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Autore: FDFlames    13/09/2020    0 recensioni
La Valle Verde era sempre stata un luogo pacifico, abitata da persone umili e semplici - contadini, pastori e mercanti. Ma è proprio la loro ingenuità che il malvagio Lord Vyde intende sfruttare.
Stabilitosi all'estremo ovest, è riuscito ad unire i clan belligeranti sotto l'unico simbolo e nome di Ideev. E ora gli Ideev, come edera su un albero, si arrampicano sulla Valle Verde, soffocando la vita e la libertà.
Aera non intende sottomettersi. Spinta dal suo coraggio, dall'amore per il suo clan, e dal desiderio di giustizia, decide di intraprendere un pericoloso viaggio, che la porterà dritta nella tana del suo nemico. Ed è disposta anche al sacrificio, pur di restituire al suo mondo la libertà.
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Non-con
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Capitolo Ventisei

«No,» continuava a ripetere Aera, piangendo, e continuando a guardare Reyns dall’alto, anche quando il ragazzo alzò lo sguardo e questo si incatenò ancora una volta a quello di lei.
Stava piangendo. Reyns stava piangendo. Si era pentito di tutti i suoi errori, avrebbe voluto pagare, ma capiva che per quel tradimento non c’era prezzo.
«No, non sei stato tu.» si rifiutò di credere ancora una volta. Com’era possibile che il ragazzo che gli aveva ricordato tanto Zalcen fosse in realtà il suo assassino?
«Sì, Aera, sono stato io!» ripeté invece Reyns, coperto di vergogna, «L’ho ucciso io! È colpa mia, tutta colpa mia...»
La ragazza scosse la testa, poi però incontrò i suoi occhi, e notò che in essi, oltre alle lacrime, brillava l’Omicidio. Erano gli occhi di Reyns ad aver catturato quell’espressione di Zalcen che implorava pietà, quella che si ripeteva negli incubi di Aera, ed era negli occhi di Reyns che era ancora intrappolato lo sguardo spaventato che aveva avuto quel ragazzo. E quando quei suoi occhi amaranto si chiudevano, erano quelli argentei di Zalcen a donargli gli incubi che meritava. Ogni notte.
Reyns allungò la mano per raggiungere quella di Aera, ma la giovane si allontanò, spaventata, ora che aveva avuto la conferma di cosa fosse stato in grado di fare il ragazzo del quale pensava di essersi innamorata. Non era lui, non era quello il Reyns che amava. Quel Reyns non esisteva! Il vero Reyns aveva ucciso Zalcen, e solo qualche minuto dopo le si era avvicinato in quella grotta, l’aveva imbrogliata, stregata, l’aveva convinta di essere dalla sua parte, ma era un traditore, un manipolatore, e Aera doveva stare attenta a non cadere di nuovo nella sua trappola.
«Aera, io... Io non sapevo che sarebbe finita così!» cercò di giustificarsi.
Ma ormai era inutile.
«Intendi dire che non sapevi che colpendo qualcuno con una freccia lo si uccide? Vuoi farmi credere questo, adesso? No, Reyns, non questa volta!»
Il ragazzo si sentì come se lo avessero colpito al petto con un pugnale, e gli stessero togliendo il cuore. Non poteva più vivere, senza il suo cuore, senza la fiducia di Aera. Anche se era stata una messinscena fin dall’inizio, quei sentimenti erano veri. Ma lei non lo aveva ancora capito.
«Aera, tutto quello che mi hai mostrato... Era una parte di mondo che non avevo mai visto! Nessuno mi ha mai insegnato i valori dell’onestà o della dignità. Non li conoscevo, non potevo conoscerli!» cercò di spiegarle, ma si rassegnò all’idea che la ragazza che amava davvero, essendo cresciuta con quei valori, non avrebbe mai immaginato cosa può provare qualcuno che li ha appena trovati, e ha scoperto che tutte le scelte che ha compiuto fino a quel momento sono sbagliate. «Anche io sono stato tradito, e me ne sono reso conto troppo tardi. Ed è proprio per questo che non voglio che accada lo stesso anche a te.»
Aera continuò a fissarlo; dai suoi occhi piovevano lacrime, ma il suo viso rimaneva impassibile, mentre Reyns ora stava mostrando più emozioni di quante non ne avesse lasciate trapelare durante tutto il viaggio.
«Ma non puoi andare a ovest, dobbiamo tornare indietro! Se Vyde porterà a termine il suo piano, ucciderà Tavem, i tuoi genitori, e ucciderà anche te! E non posso permettere che accada!»
«Perché?» chiese lei, cercando di apparire sicura tentando in ogni modo di trattenere le lacrime, «Avresti la coscienza sporca, sapendo che sono morta per colpa tua?»
Perché, si chiedeva Reyns, perché Aera non capiva?
«Il destino di due regni è nelle mie mani. Se tu raggiungi quella fortezza, con me, da sola, o con qualcun altro, lui avrà vinto, perché non importa come, ma appena metti piede in quella dannata fortezza è la fine! Lo so che è così, che è la verità, perché è ciò che a me è successo. Anche se non fosse stato in grado di manipolarmi, come ha fatto, Vyde portò a casa la vittoria nell’esatto momento in cui io entrai da quel dannato portone!»
Reyns si asciugò alcune lacrime, e prese a fissare il suolo, perso in dolorosi ricordi, cercando di esprimere a parole le sensazioni più orribili che avesse mai provato. Solo per tentare di proteggere Aera.
«Vyde non ti lascia scampo.» cominciò a dire, con voce grave, «Entra nella tua testa, dà un’occhiata, decide che cosa va bene e che cosa no, per i suoi scopi. Poi toglie qualsiasi cosa che non sia di suo gradimento. Ti costringe a odiarla, oppure te la porta via.»
Fu costretto a fermarsi, per trattenere le lacrime, al ricordo dei suoi genitori. Vyde aveva prima fatto uccidere sua madre per un tradimento che non aveva mai commesso, poi aveva fatto in modo che odiasse suo padre. Ma quando anche lui era morto, Reyns aveva provato sconforto e desolazione. Perché l’amore non se ne va mai davvero, ma le persone sì.
«E poi,» tentò di continuare, trattenendo a stento i singhiozzi, e stringendo i denti, a causa della rabbia che provava, «Poi, ciò che non hai più, lo sostituisce. Ti convince di bugie sempre più grandi. E non hai scampo. Lui l’avrà sempre vinta. E tu non sarai più te stessa.»
Trovò la forza di guardarla di nuovo negli occhi. L’aveva spaventata. Allora gli aveva creduto.
Continuò, pieno di una speranza traditrice, che la fiducia di Aera potesse tornare dal nulla nel quale lui stesso l’aveva gettata. «Non posso lasciare che Vyde l’abbia vinta, non di nuovo, e l’unico modo per evitare tutto questo è tenerti lontana da lui. Poi non importa se gli Ideev daranno la caccia anche a me considerandomi un traditore, perché sì, preferirei tradire l’intero esercito degli Ideev che tradire te!»
Non voleva nemmeno sperare che queste parole potessero convincerla a cambiare idea. Voleva semplicemente metterla al corrente del pericolo, e dei suoi sentimenti, che non erano cambiati, che erano forse l’unica traccia di verità in quel lungo cammino attraverso le bugie.
Ma non avrebbe mai pensato che Aera sarebbe stata in grado di ferirlo in quel modo, semplicemente con le sue parole. «So bene che non vuoi tradirmi, Reyns.» disse, prima, sorridendo lievemente, riportando speranza, solo per poi strapparla tanto violentemente, aggiungendo: «Peccato che tu l’abbia già fatto.»
Il colpo fu brutale, e il veleno contenuto in quelle parole era tanto che persino Aera ne sentì il sapore, e combatté l’istinto di sputare tutta la sua amarezza e tutto il suo disprezzo.
Reyns si sentì patetico, per aver sperato, per aver creduto che l’amore avrebbe potuto salvarlo dalla solitudine che si meritava.
Aera si voltò e fece per andarsene, ma Reyns, alzatosi in piedi, le prese il braccio.
«Non mi toccare con la mano che ha ucciso mio fratello!» gli urlò lei, voltandosi a guardarlo. Nei suoi occhi, Reyns poté leggere ogni sentimento che era sicuro che Aera provasse, ma in quel caos non figurava il perdono, mentre nelle sue iridi bruciava un fuoco freddo e blu, che mandò un brivido lungo la sua schiena.
Reyns si sentì sprofondare. Si allontanò da Aera, e si rese conto di essere totalmente incapace di sostenere il suo sguardo. Ma com’era possibile? Quegli occhi, che l’avevano fatto innamorare, ora erano l’ultima cosa che avrebbe voluto vedere. Lo spaventavano.
«Reyns...» Aera pronunciò il suo nome, attirando inevitabilmente la sua attenzione, ma era solo una parola vuota. Lo aveva detto senza provare né amore, né odio. Né stima, né disprezzo. Niente. Avrebbe potuto starsi riferendo alla pioggia, se Reyns avesse dovuto giudicare basandosi soltanto sul tono della sua voce.
Ma poi, Aera continuò, e fu chiaro che si stesse riferendo a lui, non più come a una persona ma come al burattino controllato da Vyde che Reyns aveva dato prova di essere. «E ti chiami davvero così o hai cambiato il tuo nome per convincermi a fidarmi di te?» chiese, senza alcun tatto né pietà, ferendolo ancora una volta.
Ma le bastò dargli uno sguardo per conoscere la risposta: dai suoi occhi piovevano lacrime, e il loro modo di non fuggire davanti alla severità di quelli di lei confermava che, almeno questa volta, stavano dicendo la verità.
Era così, Reyns era davvero il suo nome. E allora perché ora la stava abbandonando?
Sembrava che le sue iridi amaranto le stessero chiedendo pietà, ma Aera aveva deciso di tralasciare ogni sentimento. Se non l’avesse fatto, sarebbe stata costretta a perdonarlo. Lo sapeva, e non lo voleva. Lui non se lo meritava, e lei era troppo orgogliosa.
«Aera, ascoltami,» riuscì a dire il giovane, seppur continuando a guardare in basso, «Devi nasconderti, magari a nord. Kired è già sulle tue tracce, ha un complice, e uno degli altri Ideev Prescelti potrebbe...»
«Nascondermi a nord, a est... Ne ho abbastanza!» lo interruppe lei, «Reyns, io voglio vivere, non sopravvivere! Sia solo per un momento, voglio riavere la mia dignità, e smetterla di fuggire. Sia quell’unico momento quello in cui Vyde esalerà il suo ultimo respiro. E sia quel suo respiro l’ultimo a causa mia!»
A questo punto, Reyns la lasciò andare. Fece un altro passo indietro, e guardò Aera allontanarsi mentre si inoltrava nel boschetto.
Rimase seduto a terra, appoggiato al tronco dell’albero, con la testa tra le mani, per minuti che gli sembrarono ore. Chiudendo gli occhi, le sue colpe, che infestavano i suoi ricordi e i suoi sogni, gli passavano davanti, sfilavano, una dietro l’altra.
Ed era lì, fermo e vivo, Zalcen. Non lo conosceva nemmeno, come non conosceva la maggior parte delle sue vittime, ma era qualcuno di importante per Aera – lei stessa lo aveva definito un fratello – e lui gliel’aveva portato via. Come avrebbe mai potuto credere di avere il diritto di prendere il suo posto?
Tornò accanto al fuoco, vicino agli altri tre Ideev, si sdraiò, e si rese conto di non appartenere a quel gruppo, di non averne mai fatto parte. Reyns non era un Ideev, era un ragazzo. E il suo posto non era tra gli Ideev, ma con una ragazza, con quella ragazza. Il suo posto era con Aera.
E anche il posto di Aera era con un ragazzo, ma era convinta che non fosse con quello che Reyns aveva rivelato di essere.
Il giovane capì che dormire sarebbe stato impossibile, e che comunque non sarebbe stato giusto. Sarebbe dovuto andare a riprenderla, perché Kired e il suo complice sarebbero potuti essere lì vicino, in attesa che la principessa si allontanasse dal gruppo, sola. Quel boschetto offriva un ottimo nascondiglio: il cacciatore sarebbe potuto essere in agguato dietro qualche cespuglio, in attesa della sua preda, e avrebbe avuto una qualche arma, magari una mazza, per mettere fuori combattimento chi avesse tentato di fermarlo, con un solo colpo. E forse aveva intenzione di usarla anche su Aera, perché non urlasse e non si opponesse mentre lui e il suo compagno l’avrebbero trascinata alla fortezza di Vyde.
Mosso da questo presentimento, Reyns si alzò e si diresse verso il gruppo di alberi tra i quali aveva visto scomparire Aera.
«Dove credi di andare?» udì una voce alle sue spalle.
Trasalì, ma si voltò ugualmente, per ritrovarsi di fronte la figura incappucciata, del cui viso distingueva solo la linea curva delle labbra, piegate in una smorfia che ricordava vagamente un sorriso compiaciuto.
«Kired,» si rivolse a lui, con l’intento di abbozzare una conversazione e farla durare abbastanza a lungo perché Aera tornasse, «Pensa a quello che stai facendo.» lo avvertì, mentre il Quarto Prescelto estraeva il suo pugnale dal fodero.
Non aveva armi pesanti, nemmeno un bastone. Forse quello di far perdere i sensi ad Aera era un compito che sarebbe spettato al suo complice? E a proposito di lui, dov’era ora? Era già nel boschetto, sulle tracce della principessa? Sarebbe potuto sgusciare fuori dall’ombra senza che Reyns avesse il tempo di difendersi.
Il giovane capì di doversi guardare le spalle. Come se il suo avversario non fosse già una minaccia abbastanza seria. Dei Quattro Ideev Prescelti, Kired era il migliore nell’uso del pugnale. Reyns poteva vantare di essere il migliore nel tiro con l’arco, ma ora la sua mira gli sarebbe servita a poco.
«So cosa sto facendo.» gli assicurò Kired, freddo.
Aveva già ucciso Gatto, e Reyns sapeva che non sarebbe stato in grado di vincere contro un avversario come il leggendario secondo membro della sua squadra. Contro Kired era spacciato. Poteva solo tentare di guadagnare tempo. Dopotutto, le parole erano un altro dei suoi punti forti. Tuttavia, convincerlo avrebbe presupposto che Kired lo ascoltasse.
Ma persino lo stesso Lord Vyde credeva che l’abilità di Reyns nel persuadere le persone superasse di gran lunga quella nell’uso delle armi, che di certo non mancava. Per quanto facesse male, e nonostante avesse scelto di essere qualcun altro, Reyns doveva tornare indietro, tornare ad essere il Poeta che sarebbe riuscito a convincere anche le farfalle a seguirlo dalle Montagne al Lago Rosso.
«Vyde non sarà contento di sapermi morto.» cominciò a dire, pacifico, ma all’erta, fingendo di parlare nell’interesse di entrambi, «Potrebbe decidere di privarti della ricompensa, anche se gli consegnassi Aera.» cercò di convincerlo a ritirarsi dallo scontro imminente.
«Non mi importa di ciò che pensa Vyde, né della ragazzina.» rivelò Kired. Questo non era un bene. Agiva per interesse personale, accecato dalla rabbia, dal desiderio, o da qualcosa d’altro. E Reyns avrebbe fatto bene a capirlo in fretta. «Se non mi darà ciò che mi spetta in cambio di lei, viva, allora gli darò la sua testa.»
Così dicendo si lanciò su Reyns, che fece appena in tempo a bloccare il fendente, con il pugnale, stretto nella mano sinistra. Non aveva avuto il tempo di ribattere, e sembrava che Kired avesse bene in mente il suo obiettivo. Contro la testardaggine del Quarto Prescelto, le parole di Reyns potevano poco.
Abbassandosi e scivolando a sinistra, sfiorando la lama di Kired, Reyns riuscì a bloccare il braccio del suo aggressore, con entrambe le mani. In un primo momento, Kired tentò di liberarsi dalla presa, ma poi, sbilanciandosi, calciò, colpendo Reyns alle costole. Il giovane cadde a terra, e il suo aggressore fu rapido nel gettarglisi addosso, senza lasciargli alcuna via di fuga. Alzò il pugnale.
Reyns si vide perduto. Tentò di scalciare, senza ottenere alcun risultato. Kired non traeva altro che piacere dalla sua paura, ma come non averne? La sua vita era al termine.
Vita?, pensò poi, ricordando le parole di Aera. La sua esistenza, del tutto priva di dignità e valori morali, era ridotta alla semplice sopravvivenza. Nessun obiettivo che non avesse già raggiunto, compito che non avesse già portato a termine o, in quest’ultimo caso, abbandonato. Non era in pace con se stesso, ma anche se stava per lasciare la vita, non stava per perdere nulla. Dopotutto, aveva già perso Aera. Che cosa gli rimaneva?
Smise di tremare e di tentare di divincolarsi, incuriosendo Kired.
«Che hai? Ti è passata la fifa?» si prese gioco di lui il Quarto Prescelto,
«Non ho motivo di temere la Morte.» disse Reyns, guardando il cacciatore negli occhi, senza più paura. «La mia vita non vale nulla, neanche per me stesso, e le conseguenze della sua fine sono solo un rischio che tu corri.»
Kired ricambiò il suo sguardo, nel quale non vi era timore né coraggio, e rendendosi conto del fatto che la sua preda aveva ragione, disse semplicemente: «È vero.»
Si alzò, con grande sorpresa di Reyns, che si tirò a sedere e lo guardò mentre si avviava verso il boschetto. Era stato tanto facile liberarsi di Kired che non volle crederci, e prese a guardarsi intorno, alla ricerca del suo complice.
«Però, sai,» si arrestò d’un tratto il cacciatore, per poi voltarsi, «Tu, da vivo, mi dai fastidio.»
Reyns udì il fruscio di alcuni passi nell’erba alta, alle sue spalle, e si voltò in tempo per vedere la figura di un altro Ideev incappucciato, il quale teneva in mano un pesante bastone.
Il giovane non fece in tempo ad allontanarsi o ad attaccare, che l’arma lo colpì alla nuca, facendogli perdere i sensi.


 
   
 
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