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Autore: Little Firestar84    08/09/2020    0 recensioni
Quando il Team Leverage manda Parker a rubare alla famiglia McCarthy per risarcire le vittime degli strozzini malavitosi, tutto il team si aspettava meno che la ladra bionda tornasse al quartier generale con... un neonato. Seguito di "Operazione Cenerentola".
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Hitter & Chemist'
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“Allora, ricapitolando, i soldi dei nostri clienti si sono già volatilizzati. Quindi, se vogliamo fargli avere qualcosa indietro, dovremo, beh, l’idea è di derubare i McCarthy.” Con uno sguardo tronfio e soddisfatto, Nathan batté le mani. Eppure, dal modo in cui subito dopo si passò una mano tra i capelli sale e pepe, si capiva che non sapesse esattamente cosa fare, e che era alla disperata ricerca di un piano di cui tutti avrebbero beneficiato: i loro clienti, proprietari di un piccolo negozietto che era stato soffocato dal pizzo, e soprattutto la sua squadra.

Il Team Leverage osservava in quello che pareva essere religioso silenzio gli schermi che Hardison aveva montato nel retro del pub, senza aprire bocca. Non che ce ne fosse bisogno: lo sguardo di ogni membro della squadra bastava a dire quello che fin troppe volte avevano ripetuto fino allo sfinimento a Nathan, e che sarebbe stato comunque inutile- avessero obbiettato, lui avrebbe trovato il modo di convincerli a seguire le sue (folli) idee, perché una volta impuntatosi su qualcosa, fargli cambiare idea era pressoché impossibile.

Schiacciata da quel soffocante silenzio, solo Becks trovò, tentativamente e timidamente, il coraggio di alzare la mano per richiedere la parola. Si sentiva come una scolaretta che si trovava ad avere a che fare con uno scorbutico professore che tutti evitavano come la peste perché troppo cocciuto per cambiare idea, granitico nelle sue posizioni iniziali.

“Chiedo scusa, ma quando dici I McCarthy, tu parli di quei McCarthy? La famiglia legata al crimine organizzato irlandese? I mafiosi. Gente che è davvero mafiosa, non solo pettegolezzi. Criminali incalliti,  assetati di sangue, vendicativi, letali, che non fanno troppi problemi a far saltare in aria chi gli pesta i piedi… quei McCarthy?”  Seduto al suo fianco, Eliot dischiuse le labbra come per dire qualcosa, ma poi si morse la lingua. Era stufo di fare lo stesso discorso a Nathan ogni volta che si imbarcavano in qualcosa più grosso di loro, stufo di non essere ascoltato né tenuto in eccessiva considerazione, e non aveva la benché minima voglia di farsi tenere il muso da Nathan quando le cose fossero poi finite per il meglio.

Si limitò a voltarsi verso la sua ragazza, sfoggiando il suo più falso e sarcastico sorriso di circostanza possibile.

 “Okay, giusto per capire, è una cosa che capita spesso? Perché quando il qui presente mi ha implorato di unirvi a voi,” disse, schietta, limitandosi a indicare Eliot con il pollice destro. “Questa cosa che saremmo potuti metterci contro la mafia non era stata neanche lontanamente accennata.”

“Mafia irlandese, italiana, russa, giapponese, Triade, cartelli del narcotraffico, oh, il governo degli Stati Uniti, una nazione Europea una volta, piccola, ma c’è stata anche quella…” Eliot fece a Becks un sorriso malandrino, ma che sembrava, al contempo, chiederle scusa per aver tralasciato quel particolare quando le aveva chiesto di unirsi alla squadra, per poterla avere sempre al proprio fianco. Lei sospirò, rassegnata, conscia che comunque difficilmente avrebbe potuto dire di no all’uomo che amava, e che anche ora, provare a convincere Nathan a non fare idiozie sarebbe stato del tutto inutile- lui avrebbe trovato il modo di convincere lei che quella era un’ottima idea.

Nathan si limitò a scrollare le spalle con fare beffardo ed arrogate, decisamente compiaciuto con se stesso, probabilmente perfino un p’ troppo. “I McCarthy stanno progettando un colpo- sappiamo che vogliono rubare qualcosa, anche se non sappiamo bene cosa esattamente. Perciò, li derubiamo, rivendiamo qualsiasi cosa sia e diamo il ricavato ai nostri clienti, cercando di incastrare i McCarthy per il furto. Tutto chiaro?”

Come piano, aveva senso- nonostante sembrasse più un abbozzo che un vero e proprio piano.

Becks sospirò, con la netta sensazione che prima di andare meglio, che le colse sarebbero volse in peggio prima che loro potessero anche solo lontanamente rendersene conto, e che il piano di Nathan sarebbe andato a farsi benedire. Per bene.

***

“Ragazzi, ho la netta impressione che ci sia stato un piccolo fraintendimento riguardo a cosa i McCarthy avessero rubato…” Parker accennò attraverso la ricetrasmittente, mentre, alla base, Nathan e Hardison si occupavano di controllare sullo schermo tutto quello che le capitava intorno, assicurandosi che né i McCarthy né la polizia o qualcun altro potessero interromperla.

“Sì, ma, puoi comunque trasportalo qui?” Nathan controllò il cronografo, pensieroso. “Ascolta, hai solo più due minuti prima che le guardie passino di nuovo a controllare, e se sarà necessario, posso dire ad Eliot di intervenire, ma ci ha messo delle settimane a in filtrarsi, e se possibile vorrei evitare di far cadere la sua copertura, potrebbe ancora farci comodo…”

Seduta in macchina, pronta a raccogliere la grande ladra non appena avesse finito il colpo, Becks quasi poteva vedere Parker scrollare la spalle con nonchalance. Lo scanner con cui controllava i movimenti della polizia cinguettò, avvertendola di un allarme suonato in un negozio delle vicinanze, e dell’imminente arrivo delle forze dell’ordine.

“Parker, afferra qualsiasi cosa quel balordo di McCarthy abbia rubato, ficcalo in quella maledetta borsa nei prossimi due minuti, o altre ad avere a che fare con la mafia ci ritroveremo inondati di sbirri, e lo sappiamo tutti che io sono troppo delicata e sensibile per finire in galera. Gli scienziati non hanno vita facile dietro le sbarre, ok? Per non parlare che le patrie galere sono piene di quelli che voi avete avuto la brillante idea di farvi nemici, le principali associazioni a delinquere incluse!”

“Ehy, me lo avete detto voi, quindi poi non lamentatevi. Io rispetto solo i vostri ordini!”  Parker si limitò a rispondere.

In sottofondo, Becks ascoltò Eliot ed Hardison litigare, lamentandosi di quanto drammatica la donna fosse stata, e di come stesse prendendo tutte le brutte abitudini dell’hacker, che rammentava al amico/nemico chi in casa sua fosse il genio- e avesse quindi più facilmente ragione.

Sorridendo, vedendo Parker avvicinarsi di corsa, Becks suggerì al compagno di fare attenzione a come avrebbe replicato- dopotutto, non era avversa a farlo dormire sul divano se lui l’avesse contrariata.

***

“Andiamo Parker, stiamo morendo di curiosità… cos’è che hai fregato ai McCarthy? Gioielli? Soldi? Opere d’arte? Una partita di droga? Su, apri e facci vedere cos’hai!”- Saltellando eccitata come una bambina la mattina di Natale, Sophie si sfregò le mani con fare cospiratorio, senza rendersi conto dell’occhiata malandrina che Parker lanciava alla borsa sul tavolo, quasi stesse tenendo un segreto di cui lei sola era a conoscenza.

“Sì, però smettiamola di chiamarlo cosa e coso, anche se comunque, a mia  discolpa, non ho avuto tempo di controllare di cosa si trattasse perché ero di fretta, e poi c’è tutto quel verde, e quel giallo, quindi non è esattamente indicativo di cosa si tratti…”

Con gli occhi sgranati, Becks trangugiò a bocca asciutta, sapendo che quello era il momento fatidico, quello che aveva sentito sarebbe arrivato quando aveva detto a Nathan che le cose sarebbero andate male e che il paino originale sarebbe andato presto a farsi benedire. “Parker… si può sapere che cosa hai rubato?” le chiese, nonostante temesse la domanda.

Lentamente, Parker aprì ancora di più la zip del borsone, scostandone i lembi, rivelando il contenuto misterioso.

“Ma è…” Eliot fece per dire, con gli occhi stupiti. “Quello è un bambolotto, vero? Uno di quelli molto realistici. Ti prego, dimmi che hai rubato il prototipo di un giocattolo…”

Eliot non aveva nemmeno ancora finito la frase che il neonato scoppiò in un pianto incessante.

Era decisamente un bambino vero e non un giocattolo.

***

“Ho controllato in tutto lo stato, e non ho trovato denunce di scomparsa che combacino con la descrizione del nostro bambino.” Hardison si massaggiò la fronte, dividendo la sua attenzione tra i suoi amati computer e lo scatolone che avevano trasformato in culla d’emergenza.

“Dannazione Hardison, devi proprio chiamarlo il nostro bambino? Mi fa strano!” Eliot sibilò a denti stretti, facendo alzare gli occhi al cielo ad Hardison.

“E tu piantalo di chiamarlo coso, o gli farai venire un complesso! E comunque, visto che lui ora è qui e non ha un nome, tanto vale chiamarlo il nostro bambino. Sempre che tu non preferisca Eliot Junior- se usi un po’ di immaginazione, sembra quasi che i suoi occhi siano identici ai tuoi!” Hardison sorrise malandrino all’amico di vecchia data, ridacchiando leggermente. “Sempre che a te non dia fastidio perché hai paura di impegnarti, perché in questo caso credo che dovresti poter voler accennare la cosa alla tua deliziosa fidanzata.”

Becks alzò gli occhi al cielo mentre Eliot dava una sberla ad Hardison sul capo; sapevano come sarebbe andata a finire, avrebbero litigato per giorni, ed Eliot sarebbe stato in grado di rinfacciargli le cose per mesi, magari anni, proprio come faceva ancora con la storia del sandwich gourmet rubato. “Ti stupisci? La gente normale, se la mafia li minaccia o rapisce i loro figli, tentano di arginare il problema, occuparsene da soli, non si ficcano nei guai più del dovuto! Forse la famiglia del bambino starà aspettando istruzioni adesso, magari non sanno nemmeno che i McCarthy non lo hanno più..”

La donna si voltò a osservare il neonato, che sfoggiava quello che sembrava essere un sorriso sdentato, mentre stringeva tra le mani un peluche porpora a forma di dinosauro, gentilmente offerto da Parker.

(Cosa che francamente li preoccupava un po’. Cosa se ne faceva Parker di peluche?)

“Becks ha ragione. Se cerchiamo tra i canali ufficiali, non sapremo mai chi è Junior.” Hardison sospirò, rattristato all’idea di vedere un altro bambino crescere nel sistema, lontano da veri genitori. Lui era stato fortunato, aveva avuto Nana, che era stata da sola migliore di molte coppie, ma molti bambini- come Parker- non avevano questa fortuna. “Forse da qualche parte c’è una famiglia che si chiede cosa sia successo al loro piccolo.. come facciamo a trovarli?  È come cercare un ago in un pagliaio senza magnete!”

“Io so solo che non permetterò di Junior finisca in mano ai servizi sociali!”  Parker disse, determinata, mentre ricordava la sua infanzia, le tante case famiglia in cui era vissuta, di gente che la prendeva con se per gli aiuti economici che avere un bambino in custodia comportava, e non perché volessero dare affetto o aiutarla. “Junior ha bisogno di cose da neonato…cibo, vestiti, pannolini, giochi, una vera culla… non possiamo cerco iniziare così da subito ad addestrarlo per essere  il primo membro della prossima generazione di Leverage Incorporated così, senza dargli le basi!”

“Calma gente, non possiamo tenere Eliot Junior… “ Becks chiuse gli occhi e sibilò a denti stretti, stringendo i pugni. Guardò Eliot con sguardo da cucciolo, quasi a dirgli che la cosa le era scappata e non certo per colpa propria, ma perché era stata involontariamente contagiata da Hardison e Parker. “Parker ha ragione. Se il piccolo entra nel circuito dei servizi sociali potrebbe non uscirne più. Potrebbero trovare i suoi genitori e non restituirlo, o potrebbero non trovarli mai…  dobbiamo continuare a scavare e intanto vediamo di procurarci le cose necessarie per il piccolo.”

Eliot mise le mani sui fianchi, e guardò fisso negli occhi la compagna, pronto a dirgliene due, nella speranza di farla rinsavire, sapendo però che, testarda com’era, sarebbe stato complicato. “Ti rendi conto che difficilmente passerà inosservato il fatto che all’improvviso giri tutto il giorno con un neonato urlante appiccicato addosso?”

“Sì, e allora? Reciterò la mia parte.” Gli rispose con un sorrisetto e scrollando le spalle. “Dirò che è mio nipote, e che Maddie e Danny sono volati in Inghilterra per occuparsi della mamma di lui, ma che hanno preferito lasciare Junior a me perché pensavano fosse troppo piccolo per sopportare un viaggio in aereo…”

“Tu, amore mio, sei completamente pazza.” Si pizzicò il naso, chinando il capo come se non vedendo cosa accadeva, lo avrebbe reso un brutto sogno. “sentite, io mi chiamo fuori. Lo volete tenere? Va bene, ma ci pensate voi. E sia ben chiaro, non lo cresceremo per essere un ladro combattente, né lo chiameremo Eliot Junior, va bene?” Urlò a bassa voce, mentre lasciava la stanza, tentando in vano di battere le porte, visto che Hardison le aveva motorizzate.

“Non preoccupatevi, gli farò cambiare idea.” Becks scroccò la lingua sul palato. “Intanto, perché non hackeri la lista nascita del pargolo di qualche ricco idiota? Parker ed io dobbiamo andare a fare shopping!”

Eccitata all’idea di rubare, nonostante non fosse la stessa cosa, quando non c’era da avere a che fare con sistemi di sicurezza, laser, allarmi, sensori di movimento e arrampicarsi su per dei ripidi palazzi, Parker saltellava sul posto come una bambina che si era mangiata troppo cioccolato.

***

Mentre Becks stava facendo passare la carta di credito che si presumeva appartenere al padre del giovane Michael Steward Joseph Arlington Terzo, la donna vide due muscolose braccia abbronzate avvicinarsi al nastro della cassa, pronte ad afferrare i suoi acquisti, evitando la fatica alle due donne.

“Ehy, se tu e Parker volete ancora andare a fare un giro fate pure, bimba.” Eliot le disse, dolcemente, dandole un veloce e casto bacio sul collo. “Ci penso io a caricare la macchina.”

Becks lo osservò, prendere con attenzione in mano i vari oggetti, riporli nel carrello con cura, quasi studiandoli-  a quanto pare, alla fine si era convinto e tenere temporaneamente il piccolo- e la donna sorrise alla bella figura che il suo uomo faceva. Anche con i capelli sciolti e vestito da cowboy o da operaio, Eliot faceva la sua bella figura, ma per andare ad aiutarle, si era dato una bella messa a posto, aveva legato i capelli, come quando andava sotto copertura come medico o professore di qualche tipo, e aveva messo gli occhiali da vista. Aveva perfino scelto di mettere una camicia di un soffice tessuto blu, invece di quelle di jeans o flanella che indossava di solito.

“Che uomo sexy è suo marito….” Sospirò sognante la commessa. “Lei è l’invidia di molte donne qui, oggi. Lo sa quanti uomini mandano le loro mogli da sole a fare acquisti per i loro figli? Troppi! Neanche ce li facessimo da sole i figli!”

Becks arrossì, e mormorò i suoi ringraziamenti, che sì, era d’accordo, e non provò a cambiare idea alla commessa, né a chiarire la sua posizione maritale.

Parker stava aiutando Eliot a caricare la macchina, pregustando come sarebbe stato avere un ladro ninja hacker scienziato pazzo da crescere.

***

Eliot si svegliò nel cuore della notte, trovando il posto accanto al suo nel letto già freddo. Lamentandosi, leggermente irritato, percorse a piedi (e petto) nudi i corridoi di quella che era la sua casa da tempo immemore alla ricerca della sua ragazza; prima di trovarla, però, vide di sfuggita Hardison, ancora impegnato a osservare gli schermi dei suoi computer mentre mangiava brioche con caffè  ormai freddo sull'isola della cucina.

“Cerchi ancora la famiglia del bambino?” Chiese, appoggiato alla porta, facendo scorrere una mano tra i suoi capelli disordinati. Tra una boccata di cibo e l'altra, Hardison cercò di parlare, ma non riuscendovi si limitò ad annuire, facendo alzare gli occhi al cielo ad Eliot, che si chiese se il suo amico sapesse cosa fossero le buone maniere. “Hai visto Becks?”

Rapidamente, l'hacker ingoiò il suo cibo, quasi soffocando, battendosi un pugno sul petto per aiutarsi a deglutire meglio. “Junior stava piangendo. L’ha preso in braccio… credo sia in salotto.”

Eliot annuì senza salutare, e sbuffando si diresse verso quello che Hardison si era fissato essere il salotto - c'era un divano,  delle poltrone e uno schermo gigante, quindi il nome sarebbe stato corretto, non fosse stato che quella era più una sala riunioni per l’organizzazione dei loro colpi - dove “Junior” dormiva tranquillamente nella sua nuovissima culla, con  Becks che, malinconica, vegliava sul bambino, seduta sul divano, con la testa rivolta verso il basso, con uno sguardo distante, un po' smarrito e triste.

“Ehi, tutto bene?” Le chiese, sedendosi accanto a lei, avvolgendola tra le braccia, accarezzandole i capelli con le labbra, bacio dopo tenero bacio.

“No, non proprio”. Aveva finalmente capito. Sapeva perché Eliot era stato così contrario a tenere il bambino con loro: non solo non voleva che si affezionassero a Junior, ma non voleva dare a lei false speranze, creare sogni destinati ad essere infranti nel momento in cui si fossero scontrati con la dura realtà.

(Junior non era il loro bambino, e non avrebbero potuto mai essere genitori, né di questo né di altri bambini. Non era la loro vita. Non per persone come loro, almeno).

“Tesoro...” Lui fece per dire, ma girandosi nel suo caldo abbraccio, lei lo fermò, mettendogli due delicate dita sulle labbra.

“Eliot, per favore… Abbracciami. Voglio solo questo ora.”

***

Il neonato si chiamava Andrew Carliste, scoprirono dopo aver cercato in lungo e largo per oltre due settimane dopo averlo portato via ai McCarthy.

Il padre si era ammalato quando la madre era incinta di pochi mesi, le spese mediche non erano coperte dalla sua magra assicurazione (la storia più vecchia del mondo – spezzò il cuore di Nathan, che per giorni a malapena rivolse loro la parola, facendolo comportare irrazionalmente come quando si erano incontrati) e per salvargli la vita, la moglie si era lasciata convincere a chiedere un prestito agli strozzini dei McCarthy.

Ma le fatture avevano continuato ad arrivare, gli interessi si erano accumulati, e dopo aver venduto tutto quello che lei e suo marito possedevano, proprio quando finalmente lui iniziava a sentirsi un po' meglio, i McCarthy avevano chiesto l'immediata restituzione dell'intera somma. Quando la famiglia Carliste era stata costretta ad ammettere di non avere più nulla, il braccio destro del grande capo aveva posato gli occhi sul piccolo Andrew, vedendo dispiegarsi davanti a sé la possibilità di un nuovo business, quello della compravendita di bambini Così, avevano rapito il piccolo Andrew, per venderlo al miglior offerente.

Per fortuna la Leverage Incorporated si era imbattuta nel bambino prima che fosse troppo tardi - prima che sparisse senza lasciare traccia, o che finisse nelle mani di qualche pazzo che gli avrebbe fatto del male, e ora, il piccolo Andrew era tornato a casa con i suoi genitori, tutte le cose che gli avevano comprato i suoi zii e le sue zie, e i suoi genitori avevano ricevuto due soldini  per tenere a galla l'attività, per assicurarsi che il padre del bambino ricevesse tutte le cure necessarie e che non di dovessero preoccupare del denaro per un bel po’.  

Però, asciare andare il "loro" bambino era stato dolceamaro per tutti loro.

Nathan si era rattristato, perdendo (anche se in modo diverso) un altro bambino, e Sophie era stata lì per lui, la sua pietra, la sua ancora in un oceano di caos e disperazione e ricordi che minacciavano di inghiottirlo.

Parker era rimasta delusa, dopo essersi tuffata nel ruolo della fata madrina, credendo davvero di avere tra le mani il primo membro della prossima generazione di ladri.

Hardison era stato felice di sapere che Andrew era amato, e che i suoi genitori erano disperati non sapendo cosa fare o come riportarlo a casa.

Eliot aveva fatto il duro (o almeno, aveva fatto finta di esserlo), aveva borbottato qualcosa, ma era chiaro che dopo due settimane passate a fare il genitore per il piccoletto, gli dispiaceva di dover tornare ad essere "solo" un picchiatore ed esperto di recuperi.

Becks, che Eliot aveva sorpreso tante notti a vegliare sul bambino, che lo aveva nutrito, coccolato, cullato, a cui aveva canticchiato vecchie ninnananna, non aveva detto una sola parola.

Ma, con i denti stretti, non era riuscita a trattenere le lacrime mentre gli diceva addio.

***

 “Sai che non ti tratterrei se decidessi di andartene perché un bambino è quello che vuoi, vero?”

Becks, seduta nel letto che da ormai tempo condivide con Eliot, alzò gli occhi arrossati dal libro che aveva tentato invano di leggere per ore. Il sorriso del suo uomo era sincero, ma segnato da un’innata tristezza, e quando i loro sguardi si incontrarono, Becks ricordò la prima volta in cui, seduti sulla scala, Eliot l’aveva baciata per darle coraggio- come allora, tutto quello che lui desiderava era la felicità ed il benessere interiore della sua amata.

Becks si tolse gli occhiali e li ripose ordinatamente sul comodino, insieme al libro- come Eliot, apprezzava l’ordine e la precisione- e quando lui la raggiunse a letto, gli allacciò le braccia  al collo, facendo scorrere le dita tra i soffici e lunghi capelli ribelli, le cui punte le solleticarono il viso quando lo trascinò a sé per un bacio.

“Tesoro, se pensi di aver bisogno di tempo per riflettere, di spazio, lo sai che io…”  le disse dolcemente, mentre lei si accoccolava contro il suo petto, lasciandosi cullare dal regolare battito del cuore di Eliot.

“Ho sprecato dieci anni della mia vita a morirti dietro, Eliot, e pensi che ti lascerò andare proprio adesso? Scordatelo, dolcezza. Mi dovrai sopportare per il resto dei tuoi giorni. Finché morte non ci separi, con o senza un anello.”

Ridacchiò mentre le accarezzava la schiena con rilassanti movimenti circolari. “Sapevo che doveva esserci un buon motivo per cui mi sono innamorato di te, dolcezza.”

Stettero in silenzio per un lungo istante, poi Becks baciò un punto proprio sopra il cuore di Eliot, dove c’era una cicatrice- una vecchia ferita per cui era quasi morto, ricevuta anni prima che si fosse unito a Nathan e la sua cricca. “Non credevo che ammettere di volere qualcosa, e capire che non lo potrai mai avere, potesse fare così male.”

“Becks, se è essere una madre quello che vuoi, sei ancora in tempo…”

“Lo so, credimi, lo so.” Gli disse, fermandolo prima che potesse procedere, “ma tu sei l’unico uomo che abbia mai immaginato come il padre dei miei figli, e so che per quanto tu abbia messo la testa a posto, questo è il massimo che potremo mai avere, per quello che siamo, e per da dove veniamo. Aiutiamo le persone, ma ci siamo messi contro, praticamente chiunque e questo è il prezzo da pagare. Ma… siamo fortunati, tutti noi. Nathan e Sophie, Hardison e Parker, tu ed io…” fece una pausa, sospirando. “Ti amo, Elio, e tu sei la mia famiglia- e anche gli altri, e mi basta, va bene così. Solo che… con quel ciuffetto rossiccio e gli occhi azzurri, Andrew sembrava davvero nostro, e… non so. Credo solo di aver bisogno di tempo.”

Senza dire una parola, Becks sapeva che Eliot stava acconsentendo alla sua richiesta- era un uomo di poche parole, dopotutto, e spesso e volentieri, tra di loro, bastava uno sguardo perché avessero intere conversazioni.

La donna cadde in un profondo sonno, rassicurata dal battito e dal respiro regolare del compagno, mentre Eliot faceva scorrere le dita tra le morbide e setose ciocche, senza chiudere gli occhi, sapendo che, se lo avesse fatto, avrebbe rivisto ciò che da tempo ormai sognava- e che sarebbe rimasto un sogno: Becks, vestita di bianco, accanto a lui all’altare, con in braccio un neonato con i capelli rossi ed i suoi occhi azzurri.

   
 
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