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Autore: Elena 1990    19/09/2020    0 recensioni
L'immortalità è un dono e una maledizione. Shadow e Knuckles lo sanno meglio di chiunque altro, e benchè la vivano in modo diverso, essa li ha uniti come non avrebbero mai immaginato.
In un futuro lontano e con una nuova minaccia alle porte, difenderanno il loro mondo. Devono. Lo hanno promesso.
Ma quanto vale una promessa vecchia un millennio?
E soprattutto, ciò che li attende è davvero un nemico come tanti?
Genere: Avventura, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Knuckles the Echidna, OC, Shadow the Hedgehog, Silver the Hedgehog
Note: Otherverse | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Il suo fu un lento ritorno alla coscienza. Prima la mente, poi il corpo.
Le orecchie guizzarono leggermente: c'erano tante persone, ovunque si trovasse.
Conversavano tutte, formando un vociare indistinto e ovattato. Doveva trovarsi in un posto molto grande, se poteva contenere tutte quelle persone.
Sentiva il calore avvolgerlo, insieme alla carezza delle coperte, qualcosa di morbido sotto la testa ed il corpo.
Aprì gli occhi e subito li richiuse, schermandosi il viso con il braccio, infastidito.
Muoversi non faceva male. Non aveva dolore, ma si sentiva pesante, stordito.
Attese che gli occhi si abituassero, poi guardò il polso: l'anello inibitore era di nuovo lì, usurato e pieno di crepe al pari degli altri tre, che sentiva sul proprio corpo. Saperli in quello stato lo preoccupò: erano indispensabili per porre un freno al suo potere, ma non credeva di doverli mai sostituire.
Il professore non poteva aver trascurato un dettaglio così importante. Se c'erano altri anelli, li avrebbe trovati sull'Ark.
Ma non posso andarci ora. Hanno bisogno di me per-
Sgranò gli occhi e si alzò di scatto -Tera!
Barcollò fuori dal letto, guardandosi attorno: era in un'enorme tenda adibita ad ospedale da campo, che ospitava i feriti e gli ammalati. C'era ovunque un viavai di gente, persone comuni miste ad infermiere e dottori in camice bianco, che si aggiravano tra lettini e paraventi.
Shadow si guardò intorno - Dov'è Tera?
Un' infermiera bloccò il suo cammino - Signore non può- Shadow le afferrò il polso e la tirò a sé.
- Cerco una bambina. Una riccia lilla. Si chiama Tera. É qui vero? Deve essere qui!
- Si calmi per favore
- Sono calmissimo! - sibilò lui - Dov'è? Devo sapere se sta bene.
- Sta bene. Ma non può vederla.
- Cosa? Come sare-
- Solo i parenti stretti! - lei si divincolò - Ordini del dottore. Non bisogna causarle ulteriore stress.
La verità lo ferì come una lama. Per quanto tenesse a Tera come ad una figlia, non era suo padre. Si era a lungo crogiolato nell'illusione di essere qualcuno di importante e senza dubbio lo era, per lei, e per nessun altro.
- Per favore, devo vederla.
- Mi dispiace.
- Posso almeno sapere come sta?
- Resiste. Ma si indebolisce ogni giorno che passa.
Shadow impallidì.
Oh no... no non sta succedendo.
- Si sente bene? Ha bisogno di stendersi?
è colpa mia. É tutta colpa mia.
Quasi non sentì l'infermiera che lo prense per il braccio e lo condusse con delicatezza verso il letto. Si lasciò condurre, la sua mente altrove.
Dovevo insistere. Non dovevo permetterle di combattere con me.
Si ritrovò seduto sul suo letto. L'infermiera in piedi davanti a lui. Non riusciva a vederne il volto, e non voleva alzare la testa.
- Da quanto sono qui?
- Un paio di giorni. - rispose lei - Era molto grave, ma le sue ferite sono guarite spontaneamente e molto in fretta.
Già, la rigenerazione. Gli ha salvato la vita un sacco di volte.
- Vuole fare colazione? Un po' di the caldo?
Shadow si riscosse - Ehm...sì. Sì grazie. - qualunque cosa pur di farla allontanare. Era molto gentile, ma tutto ciò che il riccio voleva, era restare solo.
Quando l'infermiera lo lasciò, volse lo sguardo al paravento che gli aveva indicato.
Poteva sentire i genitori di Tera appena oltre la tenda di stoffa. Mormoravano, piangevano silenziosamente. Vide e due sagome al di là della tenda abbracciarsi, confortandosi l'un l'altra in quel momento di dolore.
- Shadow.
Il riccio si voltò e sgranò gli occhi - Silver?
L'albino si sedette sul letto e gli sorrise. Lo sguardo di Shadow rimase fisso nei suoi occhi dorati.
- Tu... sei...
- Giovane? Sì. Immagino debba ringraziare Knuckles per questo. - ma da come lo disse, Shadow capì che non ne aveva alcuna voglia. Guardava a terra, con una sorta di vuoto in quegli occhi d'oro, insieme a qualcosa che sembrava malinconia, e rancore.
- Ma come-
- Come stai?
Shadow fu preso alla sprovvista dalla domanda improvvisa - Io sto bene. Ma Tera... - si portò le mani al volto - Mi dispiace Silver. Mi dispiace, è tutta colpa mia.
- Sappiamo entrambi che non è vero.
- L'hai vista? Come sta?
- No. Non l'ho vista.
Shadow sbattè un paio di volte le palpebre - E che fai qui? Vai da lei!
- Non posso.
- Cosa? Perchè?
- Perchè mia figlia ha avuto una mezza crisi isterica quando mi ha visto più giovane di lei. E suo marito mi ha guardato come una sorta di alieno. Non me la sento di andare lì e turbarli ancora di più. Aspetterò e la vedrò da solo.
Shadow si limitò ad annuire, non volendo addentrarsi di più nel discorso. Guardò l'albino, che non aveva perso quello sguardo vuoto e malinconico. - E i ragazzi?
- Stanno bene. Stanno aiutando la gente alla tendopoli.
Shadow tirò un sospiro di sollievo, poi tornò a guardare l'albino - Silver tu.. non hai detto a Knuckles...
L'albino capì al volo - Oh certo. Gli ho detto quello che volevo. Ma sembra non fosse ciò che voleva lui. - si alzò - Riposa bene, Shadow.
Il riccio nero lo guardò allontanarsi ed abbassò lo sguardo.
Oh Knuckles, che hai fatto...

Nadia aveva trovato quasi subito il suo posto per meditare: il Chao Garden era un luogo speciale, come non ne esistevano nel mondo sottostante. Era piacevole passare le ore lì, ad esercitarsi, a cercare di ascoltare qualunque cosa dovesse ascoltare, insieme allo scorrere dell'acqua, al cinguettio degli uccelli, alla brezza gentile e al calore del sole sulla pelle.
Cercava di non pensare a Tera. Avevano detto che Maestro Shadow era in via di guarigione ma lei...
Lei no.
Lei si stava lentamente spegnendo.
Era andata subito a trovarla per sapere delle sue condizioni, ma non le avevano permesso di vederla, e lei non se la sentiva di importunare i genitori, sempre presenti al capezzale della riccia.
Cercava di evitare di pensarci, buttandosi a capofitto nel lavoro, aiutando gli altri a ricostruire l'accampamento e riparare i danni.
A causa dei golem molte persone erano rimaste senza casa e non avevano altro luogo in cui stare. Knuckles non aveva protestato in merito, per la verità, nessuno lo aveva più visto dal giorno dell'attacco. Il Maestro Silver sviava sempre il discorso quando si parlava di lui. Era strano per Nadia vederlo giovane e di nuovo in grado di vedere, ma non troppo: era sempre Silver, del resto. Conservava ogni ricordo di loro ed il suo modo di amarli non era cambiato.
Ma sembrava aver perso il suo buon umore, il suo sorriso. Qualcosa non andava e Nadia se n'era accorta, ma non sapeva come rimediare.
Quando il lavoro finiva, andava al Chao Garden per meditare come aveva detto Knuckles, e provare a “sentire”.
Ma per quanto si sforzasse, non riusciva a sentire nulla. Finiva così a giocare con i Chao, e soprattutto, a pensare.
Non vedeva sua madre da quasi due anni. Selina Wild, capo del dipartimento di ricerca scientifica di GUN, si era buttata a capofitto nel lavoro. Nadia non aveva più avuto notizie da allora e non osava avvicinarsi a lei.
Rivederla le procurava un senso di smarrimento, di inferiorità, e risvegliava un dolore sordo rimasto sopito per tanto tempo.
Per Selina, invece, Nadia era un mostro. Aveva smesso di essere sua figlia la sera in cui aveva ucciso l'amore della sua vita, incidente o meno.
- Immagino che non si possa cambiare il passato. - disse al Chao con il papillon, seduto sulle sue gambe - Controllo o meno, per lei sarò sempre un'assassina. - prese un sasso, si alzò in piedi e lo gettò nel laghetto. Il Chao, in tutto questo, rimase a guardare.
- Sai Cheese, io ci provo, davvero, ma non funziona. Non riesco a sentire questo “tutto” di cui parla Maestro Knuckles.
- Cha-Chao!
- Vorrei solo poter fare di più. - disse, sedendosi a terra. Cheese corse da lei, aggrappandosi al suo fianco in quel che sembrava un abbraccio.
- Cha-Cha!
Nadia sorrise e accarezzò la testolina blu - C'è qualcosa in cui sono sempre stata brava. Ma è meglio di no. Non voglio essere come lui. - si disse, ma qualcosa in lei, disse che un giorno avrebbe potuto essere l'unica opzione.
Stava per rimettersi a meditare, quando una voce alle sue spalle la chiamò e Nadia vide il piccolo procione correrle incontro.
  
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