clover si mise sull’attenti, e la squadrò attenta.

-Già, sono venuti una bella cifra, ma ne valeva la pena. Anche se è stato un brutto colpo per il portafogli già abbastanza povero- mentì, lisciando il vestito.

La maga assunse un’espressione scettica, e un po’ delusa.

Ah, beccata!

-Scherzi, vero? Sei la ragazza più ricca della…- la confusione di Diego venne prontamente zittita da una bastonata in testa da parte di Clover.

-Zitto, cerco di essere umile- borbottò, cercando di non rendere palese che fosse per prudenza di quella che sembrava davvero una ladruncola da fiera.

-Beh, ricca o no, bel vestito. Buona fortuna a tutti con la gara- sorrise la maga, prima di ritirarsi in tutta fretta.

Clover la guardò andare via tenendola prontamente d’occhio, e scosse la testa tra sé.

Non si sarebbe data pena se le avesse fregato il portafogli, ma non voleva rischiare che derubasse Diego o Juanita. Loro, dopotutto, non avevano molto da farsi rubare, ed era meglio che conservassero il poco che avevano.

-Oh, tocca a noi. Ci vediamo più tardi, ragazzi!- Kat e Drew vennero chiamati, e salutarono il trio prima di salire sul palco.

-Peccato che da qui non si veda molto, la ragazza sembra davvero brava con la spada- Diego iniziò ad osservare la performance, interessato, e Juanita lo seguì a ruota.

Clover rimase in disparte, continuando ad osservare per sicurezza la ragazza con il mantello, che non aveva ancora lasciato l’area.

La faccenda si fece ancora più interessante quando vide un tizio vestito identico a Mathi che l’approcciò alle spalle, e la incoraggiò a seguirlo.

C’era un bel po’ di gente tra Clover e i due ragazzi, quindi la ragazza si piegò leggermente per trovare uno spazio da dove osservare meglio la scena. E avrebbe volentieri lasciato per un attimo perdere la fila per indagare sulla questione, ma venne distratta da un commento alle sue spalle.

-Siano lodate le gonne corte- sentì infatti dire, in tono enfatico e indecentemente alto.

Si raddrizzò, senza però girarsi.

-Ow, troppo bello per durare- commentò la stessa voce.

Clover si irrigidì.

-Fa piano, amico, o ti sentirà- sentì una seconda voce alle sue spalle.

-E allora. Regina di cuori, hai un fondoschiena da favola- la importunò il primo tizio, alzando la voce.

Clover si girò lentamente, con sguardo assassino, e individuò i responsabili dei commenti sgradevoli. Due grossi tizi vestiti come personaggi di un qualche sparatutto che Clover chiaramente non conosceva.

-Wo, l’espressione da “tagliatele la testa” c’è tutta. Tranquilla, bambola, era solo un complimento- il primo tipo le fece un occhiolino, e Clover lo squadrò, per niente impressionata.

Si limitò a scuotere la testa e tornare verso il suo finto ragazzo e la sua finta cognata. Erano solo due imbecilli. Riceveva sempre commenti di questo genere. Ormai si era abituata.

-Cafona, neanche un saluto- borbottò il primo, irritato.

-Clover, eccoti, eri sparita! Tra poco tocca a noi!- la raggiunse Juanita, saltellando allegra con il coniglio tra le braccia.

-Dobbiamo calarci nella parte. Hai una tazza di tè- arrivò anche Diego, assumendo un’espressione di grande spessore filosofico.

-Purtroppo no, ma tranquillo. La tua faccia è abbastanza da farti sembrare il più pazzo del mondo- lo prese in giro Clover.

-Non vedo l’ora di riunirmi al resto del gruppo. Almeno davanti a loro fingi di essere gentile, con me- si lamentò Diego, alzando gli occhi al cielo.

-Hai centrato il punto: “fingo”. Non è meglio una fastidiosa realtà piuttosto che una piacevole bugia?- lo continuò a prendere in giro Clover.

-Eccellente argomento filosofico- ammise Diego, ridacchiando.

-Guarda lì, il nuovo live action Disney su Alice- commentò il tipo di prima, palesemente rivolgendosi a loro.

Juanita e Diego guardarono nella loro direzione, confusi.

Clover si limitò a scuotere la testa.

-Ignorateli, sono due imbecilli- consigliò ai compagni di cosplay.

-Dopo la sirenetta nera, ecco arrivare l’Alice sudamericana. Ma dico io, se vogliono fare un cosplay, che lo facciano della propria razza- continuò il tipo, attirando l’attenzione di Clover, che si girò di scatto.

Eh, no, questo no!

-Scusa, hai qualche problema?- chiese, avvicinandosi a grandi passi verso il tipo irrispettoso.

-Oh, ho finalmente attirato la tua attenzione, bambolina?- il tipo ammiccò, senza notare la furia che Clover emanava in quel momento, o forse semplicemente sottovalutandola.

-Hai qualche problema con il fatto che la mia amica sia sudamericana e voglia interpretare Alice?- specificò Clover, come se stesse parlando ad un idiota.

Cosa che effettivamente stava accadendo.

-Beh, dico solo che Alice è caucasica e bionda. Quindi sì, ho problemi. Dovrebbe fare, che ne so, qualcosa della sua razza. Basta con il politically correct- spiegò il tipo, usando lo stesso tono.

-Dai, smettila, amico. Lasciali fare- cercò di fermarlo l’altro, avvertendo probabilmente il pericolo.

-Hey, Clover, non fa niente, lascialo perdere- si intromise anche Diego, preoccupato.

Ma entrambi vennero bellamente ignorati.

-Strano, mi sembrava che apprezzassi parecchio il mio fondoschiena, eppure sono coreana, non dovrei interpretare la regina di cuori- commentò Clover, provocatrice.

-Beh, effettivamente saresti meglio come Mulan…- rifletté il tipo, squadrandola.

-…che è cinese- lo corresse Juanita, offesa.

-…ma hai un bel faccino, quindi dai, te la faccio passare- il tipo provò a dare a Clover qualche pacca sulla testa, ma la ragazza lo schivò con prontezza di riflessi.

-Vorrei davvero ribattere, ma capisco che è inutile. Quindi ti avverto, se fai un altro commento del genere nei confronti della mia amica, te ne pentirai amaramente- lo minacciò Clover, con occhi che mandavano scintille.

A differenza di Petra, lei non aveva problemi a perdere subito le staffe davanti agli intolleranti.

-Ti arrendi perché sai che ho ragione. Su, torna a prepararti con i tuoi amici negretti. Ma non sperate di vincere con un cosplay così inaccurato e orrendo- continuò a prenderla in giro lui, ignorando completamente quanto effettivamente pericolosa fosse Clover, e superando il limite.

-Diego, tienimi il bastone- Clover porse il bastone al finto fidanzato, che la guardò preoccupato.

-Clover, che vuoi fare?- chiese, cercando di fermarla, ma riscontrando una grande resistenza nella ragazza.

-L’ho avvertito- si giustificò la ragazza, avvicinandoglisi.

-Oh no, che vuoi farmi? Tagliarmi la tes…?- la provocazione del tipo venne interrotta quando Clover, con tutta la calma del mondo, gli tirò un potente gancio destro in pieno volto, facendogli perdere l’equilibrio e quasi cadere a terra.

-Ma sei scema?!- urlò, fuori di sé, prendendosi il volto incriccato.

-Ti ho avvertito, mi sembra- la ragazza alzò le spalle.

-Ti ammazzo, figlia di…!- la minaccia del tizio, accompagnata da un pugno di rimando indirizzato sul volto di Clover, venne zittita quando quest’ultima schivò con prontezza, si girò, gli prese il braccio ancora sollevato e lo fece volare in avanti e sbattere la schiena sul pavimento.

-E questa era legittima difesa- si giustificò, diretta verso Diego e Juanita. Il primo a bocca aperta, scandalizzato. La seconda a occhi sgranati, ammirata.

-Brutta, piccola, figlia, di…- il tipo, a terra, iniziò a sparare insulti a voce sempre più bassa. Era davvero dolorante, ma si muoveva bene, quindi era ovvio che non avesse riscontrato danni pesanti alla schiena.

-Sei incredibile!- esclamò Juanita, facendo un’applauso alla finta cognata.

-Sei incredibile…- Diego, invece, scosse la testa, deluso, e restituì alla finta fidanzata lo scettro, prima di avvicinarsi al tipo, per controllare che stesse bene.

Per fortuna, o purtroppo, dipende dai punti di vista, era in perfetta salute, avrebbe avuto qualche livido per qualche giorno e dolori vari, ma niente di irreparabile. Tutto superficiale.

-Signorina…- una guardia di sicurezza si avvicinò a Clover, con aria grave.

-È il nostro turno?- chiese Clover, senza neanche guardarla e fissando con malevolo divertimento il tipo a terra.

-No, deve venire con me- l’agente le prese il braccio, e le fece cenno di seguirlo -Anche i tuoi accompagnatori- indicò poi Diego e Juanita.

-È per il tipo razzista?- chiese Clover, incredula.

-Le aggressioni non sono tollerate alla fiera- si limitò ad accusarla l’agente.

-Ma ha cominciato lui!- si indignò Clover, stringendo i pugni.

-Non mi interessa, è stata lei a cominciare l’aggressione, quindi mi segua immediatamente!- insistette lui, in tono che non ammetteva repliche.

Clover sbuffò, e lo seguì.

Seguì circa un’ora di interrogatorio, il pagamento di una piccola multa, e infine Clover, Diego e Juanita vennero buttati fuori dalla fiera per il resto del giorno, e decisero di aspettare Denny e Mathi seduti sul marciapiede.

-La violenza non risolve nulla- commentava Diego, deluso e irritato dalla situazione.

-Davvero? Non ti avevo sentito le altre tredici volte in cui l’hai detto- lo prese in giro Clover, irritata ancora di più.

-Beh, è vero! Dimmi cosa ci hai guadagnato? Ora noi siamo qui e loro sono lì e chissà, magari per pietà gli faranno anche vincere la gara- sbuffò Diego.

-Diego, lasciala in pace! Voleva solo difenderci, sii almeno un po’ riconoscente- lo riprese Juanita, che non sapeva bene che parti prendere ma al momento propendeva più per quelle di Clover.

-È solo un idiota, chi se ne frega di quello che dice. Sono solo parole- Diego alzò gli occhi al cielo, sbuffando sonoramente.

-Le parole sono importanti- obiettò Clover, a denti stretti -Se usate male, possono lasciare un’impronta indelebile nell’animo delle persone. Molti dei peggiori traumi capitano per colpa delle parole, e la gente deve stare attenta a come le usa- continuò poi, alzando la testa e fissando Diego dritto negli occhi.

-Ora quel tipo ci penserà due volte prima di provocare una persona per il suo sesso o il colore della sua pelle. Quindi non mi scuserò per avergli dato una lezione, perché alcune persone non capiscono alcun linguaggio se non questo- Clover alzò un pugno in aria. Diego doveva ammettere che aveva la sua logica, ma non aveva intenzione di darle soddisfazioni.

Si limitò a distogliere lo sguardo e scuotere di nuovo la testa.

-E poi da una soddisfazione immensa- commentò Clover, alzando le spalle.

-Sei perfida, ti adoro!- ridacchiò Juanita. Clover le fece un occhiolino.

-Ragazzi, non mi aspettavo di trovarvi già fuori- commentò una voce alle loro spalle.

Clover la riconobbe immediatamente come la voce di Denny.

-Ci hanno cacciato- spiegò, alzando le spalle.

-Cosa?!- esclamò il ragazzo in tono acuto.

-Vi spieghiamo in macchina. A voi come è andata la giornata?- chiese Diego, cambiando argomento e alzandosi in piedi.

-Alla grande- sorrise Mathi, giocherellando con la parrucca.

Stava mentendo spudoratamente.

-Nessun incidente?- indagò Clover.

-No, nessuno- mentì nuovamente Mathi.

-Non vi hanno rubato nulla spero. C’era una tizia che girava e mi sembrava chiaramente una ladruncola- continuò ad indagare Clover.

Mathi si irrigidì.

-Non era una ladruncola!- esclamò, all’improvviso serio e quasi irritato con Clover, che si ritirò leggermente.

-Cioè…- il ragazzo tentò di recuperarsi e tornare rilassato -…noi non abbiamo incontrato nessuna ladruncola, abbiamo ancora tutto quello che ci siamo portati- li rassicurò.

-E anche di più. Ho trovato un gioco introvabile di Ace Attorney, e un paio di magliette in offerta di Danganronpa e Friends. E infine c’era una bellissima spilla di Sherlock che ho vinto alla escape room!- Denny iniziò ad elencare i suoi acquisti.

Di tutti e cinque, sembrava l’unico davvero felice di essere stato lì.

Era così puro nel suo entusiasmo, che persino Clover non riuscì a non sorridere intenerita.

Certo che quel ragazzo era davvero adorabile.

-E voi invece? A parte la fine, vi siete divertiti?- chiese poi Denny, curioso.

-Beh, tralasciando che ci sono ladri, razzisti, maschilisti e chissà che altro, e arrestano una tizia che si difende…. no. Direi di no. La odio, questa stupida fiera- commentò, prima di alzarsi a sua volta e iniziare ad avviarsi in macchina.

 

-Ho adorato quella stupenda fiera! Dovremo assolutamente tornarci!- stava commentando Amabelle per l’ennesima volta, mentre lei e Petra finalmente raggiungevano New Malfair Comic & Games. Petra l’ascoltava distrattamente, mangiando nel frattempo un panino burro d’arachidi e marmellata preparatole accuratamente da Genevieve. Aveva una borsa piena di cibo, dato che gli anziani della fiera avevano insistito per sfamare loro e i loro amici.

Solo che, al momento, gli amici non si vedevano da nessuna parte.

Anzi, erano davvero poche le persone rimaste all’entrata e, da quel che Petra poteva osservare, anche all’interno.

Amabelle armeggiò un po’ in borsa e prese il telefono, mentre Petra si avvicinava all’ingresso per leggere il manifesto della fiera.

-Allora…- Amabelle la raggiunse dopo qualche secondo, un po’ rossa in volto, e fissando il telefono.

Petra la guardò, aspettandosi ulteriori brutte notizie.

-Vuoi sentire prima la notizia buona o quella cattiva?- chiese la rossa, sollevando le dita per indicare le due opzioni.

-Una cattiva notizia è che la fiera chiude tra meno di mezzora- la anticipò Petra, mostrandole il manifesto.

-Ah- Amabelle lo osservò per qualche secondo.

-Ci sono due notizie cattive e una buona, allora- si corresse, imbarazzata.

-Dimmi quella che preferisci dire prima- sospirò Petra, preparandosi al peggio.

-Beh, la buona notizia è che questa è la fiera giusta!- esclamò Amabelle, soddisfatta.

-Lo sapevo già questo- le fece notare Petra, ma l’amica la ignorò e passò alla notizia successiva.

-La cattiva notizia è che i nostri amici sono andati già via- mostrò una foto che Clover aveva inviato sul gruppo della Corona Crew: un selfie nell’auto di Diego.

-Non è una notizia sconvolgente- Petra alzò le spalle, e finì il panino -Torniamo a casa o affittiamo una stanza in un motel?- chiese, scettica sulla loro capacità di tornare a casa prima del giorno successivo.

-Oh, giusto! C’è una seconda buona notizia! Non dobbiamo più comprare i biglietti per la fiera quindi posso offrirti il taxi!- si esaltò Amabelle, soddisfatta per la pensata.

-E non potevamo prenderlo prima un taxi?!- osservò Petra, che aveva anche provato a proporlo ma era stata ignorata. Pensava fosse perché Amabelle ne aveva paura o altro, e invece adesso sembrava completamente tranquilla.

-Ma poi non sarebbe stata un’avventura!- esclamò la ragazza, battendo le mani allegramente.

-Guarda, finché non sei triste per aver sprecato la giornata, mi va bene- Petra alzò le spalle, piuttosto sorpresa, doveva ammetterlo, dall’allegria ingiustificata della migliore amica.

-Sprecato la giornata? Stai scherzando?- chiese Amabelle, guardandola incredula.

-Beh, non sei riuscita a stalkerare nessuno- le fece notare Petra, indicando l’ingresso della fiera e il telefono.

-Sì, è vero, ma non mi interessa. Sono stata davvero bene oggi- anche Amabelle sembrava stupita, mentre lo diceva, ma sorrideva sincera, e sembrava illuminare tutto ciò che la circondava.

-Oh…- Petra era senza parole, non se lo aspettava proprio.

-Tu ti sei divertita?- chiese quindi Amabelle, avvicinandosi a lei mentre chiamava un taxi, un po’ preoccupata.

Petra non ci aveva pensato a dire il vero. Era così impegnata a prepararsi psicologicamente alla delusione di Amabelle, che quasi non si era goduta la giornata, ma doveva ammettere che, effettivamente, si era divertita parecchio.

-Sì. La Fiera di New Malfair è stata forte- ammise, ripensando al bingo e agli anziani gentili.

Avevano anche fatto un giro tra le bancarelle, e Petra aveva comprato un gioco per Fallon. 

-Infatti! Oh, a proposito…- Amabelle armeggiò di nuovo nella borsa, e tirò fuori l’orso di peluche che aveva vinto al bingo -…tieni- lo porse verso l’amica, con un grande sorriso.

Petra lo prese con cautela, come fosse una bomba.

-Perché mi stai dando Bezzy?- chiese, confusa.

-Un regalo! Tu mi hai vinto Ozzy, e io ti ho vinto Bezzy! È anche un ringraziamento per avermi accompagnata. È stata la giornata più bella che ho vissuto da qualche mese a questa parte. Mi hai fatto dimenticare tutto ciò che mi turbava in questi ultimi tempi, e mi fa davvero piacere passare del tempo con te- spiegò Amabelle, prendendo la mano libera di Petra tra le proprie, e guardandola negli occhi con affetto.

L’interlocutrice era completamente congelata sul posto, in procinto di implodere per i troppi sentimenti che provava in quel momento.

-Eh… è reciproco- riuscì a dire in qualche modo, più rossa di un peperone.

Il sorriso di Amabelle si allargò, e abbracciò di scatto Petra, dandole poi un bacio sulla guancia.

Stava diventando un’abitudine.

E Petra era in conflitto tra apprezzare questa nuova abitudine e sperare che smettesse perché i suoi organi interni erano sulle montagne russe.

-Oh, ecco il taxi! Andiamo, Tray!- Amabelle notò la macchina gialla, e staccò l’abbraccio. Prese poi il polso dell’amica e iniziò a trascinarla verso il loro passaggio, saltellando allegra.

Petra si fece trasportare, incapace di muoversi di propria iniziativa.

Quella ragazza sarebbe stata la sua morte, ne era certa.

Ma almeno sarebbe stata una morte dolce.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Eh, lo so, sono in ritardo. Ma ho tutte le scusanti del mondo, giuro! 

Mercoledì è stato il mio compleanno, intanto. Poi ci sono state parecchie distrazioni di tipo ambientale, tra caldo infernale, temporali e incendi (tutto bene, niente mi ha colpito direttamente).

Poi martedì prossimo ho un esame e sono indietro, quindi sto scrivendo giusto la sera prima di andare a dormire, per rilassarmi un po’, ma scrivere attacchi di panico, come potete immaginare, non è proprio la cosa più rilassante del mondo, quindi diciamo che me la sono presa un po’ comoda, scusate ^^’

E in generale questo capitolo era bello tosto da scrivere.

Capitolo di grandi polemiche, non vi sembra?

In realtà l’unica che avevo progettato era lo sfogo anti-razzista di Clover verso i due tizi, ma poi è uscito fuori da solo anche quello di Petra e Amabelle. Probabilmente perché proprio il giorno in cui ho scritto il POV ho letto un post al riguardo e mi ha ispirato, non so. Spero di non essere risultata troppo di parte. 

Passando al capitolo punto per punto (ovvero, coppia per coppia)…

Chissà cosa ha causato la reazione esagerata di Mathi.

Qualcosa deve averlo sconvolto davvero tanto.

Si accettano (e si chiedono) teorie al riguardo, ma qualche risposta la riceverete nel missing moment che pubblicherò (si spera) giovedì al posto del solito update nella raccolta a parte.

Scusate, ma in tre giorni un altro capitolo intero non riesco proprio a scriverlo, soprattutto con tutto lo studio che devo fare.

Passando ad Amabelle e Petra… sono state le più divertenti da scrivere, soprattutto la parte con Lucille e Genevieve, personaggi creati a casissimo mentre scrivevo la scena e che ho adorato alla follia. Qualcuno crei una sitcom su di loro! 

…sono io la ideatrice quindi la sitcom la dovrei creare io… vabbè, lasciamo stare ahahah.

Ho già abbastanza da fare con la storia principale.

Clover e Diego sono normali, niente novità esagerate, tranne che Clover è una badass pazzesca, e Diego un pacifista. Sicuramente si parlerà ancora dell’avvenimento.

Kat e Drew di Sanje sono personaggi di una storia che un giorno scriverò sicuramente.

E questo è tutto.

Il prossimo capitolo non sarà pieno come questo, ma ci sarà un punto di svolta molto importante per una delle coppie.

Volevo ringraziare tutti quelli che leggono questa storia. Mi sono resa conto solo adesso di quanto stia effettivamente uscendo lunga, e se avete letto così tanto significa che vi interessa davvero, e ne sono davvero felice.

Spero che continuerà a piacervi.

Ora vado, prima che l’angolo autrice esca più lungo della recensione. Devo studiare estetica!!

Un bacione e alla prossima :-*

 

 

 

 

 

 

 

Nel prossimo episodio: Max invita Manny a casa sua, Felix continua con i suoi appuntamenti al buio

 

 

 

   
 
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