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Autore: KikiShadow93    25/09/2020    4 recensioni
Lui è resuscitato senza sapere né come né grazie a chi e, dopo attente considerazioni, ha deciso di provare ad integrarsi a sua volta sulla Terra.
Lei, per scappare dal proprio passato e per provare a salvaguardare il proprio futuro, decide di fuggire in città.

Lui è cresciuto tra i guerrieri, nell’odio e nel rancore, ed ha sviluppato un forte senso di inferiorità.

Lei è cresciuta tra i reietti, nella paura e nella violenza, arrivando quasi a perdere la speranza di poter avere una vita felice.

Sono diversi eppure incredibilmente simili, ed entrambi sono inconsapevoli pedine di un disegno molto più grande.


[Radish prende spunto da DBR&R; Post Cell Game; Possibile OOC]

Genere: Commedia, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Radish
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La vita secondo Radish'
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Prima di iniziare, ci tengo a ringraziare in particolare _Cramisi_, Chimera__ e Celeste98 per le bellissime recensioni dello scorso capitolo, e  Teo5Astor per aver recensito il capitolo 29! 💛

𝟛𝟠. 𝓡𝒶𝓅𝓅𝑜𝓇𝓉𝒾 𝒹𝒾𝒻𝒻𝒾𝒸𝒾𝓁𝒾


Un tempo Radish dormiva abbastanza bene la notte.
Non mancavano certo incubi turbolenti riguardanti il suo passato, che lo costringevano a svegliarsi di soprassalto, ma in genere dormiva abbastanza bene.
La mattina poteva pure poltrire un po’ nel letto, malgrado non lo facesse quasi mai. È sempre stato un uomo energico, un uomo che ha bisogno di muoversi e di fare per sentirsi appagato, e per questo erano rare le mattine dove oziava un po’ nel letto sfatto e ancora caldo, rimuginando su tutto e niente.
Adesso gli sembrano momenti di un’altra vita, un qualcosa di lontano e un poco sbiadito. Talvolta si domanda quasi se quei momenti siano mai davvero esistiti, se davvero si rilassava così tanto e se davvero gli piacessero. Da quando Sherry è piombata nella sua vita, stravolgendola con la sua energia, non ha più avuto tanti di quei momenti.
Ormai va a letto quasi sempre ad orari improponibili e di dormire comunque non se ne parla poi molto, spesso proprio per colpa sua, perché la vicinanza della compagna gli fa venir voglia di fare tante cose eccetto che di dormire.
I risvegli poi non sono più quelli di un tempo. All’inizio lo svegliava lei con delle dolci e calde attenzioni che ora un poco rimpiange, e finivano con il rotolarsi tra le lenzuola finché non erano così affamati da trovare appetitosi pure i cuscini, mentre adesso si svegliano troppo spesso allarmati e nervosi, talvolta costretti a catapultarsi fuori di casa per qualche nuovo imprevisto.
È stanco, Radish. Stanco di non potersi più rilassare, di non potersi godere in pace la donna che gli ha tanto sconvolto la vita, stanco di non poterla vedere serena e appagata della vita che si stanno costruendo insieme.
Per quanto lo riguarda, sarebbe anche abituato a questo genere di routine dopo tutti gli anni passati nell’esercito di Freezer, ma lei… lei gli pare sul punto di spezzarsi, e questo è intollerabile. Forse lo è addirittura di più il non sapere cosa fare per aiutarla, come metterci una toppa. Tutto ciò che gli viene in mente è distruggere Jäger e i suoi a livello molecolare, ma sa bene che non glielo permetterebbe. Farlo contro la sua volontà sarebbe solo peggio, la allontanerebbe e la renderebbe infelice per il resto dei suoi giorni, quindi non se ne parla neanche.
Un tempo, prima di arrivare sulla Terra, la sua vita era molto più semplice. In genere terrificante, sì, ma più semplice. Si allenava, si riposava e andava in missione su qualche pianeta; uccideva, conquistava e poi tornava ad allenarsi e a riposare. Ogni giorno scorreva mortalmente simile al precedente, e di queste preoccupazioni non c’era neanche l’ombra.
Adesso invece è tutto così difficile…
Vive col rischio di perdere l’unica persona che gli abbia mai mostrato un affetto smisurato ed incondizionato, che gli ha perdonato ogni cosa e che sicuramente gli perdonerà ogni errore in futuro, qualcuno che lui stesso vuole e brama più di ogni altra cosa nell’Universo, che gli fa battere il cuore lentamente e velocemente al tempo stesso. Come rischia di perdere lei, rischia anche di perdere tutto il resto. Rischia di perdersi quei rari momenti in cui può godersi la silenziosa e rilassante compagnia degli amici più calmi come Maddox, quelli dove può ascoltare e apprendere cose nuove e in genere interessanti come con Glover, e quelli dove può ridere fino alle lacrime con quelli più esagitati come Mordecai. Rischia di perdere tutti quegli sguardi amichevoli, speranzosi e talvolta pure grati di tutti quegli Spettri che, seppur all’inizio costretti dalle circostanze, hanno deciso di seguirlo e di fidarsi a lui.
Rischia di perdere tutto quanto, di perdere tutte quelle stranezze che hanno reso la sua vita un vero caos, un qualcosa di imprevedibile e sfiancante… un qualcosa alla quale sente di non poter più rinunciare.
Se Sherry per lui rappresenta la vita in sé, se è lei adesso il suo centro esattamente come lui lo è per lei, tutti gli altri sono quel qualcosa in più che all’inizio rifiutava e che poi ha tollerato, ma che adesso riconosce come importante, come suo, come qualcosa dalla quale non vuole più separarsi.
La sua vita è irrimediabilmente cambiata sotto ogni punto di vista e i combattimenti sono diventati solo una parte di sé, adesso lo capisce. Non sa neanche quanto siano fondamentali, adesso. È diventato un capo, che lo voglia o no, e ciò comporta necessariamente il doversi assumere responsabilità mai avute o anche solo pensate prima. Significa pensare alla sicurezza di tante persone, di assumersi responsabilità, di sacrificarsi, di assicurarsi che niente mini all’equilibrio che hanno costruito ma anche che nessuno sgarri.
Quel pomeriggio, quando tracannavano tazze su tazze di caffè e discutevano su tutte le novità alla quale vogliono dar vita con la loro ascesa, sentiva come un pesante groppo in gola che non ne voleva proprio sapere di andare giù. Erano tutte le idee che ha taciuto per il timore di dire qualche idiozia - malgrado non siano state poche quelle dette da quei due e subito stroncate dai due Beta -, erano le modifiche che, per una ragione che non riesce a spiegarsi, vorrebbe che venissero applicate. Loro quattro non le hanno neanche menzionate, sembravano non pensarci assolutamente, e alla fine ha semplicemente stretto la mano ai due poco prima che arrivasse Fern.
Sa di far parte di loro, anche molto di più di quanto non gli piaccia ammettere per colpa di Roman e del Grande Spettro, ma in quel momento si sentiva come un estraneo, una forma di vita inadatta per quel genere di possibilità. La cosa strana, è che neanche Everett ha voluto trasmettergli quel genere di vibrazioni e lui lo sa bene.
Si passa stancamente le mani sul volto, consapevole che di dormire non se ne parla proprio. Ogni volta che riesce a prendere sonno non fa altro che trovarsi di fronte al solito freddo e magico paesaggio ghiacciato, con chilometri e chilometri di distese innevate che si estendono a perdita d’occhio, ma per quanto cammini non riesce ad avvicinarsi alla fonte di quello strano richiamo. A tratti gli pare una specie di disperata richiesta d’aiuto, e a tratti gli pare come il più dolce ed attraente canto di una sirena. È frustrante alla lunga, ma essendo ormai le cinque e mezzo del mattino trova inutile fare un altro tentativo.
Dopo un lungo sospiro frustrato decide infine di alzarsi e di andare in cucina a prepararsi una tazza di caffè forte e, perché no?, magari anche di andare alla tana per svegliare almeno gli Alpha ed iniziare con l’allenamento. Se lui non può dormire, non vede perché debbano farlo loro.
La porta della loro stanza è curiosamente semi-aperta e, incapace di trattenersi, allunga un poco la testa per controllare che niente sia fuori posto, trovandosi così di fronte ad uno scenario che proprio non immaginava. Sherry dorme appallottolata sui cuscini con una sua maglia tra le mani vicina al volto, Major ciondola una gamba giù dal letto mentre Domino gli dorme praticamente addosso, e Micah russa alla grande mentre occupa lo spazio rimanente.
Per quanto vorrebbe essere lui l’unico uomo ammesso in quel letto, si ritrova a sorridere bonariamente di fronte a quella scena. Scorda sempre il loro lato tenero ed infantile, quello di un bambino smarrito che ha un bisogno disperato del calore della propria famiglia, e quando si trova davanti a questo genere di scene si scioglie sempre un po’.
Prima di scendere al piano terra, da dove sente arrivare delle deboli urla prodotte dalla TV, rimbocca loro le coperte, prendendone pure una seconda per coprire la giovane moglie. Vederla distendere la fronte un poco corrugata al suo tocco lo fa sentire di colpo indispensabile, fatto alla quale proprio non vuole rinunciare. Troverò un modo per aiutarti, bambolina, che tu lo voglia o no.
Scende svogliatamente fino a trovarsi nell’ampio e caldo salotto, un poco incuriosito di sapere chi si è preso la libertà di bivaccarvi per guardarsi un film, ed il risultato un poco lo spiazza: Blackwood se ne sta seduto lì con la testa mollemente abbandonata all’indietro e le lunghe gambe distese in avanti. Nota pure che sul tavolo giacciono un numero considerevole di buste ormai vuote di merendine e di patatine.
È vero che abbiamo parlato di condivisione qualche ora fa, ma così mi pare un po’ eccessivo!
«Fa’ come se fossi a casa tua eh…» Borbotta stancamente, trascinando un poco i piedi mentre lo raggiunge. In fondo le sue chiacchiere sono decisamente più stimolanti di qualsiasi caffè, quindi tanto vale approfittarne.
«Lo so, ma grazie comunque per averlo detto.» Non lo guarda nemmeno, continuando a seguire il film dalla trama banale in cui si è imbattuto facendo zapping. Tra le braccia tiene un finalmente addormentato Moonlight, che stringe ancora in una manina una girella mezza finita.
Radish la nota mentre prende posto al loro fianco, e da lì capisce che il maggiore probabilmente non ha toccato alcunché di tutte quelle schifezze, così da non toglierle di bocca all’adorato piccino, che adesso pare avere un sorriso di cioccolata disegnato sul faccino olivastro.
«Non smette mai di mangiare?» Domanda ridacchiando appena mentre lo vede portarsi d’istinto il dolcetto alla bocca, pur essendo ancora profondamente addormentato. Sulle prime non capisce, ma in pochi istanti capisce che ne ha risentito l’odore e d’istinto ha compiuto il gesto.
Sono strani, davvero strani… però sono buffi. Così piccoli poi, sono ancora più buffi!
«Mh? Ah, Light? No. È un pozzo senza fondo. Mangia sempre e di tutto. Qualsiasi cosa, davvero! Quando, verso i sei mesi, cominciò a mettere i denti, gli diedi il cerchione di una macchina per farlo stare zitto e lui lo rosicchiò fino a metà… poi arrivò Nike e addio alla magia.» Col senno di poi forse non è stata una buona idea raccontarglielo, ma è sempre meglio della storiella che vede come protagonisti Light ed un pollaio nel cuore della notte. I pochi che ne sono a conoscenza non si sorprendono per niente del fatto che Nike non gli permetta più di portarli singolarmente a caccia senza la sua supervisioni, mentre gli altri non possono far altro che fare congetture sul possibile motivo.
«Tu hai il cervello disabitato…» Borbotta un poco interdetto Radish, lasciandosi un poco andare sul morbido divano. E pensare che dovevamo viverci in due, qui dentro…
Il futuro Re gli sorride debolmente, cercando nuovamente una posizione comoda dopo che il piccolo si è risistemato, piantandogli un gomito nell’addome. Per quanto sia sempre stato sopra le righe in modo talvolta imbarazzante e/o preoccupante, è un padre attento, premuroso e amorevole, che sì gioca molto con i figli e gli permette forse anche troppe libertà ma che li tiene comunque in riga e li educa al meglio. Se adesso si trovano su quel divano, è solo perché il piccolo non riusciva a dormire serenamente senza la madre, andata in ricognizione con alcuni membri della guardia ed Everett. Non si sentiva sicuro, stava diventando troppo irrequieto al limite delle lacrime, e così ha ordinato ad Hurricane e sua moglie di rimanere con gli altri quattro e se l’è portato in casa, dove il piccolo sapeva trovarsi Radish, e gli ha permesso di dormirgli addosso. Non è un comportamento tipico neanche per lui, non dal momento che teme che troppe attenzioni simili possano in qualche minare alla sua formazione, ma si rende conto che le sue sono quel genere di preoccupazioni che nessun bambino dovrebbe mai provare ed ha quindi deciso di chiudere un occhio.
Gli ha dato un po’ di dolci, che tanto non possono intaccargli né la salute né il fisico, ha acceso la TV ed ha aspettato che si assopisse, continuando sempre a tenerlo stretto con un braccio e ad accarezzargli dolcemente la testa come Nike faceva anche con lui quando erano bambini, gesto che lo ha sempre fatto sentire meglio nei momenti di sconforto.
È particolare Blackwood, lo è sempre stato in tutto, ma solo conoscendolo sul serio ci si può rendere davvero conto di che genere di persona sia, ed a quel punto non si ha più scampo poiché ti avrà conquistato.
«A proposito di cervello disabitato, ben arrivato Timo!» Esclama con un gran sorriso, reclinando la testa di lato per incrociare lo sguardo stanco ma soddisfatto del gemello.
A Radish non servono neanche i loro sensi sviluppati per capire che le cose con Camila si sono sistemate al meglio, i suoi capelli disordinati e quel sorrisetto beota e beato parlano da soli.
«Che film è?»
Il fatto che pure lui si comporti con tanta nonchalance in casa sua un poco lo turba. O si tratta di un individuo davvero idiota, o l’allegria e la spensieratezza di Blackwood hanno un potere calmante sugli altri. Non ne è certo, non dal momento che l’uomo coi capelli grigi ha dato apertamente prova di poco acume mentale, ma alla fine decide che è semplicemente l’unione delle due cose.
«L’ultimo squalo.»
«Di cosa parla?»
Trattiene a stento una risata di fronte allo sguardo di Blackwood. È sia scocciato che allibito, e gli occhi così tragicamente sgranati mentre si volta a guardarlo sono davvero comici.
«Di un cavallo che vuole diventare un cantante.»
«Ma dov’è il cavallo?»
Inspira rumorosamente con le narici e scuote la testa, borbottando con rassegnazione: «Ed hai pure sparso il tuo seme in giro…»
Il minore non fa caso all’acido commento e, dopo una veloce scrollata di spalle, si allontana con passo calmo verso la cucina per portare una bottiglia d’acqua fresca ai nipoti. Sa di doversi sbrigare, perché se per mal disgrazia dovessero svegliarsi del tutto poi diverrebbero difficili da gestire, soprattutto in assenza di Nike.
Radish lo segue con gli occhi per qualche secondo e per poi tornare a concentrarsi sul film, malgrado non lo interessi minimamente.
«Credevo che voi aveste un massimo di quattro figli per volta…» La voce è stanca, strascicata, ma la sua mente rimane sin troppo vigile. Sente che c’è qualcosa di sbagliato, gli pare quasi aleggiare nell’aria, ma non riesce a comprendere di cosa si tratti. Non è una sensazione strana ed orribile come l’ultima volta, ma questo di certo non lo calma: sente che sta per succedere qualcosa e non è certo di voler sapere di cosa si tratti.
«Infatti. Credo che siamo stati la prima coppia ad averne cinque.» Risponde pacatamente, abituato a sentirselo chiedere. «La pancia di Nike era incredibilmente grande, ma nessuno si era accorto del quinto. I gemelli omozigoti hanno il battito cardiaco perfettamente sincronizzato in grembo materno, sai? E nessuno ha mai preso in considerazione l’idea di un’ecografia, non usa proprio tra gli Spettri. Pensavamo che fossero semplicemente un po’ più grandi del previsto… e invece c’era Light.»
Erano anni che desiderava dei figli. Tanti anni, ma la situazione non sembrava mai essere a loro favore. Prima Mezcal con la sua follia, lo stupro di Leila e la nascita di Sherry, la seguente ossessione di Jäger, la fuga della piccola e poi ancora la morte di Everett, con annessa ascesa al trono del nuovo folle Re, che da sempre vuole la disfatta del Sud. Nike non si sentiva tranquilla a mettere al mondo dei figli in quel momento, ma poi si è resa conto di avere ormai trentacinque anni e che quindi la possibilità di mettere al mondo dei figli forti si stava abbassando sempre di più, e così ha ceduto.
Mentre lei si limitava ad un sorriso così tenero da scioglierti il cuore al solo pensiero che dentro al ventre le stessero battendo dei cuoricini, lui sembrava quasi brillare tanto era felice.
Li ha amati incondizionatamente dal momento esatto in cui gli ha annunciato di essere incinta, e quando finalmente li ha potuti vedere e stringere tra le braccia… non c’è descrizione per ciò che ha provato in quel momento. L’inaspettata vista di Light poi gli ha fatto straboccare il cuore di gioia e amore pulsante, un qualcosa che lo ha fatto inconsapevolmente piangere come un vitellino per la commozione.
Li considera la parte migliore di sé, farebbe qualsiasi cosa per loro, anche la più folle o atroce, e s’impegnerà sempre per permettergli di realizzare i loro sogni.
«La cosa assurda, sta nel fatto che abbiano il vello diverso… e i capelli, ovviamente. Da qui i loro nomi: Golden Lux e Moonlight. Mi piaceva anche Morningstar, ma era troppo pretenzioso, e il diminutivo “Star” mi sapeva un po’ da femminuccia.»
Ridacchia anche Radish, contagiato dallo Spettro. Non aveva mai visto qualcuno così innamorato. Il modo in cui parla dei suoi figli, il modo in cui guarda il bambino assopito tra le sue braccia, la tenera delicatezza che usa nell’accarezzargli i capelli…
Dev’essere davvero bello.
Lui non ha mai conosciuto questo tipo di amore. Il più bel ricordo che ha di suo padre, è quando gli lanciò la fascetta rossa che tiene al braccio. Per quanto riesce a ricordare, fu l’unico gesto davvero affettuoso che ha avuto da lui.
Malgrado tra i Saiyan fosse normale tutto ciò, abitando sulla Terra è arrivato a chiedersi come ci si debba sentire in certi frangenti per lui tanto estranei, e questo certamente è uno di quelli. Come ci si sente ad essere tanto amati dal proprio padre? Come ci si sente a non dover temere una sua mano quando si avvicina alla tua testa? Come ci si sente a potergli dire di aver fallito in qualcosa sente temere orrende e spesso brutali reazioni?
Malgrado in quegli anni si sia ritrovato spesso ad osservare le persone che lo circondano, talvolta per noia e talvolta per reale interesse, non aveva non aveva mai fatto caso prima ad una cosa in particolare, ma  stavolta i suoi occhi non riescono a fare a meno di osservare con interesse padre e figlio.
Moonlight è così piccolo, fragile. Si domanda come faccia a non rompersi, con tutte le follie che sicuramente compie. Si domanda pure come Blackwood e Nike possano essere così calmi, avendone ben altri quattro alla quale badare. Come fanno a dormire sonni tranquilli, con loro cinque? Come fanno a mantenere la calma quando si allontanano, considerando che il mondo è pieno zeppo di rifiuti ambulanti pronti a fargli del male?
Guarda quel volto piccolo e delicato, con i lineamenti ancora infantili dolcemente distesi. Assomiglia decisamente al padre ma, anche da addormentato, si può vedere chiaramente un’innocenza che l’altro ha perso da tantissimi anni.
Guarda quella manina piccolissima che stringe inconsciamente quella grande del padre, quelle piccole dita sottili artigliate a quello grande e solcato da una cicatrice del genitore.
Guarda quelle gambe magre, ancora acerbe, e non riesce a non paragonarle a quelle di Black, grosse, slanciate, forti, perfette per correre per chilometri e chilometri senza sforzo, per sferrare calci micidiali e, volendo, pure per strangolarti.
Li guarda, stretti in quell’abbraccio che lui non ha mai ricevuto, e non riesce a smettere di pensare che Blackwood ha un coraggio incredibile. Si è volontariamente calato in una cosa simile, li ha voluti con tutto il cuore e adesso li proteggerebbe a qualsiasi costo, rimanendo oltretutto deciso a dargli una vita piena e felice. Per quanto abbia detto di sì anche a Sherry, per quanto si sia ripetuto mentalmente che potrebbe farcela, si domanda se ne sarebbe davvero in grado. A lui sarebbe mai venuta la voglia di stare alzato perché il figlio non riusciva a dormire? Lo avrebbe guardato con lo stesso amore negli occhi se gli avesse detto di aver paura di qualcosa? Potrebbe avere quella complicità con un figlio suo?
«Lux…»
Sobbalza appena al debole pigolio del bambino, che inconsciamente cerca il calore del gemello, non essendo abituati a stare separati per tanto tempo.
Blackwood gli toglie di mano la girella e la poggia su una delle cartine, borbottando che tornerà a pulire non appena lo avrà rimesso con gli altri, e si alza dal comodo divano con la testa del figlio poggiata contro la spalle e il corpicino mollemente abbandonato tra le braccia.
«Ah, un’ultima cosa…» Si volta di nuovo prima d’incamminarsi verso la porta, sorridendo con aria furbetta a Radish «Palloncini.»
«Come?»
«Palloncini e trombe da stadio attaccate dietro le porte.»
Per quanto sia sveglio già da un po’, il cervello non riesce ad afferrare il senso della sua affermazione. Stavano parlando dei suoi figli e ora di palloncini e trombe da stadio: quale potrebbe mai essere il nesso tra le due cose?
«No, non ti seguo.»
«Abbiamo un udito molto sensibile, lo sai. Se vuoi fare qualcosa per ripagare Everett con la stessa moneta, fai scoppiare dei palloncini quando non se lo aspetta o fissa delle trombe da stadio dietro le porte.» Non lo dice solo perché effettivamente molto fastidioso da sopportare, ma anche perché ricorda bene quanto si divertiva lui stesso a farlo. In realtà la tromba dietro le porte le ha usate contro i genitori da che era un lattante, ma è abbastanza sicuro che pure con Everett sortirebbero lo stesso effetto esilarante.
«Magari è la volta che abbassa un po’ quella fottuta cresta e ti lascia vivere sereno con la tua innamorata!» Scherza infine, prima di essere troppo lontano da costringerlo ad urlare per farsi sentire, rischiando così di svegliare il piccolo terremoto che tiene tra le braccia.
Radish lo guarda pigramente mentre si allontana, scuotendo la testa un poco sconsolato.
Mai nella vita avrei pensato di dover escogitare degli scherzi tanto scemi per potermi godere mia moglie!
Curiosamente non gli sembra affatto strano pensare a lei con questo termine, anzi gli sembra la cosa più giusta e normale al mondo.
Gli viene quasi da ridere però, adesso. Come ha fatto a ridursi così? Conduceva un’esistenza relativamente tranquilla, per lo più piacevole. Col senno di poi, si rende conto che però non stava realmente vivendo appieno la sua vita. Mancava qualcosa che i membri della sua specie hanno sempre reputato inutile, che lui stesso reputava da deboli, qualcosa alla quale ora non è minimamente disposto a rinunciare.
Eppure lei è così lontana dalla persona che avrebbe mai potuto immaginare al proprio fianco! È spesso arrogante, testarda quanto può esserlo un Saiyan ma in un modo spesso più fastidioso, con una determinazione spaventosa che la conduce su sentieri troppo pericolosi, talvolta si impone pure su di lui con prepotenza senza neanche rendersene davvero conto… eppure è l’unica donna in grado di farlo sentire così. L’unica che gli fa vibrare il cuore con un solo sguardo, che lo incendia dentro con un misero tocco, che gli risolleva il morale con uno di quei suoi sorrisi luminosi ed infantili.
Vorrebbe ardentemente negarlo almeno con sé stesso, poter dire che la vita gli stava assai bene anche prima, che al massimo gli manca giusto la smodata attività sessuale di una decina di giorni prima, ma sa bene che mentirebbe spudoratamente a sé stesso.
Perché l’ama, così tanto che fa male, così tanto che riesce a malapena a concentrarsi su altro che non siano le possenti emozioni che gli riempiono il petto. A un certo punto, nell’arco di quei mesi, è passata dall’essere una strana e potenzialmente pericolosa estranea a qualcuno senza la quale non può immaginare di vivere. E per quanto detesti quella specie di perdita di libertà, per quanto odi il non aver avuto libero arbitrio quando hanno deciso di riportarlo in vita per concepire un ipotetico principe, ama le innumerevoli premure che gli riserva quotidianamente, il modo in cui lo fa sentire vivo.
Mentre si assopisce lentamente davanti a quell’orrendo e insipido film, capisce che, malgrado tutti i possibili aspetti negativi, non era mai stato così felice prima di conoscerla.


Era da tanto che non dormiva con i suoi fratelli… e ora ricorda pure il perché.
Major ha sempre avuto la fastidiosa tendenza a stritolarti nel sonno, quasi avesse inconsciamente paura di perderti o pretendesse il tuo affetto pure da incosciente, mentre Micah russa come un trattore e, per non farsi mancare niente, scalcia come un mulo. Per queste ragioni, nelle poche occasioni in cui dormivano insieme, lei si rifugiava in alto, sui cuscini, dormendo rannicchiata e scomoda, ritrovandosi sempre con fastidiosi dolori al mattino.
Col senno di poi, sarebbe stato assai meglio permettere al marito almeno di dormire sul pavimento, così da evitare che gli altri sgusciassero in camera durante la notte. Purtroppo però non solo si sarebbe rifiutato di fare una cosa simile, ma lei stessa avrebbe avuto fortissime difficoltà a lasciarlo lì, dal momento che la sua sola vicinanza è più che sufficiente a smuoverle pericolosamente gli ormoni.
Dopo una doccia veloce, si dirige con passo svelto giù in cucina, dalla quale sente provenire degli sfiziosissimi profumi.
È di buon umore, malgrado la nottata poco piacevole e il casino combinato da Radish il pomeriggio precedente. L’idea di aver gettato le basi per un qualcosa come quello che vogliono fare lei e Blackwood la riempie di eccitazione, seppur un poco la preoccupi anche. In fondo, se nessuno l’ha mai fatto prima, un motivo dovrebbe pur esserci. Ma vuole pensare che siano gli altri ad essersi sbagliati, che la loro sia un’idea geniale e così farà. In realtà ha pure ragione a pensarla così, dal momento che le cose potrebbero migliorare per tutti se cessassero le reciproche ostilità e unissero finalmente le forze; basterà solo avere la pazienza e la determinazione necessaria per convincere pure gli altri e sopportare i probabili colpi di assestamento. Di certo però a loro due non manca né l’una né l’altra, per cui, almeno sotto questo aspetto, può dirsi tranquilla.
Propio come quando era una ragazzina, entra con energia in cucina, senza aver fatto alcuna attenzione a chi avrebbe potuto trovarvi dentro. In genere ci sono Radish, i suoi fratelli o i membri di spicco del branco, quindi perché mai preoccuparsene? Beh, considerato il contingente del Sud che gironzola indisturbato per i suoi territori e per i futuri Sovrani che si sono piazzati nel suo capanno, forse avrebbe dovuto.
Ad attenderla infatti non ci sono i volti che tanto conosce e apprezza, ma bensì quello di Nike, intenta a togliere una teglia di grossi cinnamon rolls dal forno. Quando poi volta la testa ed incrocia il suo sguardo, le rivolge il primo caloroso sorriso da quando si sono incontrare, un qualcosa di profondamente materno di cui non la credeva capace.
La cosa forse più fastidiosa di tutto ciò, è che anche adesso sembra essere uscita dalle pagine di un catalogo di Victoria’s Secrets - se avessero ritoccato l’immagine, ovviamente.
«Buongiorno, bell’addormentata.» Cinguetta disinvolta, poggiando i grossi e deliziosi dolci su un piatto, che poi sistema sull’isola della cucina.
Con la coda dell’occhio, Sherry nota che in effetti sono quasi le dieci del mattino e, pur non sapendo perché, si sente in un certo senso sia in colpa che mortificata. L’ultima cosa che voleva, malgrado non le sia mai particolarmente importato il giudizio degli altri, era proprio fare una qualche brutta figura con loro.
«Non pensavo di aver dormito tanto, mi spiace…»
Nike la guarda con occhi sbarrati per qualche secondo, realmente sorpresa dalla sua affermazione, e poi un nuovo sorriso le piega gli angoli della bocca carnosa. «Non ti devi scusare di niente, dolcezza. Black dorme pochissimo ed io avevo tanti arretrati con tuo fratello, così non me la sono sentita di dormire e ho avuto tempo per altro.» Spiega velocemente, mentre mette sul bancone forchetta e coltello «Su, siediti e fai colazione, forza. Queste sono con le mele e queste con le gocce di cioccolato.»
Sherry si siede, seppur con fare incerto. Se possibile, ai suoi Nike è diventata di colpo sia più accettabile che tremendamente insopportabile. Ti pare che non fosse pure una cuoca provetta?!
«Non ti facevo il tipo che prepara la colazione.»
«Mh? Ah, no, ho comprato tutto e poi l’ho riscaldato.» Ammette senza alcun problema, mettendole sotto al naso una grossa tazza piena di caffè. «Sono negata in cucina. Non ne azzecco una neanche se m’impegno! Eppure ho anche divorato uno chef, una volta!»
«Io non lo sopporto proprio. È tutto così lento…» Si irrigidisce un poco, dopo averlo detto. Se già per i fatti suoi non è particolarmente loquace appena sveglia - preferendo trascorrere un mezzora buona a contemplare il nulla cosmico -, parlare con lei è proprio una cosa che non farebbe a priori, malgrado la fresca alleanza.
«Vero?» Nike se lo immagina, non è nuova a questo genere di reazione nei propri confronti. Sa di avere un carattere spesso chiuso, talvolta proprio artico, di essere molto autoritaria ed in genere poco elastica, ma sa anche altrettanto bene che, con un po’ di tempo, quelle reazioni in genere spariscono per lasciar spazio a delle tiepide amicizie. Oltretutto quella che ha di fronte non è una ragazzetta come un’altra, non per lei e non dopo tutto quello che ha scoperto sul suo conto, quindi le viene spontaneo sia accettare le sue reticenze che provare a comportarsi in modo più espansivo.
«Everett ed io abbiamo parlato molto, durante la notte.» Afferma cautamente mentre si siede al suo fianco sull’alto sgabello, stando attenta ad ogni sua possibile reazione.
La vede serrare con forza la mascella, irrigidire le spalle ed anche contrarre per un istante le sopracciglia, socchiudendo appena gli occhi.
Pure lei non vorrebbe che certe cose, soprattutto tanto intime e dolorose, venissero scoperte da chi neanche ti conosce e a pelle non ti va a genio, ma non per questo ha biasimato Everett quando gliene ha parlato. Era così a disagio, così ferito, così frustrato, con l’anima e il cuore infranti che mai e poi mai gli avrebbe negato il suo ascolto. E se ne ha avuto bisogno lui, che non ha dovuto subire quel genere di cose sulla propria pelle ma che comunque ne soffre a distanza di tanti anni, non osa immaginare come possa sentirsi lei.
«Ah sì?» Non la guarda neanche, limitandosi a punzecchiare con la punta del coltello il dolcetto ancora caldo nel piatto.
Per quanto le sembri assurdo, non ce l’ha con lei. E neanche con Everett.
Non ce l’ha proprio con nessuno, adesso. Si sente solo mortalmente stanca, con una parte di lei che vorrebbe solo scoppiare a piangere per tutto quello che ha dovuto sopportare in passato e per tutto quello che le sta succedendo negli ultimi tempi. Vorrebbe rinchiudersi in una delle sue vecchie tane, una di quelle più remote in assoluto, e lì piangere fino ad addormentarsi.
«Sì.» Non solo l’uomo le ha chiarito dei punti di cui già aveva il forte sospetto, spezzandole il cuore e aizzando il suo odio, ma le ha anche fatto sorgere una preoccupante supposizione, che pure l’altro condivide. Sono infatti piuttosto certi che, se riuscissero a vincere e loro si stabilissero di nuovo nel Nord, avrà a breve un crollo psicologico che potrebbe addirittura rivelarsi assai violento. Ma non le vuole mettere altre pressioni, non è decisamente il caso adesso. Oltretutto, quella questione le ha anche fatto decidere che nessuno, all’infuori di lei, potrà avere l’onore di ammazzare quel maledetto, dovesse frantumare le ossa pure a Black.
«Non voglio essere invadente o altro, neanche spacciarmi per una psicologa o che so io… ma sono brava ad ascoltare.» Cerca il suo sguardo per darle un briciolo di conforto, e non si sorprende minimamente del suo essere così schiva, motivo per cui si azzarda a mettere una mano sulla sua «So che la tua vita non è mai stata semplice, per usare un eufemismo, e che adesso è un casino più che mai, ma sappi che, se avrai bisogno di sfogarti, confrontarti o quello che vuoi, io sarò sempre a disposizione.»
«Non mi conosci neanche e non mi devi niente, perché mai farlo?» Le si rigira contro come una vipera, allungando un poco le zanne nella bocca e lasciandosi sfuggire un basso ringhio.
A Nike però non importa, occorre molto di più per impressionarla. Si limita a continuare a guardarla con quei grandi occhi chiari sorprendentemente materni.
«Perché nessuno dovrebbe subire cose del genere… ed anche perché hai riacceso la speranza nel cuore di mio marito.»
Il sorriso che Nike le rivolge è sincero, grato, e Sherry si ritrova a sorriderle di rimando, prima di addentare finalmente la pietanza. Se non l’aveva ancora fatto, era solo perché non voleva farle capire quanto la sua premura fosse gradita.
Sospira appena Nike, sentendosi un poco strana. Non è certo la vicinanza di Sherry a darle questa sensazione, quanto il fatto che, per la prima volta da tanto tempo, i suoi figli sono impegnati altrove.
Quando si sono svegliati ed hanno appreso che il padre sarebbe andato con Everett e Radish per un allenamento mattutino, si sono tutti rianimati. Mentre i due maschietti volevano osservarli - e non hanno sentito ragioni a riguardo, le piccole hanno ben pensato che avrebbero potuto approfittarne per farsi accompagnare dal burbero zio da tutte quelle simpatiche amichette del giorno prima.
In genere le stanno sempre appiccicati alle chiappe, con il lupo dentro di loro affascinato dalla sua potenza e con il naturale istinto di un bambino che vuole la mamma, e per questo lei non ha molto spazio per godersi questi momenti di assoluta calma.
Ripensando al fatto che è proprio grazie alla proposta di Radish se è riuscita a scollarseli di dosso, ed anche spinta da una certa curiosità, si lascia andare ad una domanda molto personale: «Quand’è stato il momento in cui hai capito che Radish era l’uomo della tua vita? Il momento preciso intendo, escludendo ovviamente quando avete visto il lampo d’argento.»
Non serviva che specificasse, per Sherry. Lei non si era accorta proprio di un gran cazzo di niente quella volta, e c’è arrivata solo dopo averci rimuginato per ore… ed aver dato una sbirciata nei ricordi del Saiyan.
«Non saprei…» Ed è vero, non ne ha idea.
Potrebbe essere stato quando l’ha fatta rientrare nel suo letto dopo avergli aperto un braccio la notte precedente; quando gli ha raccontato in lacrime del ricordo di Everett, che al tempo non sapeva essere suo, e lui l’ha fatta piangere tra le sue braccia e poi hanno passato la serata accoccolati nel letto; quando se n’è andato dopo il suo compleanno, e l’idea di non vederlo più è stata più dolorosa di un migliaio di pugnalate; quando è tornato e gli ha raccontato del suo passato, dopo che lui si era messo a nudo con lei. Di momenti importanti con Radish ce ne sono stati davvero tanti, pur conoscendosi da soli tre mesi scarsi. In un certo senso, aveva capito che avrebbe portato degli sconvolgimenti nella sua vita già quando la seguì nella foresta dopo il Neon, non potendone però immaginare la portata.
«Blackwood è sempre stato un forsennato.» Afferma con tono calmo la maggiore, viaggiando con la mente per i ricordi. Sono cresciuti fianco a fianco, loro due. Lo vide che aveva appena mezzora di vita e lei fu la prima persona alla quale rivolse il suo primo sorriso, e per quello decise seduta stante che lo avrebbe seguito e protetto sempre. Di certo però non immaginava che sarebbe stato il suo compagno di vita, soprattutto in quei due anni di costanti dimostrazioni di estrema eccentricità e vivacità. La vita però è imprevedibile, e di certo non se ne può lamentare. Non ora, perlomeno.
«Malgrado avessimo unito l’anima già da un paio d’anni, non riuscivo a pensare che un giorno sarebbe stato il mio compagno… non riuscivo a gestirlo. Ad un punto, nessuno sapeva più cosa fare con lui. Poi, un giorno, ho sentito questo splendido canto provenire dalla soffitta della magione. Semplici scale musicali ripetute più volte, ma erano incantevoli. Mentre salivo in soffitta, ho capito che non era un canto. Era un violoncello. Ho continuato a salire… e l’ho visto. Se ne stava seduto lì, immobile, del tutto sereno. E suonava quelle scale in modo perfetto. Ricordo… le sue graziose manine che sapevano da sé come accarezzare sulle corde, quanto bastava per creare il più armonioso e fragile dei vibrati. Fu in quel preciso momento che qualcosa si smosse, dentro di me, e non riuscii a fare a meno di pensare che non avrei mai tollerato che quelle preziose mani toccassero qualcun’altra, all’infuori di me.»
Sherry la osserva un poco divertita con un sopracciglio inarcato, attenta alle sue parole. Pensava di essere lei quella strana, che aveva mandato a puttane il millennio di sangue perfetto del padre scegliendo un compagno alieno, ma evidentemente non è stata poi la più strana delle strane: Nike ha scelto volontariamente Blackwood perché sapeva stare calmo e perché le piacevano le sue mani sulle corde di un violoncello!
Poi quelli matti siamo noi, ve’?
Le sorride dolcemente Nike, sentendo distrattamente le chiacchiere dei tre uomini a lunga distanza. Sente il marito che rompe incessantemente i coglioni ad entrambi come solo lui sa fare, e poi lo sente imprecare dopo il giustificato colpo di Everett, che bercia di doversi allontanare e che deve smettere di stressarlo, ed infine la risata cavernosa di Radish.
Ti aspettano tempi complicati, alieno. Quasi mi dispiace per te… però sì, Everett ha ragione: sarà decisamente esilarante!
«Non farlo dannare troppo, quel povero diavolo. È pazzo di te. Assolutamente pazzo. Non ho mai visto niente del genere. Ti guarda come se volesse divorarti, e come se fosse disposto a tutto per renderti felice. Sembra davvero ossessionato da te.» Ammette con una nota di incredulità nella voce, rizzando di slancio la schiena e puntando gli occhioni chiari in direzione della porta. Bastano una manciata di secondi e questa viene spalancata con una certa irruenza da un esagitato Blackwood.
«Mia Dea! Mia Musa! Mia ispirazione!»
I due principini entrano per primi, correndo a rotta di collo dalla madre, sporchi di polvere e fango dalla testa ai piedi. E menomale che dovevano solo assistere, eh?
«Buongiorno, caro.» Afferma a denti un poco stretti e con un tono vagamente piatto che fa provare un piccolo brivido all’uomo. Non fa però in tempo a dirgli altro che Lux le picchietta debolmente sul braccio, facendole gesto con la manina di abbassarsi per dirle qualcosa nell’orecchio. E sorride Nike, intenerita dal suo atteggiamento. Vuol sempre mostrarsi forte, quasi rifiutasse l’idea di essere solo un bambino di poco più di due anni, ma alla fine questo è: un bambino che spesso non riesce a mantenere la facciata che si è imposto, e si comporta come un bambino.
«Devi chiederlo a lei, non a me. Non è casa nostra.»
Il piccolo si volta tutto impettito verso Sherry e, dopo aver gonfiato il petto e le guance per darsi delle arie, domanda con voce forzatamente ferma, ma pur sempre cortese e rispettosa: «Possiamo usare la doccia, per favore?»
«Certamente.» Risponde con un sorrisetto, seguendoli con lo sguardo mentre scattano all’unisono verso la porta girevole per correre al piano di sopra.
«È fantastico non dover più andare al bar sotto casa per fare colazione!»
La voce profonda di Radish è come un improvviso balsamo per le sue orecchie. Voltandosi verso di lui, non riesce a trattenere un sorriso dolce, mentre lo osserva addentare senza cerimonie uno dei dolci ancora caldi.
Lo sa benissimo che non è del tutto a suo agio, adesso. Sa che teme un qualche suo tipo di reazione negativa dopo il disastro del giorno precedente, ma Sherry non ne ha davvero la forza. Sa che dovrebbe infuriarsi, che dovrebbe fargli una tale lavata di capo da spingerlo quasi a piangere, ma sente di non averne più le forze. Ci sono troppe cose alla quale pensare, ogni volta che parla con qualcuno ha il timore che ne venga fuori un’altra, per questo preferisce archiviare almeno momentaneamente la faccenda. Se le cose andranno bene, avrà tutto il tempo di incazzarsi come una bestia!
Non appena riesce finalmente ad incrociare lo sguardo del compagno, allunga una mano e la seppellisce nella massa scura dei suoi capelli, piegandogli la testa verso di lei e baciandolo, con la bocca calda ed esigente, strofinando la lingua con la sua, finché Radish non dimentica tutto, pure di essere di fronte ad altre persone, tranne le incredibili sensazioni che gli sta provocando. Riuscendo a malapena a respirare, geme appena, sciogliendosi impotentemente.
Per quanto non sia di natura arrendevole, Radish non può mai togliersi dalla mente alcune delle caratteristiche della di lei specie, tra cui quello di essere creature molto territoriali e poco predisposte alla condivisione di ciò che considerano strettamente loro. Per lei, lui gli appartiene - come lei appartiene a lui -, e la vicinanza di Nike scatena involontariamente il suo istinto territoriale, portandola ad atteggiamenti atipici. Se lui le remasse contro, potrebbe scatenare qualche brutto pensiero nella sua più che turbata mente, motivo per cui evita e si lascia baciare tanto appassionatamente.
Alla fin fine poi, tanto male di certo non è.
«Di nuovo di buon umore?» Le domanda ironico una volta lasciato libero di allontanarsi, passandole le dita sul braccio e accarezzandolo dolcemente.
Gli piace farlo, ha notato Sherry; gli piace toccarla in modo casuale durante le conversazioni. Qualsiasi altra persona rischierebbe di rimetterci almeno le falangi nel cercare un contatto fisico non desiderato, malgrado nel tempo abbia imparato a controllarsi, ma non lui. È quella chimica che li ha legati sin dal primo sguardo, prima dell’unione dell’anima.
«Goditelo finché dura!» Scherza a sua volta, rilassandosi quando avverte il tocco caldo e confortante della sua mano sulla schiena.
In questi momenti, dove la guarda con quei grandi occhi liquidi, attenti e pieni di un sentimento tanto sincero, Sherry si sente sempre un po’ in colpa. L’ultima cosa che avrebbe mai pensato e desiderato era proprio quella di trascinarlo in una situazione del genere. In un certo senso, si sente poi anche peggio quando le lascia silenziosamente capire che non gliene fa assolutamente una colpa, ma che anzi è felice lo stesso.
Pur non essendo abituato a simili problemi a livello familiare e non avendo mai dovuto pensare a nessun altro all’infuori di sé stesso, non è certo nuovo alle guerre; l’unica cosa che gli dà fastidio, è solo il fatto che lei continui a voler fare da sola. Ma lo sa Radish: la scappatoia esiste, deve solo riuscire a trovarla prima che sia tardi.
Rizza lentamente la schiena quando la porta viene di nuovo aperta ed Everett fa il suo ingresso. Pur non essendo generalmente un uomo dalle espressioni particolarmente vivaci o allegre, quella che sta sfoggiando in questo momento non fa altro che concretizzare l’idea del Saiyan, secondo la quale c’è qualcosa che non va.
«Ehi! Perché quel muso lungo?» Domanda più allegramente Sherry, quasi non si rendesse conto delle emozioni negative del compagno.
Everett appare quasi confuso, forse per la prima volta pure per i futuri Sovrani del Sud. Ha le sopracciglia aggrottate e dagli occhi si capisce che sta furiosamente ragionando su qualcosa. Il fatto che respiri più lentamente poi, non fa altro che mettere i quattro un poco in allarme.
Se non sapessero per certo che a Darko è fregato relativamente poco della morte di Darren, tanto da affermare di non avercela minimamente con Radish, penserebbero che il suo strano umore sia dovuto a quello. Ma Darko sta bene, malgrado le molteplici preoccupazioni, quindi non riescono proprio a capire cosa possa turbarlo.
«Penso che sia il caso di prepararci. E in fretta, anche.»
Ce l’ha sempre avuto questo fastidioso vizio di parlare poco, di dire le cose a metà, ma mai come ora ha dato loro tanto fastidio.
«Perché?» Nike sa bene che l’assai poco gradita presenza del Saiyan non fa altro che farlo chiudere ulteriormente, così come sa che non c’è modo di cambiare il suo carattere, ma non può fare a meno di sperare che parli ugualmente senza dovergli strappare le parole di bocca.
«Perché Roman ha richiesto la vostra presenza il prima possibile.»
Nel sentire quel nome, Sherry e Radish si irrigidiscono senza neanche accorgersene. L’ultima cosa che volevano, era proprio rivederlo tanto presto. Sherry non ha mandato giù il suo muoversi alle sue spalle ed il tentativo di muoverla come una marionetta, a Radish invece non è andato giù il fatto che gli abbia in qualche modo incasinato il DNA.
Pur sapendo che prima o poi lo avrebbero per forza rivisto, sia per la sua importante posizione che per provare a risolvere in qualche modo la situazione spinosa di Bree, non pensavano certo che lo avrebbero rivisto tanto presto, tanto meno per aiutarlo.
«Da quando t’importa cosa dice Roman?» Scherza Blackwood, il cui sorriso sparisce velocemente quando incrocia finalmente gli occhi severi e freddi dell’amico. «Cazzo, è così grave?»
«Preparatevi e basta. Darko si sta occupando di muovere il resto del branco ed Hurricane i vostri.»
Se già l’idea di doversi muovere velocemente dopo una tanto insolita convocazione li aveva messi un poco in allarme, l’idea di dover muovere tutti quanti fa capire loro che la situazione è ben più grave del previsto e, con alte probabilità, pure pericolosa.
«Devono venire anche loro? Perché
«Non ha specificato niente, ma posso dire con sicurezza che la situazione si è aggravata ancora, in un modo che nessuno di noi aveva neanche considerato possibile.»


Non è stato facile muovere tutti quegli Spettri, non alla luce del Sole.
Un conto sarebbe stato muoversi a piccoli gruppi nella notte, ma così… così occorreva per forza l’ennesimo aiuto esterno.
Bulma non ha fatto troppe storie quando Radish le ha chiesto un veicolo abbastanza grande da poterne trasportare la maggior parte, volendo in cambio giusto la promessa di far sapere a lei e Chichi lo svolgersi delle cose non appena ne sapranno di più. Avrebbe voluto dirle di no Radish, soprattutto perché consapevole di quanto la compagna sia mentalmente fragile in questo momento, ed anche quanto sia normalmente poco predisposta a far sapere i fatti suoi in giro, ma ha ceduto alla svelta. Ed è stato proprio per colpa di Sherry se l’ha fatto, perché quella screanzata non ha voluto sentire ragioni ed è partita da sola.
Quando ha provato a farla ragionare, arrivando pure a strattonarla per un braccio per bloccarla, si è ritrovato costretto a dover indietreggiare velocemente col busto e bloccarle pure l’altra mano, così da evitare il suo tentativo di attaccarlo.
Non se lo aspettava minimamente. Le ha dato tante ragioni per rigirarglisi contro, ormai non tiene neanche più il conto delle volte in cui l’ha fatta incazzare sul serio, eppure si era sempre limitata a ringhiargli contro e ad inchiodarlo severamente sul posto con quei diabolici occhi rossi. Stavolta, invece, ha provato ad artigliarlo al volto, con quella cattiveria tipica della sua razza che lui stesso aveva come dimenticato.
In un certo senso, Radish aveva proprio dimenticato con chi ha a che fare, aveva dimenticato quanto la sua Sherry sia pericolosa. Non per lui in realtà, ma per tutti gli altri sì. Per quanto possa sembrare in genere civilizzata dall’esterno, sotto sotto è una predatrice. Una predatrice con una natura violenta, spesso autoritaria e talvolta ribelle, con un istinto animale profondamente radicato.
Non ha avuto altra scelta se non quella di lasciarla andare, con il resto del branco che la guardava quasi con disperazione ed il fratellastro che ribolliva dalla rabbia, mal trattenuto da Blackwood e Nike. Non ha avuto scelta perché tutti, lì in mezzo, si sono resi conto che ormai sta ad un punto critico, e che darle contro ed impedirle di fare ciò che sentiva meglio per sé, l’avrebbe solo spinta nella direzione peggiore.
Dopo aver quindi lasciato il controllo del veicolo a Micah, che sorprendentemente sapeva dove mettere le mani, ha osservato i pochi gruppi rimanenti allontanarsi di corsa, chi su due zampe e chi su quattro. Solo River è rimasto con lui, incapace di pensare di seguire il fratellastro.
Sulle prime pensava solo di partire con molto svantaggio, di arrivare probabilmente per ultimo, col solo ed unico scopo di evitarlo, ma alla fine Radish ha deciso che era meglio se era lui a trasportalo, così da guadagnare tempo. Avendolo con sé, non avrebbe neanche avuto bisogno di stare al passo degli altri per essere sicuro di dove andava.
Mentre lo teneva svogliatamente - ed anche con un certo imbarazzo - stretto tra le braccia ad alta quota, River si è lasciato andare alle proprie preoccupazioni.
Gli ha detto che in tutti quegli anni, mai una volta ha visto Sherry comportarsi in quel modo. È sempre stata sì aggressiva, ma mai una volta si è rigirata così male neanche contro di lui dopo che emergeva un nuovo tradimento, figurarsi se si aspettava che si rigirasse contro Radish per così poco.
Gli ha detto pure che il suo bizzarro appetito di quei giorni non gli piace. Secondo il suo parere, sta mangiando davvero poco, come se la carne non avesse più la stessa attrattiva ai suoi occhi. Radish gli ha detto subito dell’enorme bestia divorata prima di tornare dal branco, ma secondo l’Alpha non è sufficiente, considerando i suoi sforzi. Gli ha pure detto che l’ha beccata a mangiare dei fili d’erba, che per loro è un atteggiamento rarissimo che indica un qualche malessere fisico.
Gli ha detto che è stata anche assai bizzarra la sua mancata reazione dopo l’omicidio di Darren. Non sta infatti né in cielo né in terra che una come lei, per giunta col suo rango, lasci perdere così.
Col cuore in mano, alla fine gli ha chiesto se per caso Everett o Darko gli avessero accennato di un qualche possibile - e spera momentaneo - squilibrio emotivo e/o mentale dopo la resurrezione, ed il recupero della sua reale natura in così breve tempo, ma Radish gli ha detto che, per quanto ne sanno, è tutto a posto e non ci sono quel genere di rischi.
Già che erano in vena di chiacchiere un poco scomode, Radish gli ha chiesto se fosse bizzarro pure il suo atteggiamento cauto e passivamente aggressivo nei confronti di Nike, ma il lupo gli ha detto subito di no. Gli ha inoltre spiegato un piccolo dettaglio che d’ora in poi dovrà tenere a mente per evitare rogne inutili. Pur avendo ovviamente già notato ed intuito qualcosa, ha scoperto che in realtà è considerato altamente offensivo per un maschio di Spettro toccare la compagna di un altro, con la sola eccezione per chi ha vincoli familiari, o per un Re poco affabile come può esserlo Jäger. È dovuto alle loro origini territoriali. Sono molto liberi quando si tratta di sesso, tuttavia, quando si impegnano in una relazione, nessun altro uomo può toccare la donna in questione senza l’esplicito consenso del maschio. In alcuni casi, la violazione di questa regola può addirittura portare ad una violenta conclusione.
Ci ha pure tenuto a specificare che, in questo frangente, le loro femmine tendono sì ad essere più permissive, non irritandosi particolarmente se qualche altra donna ha un innocente contatto fisico col compagno, ma che sono anche molto più subdole: non è infatti insolito che fingano indifferenza, soprattutto di fronte ad atteggiamenti più invasivi e poi, una volta in disparte, massacrino l’avversaria o, ancor più spesso, se ne lamentino con qualcuno, così da aizzarglielo contro.
Lì per lì Radish non ha capito il perché di tali specifiche, ma River non ha fatto attendere una spiegazione assai ovvia: nelle Terre di Nessuno, per quanto incredibile, sono più civili e passano facilmente sopra a quelle che possono considerare come sviste innocenti, ma al Sud e al Nord no. Dovrà stare ben attento a come si rapporterà con Nike o le altre donne, e dovrà dire subito a Sherry o Everett - anche a lui, se lo vorrà - se qualche donna andrà a fargli discorsi strani su qualcun’altra, così da evitare pericolose esplosioni di rabbia.
A quel punto, Radish si è un poco preoccupato. Perché mai andare a lamentarsi proprio da lui? Non fa neanche parte della loro specie!
Anche stavolta, la spiegazione è arrivata veloce e chiara: dopo Sherry ed Everett, è lui quello con la carica più alta in assoluto, non solo in quanto Capitano ma perché consorte della Regina. Ha potere, adesso, e questo potere non farà altro che aumentare significativamente se riusciranno a prendersi il Nord. In molti arriveranno a cercare la sua simpatia e a chiedere i suoi favori, e dovrà stare ben attento sia a non mancare di rispetto né alle tradizioni né al branco, che anche a non essere né troppo rigido né troppo morbido.
Non aveva assolutamente preso in considerazione una cosa del genere. Non pensava neanche che per gli Spettri volesse dire tanto, essere il Sovrano. Eppure è così: ha un significato profondo, e l’intero andamento del branco dipende da quanto riesce ad essere solida e buona la loro guida. È così pure per i piccoli branchi di gregari che fanno affidamento ai loro Alpha, solo che un Sovrano ha sotto di sé tutti quanti.
River, sorprendendosi di sé stesso, si è ritrovato a provare compassione per il Saiyan. Seppur l’ascia di guerra sia ormai sepolta, non pensava che potesse provare qualcosa di simile per lui. È però successo perché sulle prime si è ritrovato a pensare a quante rogne porti un titolo del genere, a quanto possa essere talvolta svernante e tutto il resto, motivo per cui né lui né gli altri bastardi hanno mai pensato di chiedere di essere riconosciuti come figli legittimi, così da evitarsi qualsiasi tipo di fastidio. Poi si è ritrovato a pensare che sì, Radish sarebbe anche capace di farcela, soprattutto considerando tutte le incredibili novità che entrerebbero in vigore durante il suo atipico mandato. Però non sa niente, sulle casate nobili. Manca dell’istruzione che lui e altri pochi bastardi hanno voluto ricevere - pentendosene dopo poco. Pur essendo consapevole di tantissimi aspetti della loro bizzarra specie, Radish manca proprio delle basi per poterla guidare in sicurezza. È per questo che ha provato compassione e, con grande sorpresa da parte di entrambi, gli ha promesso che troverà il modo di istruirlo su quelle basi.
Come farà, considerando quanto dovrà allenarsi, non lo sa, ma un modo è sicuro di poterlo trovare. Magari si avvarrà delle conoscenze di alcuni suoi parenti presenti e di Darko, sperando di trovarli ben disposti a fare da insegnanti.
Adesso non possono far altro che restare al limitare del confine col Regno delle Fate, in attesa che arrivino anche tutti gli altri. Quelli che erano montani sul velivolo di Bulma, che hanno pure avuto la premura di portare con sé dei vestiti per i compagni che hanno eseguito la muta, adesso si guardano nervosamente attorno con i nervi a fior di pelle.
Gli ha velocemente detto che Roman non si era mai preso il disturbo di convocare nessuno, malgrado la loro storia abbia visto tiranni crudeli e spietati come forse nessun altro. Se stavolta li ha convocati tutti lì, significa solo che è successo qualcosa di grave, qualcosa che può minare anche ai suoi territori e che, di conseguenza, ha bisogno del loro intervento se vuole evitare la totale chiusura della barriera che rende i suoi territori invisibili agli occhi degli umani.
Quando finalmente vede arrivare Sherry, col volto imperlato di sudore e le gambe pesanti quando cammina, molto affaticate dopo la corsa volontariamente prolungata, Radish si sente di colpo meglio. Sa bene di non poterle fare costantemente da balia, non lo vuole neanche in realtà, ma il saperla praticamente da sola con tutta quella situazione lo ha reso assai nervoso. Se non ha fatto niente che potesse farla innervosire di più, è solo perché in fondo sapeva bene che gli altri tre non si sarebbero mai fatti staccare troppo. Infatti arrivano non molto dopo, sfoggiando però delle espressioni meno stanche rispetto a lei.
Le si avvicina e le porge uno dei vestiti che gli altri hanno portato, avvolgendole poi un braccio attorno alla vita e stringendola un poco a sé.
«Per quanto il momento suggerisca l’esatto opposto, penso davvero che tu debba allentare un po’ la presa.» Mormora vicino al suo orecchio con un sorriso, mostrando la fossetta che lo fa sembrare molto più cordiale. Ce l’ha solo sulla guancia sinistra - una leggera imperfezione che non fa che potenziarne il fascino agli occhi della compagna.
Avendo però i nervi troppo a fiori di pelle, l’ultima cosa alla quale potrebbe pensare è proprio riposarsi e rifocillarsi a dovere. Per quanto la riguarda poi, il suo malessere è puramente emotivo, fisicamente si sente perfettamente in grado di affrontare qualsiasi cosa.
Senza dirsi una parola di più, i due si incamminano con passo sostenuto verso l’abitazione di Roman, affiancati da Everett, Nike e Blackwood ed infine seguiti dal resto del gruppo.
Sono tutti nervosi, chi più chi meno. C’è chi teme principalmente per la propria sicurezza, chi per quella dei piccoli che fremono dalla voglia di andare a correre e giocare tutti insieme, e chi invece si sforza di ampliare i propri orizzonti e si preoccupa per tutti quanti. Se il branco di Sherry mantiene adesso una parvenza di serenità, è solo per la rassicurante presenza del Saiyan. Per quanto qualcuno abbia sviluppato l’idea che Roman possa volerli trarre in trappola, sanno bene che con l’extraterrestre non corrono particolari rischi.
I cinque in cima la gruppo camminano silenziosamente, mantenendo una formazione compatta. Nike, di tanto in tanto, lancia veloci occhiate alle proprie spalle, giusto per assicurarsi che i figli abbiano capito che in questo caso non possono essere commessi errori di alcun genere.
C’è qualcosa di particolare nell’aria. Non è il consueto odore dolce ed invitante del sangue fatato, non è neanche quello che nasce durante un inseguimento ed il successivo spargimento di sangue. È un insieme di nuovi odori sconosciuti, scie di sangue giovane e, indubbiamente, di tanto dolore.
«Attento che ti trasformo eh!» La voce allegra e potente di Mordecai, che assieme agli altri si sta avvicinando al gruppo per dare man forte, attira involontariamente la loro attenzione.
«In cosa?»
«In un petardo che non scoppia.»
«Pensavo peggio.»
«Così ti danno fuoco continuamente.»
Blackwood non riesce a trattenere una lieve risata nell’ascoltare il battibecco tra Mordecai ed un alterato Maddox, che adesso sbuffa come una locomotiva.
Nel sentire la sua risata, Mordecai si discosta ulteriormente da quel senso di paura generale che sta provando a contagiarlo e, puntandogli un dito contro, afferma: «A te invece… in maniglia interna di cesso dell’autogrill!»
«Ma che schifo, dai!»
«Sapete in cosa vorrei trasformare Jäger? In mulo parlante! Poi lo metterei in un recinto di cavalli finocchi per sentire che cosa dice.» Cos’altro potevano aspettarsi da Micah, se non un commento simile? In fondo è ben risaputo che lui e la delicatezza vivono su due pianeti opposti.
«Sono sempre stata dell’idea che se la intende con quell’altro sadico bastardo.» Borbotta a denti stretti Nike, irrigidendo istintivamente i muscoli quando avverte Roman avvicinarsi.
«Magari! Non avrebbero avuto gli interessi morbosi che invece hanno.»
Freddo, gelo mortale.
Sherry volta repentinamente la testa, attirata da quella voce allegra sin troppo familiare, e Bree è ad una buona distanza da tutti loro, guardinga.
Per quanto voglia mostrarsi calma, rabbrividisce visibilmente per il disprezzo glaciale sul suo volto mentre la scruta. Vede le pericolose striature cremisi nei suoi occhi, e la sua bocca è tirata in una linea piatta e crudele. Pure l’espressione di Radish le mette i brividi, essendo un qualcosa di diverso da qualunque altra abbia mai visto, un mix di gelida furia ed estremo disprezzo.
Sa bene di non poter essere attaccata, non in quei territori, ma sicuramente non può dirsi tranquilla. Troppi sguardi inferociti la stanno puntando adesso, e l’arrivo di Mimì alle proprie spalle non aiuta di certo.
«Mamacita!»
Il caldo sorriso di Micah però la conforta un poco. Le era mancato davvero tanto, il suo pazzo fratello.
Major, tenendo sempre Domino dietro le proprie spalle in segno di protezione, si avvicina cautamente a Sherry e, non senza un briciolo di incertezza, le poggia una mano sulla spalla per attirarne lo sguardo.
«Sher…?» Non c’è bisogno di aggiungere altro. Riconoscendola come loro Regina, sanno bene di non potersi avvicinare amichevolmente a Bree senza rischiare violente ripercussioni da terzi o essere proprio bollati come traditori ma, dopo il suo semplice cenno col capo, sanno di potersi comportare in modo più sciolto.
Le si avvicinano tutti e quattro con passo svelto e la stringono in soffocanti abbracci, facendo pure un veloce saluto ed una carezza alla pancia sempre più grossa.
«Mamma ci ha detto che ti sei messa il cappio al collo, eh?» Scherza Maddox, sorridendo bonariamente quando avverte un calcetto contro il palmo aperto.
«E brava la mia sorellina!» Micah le avvolge un braccio attorno alle spalle e la strattona un poco, sperando con ancor più intensità che la loro spiacevole situazione si stabilizzi e risolva. In fondo anche per lei c’è da organizzare qualcosa!
Major, una volta lasciata andare la bionda, rivolge un’intensa occhiata all’umana dietro di loro. «Tu non ce lo dai un po’ di zucchero?» Le sorride con quell’aria innocente e gentile capace sempre di infondere un briciolo di sollievo.
Sicura che non le verrà fatto alcun male - è abbastanza certa che nessuno dei loro lo abbia anche solo mai pensato - butta le braccia al collo dello Spettro, stringendolo con forza.
«Si sistemerà tutto, vedrai.» Mormora vicino al suo orecchio quando la sente tirar su col naso, incapace di sopportare le sue lacrime «Ricordati sempre di chi siamo figli, okay?»
L’insopportabile e avvilente stanchezza che accompagna Sherry da qualche giorno, di colpo sparisce. Al suo posto prende vita uno strano mix di risentimento, nostalgia e dolore. Vorrebbe poterla abbracciare, assicurarsi che i cuccioli e Mimì stiano bene, dirgli di tornarsene a casa o in qualsiasi nascondiglio migliore finché la bellicosa situazione non si sarà chiusa, ma sa bene di non poterlo fare.
Si limita quindi ad intrecciare le dita con quelle di Radish, e a trattenere con forza le lacrime.
Il Saiyan sente il suo dolore e, stavolta senza alcun imbarazzo o fastidio, rafforza la presa con la mano, come se così potesse risucchiarle via quel maledetto dolore.
«Vi ringrazio immensamente per essere venuti così in fretta.»
Nel sentire la calda e gentile voce di Roman, Sherry avverte una nuova ondata di cieca furia travolgerla. Vorrebbe attaccarlo, vorrebbe staccargli la testa dal collo a morsi, vorrebbe farlo soffrire… ma Radish glielo impedisce, continuando a tenerle le dita ben strette alle sue.
«Che cosa vuoi?» Ringhia a denti stretti, parlando pure per la compagna. D’istinto le si piazza in parte davanti, così da farle da scudo ed anche per impedirle movimenti azzardati, per quanto pure lui muoia dalla voglia di fargli del male.
«Intanto farvi le congratulazioni, direi.»
Blackwood piega le labbra per un sorriso cupo, privo di umorismo. «L’odore è una grande forma di comunicazione…» Afferma con tono insolitamente piatto, lo sguardo nei suoi occhi è freddo e distante «Come mai sento un così forte odore di vaffanculo
«Black!» Gli ringhia contro Nike, venendo bellamente ignorata.
«Sempre il solito cucciolo arrogante.»
«Non immagini quanto.» Sa bene di non poterlo battere, ma che gli importa? Toccando lui, scatenerebbe non solo tutti gli Spettri presenti, ma anche l’ira di tutto il Sud. Per quanto lui possa difendersi a dovere, quante Fate perirebbero nello scontro? La loro magia può solo fare del bene, al massimo occultarle, ma dubita altamente che possa molto contro la potenza di quello speciale Drago magico di cui gli ha parlato Everett.
«Avevamo di meglio da fare, bello.» Sibila Micah, assottigliando lo sguardo e gonfiando istintivamente i muscoli. Certo, sta proteggendo Bree, ma il colpo basso a Sherry e Radish di certo non se l’è scordato.
«Perché ci hai fatti venire qui con tanta urgenza?» Domanda cautamente Maddox, senza mai permettere a moglie e figli di passargli davanti. È il più forte, tra loro, e farà sempre loro da scudo di fronte ad ogni pericolo.
Roman non risponde neanche. Abbassa per qualche secondo gli occhi, e per tutti è evidente che sta soffrendo.
In un contesto diverso, Sherry ne sarebbe dispiaciuta e si preoccuperebbe un minimo per lui, ma adesso… adesso avverte un gelido piacere grazie alla sua sofferenza. Prova lo stesso una certa preoccupazione però, ma non per lui. Ci sono troppi odori fuori luogo, provenienti da quella che può essere considerata la sua tana principale, proprio di fianco all’ingresso del reale Regno delle Fate.
Everett, Blackwwod e Nike si portano al fianco della ragazza, consapevoli di quanto la situazione sia atipica. Da quelle parti c’è sempre e solo l’odore di Roman e dei pochi Spettri che, di tanto in tanto, vi transitano, ma quelli li conoscono tutti. Questi odori sono nuovi ed in breve comprendono che non fanno parte di alcuna fazione conosciuta.
Roman fa loro segno di seguirli, rimanendo sempre in silenzio, e i due branchi si muovono cautamente dietro all’antico Spettro. Radish non si allontana di un centimetro dal fianco di Sherry, tenendo la guardia alta e i sensi amplificati più che può. Sente di non potersi fidare di Roman, per quanto dia costantemente prova di essere apertamente dalla loro parte.
Una volta usciti dalla boscaglia, si ritrovano di fronte ad una scena che davvero non si potevano aspettare.
Giovani Spettri tra i quattro e i quindici anni, forse giusto un paio hanno raggiunto la maggiore età, ovvero quelli “fieramente” in piedi in fondo al gruppo. Tanti, tantissimi giovani Spettri.
Sono evidentemente terrorizzati, ammassati l’uno sull’altra. Sui corpi magri sono ben visibili i segni di ferite molto recenti, molti hanno ancora il sangue secco sparso qua e là. Le poche vesti che indossano sono lise e sporche, i capelli arruffati.
Si stringono l’un l’altro man mano che il numeroso gruppo si avvicina. Piegano le teste, le nascondono tra le braccia o tra le ginocchia. Piagnucolano, chiedono pietà e aiuto, in pochi tendendo con crescente timore e angoscia un braccio magrolino col palmo della mano rivolto in alto, in segno di sottomissione.
Non riescono a parlare davanti a questa scena straziante. In molti si ritrovano pure a trattenere il respiro. Per quanto la vita non sia stata particolarmente gentile per nessuno dei presenti, non riescono a ricordare di essere mai stati tanto disperati e terrorizzati da piegarsi così tanto. Non ricordano neanche l’ultima volta in cui hanno visto un gruppo tanto numeroso composto unicamente da bambini e ragazzini, non dal momento che tutti gli Alpha - o quasi - hanno combattuto e ucciso il precedente Alpha del branco per prenderne il comando.
«Chi sono?» Mormora con voce un poco incerta Hurricane, giunto al fianco del fratellastro per poter osservare meglio.
«Non tutti i branchi si erano uniti a te, Sherry. Loro sono ciò che ne è sopravvissuto dopo che Daryl e alcuni dei suoi li hanno trovati.»
Di colpo Sherry sente come se il petto potesse esploderle dalla forza del suo cuore che martella nella cassa toracica, e la calda bile le risale in gola. Sente che è solo colpa sua; se non avesse fatto quello che ha fatto, non sarebbe successo niente. Se avesse continuato a mantenere un basso profilo, se non avesse riunito i branchi sotto al proprio comando, se non avesse tanto sbandierato la sua relazione, Jäger non si sarebbe scatenato, e i suoi fedeli non sarebbero mai usciti a pattugliare quante più terre possibile per stanarla; non ci sarebbe stato nessun attacco, e tutte quelle persone sarebbero rimaste al sicuro, vivendo la loro vita, invece di morire e lasciare da soli tutti quei giovani. Ora ha altre centinaia di vite sulla coscienza.
«Sher…» Non si era accorta dell’arrivo di Micah alle sue spalle, della sua mano sulla spalla e del suo alito caldo sulla guancia.
Volta di scatto la testa per incrociare gli occhi cristallini dell’amico fraterno, che però non la stanno guardando, troppo presi dalla figura di un bambino di circa dieci anni.
Sherry segue il suo sguardo, e ad un primo impatto non nota niente di particolare. Lo esamina con attenzione a partire dall’altezza elevata per la giovane età, col corpo un poco più muscoloso rispetto a quello dei compagni, i liscissimi capelli lunghi quasi fino alla vita di un dolce castano ramato, il naso un poco aquilino e leggermente storto verso destra, le labbra sottili attraversate da una sottile cicatrice. Niente in lui potrebbe risultarle più anonimo e sconosciuto, se non fosse per un dettaglio assai importante: gli occhi. Se già l’eterocromia dell’iride è assai rara, quante possibilità esistono che abbia pure gli stessi colori, nella stessa percentuale e sempre nell’occhio sinistro?
Volta di nuovo lo sguardo verso Micah, trovandolo incredibilmente serio mentre la osserva di rimando. Poi annuisce, mormorando: «Si chiama Tristan… è figlio di Rafe.»
«Ma co— no, aspetta. Lui…?»
«Abbandonò la ragazza quando scoprì che era rimasta incinta e, avendo già sentito alcune voci, è venuto a cercarci.»
A cercarmi, pensa Sherry. Il misterioso passato di Rafe li aveva sempre un poco incuriositi, un po’ come li aveva insospettiti il suo spropositato interesse nei confronti dell’Alpha, ma non avevano mai davvero indagato. Aveva detto chiaramente che era successo qualcosa di orrendo, che aveva commesso “uno stupido errore del cazzo” e per quello aveva preferito andarsene, ma di certo non avevano mai preso in considerazione l’idea che “lo stupido errore” potesse comprendere dei figli, complice anche la tenera età che avevano al tempo.
A Sherry si spezza il respiro in gola.
Nella sua mente, tutti loro sono orfani solo per colpa sua, e chissà in quanti non ce l’hanno fatta. Quel bambino in particolare è cresciuto senza la figura paterna anche per colpa sua, della sua maledetta fama che si era diffusa a macchia d’olio anche tra gli Spettri randagi.
Non ha idea di come agire, stavolta.
Delle fastidiose macchioline nere le appaiono davanti agli occhi per la mancanza di ossigeno e, d’istinto, li chiude, come se così i problemi potessero svanire, come se tutto potesse sistemarsi.
Senza volerlo poi, lascia riaffiorare l’ultimo ricordo che ha di Rafe…

«Andiamo, perché non vieni qui a prenderti cura del tuo uomo? Partirò tra poche ore, lo sai. Non vorrai mica che le tue mancate attenzioni mi portino sfortuna?» Fa leva sulle sue strane inclinazioni superstiziose per convincerla, con un tono così derisorio ed arrogante che è un miracolo se non gli strappa la lingua a mani nude.
Si limita però a sospirare, continuano a guardare davanti a sé. Il Sole sorgerà tra meno di un’ora ormai, e tutto attorno a loro è avvolto dal silenzio. C’è giusto il rumore di alcuni insetti a far loro compagnia, e di questo Sherry ne è davvero felice. A parte Fern, trova la presenza umana un qualcosa di davvero fastidioso. Malgrado in parte lo sapesse, si è rivelata una specie incredibilmente distruttiva, con la tecnologia che si sta evolvendo molto più velocemente rispetto alla moralità e al buon senso. Ogni generazione è più avida della precedente, e con ogni progresso tecnologico fa sempre più danni. Ragionando in termini di decenni, non si preoccupano per il futuro. Li considera ormai come un bambino che rompe un giocattolo per divertirsi, senza preoccuparsi che l’indomani non potrà più giocarci.
La sua, di specie, non è perfetta, anzi ormai non tiene neanche più conto dei difetti, ma almeno tendono a devastare solo loro stessi. Le loro terre sono prive di inquinamento, l’aria è pulita…
Se solo riuscissimo a migliorare anche il resto…
«Credimi, il sesso non cambierà l’esito di questa tua scelta idiota.»
Troppo stanca per muoversi, si limita ad ascoltare il rumore prodotto dal suo spostamento, e a trattenere la voglia che ha di frantumargli le ossa quando si inginocchia al suo fianco. Non sa bene cosa ci trovi in lui, con quella sua insopportabile arroganza e la superba convinzione di valere molto più di chiunque altro, e pensa di poter attribuire questa attrazione più che altro al suo aspetto. Rafe è indubbiamente un bel ragazzo, con il fisico possente, i capelli scuri sempre spettinati che gli ricadono sull’occhio bicolore. Trova affascinante questa sua caratteristica, che invece lui pare non tollerare.
Rimane indifferente anche quando, stringendosi possessivamente a lei, le preme l’erezione contro il fianco. Non reagisce neanche quando si china a baciarle la zona sensibile del collo, nella speranza di riaccendere il suo desiderio. Fare sesso è l’unica cosa che li tiene uniti in fondo, ma a lui basta e avanza. Un esemplare come lei è troppo raro e prezioso per lasciarlo andare “solo” perché caratterialmente incompatibili.
«Pensi forse che non possa batterlo?» Ridacchia, divertito dalla sua malafede, piegandosi poi velocemente per poter raggiungere uno dei piccoli seni, succhiandolo avidamente ed un poco dolorosamente.
«Non lo penso affatto, Rafe.» Risponde quasi seccata, indifferente alle sue attenzioni, malgrado il suo corpo con quei muscoli potenti coperti dalla pelle abbronzata e con quella lieve striscia di peli sull’addome che conducono al grosso membro non l’abbiano mai lasciata indifferente. Purtroppo per lui però, non riesce a provare attrazione nei confronti di quello che considera ormai come un morto che cammina. «Lo so per certo.»
Colpito nell’orgoglio dalla sua dura affermazione, la spinge con forza all’indietro, infilandosi con prepotenza tra le sue gambe. Le tiene una mano attorno alla gola e le mostra le zanne, incapace di accettare che non lo creda all’altezza del compito che si è prefissato.
«Non mi piace questo tono.»
«Ti consiglio caldamente di lasciarmi andare, o non arriverai neanche al momento della partenza. Non tutto intero, almeno.» Tiene un artiglio premuto sulle sue palle, fissandolo trucemente con i suoi veri occhi.
Per quanto spesso si comporti come uno stronzo altezzoso, non lo vuole morto. Rafe ha probabilmente più difetti che pregi, questo è vero, ma non merita di morire, tanto meno merita l’orrenda fine che Jäger gli riserverebbe prima di esalare l’ultimo respiro.
Facendo leva sulle braccia, si slancia all’indietro e rimane ritto sulle ginocchia a fissarla, reso cieco ed eccitato da un potente mix di rabbia, lussuria e superbia.
«Quando lo avrò ammazzato, non potrai più parlarmi così. Non lo tollererei mai dalla mia Regina.» E detto questo si rimettee in piedi. Dal momento che di fare nuovamente sesso non se ne parla proprio, vuole bere un po’ d’acqua prima di andarsene, magari anche mangiare ciò che rimane del procione che hanno preso come spuntino prima di andare alla sua tana.
«Prova a ragionare per un cazzo di secondo, una buona volta!» Gli ringhia contro, frustrata per la sua cocciutaggine. Pure i suoi fratelli adottivi hanno abbastanza sale in zucca da capire che lanciarsi contro Jäger è una mossa idiota, il fatto che lui invece non ci arrivi la destabilizza ed urta all’inverosimile. «Per quale motivo, secondo te, è tanto temuto sia al Nord che al Sud? Perché non sapevano di chi preoccuparsi e, completamente a casaccio, hanno puntato il dito contro il primo stronzo che passava?»
Sulle prime pare anche pensarci su, ma poi un sorrisetto arrogante gli increspa gli angoli della bocca, e Sherry capisce che sta solo sprecando fiato.
«Sono dei coglioni.»
«Tutti, eccetto te?!»
«Esatto.»
Non può fare molto per convincerlo a rinunciare, se non parlarci. Se lo massacrasse di botte e lo umiliasse, rimanderebbe solo l’inevitabile. Le basterebbe perderlo di vista per poco e lui partirebbe, ancor più deciso a volerlo affrontare per dimostrarle che si sbagliava. Soggetti simili non possono essere contenuti, motivo per cui Mezcal decideva di eliminarli subito.
Sospira, frustrata, e gli rivolge il miglior sguardo gentile del suo repertorio, con risultati discutibili.
«Rafe…»
«Non ti rende felice il pensiero che sto per realizzare il tuo sogno, Sherry?» Le prende il viso tra le mani, e la guarda con una tale eccitazione negli occhi che le dispiace solo di più per lui. La sua passione e determinazione sono ammirevoli, ma la sua superba arroganza lo rendono davvero cieco e stupido.
«Nessuno eccetto me realizzerà mai quel sogno, Rafe. Non lo permetterei a nessuno, pure tu dovresti arrivarci.»
Lascia scivolare un braccio attorno alla sua vita e la stringe a sé, sfiorandole il labbro inferiore col pollice mentre sfoggia un sorrisino sghembo che, per un secondo, le fa temere di doverlo davvero uccidere. Sarebbe certamente una fine più clemente rispetto a quella che gli donerà Jäger, ma non è il tipo che uccide i membri del suo stesso gruppo.
«Se non hai intenzione di usare questa bella bocca per succhiarmi il cazzo, allora puoi anche stare zitta. Non m’interessa il tuo inutile parere. Andrò al Nord e lo ucciderò, ecco quanto. Quando sarò Re, tornerò a prenderti, e tornerai buona, buona al Nord con me, come mia Regina.»
Malgrado non abbia più intenzione di provare a convincerlo in alcun modo a rinunciare, non dopo questa uscita infelice e maligna, le pare doveroso rammentargli un fondamentale dettaglio che pare sfuggirgli.
«Pur quanto tu sia forte, non sarai mai al suo livello. Io stessa sono in grado di ucciderti, e lui è su tutto un altro livello, un qualcosa che tu non puoi neanche immaginare.»
Le regala il suo sorriso più luminoso, prima di darle un appassionato bacio sulla bocca. Stuzzica per una manciata di secondi la sua lingua e poi, dopo averle strizzato volgarmente una natica nuda, si dirige verso l’uscita della tana con passo veloce e sicuro.
«Quando tornerò, riparleremo di questo tuo atteggiamento indisponente nei miei confronti, okay? Fino a quel momento, vedi di non dare a nessuno ciò che è mio.»
Andato, perso per sempre.
Non può fare niente per bloccarlo. Sarebbe tutto inutile, uno spreco di energie preziose, le stesse che dovrà sempre impiegare per proteggere la sua famiglia.
Nel momento esatto in cui sparisce per sempre dalla sua vita, un’idea folle prende forma nella sua mente: un giorno, chissà quando, avrà la forza necessaria per tenere al sicuro quanti più Spettri possibile, anche a costo di rompersi ogni singolo osso in corpo e di sudare sangue per riuscirci… e troverà il modo di cambiarli, plasmando così una nuova generazione di Spettri. Una più intelligente, più evoluta e pacifica, una che saprà far fronte comune di fronte al nemico.
Un giorno…


Questi ragazzini hanno perso tutto, sono soli al mondo.
Il suo branco ha sofferto troppo in tutti quegli anni.
Al Sud sono sul piede di guerra, pronti ad inzuppare la terra col sangue degli avversari tanto quanto con il loro.
Tutto questo è assolutamente intollerabile.
Apre di nuovo gli occhi, il respiro si è fatto forte e regolare.
I vari orfani le sembrano sul punto di una violenta crisi di pianto, mentre alle sue spalle un paio di Spettri stanno cominciando a parlarsi con toni un po’ troppo vivaci per i suoi gusti. Ad occhio e croce, capisce che lo stesso vale anche per Blackwood, che volta la testa per guardarli storto e ammonirli con un profondo ringhio.
Ma non basta. Non può bastare, non quando quei due sembrano fermamente convinti di ciò che stanno dicendo, non quando stanno cominciando a ringhiarsi contro di essere degli stupidi ed inutili animali rabbiosi.
In-tol-le-ra-bi-le.
Non sa dove stia trovando la forza per muoversi, neanche come sia riuscita a liberarsi dalla presa che Radish esercitava sulla sua mano, sa solo che si sta facendo spazio tra la folla, fino a ritrovarsi di fronte ai due. Ashton la guarda con timore e abbassa repentinamente il capo, consapevole del proprio errore, ma questo non è sufficiente. Lui, esattamente come l’altro ed anche tutti i presenti, orfani compresi, devono capire davvero qual è la maledetta posta in gioco.
Prima che riescano ad allontanarsi, li afferra con forza per i capelli e li picchia l’uno contro l’altro, lasciandoli poi cadere a terra con aria confusa e dolorante.
«Noi. Non siamo. Animali.» Sente una nuova rabbia montarle dentro, ed un sottile velo rosso le scende sugli occhi mentre li guarda, sconvolti dal suo scatto ed impauriti dalla possibile reazione di Blackwood. «Volete essere i loro giocattoli, il loro divertimento? Volete continuare a nascondere la coda tra le zampe, finendo poi con lo scannarci tra di voi? ALLORA, È QUESTO CHE VOLETE?!»
Il corpo è leggermente scosso dalla rabbia e dalla trattenuta violenza che le sta facendo bruciare i muscoli, ed anche Radish si sente come infiammare nel vederla così. Questa è la Sherry che gli ha fatto perdere la testa, quella che voleva sbattere su bancone del Neon la sera che la vide massacrare quei balordi. Malgrado non sia la Sherry con la quale avrebbe passato
troppo volentieri il resto della vita, è senza dubbio quella che gli ha fatto girare la testa all’inizio, quella che gli ha fatto affluire buona parte del sangue all’inguine in un istante e che, anche adesso, vorrebbe scopare spietatamente di fronte a tutti.
«È tutta la vita che vivo nella paura… e per cosa? Per essere trattata come un animale? NON LO SIAMO! POSSIAMO ANCORA SCEGLIERE!»
Gli occhi dei vari Spettri cominciano ad illuminarsi, di colpo affascinati, eccitati e mortalmente attratti dalla sua furia, sedotti dalle sue parole sputate con ferocia. Sono stanchi proprio come lei di quella vita, di doversi nascondere, di doversi sempre guardare le spalle.
Pure Blackwood segue i suoi movimenti felini con attenzione, sogghignando. Aveva sì capito che sarebbe stata un’alleata più che valida, ma certo non si aspettava che tirasse fuori una tale grinta. Essendo a conoscenza di più cose di quante forse vorrebbe, pensava che di fronte a tutti quegli orfani si sarebbe irrimediabilmente spezzata. Invece eccola lì, che fronteggia pure i suoi lupi, che li scruta con attenzione, che li ammalia senza doppi fini e senza menzogne, sbattendogli con forza la verità in faccia. Non è del tutto certo che sarebbe riuscito a fare altrettanto.
È deciso: con mio padre, ci parlerai te!
«Cos’hanno loro più di noi?! Sono dei CODARDI! Si nascondono dietro ad un folle! SANGUINANO, dalle vene, proprio come noi!»
Non ha mai provato una tale voglia di uccidere, non ha mai desiderato il sapore del sangue con una tale intensità. Per una volta però, non se ne preoccupa affatto. «COM-BAT-TE-TE! COMBATTETE PER L’ONORE! PER LO SPETTRO AL VOSTRO FIANCO! PER LA MADRE CHE VI HA MESSO AL MONDO! PER I VOSTRI FIGLI! PER IL VOSTRO FUTURO! PERCHÈ IL VOSTRO NOME SOPRAVVIVA!»
Ululati e ruggiti sovreccitati si levano con forza in aria. Tutti si sentono stimolati e caricati, adesso bramanti di sangue tanto quanto lei. Ashton ed il Cacciatore del Sud si stringono la mano, e si promettono di allenarsi in coppia, di insegnarsi l’un l’altro le proprie metodologie d’attacco.
Sherry, con passo lento e sguardo assassino, si dirige alla postazione originaria, rimettendosi così al fianco di Radish.
«Però, ci sai fare con i discorsetti…»
Sente la sua mal trattenuta eccitazione sessuale nella voce bassa e roca, sente il suo sangue scorrergli bollente e veloce nelle vene. Prima di poterlo afferrare malamente per un polso e trascinarlo in un luogo appartato però, è necessario spendere un altro minuto per non “mancare di rispetto alle buone maniere”. Mentre viene affiancata da un orgoglioso e sorridente Everett, si volta verso Blackwood e Nike e, dopo essersi squarciata il palmo con gli artigli ed aver portato il pugno chiuso in mezzo a loro, domanda: «Ho l’appoggio del Re e della Regina del Sud?»
Non che ce ne sia realmente bisogno, non quando loro lo vogliono morto da ben più tempo e per motivi altrettanto validi, ma non è cosa buona trascinare in guerra una fazione senza il suo consenso esplicito. Oltretutto, fare un accordo di sangue è un impegno non troppo differente da quello che ci si assume col partner scambiandosi il Morso, fatto che rende il tutto molto più potente.
Con un’impercettibile movimento, Everett allunga una mano di lato e, con l’ausilio di un artiglio, apre una piccola ferita nel palmo di Radish. In quanto Re consorte deve mettere per secondo il pugno insanguinato sul suo, malgrado gli venga negata la possibilità di battersi.
Per Radish non è certo un problema, abituato com’è ai loro graffi, e senza neanche pensarci porta il pugno su quello della moglie. In fondo se Blackwood l’avesse fatto prima di lui, alcuni avrebbero potuto vedere quell’ennesimo contatto fisico come una provocazione, e Radish sa bene che è meglio evitarlo.
Una volta fatto, Blackwood si muove in automatico, con un grande sorriso emozionato in volto: «Andiamo a spaccargli il culo.»
Nike mette poi a sua volta il pugno, seguita infine da Everett. Senza neanche volerlo, si sono effettivamente segnati dal più giovane al più grande.
«La nostra sarà una vendetta monumentale, dolcezza.» Gli occhi di Nike si macchiano di rosso sangue, un sorriso malevolo le si apre in volto.
Facendo un passo indietro, i quattro Spettri piegano la testa all’indietro e liberano i loro ululati, ed il gioco è fatto: di fronte ad un numero assai considerevole di testimoni, hanno sancito col sangue un’alleanza contro un nemico comune e, se non fosse sufficiente, gli hanno dichiarato guerra come unica fazione.





ɴɢᴏʟ ᴅᴇʟʟ’ᴀᴜᴛʀɪᴄᴇ
Ma ben ritrovati, amici lettori! 😘
In questi giorni sono andata a corre - non so tutt’ora dove abbia trovato coraggio e voglia, so solo che me ne sono pentita tipo subito -, e mi sono ritrovata a pensare “Cazzo, certo che la storia è lunga. Ma lunga davvero! Dove la trovano la voglia di continuare a leggerla? Madò, si fosse trattato di un libro, non lo avrei mai preso. Troppo lungo!” 😱 Poi però ho anche pensato che ultimamente sto leggendo un libro abbastanza grosso - che, malgrado tutto, mi garbicchia pure -… ma la verità è che non è un libro solo: è l’intera trilogia in uno!
E lì ho avuto l’illuminazione: fossi stata un po’ più intelligente, avrei diviso in più storie pure questa - probabilmente approfondendo alcuni punti che, spero di no, sono poco chiari! Invece sono una deficiente conclamata ed ho fatto tutto insieme.
Sarò stronza? Sì. 🙃
Suppongo che la prima parte - il primo “arco”, se vogliamo - si sarebbe potuta concludere (ovviamente modificando e/o approfondendo un sacco di cose), con Radish che viene inserito nel branco dopo aver massacrato Darren. La seconda parte si sarebbe potuta aprire introducendo Jäger, che scopre dell’esistenza del Saiyan, e concludersi o con la morte di Sherry, o con l’arrivo di Blackwood. L’ultimo “arco”, se così vogliamo chiamarlo, avrebbe visto infatti la guerra che tra poco scoppierà (e, badate bene, non sta scritto da nessuna parte che sarà una guerra luuunga, okay? Lì come cadono i Re, l’esercito è sconfitto, intendiamoci!**) e, soprattutto, il dopo. Perché ci sarà un dopo… eccome se ci sarà!😈

Perché vi ho mollato uno sproloquio sui miei pensieri? Non lo so. Non ne ho davvero idea e, in tutta onestà, avrei pure paura ad indagare, quindi prendiamo anche questo per una cosa normale e bene così! 🤪
Comunque, non so perché, ci tengo a dirvi chiaramente che sto scrivendo in modo abbastanza strano e che per questo gli aggiornamenti potrebbero - spero di no - subire dei brevi ritardi. La verità è che il mio cervellino si è impuntato su capitoli futuri, e se non scrivo quelli ora non riesco a scrivere questi come vorrei.
È un casino!


Alla prossima settimana
Un bacione 😘
Kiki 🤙🏼


** tra l’altro, ho pure già deciso come intitolare il capitolo/i capitoli (a seconda di come mi gira, lo sapete)… e, boh, nel deciderlo mi sono pure sentita stupida a non averci pensato prima!

  
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