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Autore: Dalybook04    13/09/2020    0 recensioni
Ispirato a "Shatter Me" di Tahereh Mafi
Lovino era un mostro. Come altro poteva definirsi? Cos'altro poteva essere un ragazzo che distruggeva tutto quello che toccava e uccideva chiunque provasse a sfiorarlo? Un mostro, appunto.
Ormai erano passati anni dall'ultima volta che aveva toccato qualcuno; dall'ultimo abbraccio, l'ultima stretta di mano. Neanche si ricordava più come fosse sfiorare qualcuno. Essere tranquillo in mezzo agli altri, senza il terrore di toccare qualcuno per sbaglio e ucciderlo. Ma è anche vero che non vedeva nessuno da anni, per cui non soffriva la distanza. Non appena aveva mostrato i suoi poteri per la prima volta, la Restaurazione lo aveva preso e sbattuto in manicomio. Non ricordava molto, ma, se da allora aveva visto qualcuno, quel qualcuno erano scienziati e psichiatri, di cui aveva anche rimosso il ricordo. All'alba dei suoi sedici anni lo avevano sbattuto in cella, avevano smesso di drogarlo e lo avevano lasciato lì a marcire.
Poi, circa un anno dopo, quella porta si aprì.
ATTENZIONE: verranno trattati argomenti delicati, ci saranno scene anche pesanti, soprattutto nell'ultima parte della storia.
Inoltre saranno presenti coppie boy×boy
Genere: Fantasy, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Antica Roma, Nord Italia/Feliciano Vargas, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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Sì, doppio aggiornamento. Questo doveva essere un capitolo unico con il terzo, ma sarebbe venuto lunghissimo. Quindi... ecco a voi!

Lovino sapeva di essere osservato. Per tutta la cena si sentì addosso lo sguardo di tutti. Forse era semplicemente dovuto al suo "essere il nuovo arrivato", forse perché era il nipote di Romolo, o forse perché sapevano del suo potere e stavano cercando di capire se fosse una minaccia o meno.
-il nonno ha detto a tutti di... del mio potere?- sussurrò a suo fratello, che annuì.
-ve sì.
-mh...- non c'era da sorprendersi se lo guardavano male. Forse si aspettavano che saltasse in piedi all'improvviso e cercasse di farli fuori uno ad uno, o che si mettesse a urlare come un pazzo. Sarebbe stato divertente vedere le loro facce, ma non aveva intenzione di rendersi ridicolo.
Un ragazzo, il più coraggioso o il più stupido, ebbe l'ardire di avvicinarsi per parlargli.
-hello, dude! Io sono Alfred e questo è mio fratello Matt- solo in quel momento Lovino si accorse di un altro ragazzo, quasi identico al primo, poco più indietro. Alfred era leggermente più basso, aveva la pelle più abbronzata, gli occhi azzurri invece che violetti e i capelli più scuri e corti, ma per il resto erano uguali: stessi capelli biondi, stessi lineamenti. Il secondo, però, sembrava molto più tranquillo.
-sono Matthew veramente- pigolò a bassa voce.
-Lovino- a un'occhiataccia di suo fratello si costrinse a continuare -piacere di conoscervi.
-sei praticamente un mito qui dentro- continuo Alfred, con gli occhi luccicanti -di' è un po', è vero che sai distruggere le cose toccandole?
Strinse i denti -già.
-che figata! Vorrei saperlo fare io.
-certo, è una figata essere un fottuto pericolo pubblico e non poter toccare nessuno senza ucciderlo. Davvero figo.
Alfred non sembrò prendersela, si fece solo pensieroso -in effetti... ma si sa, dietro a ogni grande potere c'è una grande responsabilità!
-eh?
-scusatelo, è in fase supereroi- intervenne Matthew. Francis ridacchiò.
-mon petit, tuo fratello è in fase supereroi più o meno da quando è nato o sbaglio?
Matthew alzò le spalle con un leggero sorriso -non hai tutti i torti.
-comunque vi sta chiamando Arthùr- aggiunse il francese, con un cenno del capo verso il tavolo da cui venivano i due biondi, dove un altro biondo, ma con occhi verdi e sopracciglia enormi, faceva cenno ai due di tornare al tavolo con aria arrabbiata.
-shit, Matt dici che si è accorto che gli ho messo il sale al posto dello zucchero nel tè?
-se lo avesse fatto saresti già morto- replicò quello in tono gentile. Salutò con una mano il loro gruppo e poi tornò al suo tavolo con il fratello.
Feliciano si voltò verso suo fratello con un piccolo sorriso -vedi? Hai fatto amicizia.
-amicizia? Ci siamo a mala pena parlati- alzò le spalle e riprese a mangiare come se niente fosse.
-è un passo in avanti- replicò Feliciano, e Antonio concordò con un cenno del capo.
-bah, se lo dite voi.
Anche prima dell'incidente, non era mai stato uno molto sociale. Era Feliciano quello pieno di amici, lui per lo più se ne stava per conto suo a leggere. Non ci capiva granché in fatto di amicizia, aveva sempre avuto paura del giudizio degli altri e allo stesso tempo non gliene era mai fottuto nulla. Stando nella sua cella si era rassegnato e si era detto che, alla fine, se al mondo non fregava un cazzo di lui, perché a lui doveva fregare qualcosa del mondo?
-ve, dopo cena noi ragazzi stiamo un po' in sala comune a chiaccherare. Vuoi venire, fratellone?
Esitò un secondo, poi scosse la testa -forse un'altra volta, sono un po' stanco.
Feliciano sembrò deluso, ma annuì -okay, fratellone.
-neanche io vengo- intervenne Antonio -è stata una giornata difficile per entrambi.
Feliciano sembrò più tranquillo, come se così fosse stato più sicuro che quella non fosse solo una scusa -domani però venite?
Antonio rispose per entrambi -certo.
Lovino voleva replicare, ma vedendo il sorriso smagliante del suo fratellino non riuscì a non annuire, pentendosene subito dopo. Odiava le folle, non ci teneva a restare in un angolino per tutta la sera mentre gli altri si divertivano. Bah.
Finita la cena, durante la quale se n'era stato per lo più zitto, salutò suo fratello e gli altri e seguì Antonio fuori dalla mensa.
-che ti ha detto il nonno?
-eh?
-quando io e Feli siamo andati via. Il nonno ha detto che voleva parlarti.
-ah, giusto- Antonio si infilò le mani nelle tasche dei jeans -mi ha chiesto di fare delle... tipo lezioni per aiutarti a controllare il tuo potere. Ci ha assegnato una stanza per farlo.
-mh.
-se te la senti partirei già da domani.
-okay.
-okay. Ti vengo a svegliare per le otto.
-okay.
-okay.
Rimasero in silenzio per un po', poi lo spagnolo ridacchiò.
-come sta andando con Feliciano?
Scrollò le spalle -non ci vediamo da anni. Ci vorrà un po' per... tornare come prima, sempre che sia possibile. È cresciuto e... be' sono cambiato anch'io. Mi sembra che si aspetti qualcosa che però non sono o non sono più.
Antonio annuì -penso ci voglia solo un po' di tempo.
-lo spero.
-e... come ti senti?
-in che senso?
-per tutto questo. Tuo nonno, la fuga, il fatto che possiamo toccarci...
-onestamente non mi sembra vero. È tutto troppo bello.
-dopo tutto quello che hai passato ti meriti un po' di tranquillità.
-pff. Quando mai ognuno ha ciò che si merita?
Antonio alzò le spalle, sorridendo appena. Poi si fermò davanti alla porta della sua camera -allora a domani.
-a domani.
Rimasero lì in silenzio per un po', poi Antonio allargò le braccia -vuoi un abbraccio?
Lovino non era mai stato un amante del contatto fisico. Non aveva mai amato gli abbracci, li considerava un'invasione del suo spazio personale. Ma dopo tanti anni solo senza poter toccare nessuno, sfido chiunque a rifiutare un minimo di conforto.
Così annuì e si lasciò stringere, sospirando per quel calore così estraneo e familiare allo stesso tempo. Sentì gli occhi inumidirsi ancora, ma ricacciò indietro le lacrime.
-a domani- si allontanò da lui ed entrò in camera senza neanche aspettare una risposta.
Si sentiva strano... c'era un formicolio strano alla bocca dello stomaco, un lieve rossore sulle guance, un sorriso infame che non voleva scollarsi dalla sua faccia.
Scosse la testa con forza, non doveva farsi distrarre. Era solo stanco.
Prese una maglietta malconcia dall'armadio e un paio di pantaloni di una vecchia tuta e decise che li avrebbe usati come pigiama. Dopo essersi cambiato andò in bagno per lavarsi i denti e si prese qualche minuto per osservarsi allo specchio. I capelli castani, leggermente più scuri di quelli di Feliciano, erano un caschetto spettinato e andavano oltre le spalle, avrebbe dovuto farseli tagliare. Gli occhi verdognoli che gli restituivano lo sguardo erano più stanchi, più maturi in qualche modo, e c'era qualcosa di più freddo e attento nel modo in cui osservavano le cose, come se avesse paura che qualsiasi cosa, dal colluttorio al lavandino, potesse attaccarlo, e allo stesso tempo quasi lo sperasse. Era cresciuto in quegli anni, ma non era cambiato tantissimo. Un tempo aveva la pelle abbastanza abbronzata, ma ora era smunta e smorta, cosa piuttosto prevedibile. Aveva le labbra secche e screpolate. Il suo fisico, sempre stato mingherlino, ora era proprio scheletrico per via del malnutrimento. Nel complesso sembrava mezzo morto, e non è che non se lo fosse aspettato. Insomma, dopo anni di prigionia... era messo fin troppo bene.
Però, quando aprì la bocca, si rese conto che aveva dei denti quasi perfetti. Niente carie, niente denti marci... come diamine era possibile? Mica se li era potuti lavare.
A pensarci bene, non si era mai ammalato, neanche un raffreddore, e in quella cella c'era un'umidità da spavento e dubitava ci fossero delle condizioni sanitarie decenti.
Strano... forse suo nonno aveva una spiegazione. Alzò le spalle, si lavò i denti e si buttò nel letto. Dubitava che avrebbe dormito molto, aveva troppe cose a cui pensare e troppe domande, e invece si addormentò come un ghiro non appena ebbe posato la testa sul cuscino.

Fu svegliato da un bussare insistente e una voce allegra che lo chiamava.
-Loviiii. Sono Antonio, aprimi.
Si rigirò con un mugugno e si premette il cuscino sulle orecchie. Quel letto era così comodo...
-Lovinoooooo.
-fottiti- sbuffò alla porta, nascondendosi sotto le coperte.
Antonio ebbe la faccia tosta di scoppiare a ridere -dai, alzati, è tardi.
-tua madre- mugugnò contro il cuscino. Poi sbuffò e in qualche modo trovò la forza di alzarsi. Aprì la porta, fregandosene del fatto che fosse ancora in pigiama, e fece entrare lo scocciatore.
-buongiorno! Dormito bene?
-sì, e volevo continuare- sbuffò -come diamine fai a sorridere appena sveglio?
-sono fantastico.
Roteò gli occhi, prese dei vestiti comodi dall'armadio e si diresse in bagno -dammi due minuti.
-certo.
Mentre aspettava che si preparasse, Antonio diede un'occhiata alla stanza. Non era male, aveva persino una piccola libreria. Osservò i libri e trattenne a stento un sorriso. Diversi tra quelli erano delle storie d'amore. Certo, non parlava l'italiano, ma somigliava abbastanza allo spagnolo per farglielo capire. Aw, Lovinito era un romanticone quindi. Buono a sapersi.
Lovino uscì dopo qualche minuto, leggermente più sveglio. Scagliò il pigiama sul letto e lanciò un'occhiata stranita verso Antonio.
-che minchia fai, bastardo?
-davo un'occhiata ai libri- rispose, cercando di non fargli intendere nulla di particolare.
Lovino lo studiò un altro secondo, poi scrollò le spalle -bah.
-andiamo a fare colazione?
-mh. Ce l'hanno il caffé?
-se non ce l'avessero questo posto sarebbe già stato raso al suolo.
-allora okay.

Il caffé che avevano lì faceva schifo, ma almeno teneva svegli. Lovino se ne bevve tre tazze, l'equivalente di un espresso italiano normale. Ancora ricordava quelli che preparava il nonno, talmente forti che ti sturavano le orecchie. Dopo una breve colazione (per fortuna non c'era tanta gente quanta ce n'era stata a cena la sera prima), seguì Antonio fino a una stanza poco più grande della sua camera da letto, ma piena di cianfrusaglie. Lo spagnolo sembrò imbarazzato.
-tuo nonno mi ha chiesto se nel frattempo potevi liberarti di queste. Come lavoretto domestico...
Lovino alzò le spalle. Poteva andargli peggio. Meglio quello di pulire i cessi, almeno non doveva faticare -certo, nessun problema.
-bene- sembrò sollevato. Ridacchiò -avevo paura ti offendessi.
L'italiano alzò le spalle -meglio questo che qualche qualcosa di terribile come il bucato.
-giusto. Allora, ehm...- allungò la mano verso di lui -cominciamo?
Lovino annuì e gliela strinse, chiudendo gli occhi. Cercò di percepire la sua energia, la forza distruttiva che passava dalla sua mano a quella di Antonio, e immaginò di bloccarla. Non successe niente. Riaprì gli occhi.
-hai sentito qualcosa di...?
-no. Uhm, forse è leggermente diminuita- ma sembrava lo stesse dicendo più per rassicurarlo. Dopo un'altra decina di tentativi, Lovino strinse i denti, gli mollò la mano e sfogò la sua rabbia contro un vecchio mappamondo, che divenne un mucchietto di cenere. Inspirò profondamente e si voltò verso Antonio -continuiamo.
Alla fine distrusse tutto quello che c'era da distruggere in meno di un'ora, e per il resto del tempo la rabbia trattenuta non fece altro che peggiorare la situazione. Era sempre stato molto facile alla rabbia, penso si sia notato. Secondo Antonio fece un leggero miglioramento, ma non ci credeva granché.
-dai, ci vuole tempo- lo rassicurò il più grande mentre andavano a pranzo.
Lovino si imbronciò. Sì, ci aveva messo tempo per imparare a controllarsi sugli oggetti, ma ogni volta che falliva tendeva a distruggere tutto quello che si trovava davanti. Per questo lo avevano spostato più volte di cella, fino a una dove non avrebbe potuto distruggere quasi niente. Già, la pazienza non era mai stata una sua virtù. Tendeva a prendersela fin troppo per ogni fallimento. Antonio si fermò nel bel mezzo del corridoio e gli strinse le mani con un sorriso dolce.
-non preoccuparti, Lovi. Ce la farai, hai solo bisogno di provarci ancora.
Sentì le guance farsi incandescenti, ma annuì, chinando la testa per sfuggire al suo sguardo. Si allontanò da lui e si schiarì la voce -il pranzo.
-oh. Giusto- c'era qualcosa di strano nel suo sorriso, notò Lovino, ma era troppo imbarazzato per chiedere o cercare di capire cosa fosse. Il resto del tragitto lo passarono in silenzio.

   
 
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