Flash-fic partecipante alla just stop for a minute and smile challenge di Soul_Shine sul forum di EFP, col prompt #4: Sei un pessimo insegnante!
“Le cose sono due, o la
tua ragazza è una pessima insegnante, o
sei tu che sei un cretino. Con tutto il
rispetto possibile.” Hardison sbottò, lanciando in
aria il device digitale su
cui tanto aveva lavorato, e sbuffò, mentre Eliot lo guardava
con aria
colpevole, neanche fosse stato un cucciolo martoriato.
“Sul serio, Eliot, la
tua ragazza è un genio, lei è il
chimico del sottobosco criminale, lei ha ricreato la chimica
dei colori usati da Van Gogh, è rouscita a far degradare
talmente bene il pigmento giallo che ha fregato un critico d'arte... e tu a malapena sai usare un
frullatore!” Hardison
si stropicciò gli
occhi, stanco. Dieci volte aveva provato a spiegare ad Eliot cosa fare,
dieci
volte aveva fallito. “Sul serio, ma non hai mai la
curiosità di sapere come fa
le cose? Di capire come funzionano le sue macchine? Le sue turbine,
tutto
quanto?”
“Beh, sì, e
infatti io le chiedo di spiegarmi le cose…” ammise
Eliot, con
le mani in tasca e le spalle curve, con l’aria leggermente
colpevole, eppure
con uno strano luccichio negli occhi. “Però, sai
com’è. Sono un uomo debole. Molto,
molto debole.”
“Eliot….”
Hardison deglutì, fissando con gli occhi spalancati, colmi
di
terrore, l’uomo che conosceva da ormai oltre tredici anni, il
letale assassino,
il ninja, il picchiatore professionista rispettato e temuto dai
peggiori esempi
di essere umano. Hardison non aveva mai avuto paura di lui, nemmeno per
una attimo,
eppure, una semplicissima frase, lo aveva fatto finire in abisso di
paura senza
fine. “Io lo so che non dovrei chiedertelo, ma è
come quando c’è un incidente
trucolento e non vorresti guardare ma non riesci a
smettere….cosa intendi con sai
com’è?”
“Dai, lo sai. Insomma,
anche tu e Parker…” gli fece uno sguardo allusivo,
leggermente spazientito. “Hai capito, no?”
“Sono un genio ribelle
di trentaquattro anni ma, no, non capisco cosa vuoi
dire.” Hardison grugnì, incrociando le braccia.
“Se sapessi cosa vuoi dire, non
te le chiederei!”
“Becks mi fa un mucchio
di lezioni private, se mi capisci. “ Eliot
sghignazzò,
parlando lentamente. “Lezioni in cui i nostri vestiti
finiscono per terra, e
noi siamo nudi e…”
“BASTA, NON VOGLIO
SAPERE ALTRO!!!” Hardison urlò, quasi in lacrime.
Rispettava troppo Becks, e voleva poterla ancora guardare negli occhi
senza scoppiare
a piangere o vergognarsi, perché aveva nella testa
l’immagine di lei ed Eliot
che facevano sesso sul pavimento dell’ufficio, o sul bancone
del locale.
“Ma piantala! Guarda che
non sono il porco che immaginate voi!” Eliot gli
diede un leggero scappellotto, spazientito. Tuttavia, subito dopo
dovette aver
pensato a qualcosa di prezioso, di dolce, perché gli
tornò il sorriso sulle
labbra. “È solo che Becks ha quest’aria
sognante quando parla di cose scientifiche.
E fa quel sorrisetto che le fa venire una fossetta, proprio
qui.” Sorrise,
dolce, mordendosi il labbro, indicando lo zigomo destro. “Ha
un’aria, non so,
adorabile. Irresistibile. Perciò, quando lei inizia a
spiegarmi le cose, non
riesco a resisterle, e devo fare
l’amore con lei.”
“Sei proprio cotto a
puntino, eh?” Hardison ridacchiò, dando una pacca
sulla spalla dell’amico, e riprendendo in man la sua ultima
creatura tecnologica,
pronto a spiegare per l’ennesima volta a cosa servisse.
Tanto, sarebbe stato tutto
inutile.
Ma chissà. Magari
Becks, con le sue doti persuasive, avrebbe avuto più
fortuna.