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Autore: Marydb13    16/09/2020    1 recensioni
Quattro ragazze trovano, per caso, un passaggio che collega il loro mondo a quello di certi pirati di nostra conoscenza e, ben presto, si renderanno conto che, forse, la Disney non ha raccontato proprio tutto... Metto il rating arancione per sicurezza, ma nella maggior parte della storia è da considerarsi verde.
*****
Tratto dalla storia:
"Allora è tutto a posto? Posso tornare nella mia epoca?"
"Certamente"
"Oh, grazie infinite! L'ho sempre detto che lei è una persona ragionevole!"
"Ma ad una condizione: Mr. Mercer verrà con te"
"Cosa?!"
"Ti seguirà ovunque, sarà la tua ombra e i miei occhi." quelle parole, unite alla velata minaccia nel suo sguardo, furono l'ultima cosa che udì, prima di essere trascinata via dall'uomo che l'aveva pestata nelle tre settimane precedenti.
Genere: Avventura, Commedia, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ian Mercer, Jack Sparrow, Lord Cutler Beckett, Nuovo Personaggio
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Capitolo 10- Mostri degli abissi, navi spettrali e donzelle in pericolo.
 

Anno 1729, 15 maggio, h 21,30
Mar dei Caraibi (Perla Nera)
 

‹‹Miss, è tardi, non dovreste essere nella vostra cabina?›› La domanda di pura cortesia dell’ex Commodoro, fu vista come un implicito tentativo di approccio da Marta. Quest’ultima, che non vedeva l’ora di trovare l’occasione per appartarsi in un luogo solitario con lui, gli si appiccicò al braccio ed iniziò a gracchiare con una vocetta stridula: ‹‹Oh, James, come sei premuroso!››
‹‹Hem, veramente sto solo facendo il mio dovere, Miss…›› tentò di spiegarsi lui, mentre cercava invano di scollarsela di dosso ‹‹Non credo che sia molto appropriato, Miss… Non vorrei mai che qualcuno potesse dubitare delle vostre intenzioni. Non potrei mai perdonarmelo!››
I goffi tentativi dell’uomo di riacquistare il proprio spazio vitale, non fecero altro che animare maggiormente la rossa: ‹‹Oh, ma che carino! Siete preoccupato per me, non è vero? Avanti, non siate timido: nessuno verrà mai a disturbarci fin qui›› Non era dunque un caso, se Marta si era accidentalmente fatta notare, mentre saliva sull’albero maestro, casualmente durante il turno di guardia di Norrington.

‹‹E’ proprio questo quello che mi preoccupa, Miss›› sospirò il poveretto, sconsolato. Sentiva, finalmente, di capire che cosa avesse provato Miss Swann in tutti quegli anni in cui l’aveva corteggiata ed assillata costantemente. E con costantemente, intendeva gli “autoinviti” al suo tè con le bambole (non c’è da stupirsi se a otto anni la poveretta aveva deciso di riporre le bambole e tirare fuori i libri sulle avventure dei pirati), quando magicamente, doveva prendere dei libri in prestito dalla biblioteca della magione Swann, proprio quando lei era intenta nello studio, quando insisteva ad accompagnarla a fare shopping o a passeggiare, con la scusa di doverla proteggere dagli agguati delle iguane o quando aspettava che diluviasse per andare a trovarla. Gli veniva la febbre alta, ma per lo meno poteva rimanere qualche giorno a casa sua e, talvolta, Mr. Swann obbligava pure la figlia a portargli le medicine. (Sembrava quasi che qualcuno lo avvisasse dei suoi spostamenti, ma chi avrebbe mai fatto una cosa simile? COUGH, COUGH! Governatore Swann, COUGH! Nd: tutti)
‹‹Oltre a bello ed intelligente è pure simpatico!›› civettò lei, felice.
‹‹Talmente intelligente che quando Elisabeth gli ha promesso di sposarlo, se si fosse scontrato con la ciurma di Barbossa e salvato Will Turner, lui le ha creduto. Ovviamente, dopo essere riuscito nell’impresa suicida, si è visto soffiare la fidanzata dall’apprendista maniscalco›› la voce, proveniente dalla zona di avvistamento, collocata poco più in basso, fece quasi venire un infarto ai due piccioncini.

‹‹Lucia, c’è un qualche particolare motivo per cui sei dovuta salire fin qui, interrompendo questo magico momento?›› domandò Marta, il cui tono della voce lasciava vagamente intendere intenti omicidi.
‹‹Sotto coperta c’è troppa confusione: non si riesce a dormire›› rispose lei, con uno sbadiglio.
‹‹Fammi capire: tu che non hai voglia nemmeno di sollevare il tuo regale fondoschiena dal divano, hai deciso, così all’improvviso, di farti una scalata, proprio mentre cerco di concretizzare il mio amore?›› mentre lei parlava, James Norrington impallidiva sempre di più e pregava tutti i santi del paradiso di aiutarlo ad uscire da questa brutta situazione. Se la bruna non fosse saltata fuori dal nulla, chissà che cosa sarebbe successo.
‹‹Ho convinto questi due incompetenti a portarmi fin qui. Ora, se non ci sono altre domande, vorrei dormire… fate quello che dovete fare, ma in silenzio, grazie!›› rispose lei, girando gallone.
‹‹Aspetta, hai detto questi?›› volle indagare Marta, anche se temeva di conoscere già la risposta.
‹‹Proprio così, siamo qui, ma non fate a caso a noi›› Pintel uscì dal suo nascondiglio, seguito a ruota da Raghetti che, come al solito, si fece scappare qualcosa di troppo: ‹‹Sì, siamo venuti solo per assistere, hihihi… Ahi, cos’ho detto di male?››
‹‹Perché non puoi mai stare zitto?›› sospirò l’altro, con aria da uomo vissuto, manco fosse molto più sveglio del compare.

‹‹Qualcun altro?›› quasi ringhiò la rossa, anche se i presenti, probabilmente, non percepirono il tono sarcastico, dato che non impiegarono molto a rispondere e manifestarsi. A causa della poca luce, Marta riuscì a distinguere solo una dozzina di volti, ma il numero delle voci lasciava presagire che fossero molti di più. Avrebbe giurato che l’intera ciurma si fosse coalizzata per rovinare il momento più bello della sua vita. E quando diceva tutta, intendeva anche quella scolopendra infida del pappagallo di Cotton. Del resto, come non aspettarselo, dato che da quando aveva messo piede su quel relitto fatiscente, quell’uccellaccio non aveva fatto altro che darle problemi. Le spettinava i capelli, strappava i bottoni dalla camicetta (e quando passava Norrington le impediva di allargare la scollatura), rovinava la biancheria stesa e rubava le noccioline dal piatto (tra l’uccellaccio e Sparrow, non riusciva a mangiare un’arachide che fosse una da quando si erano imbarcati… e lei amava la frutta secca). Ed era veramente troppo permaloso per essere un pennuto parlante. Ci credereste che se l’era presa solo perché aveva proposto di impagliarlo e venderlo ad un collezionista? La sua bellezza sarebbe stata eternata (e lei avrebbe fatto tanti soldi, muhahaha) e lui si lamentava e faceva la prima donna? Semplicemente assurdo.

L’unica voce che non udì fu quella del suo padrone, per ovvi motivi. La ragazza volle pensare che il motivo del silenzio fosse dovuto all’effettiva assenza dell’uomo e che la ciurma avesse avuto, per lo meno, la decenza ed il buon senso di lasciarlo al timone. Anche perché in caso contrario, potevano avere qualche piccolo problemino, come ad esempio perdersi in mezzo all’oceano, morire di fame e sete e non vedere mai più la terra ferma. Non volle, tuttavia, pensare troppo a quell’eventualità.
Le sembrò di notare persino la figura traballante di “Capitan Jack Sparrow”, barcollare avanti ed indietro lungo il ponte della nave, inseguito dal suo fedele scudiero secondo, Mastro Gibbs. Marta non aveva visto i film della Disney, ma non le ci era voluto molto tempo per capire che in quell’uomo qualcosa non quadrava. E non si trattava solo dei neuroni… Da quando erano partiti da Tortuga, si era dimostrato sempre più freddo e scostante e, cosa ancora più grave, l’idea di tentare l’approccio con una delle fanciulle non l’aveva nemmeno sfiorato. Si trattava di un insieme di piccoli particolari nel suo atteggiamento che stonavano completamente con la descrizione che Elisabeth, Lucia e Francesca le avevano dato, anche se, a loro detta, doveva essere colpa del forte stress, cui era stato sottoposto da Davy Jones.

Francesca si trovava a prua, seduta sulla punta dello scafo con una grazia, mista a casualità organizzata, che solo una vera Mary Sue poteva possedere. I lunghi boccoli dorati (sì, quelli delle Mary Sue splendono di luce propria e possono essere intravisti anche nel buio) erano accarezzati dalla brezza gentile della sera, che sembrava essere molto meno indulgente nei confronti del resto della ciurma. E con meno indulgente, intendeva che questi ultimi avevano dovuto “ancorarsi” all’albero maestro con delle funi o, comunque, rimanere aggrappati a qualcosa di solido, onde evitare di essere sbalzati fuori bordo.
‹‹Ehi, ma come ci riesce?›› domandò, per l’appunto Raghetti, per quanto fosse ammaliato dalla splendida visione.
‹‹Ma non ha freddo?›› gli fece eco il compare, notando la leggera veste candida che svolazzava seducentemente intorno alla sua figura perfetta (Stile Saori Kido in Saint Seiya durante la battaglia ad Asgard, per intenderci). Ad onore delle sue parole, il resto della ciurma stava praticamente congelando, nonostante l’abbigliamento fosse decisamente più pesante di quello della fanciulla.
‹‹Si chiama charme…›› commentò sarcastica Marta, per nulla felice all’idea che l’amica le stesse rubando completamente la scena. ‹‹Comunque, Fra, vedi di contenere le tue attractive poses: tu hai già figliato, io invece devo ancora cominciare, hihihi…›› mentre pronunciava l’ultima frase, si incollò ancora di più a James Norrington, rivolgendogli degli sguardi seducenti che, però, non facevano altro che far impallidire il poveretto.
In tutta risposta, Fra si voltò e, dopo averla fulminata con lo sguardo sollevò il dito medio in sua direzione, per poi alzare i tacchi e dirigersi verso la cabina del capitano, tra i fischi e gli applausi di incoraggiamento della componente maschile.

Marta la fulminò con lo sguardo, per poi passare a trucidare (visivamente) il resto dei “terzi incomodi”: ‹‹E voi altri? Avete finito o volete lasciarmi vivere il mio sogno d’amore in pace?››
‹‹Devi proprio dire tutto quello che ti passa per la testa? Conosci le parole discrezione, contegno, riservatezza?›› la rimbeccò Lucia, stufa di essere continuamente disturbata proprio quando stava per addormentarsi.
‹‹SI’! E se ci tenete alle vostre vite, vi CONSIGLIO CALDAMENTE DI SEGUIRE L’ESEMPIO DI FRA!››
‹‹SISSIGNORA!›› le risposero tutti in coro, prima di darsela a gambe, ignorando gli sguardi imploranti di Norrington, che non aveva nessuna intenzione di rimanere da solo con quella bestia di satana soave fanciulla. I pirati, tuttavia, non si sentirono per nulla in colpa all’idea: quando mai gli sarebbe ricapitata un’occasione del genere per farla pagare ad un uomo di legge che li perseguitava da anni?
‹‹Hem, hem, dove eravamo rimasti?›› attaccò bottone Marta, fingendo un paio di colpi di tosse.

‹‹Se non ricordo male, vi stavo raccomandando ti tornare nella vostra stanza, vista l’ora tarda…›› tentò di chiudere l’inattesa serata, lui.
‹‹Oh, ma come siete premuroso! Proporvi per scortarmi nella mia stanza: che pensiero nobile!›› colse al volo l’occasione Marta.
‹‹M-ma certo, per me è solo un piacere… Non vorrei mai che potesse accadervi qualcosa qua fuori. Sapete, con la fauna che circola su questa nave…››
‹‹Oh, si prospetta una meravigliosa serata…›› ghignò la rossa, soddisfatta.
‹‹Come dite?››
‹‹Sapete com’è: un bell’uomo si offre di accompagnare una splendida fanciulla nella sua camera da letto, di notte, quando non c’è anima viva. Poi una cosa tira l’altra, e…››
‹‹Ma perché andare a dormire quando qui fuori c’è uno splendido cielo stellato, io mi domando…›› cambiò subito tattica, lui, comprendendo solo in quel momento cosa stesse progettando quella sfacciata.
‹‹Oh, James caro, non ti facevo così romantico›› sospirò lei, con occhi sognanti, appiccicandosi ulteriormente al braccio e alla spalla dell’uomo.
‹‹M-ma io veramente…››
‹‹Shhh›› lo zittì lei, piano, per poi tentare di intrigare il bell’imbusto con uno sfoggio di cultura (acquisita in prigione, ma dettagli) ‹‹Le stelle si vedono davvero bene da quassù, e le costellazioni sono così nitide che sembra quasi di intravederne le linee di congiunzione immaginarie››

‹‹Conoscete le costellazioni, Miss?›› domandò lui, questa volta sinceramente incuriosito. Non capitava tutti i giorni di incontrare una damigella esperta in quel settore.
‹‹Ci sono tante cose che non conoscete di me, ma sono certa che avremo presto modo di farlo più a fondo…›› gli sussurrò con voce seducente, a pochi millimetri dal suo orecchio, facendolo rabbrividire. Notando il suo disagio, tuttavia, si sentì costretta a tornare sul piano “cultura generale”: ‹‹E non ne conosco solo i nomi e le posizioni, ma anche le storie che vi si celano dietro››
‹‹Dite davvero?›› domandò lui, seriamente colpito da quelle parole.
“Povero ingenuo: non so nemmeno trovare la stella polare. Ma mi basterà dire il nome di una costellazione e indicare un punto a caso nel cielo, muhahaha!” ridacchiò mentalmente la ragazza, per poi proseguire con la sua performance: ‹‹Ma certamente: sono un’appassionata di astronomia, miti e leggende io, cosa credi?››
James Norrington, fece per rispondere, ma fu preceduto da Lucia: ‹‹Io penso che tu non sappia nulla, ma che stia pensando di raccontare a pappagallo le storielle di Mary per fare colpo sul Commodoro. Imbarazzante››

‹‹Ma devi proprio rimanere qui a spiarmi per tutta la c***o di notte?›› ribatté la rossa, incavolata come non mai.
‹‹No, sarebbe troppo faticoso. Per ora mi limiterò ad ascoltare quello che dici e ad intervenire ogni volta che spari una cavolata. Tutto questo finché, ovviamente, non deciderete di trovarvi un altro posto per fare baccano e mi lascerete riposare in pace››
‹‹Grrr… Sei proprio una s*****a, quando ti ci metti, sai?››
‹‹Lo so›› disse lei, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
‹‹Ti odio››
‹‹Lo so›› rispose con lo stesso tono di prima.
‹‹Antipatica!›› borbottò di rimando, per poi rivolgersi nuovamente a James: ‹‹Dov’eravamo rimasti? Ah, sì, i miti nascosti dietro alle costellazioni. Ad esempio, conoscete la storia di Cassiopea e Andromeda?››
‹‹No, Miss›› rispose l’uomo, sinceramente incuriosito. Se queste storie si fossero dimostrate effettivamente interessanti, avrebbe sempre potuto sfruttarle per fare colpo su Miss Swann, approfittando dell’assenza del rivale.
‹‹Oddio, ci risiamo›› le lamentele di Lucia furono brutalmente ignorate.
‹‹C’era una volta, tanto tempo fa… (immaginatevi il racconto pari pari di Mary) E sempre citando Mary, attenzione che se il sacrificio non è una bella gnocca non funziona, eh!›› concluse il racconto Marta, ridacchiando al ricordo dei commenti dell’amica.

‹‹E’ la prima volta che sento una storia del genere, e devo ammettere che non è niente male… Anche se mi domando chi è questa Mary di cui voi ragazze continuate a parlare da quando ci siamo imbarcati?›› commentò Norrington.
‹‹Una nostra amica: è molto dolce e sensibile ed anche la persona più intelligente che io conosca›› rispose Marta, felice.
‹‹Hai dimenticato asociale, sovrappeso e tuonata››
‹‹Sempre dolce come l’acido muriatico sul pane tostato la mattina›› Marta la fulminò con lo sguardo.
‹‹Dovete volerle molto bene›› constatò l’uomo, intenerito da quell’insolita dimostrazione d’affetto, ma bastarono un paio di frasi dette da Marta per fargli accapponare la pelle: ‹‹Oh, non sai quanto. Sono sicura che se te la presentassimo, piacerebbe tantissimo anche a te. Ora però è un po’ difficile, dato che si trova in prigione e Port Royal…››
‹‹Si trova dove?›› esclamò lui scioccato. Non aveva appena detto che era dolce e sensibile?

‹‹In pri… Ahi! Lu, ma perché c***o mi hai tirato una scarpa?››
‹‹Ci arrivi da sola o te ne devo tirare un’altra, per caso?›› le ringhiò, per poi rivolgersi all’uomo che attendeva delle spiegazioni: ‹‹Come avrete certamente notato, Francesca, Marta ed io proveniamo da una terra molto lontana e, essendo capitate a Port Royal quasi per caso, abbiamo attirato subito l’attenzione di Lord Beckett. Quest’ultimo, scambiandoci per spie, ci ha fatte imprigionare ed interrogare ed è proprio lì che abbiamo incontrato Elisabeth. La sera stessa, quando il Governatore è venuto a liberare la figlia di nascosto, ha aiutato anche a noi. Mary ha deciso di rimanere per rallentare la nostra fuga… non so se si è capito dalla storia di prima, ma quando è nervosa inizia a parlare e non si ferma più… E in più c’era anche il problema dei bambini che si trovavano in cella con lei. Se qualcuno tocca un bambino, Mary diventa una belva: non li avrebbe mai lasciati lì da soli…››
‹‹Mi state dicendo che avete lasciato la vostra amica da sola in balia di Beckett e dei suoi uomini?›› la interruppe lui, scioccato.
‹‹Non entro nei dettagli perché si tratta di cose private, ma ti posso garantire che al momento questa era la nostra migliore ed unica scelta. Davvero pensi che possa passare un solo attimo senza che pensiamo a dove si trovi e come stia la nostra amica in questo momento? A cosa sarebbe successo se l’avessimo costretta a venire con noi o se qualcun’altra avesse preso il suo posto? Ma la realtà è questa: noi siamo qui e lei no. Che sia un bene o un male, sarà solo il tempo a deciderlo. L’unica cosa che possiamo fare in questo momento è fidarci di lei e delle sue capacità›› concluse Marta, in tono sempre più sommesso.
‹‹Limitate capacità, vorrai dire›› la rimbeccò Lucia ‹‹Ma, comunque, questa potrebbe essere l’unica volta nella sua vita in cui le sue montagne di libri le potranno ritornare utili. Se come dice Mary, Lord Beckett è un topo di biblioteca sfigato come lei, sono certa che andranno molto d’accordo››
‹‹Mary non è una sfigata! E’ solo diversamente sociale, ma questo non vuole dire che…›› il tentativo (per altro, mal riuscito) di difesa di Marta, fu interrotto da Norrington: ‹‹La vostra amica, per caso è Italiana, di altezza medio-bassa, con dei capelli scuri piuttosto, hem, voluminosi? E con due, hem, come dire… piuttosto formosa, specie nella parte superiore?››

‹‹Sì, come fate a saperlo?›› esclamarono le due in coro.
‹‹Prima di imbarcarmi su questa nave di disperati, ho sentito alcuni uomini ubriachi descrivere hem, le grazie di questa strana studiosa che, a loro dire, ultimamente starebbe lavorando per Lord Beckett. Sul momento ho pensato che si trattasse solo di deliri dovuti all’alcool, ma sentendo il vostro racconto, ho pensato che potesse esservi un fondo di verità. Anche se non mi capacito del come siano venute a crearsi certe dicerie riguardo certe misure dei suoi abiti. E’ palese che una donna magra non possa avere…››
‹‹Hem, guarda che quella parte è vera: Mary c’ha due tette che… Ahi, ma c***o, Lucia, non puoi avvisarmi prima di lanciarmi contro gli oggetti?››
‹‹Se qualcuno non sparasse tante cretinate in una volta sola, per me non ci sarebbe bisogno di arrivare a tanto››
‹‹Senti, tu…››
Il battibecco proseguì per almeno un’ora, tempo abilmente sfruttato da James Norrington per eclissarsi e far perdere le sue tracce. Le due non si accorsero, però, di una losca figura che aveva osservato tutta la scena, tramando nell’ombra.
*****
Anno 2019, 18 gennaio, h 14,00
Genova, Italy (Porto antico)
 

*Immaginarsi voce del narratore di Fantozzi*
Lord Beckett, Mr. Mercer e i suoi uomini scamparono il triplice ergastolo, 7543 ore di lavori socialmente utili in una parrocchia di befane e la confisca di armi e parrucche, da parte dei carabinieri addetti alla protezione del patrimonio culturale, solo grazie all’intervento dell’ambasciata cino-vietnamita in Corsica.

A quanto pare, Takashi-sensei portava sì un nome giapponese, ma aveva la cittadinanza in Vietnam, che, come ben sappiamo, dopo la guerra tra Stati Uniti e Cina, era rimasto sotto l’influenza di quest’ultima potenza. Ora, il nostro caro maestro, a quanto pare aveva ottenuto gli ultimi gradi di cintura nera, proprio grazie agli enormi servigi prestati nei confronti della Cina (es. Aveva salvato da soffocamento un membro particolarmente influente del Partito, durante una cena nel suo ristorante) ed era, dunque, considerato alla stregua di un eroe nazionale. Come possiamo ben immaginare, nessun uomo con un minimo di buon senso si metterebbe mai contro l’ultimo tentativo vivente dell’esperimento comunista (figuriamoci dei poliziotti bolognesi iscritti al Partito Democratico da generazioni e generazioni, i cui nonni ancora attendevano l’arrivo dei carri armati dalla Russia per poter completare la rivoluzione).
Inutile dire che, non appena Maria Vittoria riuscì a rimettere piede nella sua amata casetta, corse a baciare ed abbracciare gli scritti di Gramsci e il “Capitale” di Marx. Tutta la sua famiglia era più improntata verso il centro destra (proseguendo con la storia capirete perché muhahah), ma hey, Maria Vittoria sapeva riconoscere il suo salvatore, quando lo vedeva.
In tutto questo, Lord Beckett ed il resto dell’esercito la fissavano sconcertati, domandandosi se durante la fuga da Port Royal avesse sbattuto la testa. Un’occhiata eloquente da parte di Mr. Mercer, tuttavia, gli fece intuire che purtroppo quella era la normalità.

Figuracce a parte, la vita era tornata a scorrere come prima della fatidica sera. Contro ogni aspettativa, né Beckett né Mr. Mercer la punirono per la sua azione sconsiderata e dopo l’interrogatorio non dissero una parola sull’argomento. Mary si convinse, dunque, che la non voluta confessione a Francesco fosse la causa di tale atteggiamento. A quanto pare la sua figuraccia era stata addirittura peggiore di quanto pensasse… Che vergogna! E adesso? Come poteva entrare in classe ed in palestra come se niente fosse? Già non aveva il coraggio di guardare Francesco negli occhi, figuriamoci ora che era praticamente certa che la voce di quanto accaduto avesse già fatto il giro di tutta la città. Del resto un esercito di personaggi somiglianti a degli attori di Hollywood non era proprio una cosetta da tutti i giorni. La notizia sarebbe presto apparsa su tutti i quotidiani italiani, per non dire europei o mondiali (e il temutissimo giornalino della scuola). Se anche i giornalisti avessero scritto delle sue disavventure amorose, Maria Vittoria fece voto di rinchiudersi in un convento per il resto dei suoi giorni o, ancora meglio, fare il monaco stilita in un eremo su una montagna invalicabile (anche se, se era davvero invalicabile, come avrebbe fatto ad arrivarci? Bah!), o meglio, salire su una navicella spaziale e fuggire su un pianeta inabitato come Luke Skywalker.

I giorni trascorsero veloci, ma, grazie a Dio, sui giornali non vi fu alcuna traccia della questione e nemmeno a scuola si seppe niente dell’accaduto. Se quello non era un miracolo, allora Maria Vittoria proprio non sapeva che cosa fosse. E, che i suoi compagni di classe non ne sapessero niente, lo scoprì in maniera brusca. Mr. Mercer, ignorando i suoi piagnistei da mocciosa frivola (che uomo senz’anima: non capire i problemi di cuore di una povera fanciulla… dovrebbe vergognarsi! Nd: tutte le ragazze che abbiano avuto una delusione amorosa), se la caricò in spalla e così fece tutto il tragitto da casa di Mary fino alla scuola. E sottolineo che, pur avendo utilizzato la scorciatoia che aveva utilizzato per portare Beckett e l’esercito in palestra, dovette percorrere quasi quindici chilometri. O era troppo atletico per la sua età, oppure l’antipatia che provava nei confronti di Maria Vittoria era tale da non fargli sentire la fatica. Immaginatevi, dunque, lo sconcerto di bidelli e compagni, quando videro l’uomo costringere la fanciulla a prendere parte alle lezioni con la forza. Più di una persona finì con il domandarsi: “Ma l’altra volta non era il contrario?”, per poi scuotere la testa e ricondurre gli strani comportamenti della ragazza al luogo comune “Il classico fa impazzire le persone”.

Ad ogni modo, la vita andava avanti e Mary dovette costringere il suo cuoricino spezzato a fare lo stesso. Era vero che aveva sempre saputo che il suo amore non fosse realizzabile, altrimenti non sarebbe stato un amore Platonico, ma da lì al sentirsi sbattere in faccia la cruda realtà, vi era una lievissima differenza. E soprattutto, ora che Francesco ne era venuto a conoscenza, era quasi certa che la loro amicizia ne avrebbe pesantemente sofferto. Poteva accettare qualsiasi cosa: insulti, rimproveri del tipo: “Perché non me l’hai mai detto?” o “Credevo che fossimo amici”. Ciò che proprio a contemplare era l’idea che avrebbe potuto non volerla più accanto. Francesco, al di là di tutti i suoi difetti caratteriali, era stato la prima persona a trattarla per quello che era veramente. Nonostante si fosse trasferita da un’altra regione e della sua famiglia si sapesse poco e niente, non aveva mai fatto domande e, senza saperlo, le era stato accanto nei momenti più difficili della sua vita. Maria Vittoria odiava parlare alle altre persone dei propri problemi: era consapevole che ognuno ne avesse e non capiva la necessità di addossare agli altri anche i propri. Tenersi tutto dentro, tuttavia, non significava soffrire meno. Mary era certa che se, in certi momenti, non avesse potuto vedere il sorriso di Francesco, le sue battute (che però facevano ridere solo lei) e le sue gaffe (tipo quando ad una festa, per fare colpo su delle ragazze, si era presentato facendo le flessioni e parlando di come, nonostante praticasse sette sport differenti, avesse la media più alta della scuola), non sarebbe riuscita a trovare la forza per andare avanti.

Fu distolta dai suoi pensieri da un improvviso dolore alla nuca. Aveva appena tirato una zuccata ad un lampione. Perché non prestava mai attenzione a dove camminava? Mentre si massaggiava la fronte, dovette reprimere l’istinto di lanciare un’occhiataccia a Mr. Mercer, che aveva iniziato a ridacchiare e non sembrava avere intenzione di fermarsi tanto presto. Mai una volta che provasse un po’ di empatia, quello. “Hey, aspetta, ma quelli non sono Nico, Giacomino e Nando?” si rese improvvisamente conto, facendo scivolare lo sguardo in direzione del porto. Si bloccò senza un minimo di preavviso e, se l’uomo che l’accompagnava non avesse avuto degli ottimi riflessi, le sarebbe finito addosso. “E adesso che le è preso?” pensò lui, sollevando gli occhi al cielo.
‹‹Signor Mercer, possiamo fermarci un attimo, per favore? Devo parlare con alcune persone›› tentò lei, incerta, ben sapendo quanto l’uomo odiasse rimanere lontano dal punto di collegamento con la sua epoca.

‹‹No››
‹‹Ma è una cosa estremamente importante…›› tentò di smuoverlo, lei.
‹‹No››
‹‹Non richiederà più di cinque minuti, ve lo assicuro››
‹‹Ho detto di no›› ribadì l’uomo, impassibile, ricominciando a camminare verso la macchina, come se niente fosse.
‹‹Per favore?›› Maria Vittoria giocò anche la carta sguardo da cucciolo bastonato, ma, rendendosi conto di dover assomigliare più a Ciuchino che al Gatto con gli stivali, decise di lasciar perdere. Voleva evitare di perdere anche quel poco di dignità che le era rimasta.
‹‹Vi propongo un patto›› sospirò, infine, lei, decidendosi a mettere in palio la cosa a cui teneva di più al mondo dopo la sua famiglia e le sue amiche.
‹‹Non stringo patti con creature infide come le donne››
“Ma che ha mangiato per pranzo? Bistecca di leone? E poi, da quand’è che da mocciosa mi sono evoluta a donna?” tali pensieri le fecero partire un tic all’occhio sinistro. ‹‹Nemmeno se questo patto vi permettesse di ottenere quello che da settimane state cercando di indurmi a fare, anche con l’inganno?›› solo un enorme sforzo di volontà le impedì di aggredirlo verbalmente per l’affermazione altamente offensiva.

Mr. Mercer non rispose e, per un attimo temette che fosse rimasto fermo sulla sua decisione. Del resto, doveva aspettarselo da quel freddo pezzo di marmo che non le veniva mai in contro su nulla, manco sotto minaccia. Contro ogni aspettativa, invece, le fece segno di andare avanti. Il ghigno che gli stava affiorando sul viso, le fece intendere che aveva già intuito dove volesse andare a parare. Si capiva che non vedeva l’ora di sentirle pronunciare quelle parole. Il desiderio di vendetta per lo scherzetto della fuga di qualche giorno prima era ancora fresco in lui.
‹‹Se mi permettete di sbrigare questa faccenda di cinque minuti, oggi sono disposta a…›› fece una pausa, non essendo sicura di avere la forza psicologica per pronunciare tali parole ‹‹potrei anche…›› no, proprio non se la sentiva: quel gesto era troppo per lei ‹‹prometto di…››
‹‹MUOVITI!›› l’urlo dell’uomo la costrinse a raccogliere tutta la propria forza e pronunciare quelle fatidiche parole: ‹‹SALTARE LA LEZIONE DI KARATE! Ecco, l’ho detto… siete contento adesso?›› Poco mancò che scoppiasse a piangere, ma si costrinse ad essere forte. Non poteva certo mostrarsi in quello stato di fronte alle persone che doveva incontrare.

‹‹Sì. Ti consiglio di muoverti: ti restano ancora quattro minuti e 58 secondi. 57, 56, 55››
‹‹Vado, vado: aspettatemi!›› gli gridò lei, mentre iniziava a correre verso i tre marinai che aveva avvistato poco prima.
Mr. Mercer scosse la testa e si lasciò quasi scappare… un sorriso? Ma stava bene? Non sarà mica stato contagiato dalla follia derivante dagli studi del suo padrone e di Mary, vero?
Rimase in piedi a braccia conserte, mentre fingeva di osservare una nave da crociera, ma in realtà stava tenendo d’occhio le mosse della mocciosa. La vide avvicinarsi a tre marinai di mezz’età, che la salutarono, festosi. Se non avesse avuto modo di rendersi conto della sua estrema infantilità, avrebbe potuto pensare che volesse approfittarne per fare mazzette. Cosa poteva mai volere una ragazza da tre uomini vecchi (per la sua età… a quanto pare in quell’epoca era strano che una donna sposasse un uomo molto più vecchio di lei… Gente strana i moderni) e rozzi di sera, per giunta. E poi, da quando Maria Vittoria aveva scoperto che anche lui se ne intendeva parecchio, non faceva altro che parlargli di arti marziali dalla mattina alla sera. Cosa poteva esserci di più importante del karate, per lei?

Come pattuito, la ragazza tornò indietro dopo cinque minuti spaccati, un’aria abbattuta in volto. Mr. Mercer ne diede la colpa al pensiero che non sarebbe potuta andare a karate.
‹‹Ne valeva davvero la pena?›› le domandò, con fare derisorio.
Maria Vittoria non rispose, ma annuì, sfoggiando un sorriso stanco, mentre faceva strada verso l’autovettura.
‹‹Non puoi fare andare questo aggeggio un po’ più veloce?›› le domandò l’uomo, una volta che furono saliti in macchina.
‹‹Appena usciamo dal centro città troveremo meno traffico. Trepidante all’idea di rivedere il tuo onorato signore?›› ridacchiò lei di rimando. E penare che la prima volta che gli aveva fatto fare un giro con l’auto l’aveva costretta a non superare i quindici chilometri orari, non riponendo alcuna fiducia in quel “marchingegno diabolico”.
‹‹Ovviamente›› rispose lui con fare tranquillo. Solo una settimana prima, l’avrebbe strangolata, se si fosse permessa di fare un’insinuazione del genere, ma piano piano si stava abituando all’umorismo italiano moderno. ‹‹Voglio fare rapporto a Lord Beckett il prima possibile. L’altra volta ha promesso di affidarmi una missione che comporti la sofferenza ed il sangue versato di tante fragili fanciulle. Dovrebbero avere circa la tua età… che piacevole coincidenza, non trovi?››

Un brivido freddo le corse lungo la spina dorsale. Quell’uomo sapeva essere davvero atroce. Che stesse scherzando o dicendo la verità poco importava, perché Maria Vittoria era certa che Mr. Mercer non si sarebbe fatto scrupoli a fare davvero una cosa del genere. “Stai tranquilla” dicevano, “Ti ci abituerai” dicevano, “Vedrai che non è poi così male una volta che l’avrai conosciuto” dicevano. Bei consigli, dati da chi si taglierebbe una gamba pur di non dover stare più di dieci secondi nella stessa stanza di Mr. Mercer, quando lei doveva trascorrere con lui 24 ore su 24.
‹‹Non ti sarai mica offesa?›› continuò lui, ampliando notevolmente il suo ghigno ‹‹Lo sai che sei la mia preferita. Ma capisci bene che, finché Lord Beckett non mi dà l’ordine, non posso mica trucidarti così, come se niente fosse. Devo pur sfogarmi su qualcun altro, non ti pare? Ma non temere, se riesco a sbrigarmela in fretta, posso offrire il servizio ancora-vivo-ma-tremendamente-sofferente anche a te. Che, poi, non si dica che tradisco la mia vittima principale››
Perché si sentiva come la classica donna americana da film poliziesco che dà un passaggio ad un pazzo criminale ed inizia ad intuire che nei prossimi dieci secondi farà una pessima fine? O forse era solo il buio a farla divenire più sospettosa?

Notando il suo sguardo a metà tra lo scioccato ed il traumatizzato, l’uomo si decise a procedere con il colpo di scena: ‹‹O forse questa volta potrei divertirmi a vederti pestare a sangue da qualcun altro…››
“Oddiooddiooddio, ma che cos’ha in mente quello? Ma io ho pauraaa” il suo cervello urlava, in preda al terrore, ma il suo corpo non riusciva più nemmeno a muoversi.
‹‹Ad esempio quel Marcus, Marco o come diavolo si chiama… è arrogante, ma mi pare che ti maltratti abbastanza bene. Non è certo al mio livello, ma si sa, la classe non è acqua››
‹‹M-ma e la nostra promessa?›› balbettò Mary, incredula. Mr. Mercer voleva davvero…
‹‹Non sono certo cinque minuti a fare la differenza sul mio piano di marcia e poi, quella cosa era importante, giusto?›› affermò lui, con tono perfettamente rilassato.
‹‹S-sì, ma come…››
‹‹Non ci vuole un genio a capire che non salteresti mai karate senza un’ottima motivazione. Se penso che un’imbranata come te abbia rischiato l’osso del collo per calarsi da una finestra al quinto piano…›› la prese in giro lui.
‹‹C-come l’avete capito?›› domandò lei sconvolta. Non si sarebbe mai aspettata che un uomo maschilista come lui potesse anche solo immaginare che una donna (imbranata, pure) compisse un’azione tanto pericolosa.
‹‹Il “sono passata attraverso i muri. PUF!*” non era particolarmente convincente. E poi eri piena di foglie e rametti nei capelli››
‹‹Ah, ecco perché quella sera i mei capelli erano ancora più disastrosi del solito. E io che davo la colpa ai calci alti a tradimento di Luigi…›› ricollegò, finalmente, lei.
‹‹Vuoi andare in palestra sì o no?›› Mr. Mercer interruppe il suo ennesimo excursus non giustificato.
‹‹SI’, PER FAVOREEE!››
‹‹E allora ciarla di meno e concentrati di più sulla guida››
‹‹Sissignore!›› esclamò subito lei, entusiasta dall’imprevisto evolversi degli eventi ‹‹E grazie, Mr. Mercer!›› concluse, poi, abbracciandolo.

L’uomo rimase, dapprima, spiazzato dal gesto (come in ogni fanfiction di POTC che si rispetti). Del resto, non era solito ricevere quel genere di attenzioni da parte di una fanciulla. E poi, la mocciosa non aveva talmente paura di lui da svenire ogni volta che, svegliandosi da un incubo, se lo trovava davanti? Che le era preso tutto d’un tratto?
Dopo qualche istante, ripresosi dallo shock del momento, decise di affidarsi al suo istinto. Del resto, un abbraccio era questione di chimica. Allora, la cosa da fare gli apparve la più naturale del mondo. Sollevò lentamente le braccia, per poi posarle delicatamente un dopo l’altra… sulla zucca di Mary, con le mani stretta a pugno (No, decisamente, non era come nelle fanfiction che aveva letto).
‹‹Ahi!›› si lamentò la poveretta.
‹‹Pensa a guidare›› concluse serafico lui e, a quel punto, Mary preferì non proferire più parola. Per quel giorno aveva già tentato la sorte a sufficienza.
*****
Anno 1729, 18 maggio, h 16,30
Port Royal, Giamaica (Ufficio di Lord Beckett)
 

Come arrivarono nell’ufficio di Beckett, Maria Vittoria iniziò subito ad analizzare con il Lord i documenti che le aveva richiesto. Voleva assolutamente terminare quel lavoro il prima possibile. Non che analizzare documenti antichi insieme ad un uomo della sua cultura le dispiacesse, intendiamoci, ma non voleva rischiare di saltare karate un’altra volta.
Mr. Mercer, dal canto suo, era stato di parola e si era messo, anch’egli, subito al lavoro. Oh, e quanto pare si era inventato la storia delle ragazze da torturare. C’era da aspettarselo, del resto, conoscendo il soggetto. Non perdeva mai l’occasione di spaventare qualcuno a morte, specie se si trovava al buio in un luogo isolato e con nessuno all’infuori della sua vittima.
L’unico incarico che aveva ricevuto da Beckett era quello di fare un giro di controllo al porto e recuperare il registro degli ormeggi tenuto mensilmente da un addetto. Si trattava di un incarico semplice e, in una qualsiasi altra circostanza, il Lord avrebbe inviato un soldato semplice o un cadetto a prenderlo ed inserirlo nell’archivio. Tuttavia, da quando un criminale del calibro di Jack Sparrow era riuscito ad entrare in città indisturbato, utilizzando un’identità falsa e corrompendo un addetto ai registri, aveva alzato la guardia. Il compito era, presto, stato assegnato a Mr. Mercer e, non solo perché era l’unico uomo di cui realmente si fidasse. I suoi uomini, come era stato ampiamente dimostrato dagli ultimi eventi, non parevano troppo svegli ed erano decisamente troppo ingenui per riuscire ad individuare dei criminali sotto copertura.
Il loro lavoro fu interrotto da un paio di colpi sulla porta principale dell’ufficio.

‹‹Lord Beckett, c’è una cosa che dovete assolutamente vedere›› udendo la voce di Mr. Mercer, i due non si preoccuparono più di tanto dello stato indecoroso in cui versava l’ufficio (Si chiama disordine organizzato! Nd: Mary e Cutler. Certo, come no! Nd: tutti). L’uomo aveva senza dubbio visto di peggio da quando i due avevano iniziato a collaborare. Solo per fare un esempio, quella volta in cui si erano chiusi a chiave negli appartamenti di Beckett per tre giorni, senza toccare né cibo, né acqua, solo perché non riuscivano a decifrare un’iscrizione in lineare A. Quando, ormai, tutti nella magione si stavano preoccupando da morire per la loro sorte e Mr. Mercer era sul punto di demolire la porta, a Mary venne finalmente in mente che, essendo la lingua minoica perduta da millenni, una codificazione precisa non poteva essere possibile. I due si sbatterono una mano sulla fronte, contemporaneamente, dandosi dei “cretini” e Maria Vittoria si adoperò subito per spostare i mobili che avevano posto davanti all’entrata, per evitare di essere interrotti. Sfortunatamente, la tempistica del suo atto di aprire la porta, concise con il tentativo di Mr. Mercer di sfondarla. Inutile dire che, in meno di due secondi, si ritrovò scagliata a sei metri di distanza con addosso l’uomo che, data la sua stazza, proprio leggerissimo non era.
‹‹Entrate pure›› Lord Beckett gli accordò distrattamente il permesso, mentre proseguiva la lettura di un documento, placidamente stravaccato sulla scrivania. Maria Vittoria stava avendo una pessima influenza su di lui, da questo punto di vista.

‹‹Norrington è tornato. Dice di avere il cuore di Davy Jones›› riportò lui, seppure evidentemente scettico.
‹‹Molto bene, fatelo entrare… ma fate… piano. Mi seguite?›› ordinò lui, facendo segno a Mary con lo sguardo di aiutarlo a riordinare il più possibile. #missionimpossible
‹‹Ho inteso, signore›› annuì lui, con fare solenne, per poi voltarsi verso Maria Vittoria e fulminarla con lo sguardo. Proprio non riusciva a capire come una ragazza di buona famiglia potesse ridursi ad esibirsi in pose ridicole o, quanto meno, inappropriate (stravaccata su una poltrona, seduta al contrario su una sedia, sdraiata di pancia sul tappeto facendo dondolare le gambe nel mentre, distesa di schiena sul lato corto del tavolo finendo con il leggere a testa in giù, solo per fare degli esempi). ‹‹Ragazzina, vedi di renderti presentabile: c’è anche una sorpresa per te››
‹‹Cosa?›› domandò lei, preoccupata. Quando Mr. Mercer diceva certe cose, solitamente stava progettando un piano malefico per farla soffrire o svenire dalla paura, anche se Mary dubitava che avrebbe tentato una cosa del genere di fronte al Lord. Che si trattasse, allora di Norrington? Che avesse delle notizie sulla sorte delle sue amiche? Mary si augurò con tutto il cuore di non scoprire cose che avrebbe preferito non sapere. Se gli fosse successo qualcosa mentre lei non c’era, non sapeva se sarebbe riuscita a perdonarselo.
Le sue elucubrazioni mentali furono interrotte dai passi di due figure conosciute. La prima, più imponente, apparteneva a James Norrington in versione barbone-venditore ambulante di organi maledetti. La seconda, un poco più indietro rispetto all’uomo, era quella di… No, non era possibile!
‹‹FRA!!!›› esclamò Mary, sconvolta. L’emozione fu tale da farle perdere l’equilibrio e cadere dalla scala appoggiata alla libreria dietro la scrivania di Beckett. Una pila di libri si abbatté immediatamente sulla sua povera testa, stordendola ulteriormente.
In tutto questo, Lord Beckett si portò una mano alla fronte, sospirando con tono stanco, mentre Mr. Mercer si mise a ridere sguaiatamente.

‹‹M-ma non intendete aiutarla o vedere come sta?›› domandò l’ingenuo James Norrington, con voce preoccupata. Non poteva credere che dei gentiluomini non intervenissero in soccorso di una fanciulla in difficoltà.
‹‹E’ già la quinta volta che succede questa settimana›› spiegò Lord Beckett con fare spiccio. L’unica cosa che gli premeva al momento era mettere le mani sul cuore di Davy Jones e assumere il controllo dei sette mari. A quel punto, estirpare la piaga della pirateria alla radice non sarebbe più così difficile.
‹‹Sempre dalla stessa scala, nello stesso punto›› aggiunse Mr. Mercer, facendo sforzi da ernia per rimanere impassibile e non scoppiare a ridere.
‹‹E mi finiscono addosso sempre gli stessi libri… Eppure questa volta mi sembrava di averli fissati per bene!›› commentò una Mary dolorante, prima di riassumere il controllo e correre incontro alla sua amica, che sembrò fare lo stesso.
‹‹FRAAA!››
‹‹MARYYY››
‹‹MI SEI MANCATA TANTISSIMO!››
‹‹MARYYY›› il tono di Francesca iniziò a mutare repentinamente, svelando le sue vere intenzioni.
‹‹FRA?›› un lieve nota di preoccupazione iniziò a farsi strada nella voce di Mary. Perché Fra sembrava arrabbiata? Non era contenta di vederla?
‹‹MARYYY!›› il ruggito dell’amica le fece capire che doveva esserci effettivamente qualcosa che non andava. Senza perdere tempo, fece una mezza giravolta ed iniziò a battere in ritirata. Le braccia di Fra, che inizialmente erano apparse a tutti come protese per avvolgere la sua amica in un abbraccio, si dimostrarono delle tenaglie pronte a stritolarla. Un grido di frustrazione riecheggiò nella stanza, quando esse afferrarono solo l’aria nella zona dove solo mezzo secondo prima si trovava Mary. Quest’ultima non ebbe nemmeno il tempo di rallegrarsi dello scampato pericolo, che fu dovette evitare il suo dizionario di greco, scagliato in aria dall’amica.

‹‹IO TI UCCIDO, MALEDETTA!›› questa volta il grido fu accompagnato al lancio del vocabolario di latino.
‹‹Fra, ti giuro che non ho la benché minima idea di che cosa tu stia parlando… e comunque, qualunque motivazione tu abbia per prendertela con me, non coinvolgere i miei bambini, ti prego! Loro non c’entrano niente››
‹‹Oh, e invece centrano eccome: è colpa di quelle robacce che contengono se ho rischiato la vita!›› e ridai con il lancio dei libri scolastici.
‹‹Ma di cosa stai parlando?!›› ritentò di farla ragionare lei, mentre correva intorno al tavolo, inseguita dall’indemoniata amica. Dopo pochi secondi di tentativi di fuga non riusciti, Mary era già mezza morta per lo sforzo, mentre Fra, grazie all’allenamento di canottaggio, avrebbe potuto continuare per ore. Per non parlare della sua incredibile velocità, che si sommava anche ai suoi 80 centimetri di coscia. Tra le due non c’era paragone e questo Mary lo sapeva bene. Tentò il tutto per tutto, andando a nascondersi dietro la schiena di Mr. Mercer, che sembrava stranamente propositivo. Confortata dal fatto che stesse ridacchiando, pensò bene di fidarsi di lui, per una volta. Del resto, era un uomo diffidente ed odiava nella maniera più assoluta il genere femminile. Perché mai avrebbe dovuto parteggiare per una donna che non conosceva neppure, a discapito di una con cui viveva 24 ore su 24 e, soprattutto, che gli preparava da mangiare?

‹‹PRESA!›› ridacchiò lui, mentre la sollevava da terra, bloccandola in una morsa d’acciaio. C’era d’aspettarselo. Anche se, a dire il vero, al di là dei suoi malefici intenti, quello che proprio non si aspettava era che l’uomo stesse ridendo. Non è che l’aria di Port Royal stava diventando nociva, per caso? No, perché quei due sembravano sotto l’effetto una droga piuttosto pesante.
‹‹Hey! Ma perché siete dalla sua parte?›› gli domandò lei, mentre cercava di divincolarsi senza successo.
‹‹Ma l’hai guardata bene?›› le rispose lui, con fare ovvio.
‹‹Signore, perché non potevo nascere anch’io alta, bella, con i capelli biondi e gli occhi azzurri? Perché mi sono dovuta incarnare nel corpo di un incrocio tra il meridionale medio e un riccio?›› vedendo che, però, nessuno la considerava, decise di innalzare i toni del suo lamento, citando alcuni versi dell’Ultimo Canto di Saffo di Leopardi: ‹‹Bello il tuo manto, o divo cielo, e bella sei tu, rorida terra. Ahi! di codesta infinita beltá parte nessuna alla misera Mary i numi e l’empia sorte non fenno. A’ tuoi superbi regni vile, o Natura, e grave ospite addetta, e dispregiata amante, alle vezzose tue forme il core e le pupille invano supplichevole intendo…››
‹‹Smettila di lamentarti. E comunque ciò che ha quella ragazza e tu no, non è solo l’aspetto fisico››
‹‹E allora cos’è?›› domandò lei, imbronciata.
‹‹Lo capirai quando sarai più grande››
‹‹Ma dai! Ahio!›› la sua ennesima lamentela fu repressa da una potente stretta dell’uomo che, come la prima volta in cui erano giunte in quel mondo, le stava praticamente sgretolando le costole.

‹‹Bene, bene, bene. Ora io e te faremo i conti!›› Fra si avvicinò con passo cadenzato. Un’aura di pura malvagità ne ricopriva la figura.
‹‹M-ma Fra… parliamone!›› tentò Mary, invano.
‹‹Eh, no! Pensi che sia una stupida? So benissimo che se ci affidiamo alle parole, riuscirai a cavartela, come sempre. Ma stavolta non mi incanti, piccola…›› le ringhiò contro lei.
‹‹Ma questa volta sarà diverso, perché l’unica a parlare sarai tu. Io ascolterò e basta e, alla fine, deciderai se proseguire nei tuoi tentativi di vendetta o meno›› patteggiò lei.
‹‹E tu che cosa ci guadagneresti, sentiamo?›› insinuò lei, mettendosi a braccia conserte, chiaro segno che stesse abboccando.
‹‹Intanto per incominciare, capirei il perché della tua collera. E poi, avrei, comunque, del tempo per prepararmi ad affrontare le conseguenze delle mie azioni (o a escogitare un piano per non prendermi le mie responsabilità e fuggire, muhahaha)››
‹‹Preparati: sarà una lunga storia. E non azzardarti a fuggire!›› minacciò lei, furibonda.
‹‹E chi ci riesce con questo colosso che mi tiene in pugno?›› fece notare lei, per poi proseguire con il suo piano per riguadagnare la libertà ‹‹Non ti preoccupare della lunghezza, tanto io qui su sono comoda, anche se, se Mr. Mercer ingrassasse un po’, lo sarei moto di piUUU’! WAAA!›› come si aspettava, udite quelle parole, l’uomo la lasciò andare immediatamente, facendola atterrare malamente a terra.

‹‹Mentre le signore parlano, se non vi dispiace, io vorrei vedere quello che dite di avermi portato, signor Norrington…›› Lord Beckett fu presto interrotto dall’arpia bionda: ‹‹Oh, no, tu stai fermo e ascolti attentamente tutto quello che ho da dire, CHIARO?!››
‹‹I-immagino che il cuore possa aspettare›› sospirò lui, con fare sconfitto.
‹‹Bene: se non ci sono altre interruzioni, io incomincio con la mia storia. Ci stavamo avvicinando ad una piccola isola abbandonata, quando…››

*INIZIO FLASHBACK*
Anno 1729, 15 maggio, h 22,00
Mar dei Caraibi (Perla Nera)
 
 
Il breve tragitto di Francesca per raggiungere la cabina del capitano fu interrotto da un rumore di passi sulle assi scricchiolanti della nave. Seguirono dei fruscii e tintinnii inquietanti che, data l’assenza di luce, non era possibile associare ad una persona specifica. L’uomo o gli uomini misteriosi in questione (Miss Swann dormiva, Lucia era troppo pigra per spostarsi così lentamente e Marta, beh, era momentaneamente impegnata…), dal canto loro, non parevano avere alcuna fretta nel dichiarare la propria identità.
‹‹Chi va là?›› domandò lei, con una voce che, più che essere spaventata era scocciata. I marinai imbarcati con loro erano uno più greve, analfabeta e stupido dell’altro: non c’era motivo per cui riuscissero anche solo ad ordire un piano decente per poter fare del male ad una di loro. E poi, Fra non era certo il tipo da farsi intimidire da una marmaglia di bifolchi maschilisti e materialisti. Purtroppo, come la maggior parte delle donne dotate di una certa bellezza, carisma e intelligenza, si era ormai abituata ad avere a che fare con feccia di quel genere.
Non udendo alcuna risposta, tuttavia, iniziò a sudare freddo. Se questo era uno scherzo, non le piaceva per niente.
‹‹Ho chiesto chi è… insomma, rispondetemi!›› ritentò, sempre più inquieta ‹‹Chiunque tu sia: sappi che se il tuo scopo era spaventarmi, non ci sei riuscito. Ti consiglio vivamente di piantarla e sparire dalla mia vista››
‹‹Temo di non poterla accontentare, Miss. Non posso sparire dalla tua vista, se non mi vedi per colpa del buio, comprendi?›› una voce le giunse ad una distanza di meno di due centimetri da suo orecchio destro, facendola saltare dalla paura.

‹‹SPARROW!›› strillò la poveretta, mezza infartata.
‹‹Capitano, Miss. Capitan Sparrow. Capitano della nave più veloce e letale di tutto il Mar dei Caraibi›› Si affrettò a correggerla lui. Povero ingenuo, non aveva ancora capito con chi aveva a che fare. Fra odiava essere contraddetta e, quando capitava, si divertiva a distruggere completamente l’autostima del colpevole.
‹‹Uno: non sei un capitano. Per esserlo dovresti possedere una nave, una ciurma e un riconoscimento ufficiale da parte delle autorità di competenza. La nave non è tua, ma di Lord Beckett: non l’hai comprata legalmente, ma te la sei fatta ripescare da Davy Jones e, tra parentesi, tale patto è scaduto. Qualora l’atto di proprietà possa ancora considerarsi valido, l’hai ceduto a Marta per colpa del gioco d’azzardo››
‹‹M-ma…››
‹‹Due: anche se non considero le navi moderne, non è assolutamente la nave più veloce di Caraibi. E’ un galeone vecchio modello: può essere veloce rispetto alle navi utilizzate per il trasporto di merci o persone, ma non può certo competere con gli ultimi modelli di galea. E questo non smuovendomi dalla stessa tipologia di imbarcazione. E poi, scusami tanto, ma l’Olandese Volante non lo consideri? Posso, anzi, non posso capire la tua ignoranza in campo di ingegneria nautica, dato che sei pur sempre un marinaio, ma prendere in giro le persone, no grazie!››
‹‹M-ma co-co-come?...››
‹‹Sei capitato male: sono genovese. Non abbiamo mica scoperto l’America per niente… Ma tornando a noi, la ciurma, oltre ad essere stata reclutata illegalmente e tralasciando il fatto che tu voglia portare tutte le loro anime a Davy Jones, non ti è per niente fedele e non sarebbe la prima volta, tra l’altro… Oh, ho forse toccato un tasto dolente? Beh, lo scopo era proprio quello››
‹‹Non è assolutamente…››

‹‹Per non parlare dell’attestato ufficiale. L’avevi ottenuto, Dio solo sa come, nonostante i tuoi albori da pirata e, invece di ringraziare Beckett a vita, ha dovuto fare il furbo e sei stato marchiato come pirata. Complimenti: premio scemo del villaggio, assicurato››
‹‹Non è proprio così che funziona, bambolina››
‹‹Ma abbi almeno la decenza di stare zitto, donnaiolo ubriaco e soprattutto ignorante. Pensi davvero che basti la raccomandazione del tuo adorato papino per garantirti il titolo di capitano nobile?››
‹‹Queste sono informazioni…››
‹‹E concludo, facendomi portavoce del pensiero di tutti. Apri bene le orecchie, capitano dei miei stivali: Hector Barbossa è mille volte più bravo di te sotto tutti i punti di vista!››
‹‹ORA BASTA!›› quella fu la goccia che fece traboccare il vaso. Jack Sparrow mise definitivamente a tacere la coscienza (che non aveva) e, dopo aver legato e imbavagliato la fanciulla, impedendole di urlare, se la caricò in spalla. Prese poi la scialuppa di salvataggio (e anche lì, quando la Perla era sotto il comando di Hector, la ciurma era imponente e di scialuppe ve n’erano molte. Com’è che quell’incompetente di Sparrow girava con un minuscolo manipolo di uomini, altamente incompetenti anch’essi? Di tutta la validissima ciurma di Barbossa, era riuscito a selezionare gli unici due incompetenti… Ma andiamo!) ed iniziò a sganciare le funi per calarla in acqua. A quel punto, sfruttando l’adrenalina e la forza di disperazione, Fra riuscì a liberarsi dal bavaglio e tentò di attirare l’attenzione di qualcuno che potesse aiutarla.

‹‹E’ inutile che gridi, bambola, siamo sottovento e in questa posizione il rumore delle onde è troppo forte perché qualcuno possa sentirti›› l’avvertì lui, impassibile, mentre proseguiva con la sua opera.
‹‹MALEDETTO BASTARDO! Si può sapere che intenzioni hai?›› lo aggredì lei, inviperita.
‹‹Non è ovvio? Ho intenzione di incatenarti ad uno scoglio e di offrirti in sacrificio al Kraken››
‹‹MA TI E’ DATA DI VOLTA IL CERVELLO? Come pensi che un’assurdità del genere possa funzionare?›› gli urlò lei nei timpani, incredula che il capitano più amato dai bambini potesse voler sinceramente attuare un piano del genere. Francesca non aveva, però, considerato la componente umana: Sparrow, sentendosi braccato da mesi da una creatura mostruosa era, ormai, diventato un uomo disperato. E si sa, non vi è limite a ciò che un uomo disperato possa fare.
‹‹La tua amica, la rossa tutto pepe, come si chiama? Non importa, lei, dicevo, mi ha dato l’idea. Quella leggenda su Andromaca, Androide, o come diavolo si chiama, fa proprio al caso mio››
‹‹Ma che stai dicendo: è solo una stupida storiella per bambini. Non c’è nulla di reale›› tentò di farlo ragionare lei.
‹‹Anche la Perla Nera, la maledizione del tesoro di Cortez e l’Olandese Volante sono leggende, eppure sono reali. Fidati di chi in mare ci vive: le leggende sono tutte vere››

‹‹FIDATI UN CORNO: è della mia vita che si sta parlando. E poi come fai tu a fidarti di quella perdigiorno di Marta: quella storia se la sarà inventata solo per fare colpo sul commodoro›› improvvisò lei, sperando che desistesse dai suoi folli intenti.
‹‹Le tue amiche hanno ammesso apertamente di averlo sentito raccontare dalla nuova aiutante di Beckett: è inutile che cerchi una scappatoia››
‹‹Ma perché proprio io: di tutta questa ciurma di disperati, perché IO?›› domandò lei, ormai in preda della disperazione.
‹‹Perché la tua amica ha specificato anche attenzione che se il sacrificio non è una bella gnocca non funziona, eh! E se lo dice la nuova studiosa che accompagna Lord Beckett, la sua attendibilità è assicurata››
‹‹M-ma stava solo scherzando!››
‹‹Lo dite solo per salvarvi la vita. E comunque dovreste essere contenta del mio complimento››

‹‹CONTENTA UN CORNO, LURIDO MAIALE! E poi, se anche questa cosa fosse accaduta davvero, stiamo parlando di migliaia di anni fa, quando ancora la gente venerava i le montagne e i fulmini›› gli fece notare lei.
‹‹In effetti questi sono tempi più maturi, illuminati oserei dire›› rifletté Jack Sparrow, seriamente colpito da quelle parole.
‹‹Bravo›› tentò di mantenerlo sulla giusta strada Francesca ‹‹E sono tempi in cui anche la Chiesa e gli insegnamenti del Cristianesimo hanno la loro discreta rilevanza: non siamo più dei barbari›› com’è che nei momenti di difficoltà diventava improvvisamente una donna dalla fede inattaccabile?
‹‹Il timore di Dio è senza dubbio importante, di questi tempi›› annuì lui convinto.
‹‹Oh, menomale che, infondo, siete anche voi un uomo ragionevole›› annuì Francesca, finalmente più rilassata, ma a momenti le andò di traverso la saliva, quando lo sentì dire: ‹‹Vedrò di farti arrivare anche un prete››
‹‹COSA?!›› esclamò lei, scioccata.
‹‹Non serve che mi ringrazi: pensare all’anima di una fanciulla è il minimo che un gentiluomo di questi tempi possa fare. Non vorrei mai che, colta da un’improvvisa disperazione, dovessi gridare o pensare cose imperdonabili. A quel punto, un confessore sarà l’unica cosa che potrà salvare la tua anima››
‹‹MA COSA STAI… AHHH!››
SPLASH!

La scialuppa fu calata in mare e, incurante delle lamentele della giovane, Jack la traghettò fino ad un vicino scoglio, dove la incatenò come aveva programmato (ma dovette lasciarle i vestiti. Per quanto fosse tentato di approfittarsi di una tale situazione, il timore di incorrere nella collera divina, lo frenò). Un paio di minuti dopo, tornò con il prete che aveva promesso (l’avevano rapito il giorno prima, per sbaglio, mentre rapinavano una nave. Il poveretto si era nascosto in un sacco e i nostri astutissimi pirati l’avevano portato a bordo, scambiandolo per mercanzia)e, quando quest’ultimo gli fece notare che rimanere in due da soli non era cosa buona davanti a Dio, traghettò anche il pappagallo di Cotton. Quest’ultimo, in verità, accettò di buon grado, pur di non dover più subire le angherie di Marta.
E così, i nostri poveri sacrifici umani, furono lasciati lì, in balia delle intemperie per quasi ventiquattro ore, momento in cui James Norrington li soccorse mentre scappava con il cuore di Jones. I quattro furono, poi, ripescati dal Tenente Groves, altro uomo di buon cuore, che li portò immediatamente a Port Royal, dove riprende la nostra storia.
 
*FINE FLAH BACK*
‹‹Quindi avete insultato Sparrow›› concluse Mr. Mercer, ghigando, seguito da Lord Beckett che, nascondendo a stento un sorrisetto vittorioso, si affrettò a complimentarsi con lei.
‹‹Cioè, scusate un attimo, ma di tutto l’accaduto ciò che vi preme è il fatto che abbia fatto sfigurare il vostro nemico? Vi ha appena detto di essere stata incatenata ad uno scoglio in mezzo al mare, come sacrificio per un mostro marino!›› si intromise Maria Vittoria, con un’espressione a metà tra lo scioccato ed il preoccupato. Ma erano umani quei due?
James Norrington, unico uomo savio, si schierò prontamente dalla sua parte: se il suo superiore liquidava in maniera così superficiale un avvenimento grave, iniziava a preferire i pirati.
I due chiamati in causa, tuttavia, continuarono imperterriti a sogghignare divertiti e, se possibile, peggiorarono ancora di più quando udirono la bionda ripartire alla carica: ‹‹E guarda a caso, anche questo è successo per colpa tua. Tu e il tuo stupido commentare le vicende dei personaggi immaginari come se fossero i tuoi vicini di casa!››
‹‹Beh, teoricamente in questo caso si potrebbe anche dire che è così… sai, i nostri letti sono collega…››

‹‹SMETTILA DI RIGIRARE LA FRITTATA! Se tu non avessi continuato a riempirci la testa con i tuoi commenti sarcastici contro i pirati e quella ciurma di squinternati, in particolare, non mi sarebbe mai venuto in mente di dire quelle cose›› insorse la bionda indemoniata.
‹‹Ma veramente non sono stata io a dirti di urlargli quelle cose, anche se posso capire che, in preda al panico parlare a…›› cercò, invano, di farla ragionare lei.
‹‹IO NON HO PAURA DI NIENTE E DI NESSUNO, CHIARO?!!›› le urlò lei, nelle orecchie, assordando al contempo anche gli altri presenti e due guardie che passavano nei pressi della stanza. James Norrington, che era in procinto di prendere le difese di Mary, capita l’antifona, non proferì parola. Meglio non immischiarsi nelle dispute femminili.
‹‹Hem, okay, okay, non ti arrabbiare, ti preeego!›› la implorò lei, anche se già sapeva come sarebbe andata a finire.

‹‹OKAY NIENTE: ORA TI DISINTEGROOO!!!›› sbraitò lei, infuriata oltre ogni limite. L’ira funesta che l’avvolse, tuttavia, le impedì di notare l’estremo tentativo di fuga dell’amica: ‹‹Hey! Dove diavolo è andata, quella? Grrr… Non mi sfuggirai!›› E così dicendo, si fiondò fuori dalla porta dello studio, cercando di recuperare terreno sulla fuggitiva.
Dopo due minuti di assoluto silenzio, assicuratosi che della bionda indemoniata non vi fosse alcuna traccia, Mr. Mercer batté due colpi sul famoso cassetto in cui si era nascosto Lord Beckett quando gli aveva mostrato il telefonino. A quel punto, il cassetto iniziò ad aprirsi pian piano, facendo quasi venire un infarto al povero Norrington che del sovrannaturale, dopo l’incontro con la ciurma di Davy Jones, non voleva più saperne nulla. Forse fu quello il motivo per cui, quando vide sbucare la sua criniera ricciuta, mostrò un’espressione decisamente sollevata (Strano, di solito la gente scappa o si spaventa… Nd: Mary).
‹‹S-se n’è andata?›› domandò lei titubante, mentre usciva lentamente dal suo nascondiglio, in parte per il timore ed in parte perché i capelli le si erano incastrati nelle fessure del legno. Perché doveva proprio nascere con i capelli ricci, SIG?

‹‹Muoviti›› STRAK! Mr. Mercer era sempre così galante e delicato?
‹‹Ahio! Dolores… acuto›› si lamentò la poverina. Anche se la metteva sul ridere (come al solito), non è che sentirsi strappare i capelli fosse un’esperienza propriamente piacevole.
‹‹Ma vi sembra questo il modo di trattare una signorina?›› Se prima Norrington era riuscito inspiegabilmente a trattenersi, la scena a cui aveva appena assistito lo fece scoppiare. Come si poteva trattare una donna in una maniera tanto brutale. Una donna così dolce ed indifesa, tra l’altro, per quanto aveva avuto modo di constatare in quei pochi minuti.
Il suo commento fu, però, totalmente ignorato dall’uomo, che riprese a maltrattare la ragazza, come se niente fosse: ‹‹Smettila di fare scene. Se avessi voluto, avresti potuto metterla a tacere in meno di tre secondi. Se non hai nemmeno le palle per farti rispettare, allora almeno abbi il coraggio di affrontarne le conseguenze. In palestra ti insegnano a fuggire dai problemi, per caso?›› Le frasi erano intervallate da una serie di colpi sulla zucca e sul coppino e, per quanto l’uomo si stesse evidentemente trattenendo, facevano comunque molto male.
‹‹Beh, veramente…›› nella sua mente si affollarono ricordi delle spiegazioni di Marco-sensei inerenti alla difesa in strada. “Se vi si avvicina uno con un bastone, cosa fate? Scappate!”, “Se vi si avvicina uno con un coltello, cosa fate? Scappate!”, “Se vi si avvicina uno con una pistola, cosa fate? Scappate!”, e via dicendo. Tuttavia, si rese subito conto che, forse, era meglio non dirlo. I presenti, che sapevano poco e nulla delle arti marziali, potevano pensare che fossero totalmente inutili e impedirle di partecipare alle lezioni. Del resto, in molte palestre, specie in Europa e America, trovavano più semplice attirare allievi, raccontandogli la storia della rana e della fava, piuttosto che spiegargli che le arti marziali abituano corpo e mente a reagire nella maniera più adeguata nelle situazioni di pericolo. Anche il loro maestro li faceva esercitare con coltelli, catene, bastoni e pistole finte, ma, a differenza di molti altri, era sincero nel dire che gli faceva utilizzare tali strumenti solo per dargli uno “stress” utile per lavorare. Nella vita reale, coltello e bastone vengono utilizzati in maniera completamente differente da quella applicata in palestra e, a meno che non intercorrano un insieme fortuito di fattori (quali, incapacità, distrazione, poca lucidità dell’attaccante, sottovalutazione delle capacità della vittima, …), non possono essere fermati.

‹‹Ci vado proprio per imparare come affrontarli›› concluse lei, con una frase che le permise di dire la verità, ma al contempo di non dover spiegare cose scomode. Ad ogni modo, per evitare che Beckett o Norrington potessero avanzare domande su quanto appena affermato da Mr. Mercer (persino il Lord, per fortuna, ignorava ancora il suo interesse per il combattimento. Quando Ian Mercer aveva “fatto la spia” sulla sua trasgressione degli ordini durante la tentata rapina, aveva evitato di specificare il “come” e durante la visita alla palestra, non era riuscito a rendersi ben conto di cosa stessero facendo), si affrettò a domandare a quest’ultimo: ‹‹Commodoro, sono consapevole del fatto che abbiate affrontato un lungo viaggio e che, forse, essere stressato con ulteriori domande non sia proprio il vostro ideale di relax post trauma, ma devo assolutamente chiedervi se avete notizie delle due ragazze che viaggiavano con Francesca: Lucia e Marta››
‹‹Non vi preoccupate, mi rendo perfettamente conto…›› la pausa che seguì le sue parole e l’atto dell’uomo di togliersi il cappello ed abbassare lievemente il capo, ebbe l’effetto di gelarle il sangue nelle vene. No: era solo una maniera educata per rispondere ad una ragazza. Era il continuare a frequentare il becchino del suo paese che le stava facendo vedere sempre tutto nero. Non c’era altra spiegazione.

‹‹C’è una cosa che devo dirvi, Miss. A dire il vero avrei preferito che fosse la vostra amica a darvi il triste annuncio, ma mi rendo conto che il trauma per gli ultimi avvenimenti sia ancora troppo vivido nei suoi ricordi›› NO, NO, NO. Perché continuava a girarci intorno? Aveva assolutamente bisogno di sapere se potesse ancora sperare o, dovesse, invece arrendersi all’evidenza.
‹‹C-cosa state…››
‹‹Le vostre amiche sono morte, Miss. Non sono abituato a dover riferire delle notizie del genere a dei civili: quando servivo nell’arma, era il tenente Groves ad occuparsene. Perdonatemi, dunque se ho mancato di tatto››
Quelle parole la colpirono come tanti piccoli aghi. In quei giorni aveva, forse, avuto poco tempo per realizzare in che guaio si fossero cacciate e, dunque, per pensare che avrebbe seriamente potuto non vederle mai più. Al di là di quei fatidici tre giorni di prigionia che, ancora la tormentavano negli incubi (grazie al cavolo: sono passate appena tre settimane: lasciatemi almeno il tempo di riprendermi! Nd: Mary), erano accadute talmente tante cose assurde che a malapena aveva avuto il tempo per pensare. E poi, c’è da dire che, per quanto potesse essere spaventata per la presenza di Mr. Mercer & company, tendeva comunque a pensare a loro come dei personaggi di fantasia. Anche i pirati, per quanto mossi da pessimi principi, nei film della Disney sembravano quasi simpatici, ragion per cui Maria Vittoria aveva praticamente dato per scontato che avrebbero difeso le sue amiche. Davvero non riusciva e non voleva credere a quelle parole.

‹‹E-entrambe?›› domandò Mary con un filo di voce. Il volto già visibilmente pallido (e non solo per il cerone copri-brufoli).
‹‹Sono desolato, Miss… Oh, cielo, sta cadendo!›› esclamò Norrington, vedendola vacillare e, poi, cadere all’indietro.
‹‹No. No. No. No. Non è possibile… con loro c’era anche Elisabeth. Non avrebbe mai permesso che gli succedesse qualcosa, me l’aveva promesso…›› la fanciulla, seppur in evidente stato di shock, fortunatamente, era riuscita a sorreggersi contro l’alto cassettone, evitandosi una brutta caduta. Non osava svenire per paura della reazione di Mr. Mercer, che le aveva subito mimato un “se svieni per queste sciocchezze, ti prendo a schiaffi finché non ti riprendi”.
Fece un paio di respiri profondi, cercando di riacquistare un po’ di controllo: ‹‹C-come è successo?›› aveva bisogno di sapere. Se l’uomo le avesse assicurato di aver visto i corpi con i suoi occhi, allora, forse, si sarebbe messa con l’animo in pace.
‹‹E’ stato durante la battaglia contro il kraken. La ragazza con i capelli castani corti è finita in mare dopo il secondo attacco. Era troppo vicina al parapetto e, quando la barca è stata nuovamente scossa dalla creatura, ha perso l’equilibrio. A nulla sono valsi i tentativi di Marta di afferrarla: era troppo lontana perché potesse raggiungerla in tempo››
‹‹E Marta?›› domandò lei, con voce tremante.

‹‹Quando la ciurma della Perla Nera ha abbandonato la nave, non ha voluto saperne di scendere: blaterava cose del tipo non ho mai abbandonato una proprietà neanche a Monopoli, figuriamoci nella vita reale! Lo shock per la perdita dell’amica deve essere stato troppo per lei››
“No, è così al naturale” ridacchiò quasi lei, mentalmente. No, non era impazzita a ridacchiare in un momento del genere: aveva semplicemente capito che, se Marta era con Jack Sparrow, allora doveva essersi salvata anche lei. Non che la prospettiva di pensare all’amica bloccata nel forziere di Davy Jones con un pirata assassino (come si era dimostrato nei confronti di Francesca) le piacesse un granché, intendiamoci, ma era sempre meglio che saperla morta in mezzo all’oceano in un’altra epoca. E poi contava sul fatto che Elisabeth e Barbossa (che era tipo il suo personaggio preferito in assoluto) sarebbero andati a salvarli.
L’amaro per la morte di Lucia, tuttavia, imperava, impedendole quasi di gioire per la comprovata salvezza della rossa.

‹‹Ci tengo, tuttavia ad informarvi che entrambe si sono comportate eroicamente durante l’attacco. Marta, pur non avendo mai impugnato un’arma da fuoco in vita sua, ha afferrato due fucili ed ha iniziato a sparare contemporaneamente con entrambe le mani, mentre Miss Swann gliene caricava altri due. E a parte il primo colpo, di prova, non ha mai mancato il bersaglio. Ha salvato almeno una decina di persone, colpendo i tentacoli del kraken che imprigionavano i marinai. Per quanto riguarda Lucia, invece, anche se gli ordini, ufficialmente, venivano dati da Turner, ha organizzato interamente il piano di difesa. Se credessi alla magia, penserei quasi che fosse in grado di prevedere le mosse della creatura››
“Perché è esattamente quello che ha fatto, dato che ha visto il film” pensò Mary, sfoggiando un sorriso stanco. Proprio lei che aveva sempre rifuggito la fatica ed il lavoro come la peste, sostenendo che portassero solo guai, moriva proprio agendo in contrasto con i suoi principi, sacrificando la propria vita per quella della gente che tanto disprezzava (era della scuola “la gente è stupida e non sa vivere” e “odio il contatto umano). Qualcuno da lassù aveva una strana ironia.
‹‹E Francesca ha visto tutto?›› domandò lei, colta da un’improvvisa consapevolezza.

‹‹Eravamo troppo lontani per poter intervenire in tempo, ma abbastanza vicini perché potessimo scorgere le loro figure e udire le loro grida di disperazioni. Non abbiamo potuto fare niente per salvarle›› confermò lui, abbassando il capo. Quando aveva scelto di intraprendere la carriera nella marina britannica, mai avrebbe pensato di essere costretto ad assistere ad una scena così raccapricciante. Lo avevano addestrato per arrestare ed uccidere ogni singolo elemento anche debolmente legato alla pirateria e mai, prima di allora, si era domandato se fosse davvero giusto massacrarli così, spesso senza nemmeno un tribunale equo. “Ci hanno addestrati a vederli non come degli uomini, ma come delle bestie” concluse, disgustato nel profondo dalle assurde contraddizioni della società dell’epoca. Non che fosse contro la pena di morte, intendiamoci (ricordiamoci che vive comunque nel ‘700 e, comunque, lavora in America dove ancora oggi in molti stati vige ed è approvata da buona parte della popolazione… purtroppo non posso far parlare i personaggi secondo le mie idee, SIG! Nd: me), ma comunque non riusciva più a comprendere il senso di maltrattare o addirittura torturare prima quelle persone. La pena per i loro atti non era già sufficiente?
I suoi pensieri furono, però, interrotti da un urlo improvviso da parte della ragazza: ‹‹EUREKAAA!››

C’era un motivo se prima sembrava sul punto di morire ed ora stava saltellando per la stanza come una cretina?
‹‹Avete trovato un nuovo modo per individuare la lega di metallo con cui è fabbricata una corona¹?›› la prese in giro Beckett, anche se, probabilmente solo lei comprese l’allusione. Vedendo che, però, non rispondeva alla battuta, intuì che il suo comportamento bizzarro doveva essere dettato da una valida motivazione. La sua intuizione non gli impedì, tuttavia, di capitolare quando udì la richiesta della fanciulla.
‹‹Lord Beckett, potete richiamare Davy Jones, vi prego!››
‹‹E perché mai?›› domandò lui, perplesso. Aveva comunque intenzione di farlo per testare l’autenticità della leggenda legata al cuore, ma non capiva perché mai una ragazza dovesse fare i salti mortali per incontrarlo.

‹‹E’ solo una possibilità su un milione, perché sono già passate quasi quarantotto ore, ma se Lucia è ancora viva, si trova a bordo dell’Olandese. Davy Jones potrebbe non averla notata, impegnato com’è a vendicarsi di Sparrow e a liberarsi di tutte le anime dei morti in mare che dovrebbe traghettare, ma che si rifiuta di fare›› lo stava praticamente supplicando con lo sguardo, anche se già temeva di conoscere la sua risposta. Era appena riuscito ad ottenere il mezzo per compiere la sua vendetta: non avrebbe mai rischiato di compiere un passo falso solo per soddisfare il capriccio di quella che, al momento, gli sembrava solo una ragazzina sconvolta. Per l’ennesima volta, domandò all’Altissimo il perché avesse proprio dovuto nascere in quel corpo. Se avesse avuto il fisico di Fra, ora col cucco che gli uomini lì presenti non la degnavano della minima attenzione! Gli scherzi del Fato
‹‹Ragazzina, vedi di non far volare troppo la fantasia. Anche se la realtà è dura, va accettata›› l’ammonì subito Mr. Mercer, che per la prima volta non la pestò, nonostante dal suo punto di vista stesse facendo i capricci.
Norrington, dal canto suo, distolse semplicemente lo sguardo dalla sua figura. Non era abituato a parlare con le donne, figurarsi se sapeva come consolarne una che aveva appena perso due persone care.

Maria Vittoria abbassò tristemente il capo. Si rendeva perfettamente conto che la sua ipotesi poteva rivelarsi pura follia, ma temeva di non riuscire a fare tutto il possibile per salvare un’amica in difficoltà. Lei era una ragazza paurosa oltre l’inverosimile e, se si fosse trovata al posto di Lucia, probabilmente, o sarebbe morta d’infarto, oppure avrebbe desiderato che qualcuno la andasse a cercare. La tensione che avvertiva era ben visibile nei pugni serrati e stretti lungo i fianchi.
Mentre tutti erano concentrati sulla figura della ragazzina, distrutta, Cutler Beckett raggiunse indisturbato la porta finestra affacciata sul mare. Là, non visto, estrasse il cuore di Jones dal sacchetto e, avvicinatolo al viso, sussurrò una serie di parole incomprensibili. Gli altri si accorsero di quanto accaduto, solo quando videro un innaturale baluginio smeraldo riflettersi sulle candide pareti dello studio.

Lord Beckett rientrò subito dopo e, notando gli sguardi carichi di stupore dei presenti, non riuscì a trattenere un sorriso furbo: ‹‹Chi mi accompagna alla baia a porgere i miei omaggi al Capitano dell’Olandese Volante?››
Per la prima volta in vita sua, Mary fu felice all’idea di farsi tre ore di camminata sugli irti sentieri del Promontorio di Port Royal.
 

Note:
*Maria Vittoria cita la frase pronunciata da Alice nel film “Alice attraverso lo specchio”, per prendersi gioco di Mr. Mercer. Quest’ultimo, infatti, poco prima di lasciare la stanza, le aveva detto che sarebbe passato a controllare ogni tot, per evitare che diventasse un fantasma e sparisse attraverso i muri.
1- Fa riferimento all’episodio semi leggendario in cui Archimede, immerso nella vasca da bagno (non immaginatevi quelle moderne, hahaha), avrebbe gridato, appunto questa parola, che in greco antico significava letteralmente “ho trovato”. In quel momento, infatti, gli era sovvenuta un’idea per capire se la corona realizzata per il suo sovrano fosse veramente d’oro, oppure d’argento patinato d’oro. Infatti, l’oro immerso in acqua ne sposta una certa quantità, mentre l’argento un’altra. Con questo astuto metodo, riuscì, così, a scoprire l’inganno intessuto ai danni del suo sovrano.
  
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