L’angelo
della giustizia cancella la quinta P dalla
fronte di Dante e passiamo alla sesta Cornice, in cui viene espiato il
peccato
di gola. Vediamo un albero carico di frutti e una fonte
d’acqua pura, ma c’è
qualcosa di strano: l’albero somiglia a un abete capovolto e
l’acqua della
fonte scorre al contrario. Questo è per impedire ai
penitenti di bere e di nutrirsi
dei frutti, poiché in vita hanno amato eccessivamente il
cibo. Le anime che
riusciamo a vedere sono pelle e ossa e, tra le fronde degli alberi, si
sentono
le voci di spiriti celesti ricordare esempi di gola punita e
moderazione
premiata. Tra i penitenti, Dante riconosce l’amico Forese
Donati, che afferma
di essere giunto in Purgatorio dopo poco tempo dalla morte grazie alle
preghiere della moglie Nella. Incontra anche Bonagiunta Orbicciani, un
poeta
della generazione precedente alla sua, e si mettono a discutere di
letteratura,
arrivando a definire lo stile dei poeti come Dante “dolce
stilnovo”. Non
potevano scegliere un nome più appropriato.
Vedere
queste anime così deperite mi fa tornare in mente
tutte le volte in cui, quand’ero ancora in vita, avevo visto
dei mendicanti
chiedere qualcosa da mangiare fuori dalle domus
dei patrizi che, nel mentre, si dilettavano tra feste e lauti
banchetti. Mi
sembra quasi impossibile che, in futuro, il benessere sarà
così diffuso da
permettere a gran parte della popolazione di non avere problemi di
questo tipo,
anzi, spesso il cibo verrà sprecato perché
comprato in eccessiva quantità. Alcune
persone arriveranno anche ad incorrere in gravi problemi di salute a
causa del
loro eccessivo amore per il cibo, nonostante in alcuni Paesi molti
continueranno
a soffrire la fame. Credo che quasi tutti gli abitanti della Terra che
si
troveranno a passare per il Purgatorio tra settecento anni dovranno
sostare a
lungo in questa Cornice.
Ci
congediamo dalle anime dei golosi e proseguiamo la
salita. L’angelo della temperanza cancella la penultima P
dalla fronte di Dante
che, intanto, chiede come sia possibile che le anime possano patire la
fame e
la sete. Stazio gli spiega che ciò accade perché
l’anima, secondo la volontà
divina, porta con sé le facoltà naturali che
fanno sì che possa soffrire anche
le pene corporali. Siamo stati veramente fortunati ad incontrare
Stazio. Se Dante
avesse posto questa domanda a me, probabilmente non avrei saputo
rispondere. Ancora
mi chiedo perché il Fato abbia voluto che nascessi prima
della venuta di
Cristo. In questo momento darei qualsiasi cosa per sapere cosa si prova
ad
avere, come loro, la possibilità di conoscere Dio.
Siamo
giunti all’ultima delle sette Cornici, quella dei
lussuriosi. Costoro, divisi in due schiere, camminano tra le fiamme
gridando
esempi di lussuria punita e castità premiata. Anche queste
anime,
nell’accorgersi che Dante ha ancora il proprio corpo, si
stupiscono non poco e
una di loro si fa avanti per parlare con noi. È Guido
Guinizzelli, che Dante
conosce molto bene per essere stato l’iniziatore di quello
che ora si chiama
dolce stilnovo. I due parlano di poesia e Guido afferma che, tra i
letterati
che si trovano in quella Cornice, il migliore tra tutti a parlare
d’amore è
Arnaut Daniel, trovatore provenzale.
Nel
mentre, decido di guardare nel futuro per vedere chi
arriverà in questo luogo tra qualche centinaio
d’anni. Non mi stupisco nello
scoprire che la settima Cornice sarà sempre affollata di
penitenti, visto che
sembra essere molto difficile per gli uomini resistere alla passione
carnale. Alcuni
di loro, però, dopo aver condotto una vita dissoluta, si
rivolgeranno a Dio,
come per esempio il giornalista Paolo Brosio, famoso per le sue vicende
amorose
e per essersi pentito del suo comportamento dopo aver incontrato la
fede.
Per
continuare il cammino verso la cima, l’angelo della
castità ci avverte che dovremo attraversare il fuoco che
circonda questa
Cornice. Dante è spaventato, lo vedo chiaramente quando
rivolge lo sguardo
verso me e Stazio. Cerco di fargli coraggio ricordandoli come,
nell’Inferno,
fosse scampato a pericoli ben più gravi e mostrandogli che
quelle fiamme
possono bruciare, ma non uccidere. Le mie parole, però, non
sembrano
funzionare: Dante non accenna a voler proseguire, rimane immobile nel
punto in
cui si trova. Decido allora di giocare la mia ultima carta,
spiegandogli che
questo muro di fuoco è l’unico ostacolo che ancora
lo separa da Beatrice. Il
nome della donna amata pare riscuoterlo e, finalmente, decide di
vincere la
paura. Entro con lui tra le fiamme, continuando a parlargli di Beatrice
per
spronarlo a continuare a camminare, mentre Stazio ci segue a poca
distanza.
Una
volta liberi dal calore soffocante del fuoco, è ormai
sera e ci fermiamo a riposare. Dante si addormenta quasi subito,
seguito da
Stazio. Non pensavo che anche un’anima come lui potesse aver
bisogno di
dormire. Io, come sempre, rimango sveglio, riflettendo su quello che
accadrà
domani: arriveremo nel Paradiso Terrestre, che si trova sulla cima di
questa
montagna e lì Dante potrà finalmente incontrare
la sua Beatrice. Ciò significa
che il mio compito sarà giunto al termine e che
dovrò tornare nel Limbo. Ammiro
il cielo stellato sopra di me per l’ultima volta, prima di
rivolgere lo sguardo
verso il mio protetto. In questi ultimi giorni è cresciuto
molto, ha dovuto
affrontare prove difficili, ha conosciuto il Male e il peccato, ed
è salito fin
sulla vetta del Purgatorio per espiare le sue colpe. Mi riesce
difficile
ammetterlo, ma mi sono molto affezionato a lui. Lo considero come un
figlio e,
anche se non potrò accompagnarlo fino alla fine, spero che
il suo viaggio si
concluda nel migliore dei modi.