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Autore: shana8998    13/09/2020    0 recensioni
Dimenticate il solito cliché del ragazzo bello e dannato che stravolge la vita della povera ed ingenua protagonista. Dimenticate la ragazza vergine che perde la testa per il cattivo ragazzo.
Se per una volta fosse la bella e dannata a stravolgere la vita perfetta del protagonista?
Fra Gabriel e Cécile è successo proprio così. Lui ricco, di ottima famiglia , studioso , diligente e fidanzato.
Lei una ribelle piena di tatuaggi e piercing , dalla vita sregolata e disastrata.
Gabriel avrebbe potuto dimenticarla dopo il primo incontro.
Ma forse , sapevano entrambi che sarebbe stato impossibile.
«Tu ed io, siamo colpa del destino»
Genere: Angst, Erotico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Universitario
Capitoli:
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Pregavo a me stesso di continuare a sopravvivere, ma avevo incominciato a capire che, in questo gioco, per sopravvivere dovevi essere scelto da loro.

                                                                                       Gabriel 23.
«Per il momento, potete stare qui» Quando Drake mi ha mandato la posizione su Whatsapp, non avevo riconosciuto la via di casa, non potevo immaginare che fosse della sua ragazza.
«Sei sicuro che ad Ambra non dia fastidio?» chiedo, mentre separa il cancelletto di ferro del cortile dal perno.
«No, le ho raccontato come stanno le cose.» 
«Che hai fatto?!» 
Drake si volta verso me e mi fissa sereno «E' la mia ragazza, non potevo continuare a mentirle»
Non so che faccia abbia Cécile ne se quest'affermazione le abbia dato fastidio o se ripensi ancora a lui, perchè non ha aperto bocca da quando siamo arrivati qui.
Non era in programma, ma l'idea di tornare al dormitorio è stata da escludere, dato che sono stato buttato fuori per via del fatto che i soldi nel mio conto corrente sono evaporati e cercare un appartamento in una giornata non è cosa da poco, perciò, sono stato costretto a chiedere una mano a lui.
Entriamo nel palazzo. L'appartamento è al terzo piano e Drake ci avvisa che in casa c'è Ambra che dorme.
«Resteremo per poco» dico quando ci fa cenno in direzione della porta che abbiamo appena raggiunto.
La apre ed aspetta che Cécile entri «Non preoccuparti, puoi stare finché ne hai bisogno»
                                                                                Cécile.
L'appartamento di Ambra non è esattamente come me lo aspettavo. Casa sua è carina. Sembra che ci sia lo zampino di sua madre perché è stranamente  troppo ordinata e curata nei minimi dettagli.
Mi guardo attorno per un bel po'. C'è una cucina in legno scuro dal piano di marmo che gira seguendo la curvatura del muro ed un tavolo per quattro persone dello stesso legno con un vaso di ciclamini al centro. Attaccate ai muri alcune pentole in rame perfettamente pulite e degli strofinacci ricamati a mano bianchi e gialli. Sulla parete accanto all'ingresso troneggia uno specchio enorme dalla cornice dorata e due vasi di cristallo pieni di rose bianche e fiori finti.
Il corridoio che divide le stanze è preceduto dalla porta del bagno che intravedo dallo spiraglio. La seconda porta è spalancata ma le altre sono tutte chiuse.
«Ti sei sistemato bene» commento, guardando il marmo chiaro sotto i miei piedi ed il cotto accanto ai banconi della cucina.
«Ambra è del posto, questa è casa sua. Ci vive sin da bambina» afferma poggiando la borsa di Gabriel sul tavolo.
All'improvviso, il trotterellare delle zampette di un cane si fa sempre più vivido, fino a che, non appare dalla porta divisorio abbaiando a Drake festoso.
«Piccolo» lui si china per salutarlo e il cucciolo lo riempie di linguate.
Sorrido alla scena. Sono contenta che Drake si sia scrollato di dosso quel brutto periodo della sua vita che ha condiviso con me. Ci tengo veramente a lui e mi sono sempre augurata questo per la sua esistenza.
«Lui è Bigle.» Lo prende fra le mani e lo solleva praticamente ad un palmo dal mio naso.
Fisso la bestiola per qualche secondo mentre continua a scodinzolarmi, poi, dopo parecchia incertezza, l'accarezzo.
Gabriel sorride guardandomi impacciata con il piccolo cucciolo di meticcio.
«Anche tu hai un cane, vero?» domando proprio a quest'ultimo. Annuisce.
Ho notato che guardando Bigle, l'espressione sul suo viso si è rattristata. Credo che casa sua gli manchi parecchio dopotutto.
«Bene, sistematevi.» Drake mette giù il cane e lo guarda andare via.
«Tu dove vai?»
Alza le spalle «A farmi un giro. Se riesco a trovare una pasticceria aperta riporto la colazione ad Ambra.»
Si, sono decisamente contenta che sia cambiato.
«Fate come se foste a casa vostra» conclude, infine, prima di salutarci e sparire dietro la porta.
Gabriel ed io afferriamo le nostre borse e ci dirigiamo verso la stanza infondo al corridoio, proprio come Drake ci ha detto di fare poco prima di arrivare.
«Che ne pensi?» Dico raggiungendola.
«Mh?»
Abbasso la maniglia «Si, dico...di questo e di...»
«Ti riferisci a Drake?» 
La serranda è abbassata ed è buio ma, prima ancora di alzarla, lascio le mie borse sul pavimento.
«Si, a come è cambiato. Ci sta provando...»
«Dovremmo farlo tutti». Gabriel ha ragione. Tutti noi dovremmo provare a cambiare ma, delle volte, per quanto lo si voglia, è impossibile.
Afferro la cinghia della serranda e l'alzo fino a che la luce non filtra del tutto nella stanza.
«Carina» commento. 
C'è un letto matrimoniale dalla testata bianca affiancato da due comodini ed un armadio a sei ante proprio davanti. Accanto alla porta-finestra, agganciato al muro, un televisore.
«Si, non è male» Gabriel si lascia cadere sul materasso, le braccia allacciate sulla testa.
Mi sdraio accanto a lui. 
«Tutto ok?»
Ruota su un fianco e poggia la mano sul mio viso «Si, sono solo un po' impensierito»
Non lo biasimo, da questo momento in poi, tutto quello che avevo calcolato e previsto non esiste più.
C'è una nube plumbea che oscura il nostro futuro ed io non ho la più pallida idea di cosa nasconda.
Passo due dita sul contorno del suo viso, nel farlo, mi sorride «Finché resteremo insieme, ce la faremo».
Non pensavo di riuscire a crederci.
«Certo che ce la faremo»
                                                                      Gabriel.
«Non ti basta scoparla? Pensi sul serio che portandola via da qui, lei resterà con te?»
Fisso il viso di Cécile e mi chiedo se quelle parole non siano altro che la verità.
Mi lascerà? Mi sta costringendo a fare tutto questo solo per un suo egoistico senso di sopravvivenza? No. Cécile non mi sta mentendo, ormai si è sbottonata, mi ha detto la verità.
«Tu...» allora perché mi sento così angosciato al solo ricordare quelle parole?
«Tu?» si solleva su un gomito.
Mi inumidisco un labbro, non so proprio come togliermi questo dubbio.
«Gabriel, cosa c'è?» fa dolcemente. Nonostante si stia sforzando a rimanere calma posso intravedere quello stralcio di preoccupazione e nervosismo nei suoi occhi.
«Tu...hai accettato di seguirmi solo perchè vuoi tornartene in Russia?»
I suoi occhi si spalancano allibiti.
«Che stai dicendo? Come ti salta in test- aspetta» socchiude le palpebre e sulle sue labbra affiora un sorriso nervoso «Non è perché in passato ho fatto quel che ho fatto a Marcus, che ora ho deciso di lasciarmi altre vittime alle spalle. Mi fa incazzare che pensi questo» si solleva di scatto.
«Non volevo insinuare niente!» lo faccio anche io nel mero tentativo di giustificarmi.
Ma è proprio così, lo penso. Anzi, ho il terrore di pensarlo.
«Gabriel, porca puttana, non credi ad un accidenti di ciò che ti dico! Però poi, vuoi fiducia cieca da parte mia!» strilla.
Socchiudo le palpebre perché Ambra sta dormendo e so che se gridassi anch'io la sveglierei. Vorrei che anche  Cécile la smettesse. Ha un tono di voce così odioso quando si arrabbia.
«Ho paura, ok? Jace dice che farai lo stesso»
Schiocca la lingua sul palato e rivolge lo sguardo al soffitto prima di riportare gli occhi a me «Giusto, Jace dice...Dio...» 
Slaccia le braccia dal suo ventre e fa per uscire dalla stanza.
Le agguanto un braccio e la tiro a me «Smettila, mh? Non fare la bambina. Odio quando ti comporti così»
Rivolge i suoi meravigliosi occhi miele al pavimento.
«Sono così tanto gelida da non riuscire a farti capire quanto ti amo?»
Mi scappa una risatina flebile fra i denti «No, non sei poi così gelida». Passo le mani lungo le sue braccia e mentre i suoi occhi ne osservano una, accenna un sorriso.
«Non ti abbandono. Non più»
In qualche modo...dovrei fidarmi, no?
La stringo a me e poggio il mento sulla sua testa.
«Mi sembra passata una vita da quando ti ho vista la prima volta»
Ride respirando sulla mia maglia «Stavo pensando la stessa cosa. Lo penso ogni volta che mi guardi»
«Ah si?»
«Si.»
«Allora, vediamo se pensi -come me- che sei sempre stata il mio chiodo fisso.»
«Perché vuoi sentirti dire qualcosa che già sai?» Fa scorrere le dita affusolate lungo la mia T-shirt e le passa sulla collanina d'acciaio agganciata al mio collo fissandola.
«Perché non te l'ho mai sentito dire»
Sospira un'altra risata fra i denti, poi, allontana il viso e mi fissa «Da quando ti ho incontrato, sei sempre stato in ogni mio gesto, ogni giorno, ogni momento, fino a che non sei arrivato nei miei pensieri e poi nel mio cuore. Sembra una sonata melensa, lo so. Ma è quello che sento, che ho provato e continuo a provare»
Resto senza parole. Mai e poi mai mi ha detto qualcosa del genere.
Va ben oltre un semplice ti amo, o ti voglio, o il sesso.
Se perdessi lei, perderei una parte di me.
«Cosa succederà adesso, Gabriel?» 
«Non lo so.» -Non lo so davvero.
«Avevi mai pensato a questo? Intendo a noi»
«Credo di averci pensato qualche volta»
Ma sicuramente, non avevo pensato a come poterla portare via da questa città o dalla sua vita.

                                                                                      Drake
Accosto accanto a Petter's Park. Sono convinto di ricordare che la domenica mattina l'unico fioraio aperto sia quello accanto a questi giardinetti pubblici. 
Infatti, quando spengo il motore e guardo meglio, mi accorgo che la serranda del piccolo chioschetto è sollevata.
Sono diversi anni che non passo da queste parti, mi ero ripromesso di far in modo di non ricapitarci più. Ma, a quanto pare, sembra che ogni mia promessa debba sfumare così come è stata fatta.
«Salve, come posso esserle utile?» Le campanelle sulla porticina di vetro smettono di tintinnare poco dopo che un uomo baffuto mi sorride cordialmente da dietro il bancone.
«Emh, ecco...» Ci sono un'infinità di fiori e di vasi e tutto qui dentro puzza di fiori.
«Volevo...stavo...» Dannazione, odio questo genere di cose.
L'uomo -che sicuramente starà pensando quanto idiota debba sembrare io in questo momento- mi sorride comprensivo.
«Devi fare un regalo ad una ragazza e non sai cosa scegliere» mormora dandosi un tono scontato alla voce mentre fa il giro del bancone.
«Ecco, si.» Devo sembrare proprio un coglione.
«Allora, vediamo...» Si china verso alcuni vasi e poi ancora, allunga un braccio verso certi fiori gialli riposti su uno scaffale più in alto.
Pochi minuti e nelle sue mani si forma un mazzo di fiori coloratissimi e vivaci.
L'uomo baffuto mi rivolge l'ennesima occhiata e sbuffa una risatina che mi innervosisce all'istante.
«Che c'è?» borbotto e poi nemmeno troppo a bassa voce.
«Devono proprio farti schifo i fiori» afferma.
«Come fai a saperlo?» Mentre incarta il mazzo multicolore, mi appoggio a sedere su un vecchio sgabello dal legno rovinato accanto al bancone, osservando le sue mani sapienti aggrovigliare nastri e stendere carta.
«Ho un figlio della tua stessa età» alza le spalle
«E so quanto questo genere di cose vi mettano in imbarazzo»
Sospiro una risata che muore sulla mia lingua.
«Non mi interessa. Ho sbagliato io a chiederti il motivo, ora mi dici quanto ti devo?» Certe volte, persino io detesto il mio modo di essere. Odio rivolgermi alle persone così quando si parla di genitori e figli...
L'uomo baffuto solleva lo sguardo leggermente interdetto a me «Ragazzo...Cosa c'è che non va?».
Inghiottisco a vuoto. Non so perché quella domanda così banale mi ha fatto venire il magone e perché non la smette di guardarmi in maniera così apprensiva?
«Non sono affari tuoi, fioraio. Adesso muoviti» Serro le dita sulla banconota da 20 dollari che ho tirato fuori dalla tasca. I suoi occhi continuano a viaggiare su di me, finché, non sospira e posa il mazzo di fiori.
«Sai, se c'è una cosa che ho imparato essendo padre è che dietro ogni comportamento aggressivo, ogni volto rabbioso, ci sono delle ferite che si nascondono.»
Sollevo gli occhi a lui in un lampo.
«Hai sofferto, non è vero?»
«Abbastanza» Sento le pareti della gola tremolarmi. Perché non riesco a controllare le mie emozioni?
«Per colpa di chi?»
«Mia. Solo-colpa-mia e adesso finiscila di psicanalizzarmi.» Ringhio.
Sospira un sorriso «Faccio il fioraio non lo psicologo.»
Dove diavolo vuole arrivare questi tizio, oggi? Non ho voglia di aprire discorsi che poi mi porteranno a fare quella cazzata.
«Ti ho solo chiesto di chi è la colpa» incalza fissandomi, ora, dritto in faccia.
Mi schiocco la lingua sul palato per il nervoso «Di mio padre. Sai, lui abusava di mia sorella e lei si è tolta la vita per questo motivo. Contento?»
L'uomo si fa su con la schiena, l'espressione sul suo viso ferita.
«Allora non dare la colpa a te stesso.» Batte lo scontrino e me lo stende.
Resto per un momento interdetto da quel modo di chiudere il discorso repentinamente dopo avermelo tirato fuori dalla bocca con le pinze.
«Tutto qui? Otto dollari? Mi hai fatto parlare di mio padre e... mi stiri uno scontrino senza blaterare altre stronzate?!» Perché sto gridando?
«Sono otto dollari» Ripete a testa bassa e sguardo fisso al bancone.
«Sto parlando con te!» lo vedo sussultare scosso dalla mia voce. Le palpebre che gli si serrano. Che cazzo gli prende?
«Non fa niente, lascia stare...» mormoro rassegnato agguantando il mazzo di fiori.
«Perdonalo» Ad un passo dalla porta la sua voce torna a rimbalzare fino alle mie orecchie.
«Perdona tuo padre»
«Che cazzo hai detto?» Sto per balzare dietro al bancone e riempirlo di pugni. Stringo il pugno attorno al mazzo di fiori, sgualcendone la carta.
L'uomo vibra di tensione.
«Melsbruk numero 733» 
«Cos'è un gioco? Che cazzo è Melsbruk 733?»
Posso leggere la paura negli occhi dell'uomo che ho davanti ma non capisco cosa lo spaventi così tanto.
«L'indirizzo di-» Le campanelle tornano a tintinnare costringendo gli occhi del fioraio a spostarsi dietro le mie spalle.
«Buongiorno, potrei comprare dei fiori?» Una donna vestita di nero con un ampio cappello sulla testa ed un paio di occhiali scuri a coprirle gli occhi , avanza leggiadra sul paio di tacchi a spillo che indossa, ondeggiando i fianchi fino al bancone.
«C-Certo signora».
Sono costretto a lasciare il fioraio con quel maledetto indirizzo in testa.
                                                                                     *****
Con il bottino fra le mani non mi dirigo all'auto, bensì, sul lato opposto del parchetto li dove nasce l'enorme palazzo grigio a ferro di cavallo costernato di finestre su ogni lato.
La strada poco trafficata mi permette di attraversare da un marciapiede all'altro senza fretta e finalmente di raggiungere la mia meta. Non ho molto tempo, dovrò trovare una pasticceria aperta e portare la colazione ad Ambra. Se Gabriel e Cécile dovessero rendersi conto che quella è stata tutta una scusa mi chiederanno dove sono stato ed io...Non ho nessuna intenzione di rispondergli.
«Buongiorno, sto cercando Santès»
Le dita della ragazza dietro il bancone della Hall non sono abbastanza veloci per i miei gusti. Si deve dare una mossa!
«Terzo piano, stanza 866.» Stampa il prospetto di una cartina del terzo piano e cerchia la stanza ed il corridoio.
Glielo strappo praticamente dalle mani e a falcate cerco la rampa di scale da prendere.
Non mi servirà quel prospetto, conosco questo posto come le mie tasche.
L'ultima rampa la percorro senza darmi il tempo di respirare e non appena intravedo la porta della sua stanza, i miei piedi smettono di camminare. Sollevarli diventa come sollevare due enormi massi.
«E' permesso?» Mi schiarisco la voce.
«Prego»
Abbasso la maniglia e quando sbircio dentro un enorme sorriso raggiante mi investe prima ancora che io possa dire qualcosa.
«Ehy» sorrido a mia volta.
«Sei passato anche oggi, alla fine» ammicca un sorrisetto sornione ma anche soddisfatto.
«Ti dispiace? Perchè sennò...» indico la porta alle mie spalle.
Scuote la testa divertita.
«Cosa sono quelli?» Di colpo, ho l'impulso di nascondere  il mazzo di fiori e lo faccio, ma lei allunga il collo per sbirciarmi dietro le spalle.
Sono...in imbarazzo.
«Dai, voglio vedere che hai li!» brontola sbattendosi i pugni sulle cosce coperte dal lenzuolo. Il broncio che ha è mega-galatico e buffo.
«Sono...» sto per dire "fiori" modalità monocorde quando lei grida dalla gioia. Gioia vera.
«Sono per me?!» Si stringe le mani accanto alle guance con aria sognante.
«Non è un diamante, sta calma!» La raggiungo mettendomi a sedere accanto a lei. Margherita mi strappa il mazzo dalle mani e ci affonda il viso ispirando a pieni polmoni.
«Dio! Drake, sono stupendi!»
Non ho mai visto tanta riconoscenza e contentezza nelle parole e nel viso di qualcuno.
«Sono contento che ti piacciano» 
Rivolge lo sguardo a me e le sue labbra si allargano di nuovo in un sorriso.
«Come stai, oggi?»
I segni sulle sue braccia sono ancora visibilissimi e per certi versi fanno accapponare la pelle.
«Molto meglio, grazie»
Mi inumidisco le labbra, «Certo, potresti stare meglio-», e mi guardo attorno «Insomma, qui dentro immagino che ti annoi parecchio»
Sospira rumorosamente «Non sai quanto!»
Mi porge il mazzo che poggio sul comodino accanto a me.
Quando torno a voltarmi mi accorgo che si è coperta persino le spalle con il lenzuolo nonostante sia seduta sul materasso, come se si volesse nascondere. 
«Quindi...non sai quando ti faranno uscire?» Le chiedo scrutandola senza farmi beccare.
«Detto francamente, l'idea di uscire da qui non mi alletta molto»
Ed io so perché.
«Ascolta, non devi fartene un problema» le indico il ventre.
«E' un problema. E'-» Non le do modo di continuare a dire quelle che per me sono sciocchezze. Afferro il lenzuolo e glielo tiro via di dosso.
Non ci mette molto a diventare paonazza, ma la vergogna, a differenza di altre persone, la paralizza.
Si vede proprio che non sa cosa fare. Vorrebbe coprirsi di nuovo ma non lo fa, non ci riesce.
La sua pancia è lievemente tondeggiante esattamente come quella di una ragazza al quinto mese di gravidanza. Una meravigliosa ragazza al quinto mese di gravidanza.
«Allora, mi spieghi cosa c'è da coprire?»
Solleva lo sguardo a me.
So che nemmeno lei sa cos'è che la fa sentire in quel modo. E' tutta colpa di quel maledetto che l'ha stuprata se lei si sente così.
«Perché?»
«Mh?»
«Perché lo fai? Perché, da quando è successo.. tu sei venuto costantemente a farmi visita?»
Sono restio ad aprirmi con le persone. Intendiamoci, sono più il tipo da gesti che non da parole e odio nella maniera più assoluta parlare di me.
«Che importa? Ti ha fatto piacere, no?»
Forse, Margherita si sarà anche domandata il motivo per cui ha visto di rado tutti gli altri. Non sa che il gruppo è esploso, che troppe teste cozzano insieme e che siamo tutti sin troppo sotto stress.
«Certo che mi ha fatto piacere. Ma non capisco perché tu e tu soltanto, stai cercando di farmi accettare ciò che porto in grembo»
Le poggio una mano sulla spalla, anche se mi rendo conto che sulla pancia sarebbe stato meglio «Perchè lui,il bambino non ne ha colpa e tu vai bene così, incinta di TUO figlio. Non è suo e non lo sarà mai.»
Margherita mi fissa accennando un leggero sorriso, gli occhi arrossati e velati.
«Grazie»
Mi si getta al collo. E' una sensazione strana, non ci sono abituato. Solitamente le ragazze che mi scopo non mi si gettano al collo...
                                                                                                   Gabriel.
Il citofono di Casa Wash trilla all'improvviso facendomi sussultare nel dormiveglia. Che ore sono? Da quanto tempo Cécile ed io ce ne stiamo rintanati in questa camera a dormire?
Alcuni passi, provenienti dalla stanza affianco, percorrono il corridoio. Sento la voce di Ambra e quella di un uomo che si qualifica come postino.
Attimi dopo, i piedi di Ambra sembrano attraversare a ritroso la strada che dalla porta d'ingresso raggiunge l'area notte.
«Permesso?» Mormora appena, battendo un colpo di nocche sulla porta.
Non voglio svegliare Cècile. Siamo arrivati qui questa mattina alle 10 dopo una notte insonne e parecchie lacrime versate, perciò, silenziosamente mi alzo e raggiungo la porta.
La scosto e mi affaccio quanto basta per intravedere il viso di Ambra.
«Ambra, dimmi» ho la raucedine da sonno e la bocca impastata ma lei non ci fa caso.
«Questo-» mi mostra un pacco simile ad una scatola di scarpe «Lo hanno recapitato per te»
Il cuore ci mette un secondo a balzarmi in gola.
Guardo lei, il pacco e poi nuovamente il suo viso.
«Chi lo ha mandato?» Bisbiglio chiudendomi la porta alle spalle.
Fa spallucce. Ha l'aria di non sapere realmente nulla.
Mi mordo un labbro «Ok, ok. Grazie per-» e sollevo il pacco indicandolo in un gesto.
«Di niente» 
Torno nella stanza che mi ha ceduto e come prima cosa mi accerto che Cécile stia ancora dormendo.
Faccio un bel respiro e mi appoggio contro l'anta dell'armadio, seduto sul pavimento.
Ho fretta di sapere cosa ci sia all'interno della scatola e per questo strappo la carta color verde acqua che avvolge l'incartato.
Un cd. Questa volta hanno optato per qualcosa di meno attuale.
«Dannazione» ringhio fra i denti scattando in piedi.
Ho bisogno di Drake.
Esco dalla stanza come un proiettile e mi fiondo sulla porta di Ambra.
«Drake ascolt-Oh mio Dio!» Dovrei incominciare a controllare la mia fretta.
Ambra è piegata sul materasso, il pantalone del pigiama abbassato e Drake la spinge da dietro.
Mi copro di scatto il viso con l'avambraccio.
«Cazzo amico! Non ti hanno insegnato a bussare?!» Protesta lui.
«Si è che...Cazzo è...»
«Vuoi uscire!?» Grida.
Sto per farlo. Sto per chiudere la porta e lasciar perdere nuovamente queste intimidazioni, quando mi torna in mente che l'ultima volta che ho sottovalutato una registrazione, una ragazza ha provato a togliersi la vita.
«Vaffanculo. No.» Abbasso il braccio e miro al pc fisso sulla scrivania accanto al letto.
Ignoro  il fatto che siano rimasti allibiti a guardarmi e le imprecazioni di entrambi.
Mi siedo alla scrivania e accendo sia il monitor che il pc.
Drake si risale i boxer in fretta e scende dal materasso come se stesse scendendo un gradino.
«Avevi fretta di vederti un porno proprio ora?»
Gli lancio un'occhiataccia eloquente «Era nel pacco che hanno recapitato ad Ambra»
«Quale pacco?» Domanda più a lei che a me.
Apro lo scomparto per i cd ed estraggo il motivo della mia angoscia dalla custodia. Appare una cartella e poi altre due al suo interno: una sembra essere una registrazione mp3. Mando in play.
«Un consiglio-» Una voce distorta mi parla in modo confidenziale «Prima di ascoltare tutta la registrazione, farei partire il video presente nella seconda cartella»
Ho i palmi delle mani intrisi di sudore e le dita mi tremano sul mouse mentre lo muovo a ritroso fra le pagine che ho aperto.
«Che diavolo...» Drake, sgomento quasi più di me, afferra lo sgabello accanto al materasso e lo trascina accanto a me. Mantiene gli occhi fissi al riquadro del video che è appena partito.
«Ti sarai chiesto perché ultimamente ti stanno capitando svariati episodi insoliti»
Anche l'attenzione di Ambra sembra essere per ciò a cui stiamo assistendo. 
Minacce: le ennesime.
« Ciò che però non ti sei mai chiesto è :sono io il responsabile di ciò che sta accadendo a me e ai miei amici? Sai Gabriel, certe domande sono fondamentali nella vita»
Mentre la voce distorta e metallica mi incolpa di essere la causa di tutte le sciagure che hanno colpito questo gruppo di ragazzi, nel riquadro video appare l'interno di una casa. 
La ripresa è in bianco e nero, la telecamera posizionata in basso sotto un mobile. «I tuoi genitori ti hanno creduto il figlio modello per quasi 18 anni, finché non hai deciso di abbandonarli per...Per chi li hai abbandonati, Gabriel?» Inghiottisco a vuoto. Voglio stoppare tutto, mi viene da vomitare, la testa gira e questo è il mio primo attacco di panico.
Gli occhi, poco a poco, si sono velati appannando la visuale dello schermo. Conosco quella stanza, ci sono stato una miriade di volte.
«Giusto, per una ragazza. Ti era stato chiesto di non frequentarla, vero? Eppure tu non hai ascoltato nessuno. Nemmeno la povera Sara.La tua amata Sara»
La telecamera inquadra la porta sul retro.Si è aperta. 
Gli stralci di registrazione vanno avanti, minuto per minuto, angoscianti. 
Non respiro quasi più, quando, una sagoma mascherata avanza oltre la lastra di legno. Indossa una testa da cinghiale, i suoi pantaloni sono chiari come la T-shirt che copre il suo addome.
La telecamera si muove, qualcuno è già dentro casa e come un vero regista sta riprendendo tutto.
E' un fottuto gioco macabro.
L'inquadratura cambia: è rivolta al divano, alla sagoma che vi riposa beata.
«La vedi? E' così bella quando dorme...»
L'uomo che impugna la telecamera si avvicina un attimo prima che l'altro le sfiori una ciocca di capelli con l'indice.
«Non la toccate! Non la toccate!» Grido sbattendo i pugni sulla scrivania.
«Non ci hai mai pensato, vero? A come sarebbe stato senza lei. O lo hai fatto? Magari quando hai capito di amare l'altra. Hai mai pregato che Sara sparisse?»
Non lo so. Io non lo so!  
Posso sentire le pulsazioni del mio cuore nelle orecchie.
Sono una maschera di lacrime. Singhiozzo e non riesco a fermarmi.
«Chi diavolo potrebbe mai farti questo?» mi domanda Drake in balia della confusione che questo video ci sta facendo piombare dentro.
«E' un vero peccato. Lei, così bella e giovane, avrebbe fatto qualsiasi cosa per te...»
«Se le torci un solo capello giuro che ti ammazzo con le mie mani!» L'uomo con la maschera fissa Sara piegando la testa da un lato. Vedo in quel fotogramma la bramosia nel volerle fare del male.
E succede.
Estrae un coltellaccio dalla cinta del pantalone.
«No, no, no, non lo fare. Non lo fare!» imploro, ma non c'è Dio che possa supplicare ora «Farò qualsiasi cosa vogliate, ma non la toccate!» 
«I tuoi genitori dovevano insegnarti a dare valore ad ogni attimo, ad ogni cosa, o persona che si imbatte nel tuo cammino, Gabriel. Devi dare più valore a ciò che hai. Ma soprattutto, devi imparare a stare al tuo posto .»
Il suo braccio si solleva, la mano serrata sul manico del coltello.
Si volta verso la telecamera come se aspettasse di sentirmi supplicare ancora e lo faccio. Lo imploro di lasciarla stare, convinto che mi stia sentendo.
Imploro di prendere me. Grido la via di questa casa, consapevole che loro sanno già dove mi trovo.
Urlo che lei non ha niente a che vedere con me e che io non ho tolto nulla di così importante a nessuno per dover sopportare questo.
Ma è inutile.
«No! Cazzo...» Drake si solleva dallo sgabello e di colpo, anche Ambra scatta in piedi a fissare lo schermo.
L'ha pugnalata. L'uomo con la maschera da cinghiale ha pugnalato Sara.
«Adesso sai cosa succederà a te ed alle persone che ti stanno a cuore se non sparisci»
La registrazione si interrompe, ma sullo schermo continua a schizzare il sangue di Sara ovunque nel suo salotto.
«NOO!» Sferro pugni alla scrivania. Sono in preda al delirio, vorrei distruggere tutto.
Impreco, poiché è l'unica cosa che mi è rimasta da fare e piango disperato, dilaniato.
«Sara! Torna da me!»
«Gabriel» Drake mi afferra per le spalle, non lo vedo neanche «Gabriel, cerca di tornare in te» mi dice, ma ormai Gabriel  è assente.
Sono privo di forze. E' come se lentamente la vita mi stesse abbandonando.
«Come puoi chiedermi di darmi una calmata!?» allargo il palmo della mano verso lo schermo «L'hanno uccisa! Cristo, l'hanno uccisa!» mi stringo i capelli, in un impeto di rabbia, fra i pugni «Potrebbero aver raggiunto anche i suoi genitori o i miei!»
Drake mi fa voltare verso il monitor, di nuovo, trattenendomi per le spalle «Guarda data e ora-» i miei occhi schizzano sulla piccola didascalia in basso a destra «Questa registrazione risale a questa mattina».
Probabilmente il mio cuore sta per cessare di battere.
«Q-Questa...»   Cosa sta succedendo? Cosa diavolo sta succedendo?!
«Sai cosa vuol dire questo?» Il tono di voce di Drake muta: ora, sembra più serio che mai «Che se nessuno ti ha chiamato, ne ha denunciato la morte di Sara...a saperlo siamo solo io, te ed Ambra»
«Cosa vuoi dire con questo?»
Serra la mascella innervosito dalla mia domanda che per lui deve sembrare terribilmente superflua «Dannazione! Non ci arrivi proprio? Significa che siamo complici di questi criminali se non portiamo questa registrazione in commissariato!»
Sposto lo sguardo al video che si è stoppato sull'ultimo fotogramma, quello di Sara dissanguata, poi, nuovamente a Drake ma qualcosa si è spento in me «Se andiamo dalla polizia ci chiederanno come abbiamo fatto ad avere questo video» mormoro in un filo di voce monocorde.
«Mentiremo! Ci inventeremo qualcosa!» sbraita lui smanacciando all'aria. E' nel panico.
« Dovremo spiegargli come lo abbiamo ricevuto. Cosa gli diciamo? Che dei possibili rivali nel narcotraffico americano ci stanno addosso? O che dei malati psicopatici vogliono ucciderci?» E' come se di colpo non provassi più nulla. La mia voce è atona, prima di tonalità, morta. Io lo sono.
«Cazzo! Siete in mezzo al narcotraffico?!» L'urlo di Ambra mi fa spostare lo sguardo privo di lucentezza verso lei.
«Non gli avevi raccontato tutto?» torno a guardare il biondo.
Drake mi scruta con aria colpevole.
«Dovevo immaginarmelo» Sospiro una risata amara pizzicata da una punta di isteria.
«Non è questo il momento di parlarne, pensiamo a come-»
La porta si spalanca all'improvviso e la sagoma di Cécile fa irruzione nella stanza. Il suo viso è ombroso, l'espressione torva, sempre più adirata mentre serra  le dita sottili attorno ad un fagotto incellofanato.
«Cosa ci fa questa roba nella tua borsa, Gabriel?»
L'imballato che Cécile sta sollevando contiene della polvere bianca, un kg per l'esattezza.
«Perché c'è della cocaina nella tua borsa?!» 

Tutti avevamo dei segreti, ma proprio tutti.

                                                                                               Nota: questo capitolo è stato scritto a più riprese di cui alcuni pezzi direttamente in html sul                                                                                                                                            sito, perciò, se notate errori nelle scene o nei dialoghi vi chiedo umilmente scusa.

 
   
 
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