
Capitolo tredicesimo: The
Reckoning
In blood and tears, a thousand times
We rise against, we'll always hold the line
Of reckoning
Red tears run down like a river
Don't close your eyes, it won't disappear
No fear, you wanna end the pain
Don't let go, don't back down
Hold the line, we'll bring the reckoning!
(“The Reckoning”- Within Temptation feat. Jacoby Shaddix)
Il Marchese Gonzaga
si trattenne a Napoli ancora per qualche giorno prima di fare ritorno a
Mantova, ormai rassicurato sulla lealtà di Juan Borgia al giovane Principe e
onorato di un’alleanza con il Regno di Napoli, indipendente da qualsiasi legame
con il Papa.
Alfonso era molto
soddisfatto per quel primo passo, che poteva sembrare una sciocchezza ma che
per lui significava tanto. Non si era mai ritenuto un vero sovrano, quando il
padre si era ammalato gravemente era stato logico ritenere che fosse lui il
vero Re di Napoli e lui si divertiva anche a farlo credere e ad atteggiarsi a principino altezzoso con quelli che
venivano a domandare privilegi e appoggio… ma, appunto, il suo era stato solo
un atteggiamento. Al tempo era un ragazzino di dodici/tredici anni, viziato e immaturo,
e quelli che prendevano veramente le decisioni erano i consiglieri del Re
Ferrante, che seguivano la politica del sovrano.
E ad Alfonso era
andata sempre benissimo così, non aveva ambizioni, gli piaceva vivere bene,
tranquillo e ammirato.
Poi, però, il padre
era morto e, cosa ancora più grave, il Regno era stato invaso dai Francesi.
Da un giorno all’altro,
Alfonso aveva perso tutto, aveva rischiato la vita, era stato torturato in modi
atroci e assurdi, senza alcuna ragione… e poi si era ritrovato ostaggio del Re
Francese e protetto da un Generale straniero. E, nonostante il Generale fosse
stato sempre molto buono, gentile e premuroso con lui e Alfonso avesse
imparato, col tempo, a volergli veramente bene, era tuttavia consapevole che si
trattava, appunto, di un Generale, un comandante militare che niente avrebbe
potuto se, per un altro dei suoi crudeli capricci, Re Carlo avesse voluto farlo
straziare ancora. Ogni giorno poteva essere l’ultimo della sua vita, in quel
periodo, e Alfonso ne era stato sempre terribilmente consapevole.
In seguito le cose
erano migliorate quando Re Carlo era rimasto in Francia e aveva rimandato il
Generale a Napoli, a governare il Regno come suo vassallo e con Alfonso come Re fantoccio per non innervosire la
Spagna o gli altri Stati Italiani ostentando una dominazione francese… cosa
che, peraltro, era. Ma per Alfonso quelli erano stati giorni sereni, finalmente
al sicuro da quel Re sadico e dalle sue follie, nella città in cui era nato e
cresciuto, protetto dal Generale e di nuovo rispettato dal suo popolo. Non
contava nemmeno quanto il due di briscola, certo, era il Generale a comandare,
seguendo le direttive del suo Re, ma non era poi diverso da quando il Principe
ragazzino fingeva di essere il Re mentre erano i consiglieri del padre a
prendere tutte le decisioni.
Adesso, però, era lui
il Re di Napoli. Era stato lui a convocare Don Hernando e a incaricarlo di
rinforzare e riorganizzare l’esercito del Regno, era stato ancora lui a
prendere contatti con Francesco Gonzaga e a stipulare un’alleanza con lui. Certo,
aveva seguito i consigli di Juan Borgia per fare tutto ciò, ma alla fine era
stato lui personalmente a parlare con quegli uomini, a prendere le decisioni e
a farsi rispettare da loro.
Non credeva che ci
sarebbe mai riuscito e invece ce l’aveva fatta!
Aveva tutti i motivi
per essere compiaciuto e soddisfatto di sé.
Erano ormai trascorsi
più di sei mesi da quando Juan era giunto a Napoli e Alfonso rifletteva che ciò
che, sulle prime, gli era sembrato un nuovo tentativo di invasione, era invece
diventato qualcosa di meraviglioso e perfetto: l’appoggio, seppure inesperto, di
Juan e quello molto più solido di Don Hernando gli avevano consentito di
diventare di fatto oltre che di nome il vero sovrano di Napoli; inoltre il
Regno era adesso più sicuro, con un esercito più forte e organizzato e una rete
di spie (le famose cortigiane di Madonna Flora) che tenevano sempre sott’occhio
i Baroni di Napoli, i primi nemici della casata Aragonese. Le alleanze che
Alfonso avrebbe intessuto con i signori delle corti italiane sarebbero state
un’ulteriore consolidamento della potenza del Regno.
E, cosa da non
trascurare, il legame con Juan, seppure tra alti e bassi dovuti alle
intemperanze e ai vizi del giovane Borgia, era qualcosa che Alfonso non aveva
mai vissuto prima e che lo rendeva felice in un modo che non era neanche in
grado di esprimere. Stava bene con lui, per la prima volta nella sua vita si
sentiva capito e complice, quando Juan gli era accanto il suo cuore batteva più
forte e lui provava una gioia infinita, la sicurezza che niente sarebbe andato
storto finché fossero stati insieme.
Nella sua ingenuità e
inesperienza, Alfonso chiamava amicizia
questo rapporto, perché qualsiasi altro nome lo faceva arrossire e gli
incendiava il sangue nelle vene… ma, del resto, Alfonso non aveva mai avuto un
vero amico più o meno della sua età.
Sul fatto che lui e
Juan avessero rapporti carnali molto frequenti e appassionati e che il solo
vederlo o averlo vicino lo facesse fremere, il giovane Principe preferiva non
soffermarsi troppo… non aveva ancora nemmeno ben capito come funzionasse la
cosa e perché il suo corpo reagisse così!
Ma quello che
veramente contava era che Alfonso era davvero, totalmente, pienamente e
immensamente felice.
Quella sera, dopo
aver cenato, i due giovani si trovavano da soli sul balcone che dava sul mare,
ad ammirare le ultime lame di luce del sole al tramonto che inondava il cielo
di straordinarie sfumature cangianti dorate, viola e arancio. Alfonso sorrideva
sereno, riflettendo sui cambiamenti positivi della sua vita in quei mesi così
intensi. Si voltò un attimo a guardare Juan e gli bastò vedere il suo volto
illuminato dalla luce del tramonto e i riflessi dorati che quella luminosità
regalava ai suoi capelli per diventare rosso fuoco e sentirsi tremare… per
fortuna il tramonto faceva strani giochi colorati e il suo rossore poteva
benissimo passare per un riflesso!
Juan, però, non era
ingenuo come il giovane Principe e capì subito cosa stava succedendo nel cuore
e nelle emozioni del suo compagno. Allungò un braccio, lo passò attorno alle
spalle di Alfonso e lo attirò a sé per baciarlo.
Anche lui, quella
sera, si sentiva particolarmente felice e sereno. Per lui valeva lo stesso
discorso fatto per il Principe: la sua vita in quei mesi era migliorata in modo
incredibile, adesso era il consigliere e il successore del Re di Napoli, Duca
di Gandia e di Calabria ma, cosa ancora più importante, aveva l’amore
incondizionato di un ragazzo che lo accettava e lo faceva sentire unico e
speciale.
Juan non aveva mai
provato una sensazione di totale beatitudine come in quel periodo dorato e
inutilmente aveva cercato quella soddisfazione nel vino, nell’oppio e nel sesso
sfrenato con cortigiane e prostitute. Bastava lo sguardo adorante e il sorriso
luminoso di Alfonso per farlo sentire il Re del mondo…
Ed era tanto più
rasserenato perché aveva ricevuto notizie incoraggianti da Roma.
Quel mattino, quando
gli era stata consegnata una lettera di suo padre, aveva tremato, agghiacciato
al pensiero che il genitore gli ordinasse di eliminare il Principe, che i tempi
erano maturi e che non ci sarebbero stati sospetti su di lui.
Invece quello che
aveva letto lo aveva sorpreso piacevolmente.
Mio
caro figlio, ciò che hai saputo fare a Napoli va al di là di ogni mia
aspettativa e siamo davvero lieti che tu non abbia seguito il tuo impeto e non
abbia ucciso il giovane Principe, sarebbe stato un danno incalcolabile per la
nostra famiglia. Infatti abbiamo organizzato per la tua amatissima sorella
Lucrezia delle nozze prestigiose con il diciassettenne Alfonso d’Aragona,
nipote del Re di Spagna.* E’ pertanto molto importante che
i rapporti tra i Borgia e gli Aragona si mantengano il più possibile sereni e
improntati a reciproca fiducia e stima.
Juan era rimasto talmente
soddisfatto da ciò che aveva letto da non potersi trattenere, doveva raccontare
ad Alfonso che Lucrezia e l’altro Alfonso si sarebbero sposati e che, quindi,
le loro famiglie sarebbero state ancora più legate, non riusciva a trattenere
l’entusiasmo pensando che non avrebbe più dovuto fare del male al suo Principe
e che, anzi, il padre appoggiava la loro amicizia.
Sì, beh, certo,
Rodrigo Borgia non sapeva che i due andavano a letto insieme, ma non c’era
alcuna ragione perché dovesse scoprirlo, no?
“Ti vedo particolarmente
contento questa sera, Alfonso” gli disse Juan, dopo averlo baciato a lungo.
“Lo sono, infatti”
ammise il Principe, arrossendo. “Ho stipulato l’alleanza con il Marchese
Gonzaga e, anche se è solo la prima di una lunga serie di trattative che mi
aspettano, sono soddisfatto di avercela fatta… è molto importante per me. Ma
anche tu mi sembri più sereno del solito…”
“Ho ricevuto buone
notizie da Roma” replicò compiaciuto Juan. “Mia sorella Lucrezia si è fidanzata
con Alfonso d’Aragona e si sposeranno presto!”
La notizia non ebbe
l’effetto sperato sul giovane Principe. Il volto di Alfonso si rabbuiò
immediatamente e il suo sguardo si fece cupo.
“E per te questa
sarebbe una buona notizia?”
Juan trasecolò.
“Certamente” rispose.
“Il matrimonio di Lucrezia con il nipote del Re di Spagna rafforzerà i legami
tra le nostre famiglie e, di conseguenza, anche il Regno che stiamo creando
insieme a Napoli.”
Alfonso scosse il
capo, frustrato.
“Sei davvero così
ingenuo quando si tratta della tua famiglia oppure sei d’accordo con loro per
portarmi via il Regno?” mormorò, deluso e rattristato. “Questo è un chiarissimo
piano di tuo padre per impossessarsi finalmente della corona di Napoli,
possibile che tu non te ne renda conto? O forse non vuoi rendertene conto?”
“Io proprio non
capisco di cosa tu mi stia accusando” protestò Juan, innervosito. Credeva che
Alfonso sarebbe stato felice come lui di quel fidanzamento che stringeva ancora
di più i rapporti tra le loro famiglie e invece il Principe non trovava di meglio
da fare che accusare suo padre di tramare qualcosa di losco?
Alfonso cominciava a
pensare che Juan fosse davvero
ingenuo come mostrava di essere quando veniva tirata in ballo la sua preziosa
famiglia…
“Allora ti spiegherò
tutto” disse, con un sospiro rassegnato. “Alfonso d’Aragona è il nipote del Re
di Spagna, come hai detto. Io non lo conosco personalmente e non so quali
ambizioni possa nutrire ma, in ogni caso, purtroppo conosco tuo padre e so
benissimo quali ambizioni nutra lui.
Io sono un Aragona, è vero, ma discendo da un ramo cadetto della famiglia,
mentre Alfonso è nipote diretto del
Re di Spagna. Inoltre, se lui e Lucrezia si sposeranno, avranno dei figli. Ora,
chi pensi che potrebbe essere più saldo sul trono di Napoli, un giovane
Aragonese di un ramo cadetto e senza discendenza oppure un nipote del Re di
Spagna con la possibilità di generare eredi per il Regno?”
La logica del
ragionamento di Alfonso si palesò davanti agli occhi di Juan in tutta la sua
drammatica chiarezza. Ma… era possibile che suo padre volesse fargli questo? Se
il suo vero intento era quello di mettere Lucrezia e Alfonso d’Aragona sul
trono di Napoli, allora perché mai aveva mandato lui come protettore del
Principe Alfonso, attuale e legittimo sovrano del Regno? Perché, addirittura,
gli aveva ordinato di conquistare la fiducia del Principe per poi eliminarlo se
non voleva che fosse lui a governare il Regno di Napoli?
Anche la risposta a
questi interrogativi si palesò dolorosamente alla mente di Juan.
Rodrigo Borgia voleva
semplicemente mettere qualcuno della sua famiglia sul trono di Napoli.
Avrebbe tentato con
Goffredo e Sancha, se non avesse avuto di meglio, ma Sancha era illegittima e
non sarebbe mai stata accettata come Regina, tanto meno dopo aver sposato un
Borgia.
Juan, invece, aveva
la possibilità di farsi accettare come protettore dal legittimo sovrano di
Napoli, giovane, inesperto e impaurito dopo l’invasione francese. Di fatto,
anche senza eliminare il Principe, Juan Borgia avrebbe governato il Regno di
Napoli in nome e secondo i desideri di suo padre.
Poi, però, si era
presentata un’occasione ancora più propizia: l’amicizia tra Juan e Alfonso
aveva portato gli Aragona ad avvicinarsi ai Borgia e questo aveva favorito il
fidanzamento di Lucrezia e Alfonso d’Aragona. Il giovane Principe aveva
perfettamente ragione: un giovane discendente del Re di Spagna e con la
possibilità di avere presto eredi sarebbe stato il candidato perfetto al trono
di Napoli. Rodrigo Borgia aveva ottenuto ciò che voleva e senza neanche doversi
sporcare le mani del sangue di Alfonso...
Lui, Juan, era stato
solo un mezzo per giungere ad un fine, era stato la seconda scelta di suo padre…
Alfonso lesse negli
occhi del giovane Borgia che la verità era infine giunta anche alla sua mente e
che, chiaramente, non era quello che voleva.
“Non possono farlo!”
esclamò Juan, pieno di rabbia e delusione. “Sei tu il legittimo sovrano di
Napoli e io sono tuo protettore e consigliere, non possono toglierci ciò che è
nostro!”
“Magari non lo
faranno, magari si limiteranno… ad aspettare”
ribatté Alfonso, tristemente. “Sai già che le ferite che Re Carlo mi ha fatto
infliggere mi hanno avvelenato il sangue e che non sono destinato a vivere a
lungo. Quando io non ci sarò più, sul trono di Napoli siederanno
tranquillamente Alfonso e Lucrezia e i loro figli. Se avrai fortuna, magari ti
concederanno di restare come protettore del Regno o qualcosa del genere…”
Gli occhi di Juan
mandarono un lampo.
“Non lo permetteremo.
Io non lo permetterò” dichiarò,
infiammato. “Dobbiamo continuare a circondarci di amici e alleati, dovrai
prendere contatto con altri potenti d’Italia, con il Doge di Venezia e anche…
beh, sì, anche con Ludovico Sforza, e nessuno oserà avvicinarsi al Regno di
Napoli!”
“Sì, certo, posso
farlo, ma non credo che…” provò a dire Alfonso, ma Juan non lo lasciò finire.
Lo strinse in un abbraccio impetuoso, baciandolo più intensamente e
profondamente che poté. Era infuriato con suo padre che lo riteneva così
facilmente sostituibile, che voleva usare Alfonso per i suoi scopi, prima
ordinandogli di ucciderlo e adesso di blandirlo per cementare l’alleanza con
gli Aragona.
A lui non
interessavano le alleanze, voleva Alfonso, era felice nel governare con lui il
Regno di Napoli, si sentiva a casa accanto a lui e non poteva nemmeno pensare
di perdere quella serenità che provava da quando si era legato a quel Principe
così sfortunato. Sempre continuando a baciarlo lo spinse contro il balcone, si
abbassò i pantaloni e li sfilò anche al ragazzo, lo sollevò da terra e si
spinse in lui. I loro corpi furono uniti in un impeto ardente di passione,
un’unica fiamma di desiderio e amore, mentre Juan pensava che voleva rimanere così
per sempre, unito ad Alfonso, perché niente e nessuno potesse separarli mai.
Tanto meno suo padre
e le sue sporche cospirazioni.
Fine capitolo tredicesimo
* La storia di Lucrezia e di Alfonso d’Aragona è vera,
i due si sposeranno il 21 luglio 1498. Nella realtà, tuttavia, il giovane
Alfonso era figlio di Alfonso II di Napoli cosa che, per ovvie ragioni, non
poteva verificarsi nella mia storia, essendo i due quasi coetanei!