Ed ecco l'ennesimo capitolo, basato sull'ennesimo prompt di Soul_Shine per la Just stop for a minute and smile challenge, questa volta basato sul prompt #16. "Smettila di andare avanti e indietro, mi fai venire il mal di mare!"
“Potresti
smettere di andare avanti e indietro? Mi stai facendo venire il mal di
mare!” Mentre stava tenendo sotto controllo sul
portatile i movimenti
della loro ultima “vittima”, che Sophie–
nei panni della ricca vedova- si stava
lavorando, Becks sbuffo, tenendosi una mano sulla fronte ad enfatizzare
il suo
enorme disappunto.
Disappunto
nei confronti di Eliot, che era da giorni
che stava facendo un solco nel
pavimento andando avanti ed indietro a testa bassa, con le mani in
tasca, mugugnando
tra sé e sé.
“Oh,
scusami tanto se anche io ho dei problemi in famiglia!” Il
suo compagno – di
lavoro come di vita – si fermò, ringhiando come
una cane con la rabbia.
“Potresti anche essere un po’ più
comprensiva, sai? Perché vorrei ricordarti
che quando ti sei ficcata nei casini con tuo padre io ti ho aiutato!
Sono
perfino venuto a quella orribile cena fingendo di essere il tuo
ragazzo! E
comunque, la colpa è tua, perché tu
mi
hai convinto a parlare con lei! A me stava bene anche far finta che
fosse
morta, o a spassarsela al sole chissà dove!”
“Oh,
povero il mio nobile cavaliere…” Mentre guardava
il buon Alec e Parker entrare
nella casa delle vittima e piazzare la macchina del fumo e dei
proiettori
olografici per portare a termine il piano, Becks si riempì
la bocca di popcorn,
facendo una risatina. “Veramente, mi hai aiutata
perché ti sentivi in colpa per
aver riso di me. E perché quando mi hai vista con quel
vestitino striminzito ti
si sono attizzati i bollenti spiriti.”
Eliot
la guardò rancoroso, incrociando le possenti braccia
muscolose davanti al
petto, un movimento che metteva in evidenza ogni muscolo e ogni singola
vena,
facendole venire voglia di leccarsi le labbra. Lui lo notò-
come d’altronde
notava tutto, altrimenti non sarebbe stato così bravo nel
suo lavoro- e sgranò
gli occhi, furibondo, facendola arrossire.
“Becks!
È una cosa seria! Non vedo mia madre da quando avevo tredici
anni e adesso è
ripiombata nella mia vita, e….” sbuffava,
gesticolando. “Cosa cavolo le dovrei
dire, di me, intendo? Che faccio il cuoco in un pub? Non ci
crederà mai, prima
o poi inizierà a farsi delle domande, vorrà
sapere come faccio a vivere al di
sopra delle possibilità economiche di un cuoco.”
“Ma
tu fai il cuoco in un
pub.” Gli disse
in tono ovvio, facendolo infuriare ancora di più.
“Davvero
spiritosa. Mi rammenti perché stiamo insieme?”
Le chiese sarcastico, lanciandole addosso un foglio di
carta
accartocciato, quasi fossero stati due bambini di cinque anni.
Becks
fu tentata di rispondere in modo scherzoso, fare anche eli una battuta,
ma
sapeva che non era ciò di cui Eliot aveva bisogno.
L’improvvisa ricomparsa
della madre lo aveva turbato non poco, soprattutto perché
significava
affrontare il fatto che non aveva più un rapporto con il
padre ed il fratello
dai tempi in cui si era arruolato, e soprattutto chi
lui fosse dietro la maschera con cui si nascondeva al mondo.
“E
se provassi a dirle la verità? Non dico dirle proprio
tutto… potrei dirle che
sono un esperto di recuperi. Potrei raccontarle che lavoro per le
assicurazioni. Un po’ come faceva Nathan ai bei
tempi.”
A
Becks quasi andò di traverso l’acqua che stavo
sorseggiando.
“Giusto
per capire… le vuoi dire che lavori per far recuperare ai
ricchi i loro beni,
quando invece tu prendi ai ricchi
quei beni?” Gli chiese, sarcastica, a malapena trattenendo le
risate- c’era
qualcosa di davvero comico in quel ragionamento contorto di Eliot.
“E
che cosa le dovrei dire?”
si passò una
mano tra i capelli che aveva lasciato di nuovo crescere, e che
arrivavano di
nuovo alle spalle, proprio come quando si erano conosciuti. Aveva
ripreso a
camminare avanti e indietro per la stanza, e Becks stava iniziando ad
averne
abbastanza.
Solo
due giorni prima, Eliot non voleva nemmeno parlarci, con la madre.
Adesso,
stava considerando di raccontare la cosa più simile alla
verità su cosa
effettivamente facevano di lavoro nella vita quotidiana. “Che sono una
specie di Robin Hood che predilige
jeans, giacche di pelle e camicie di flanella alla calzamaglia e calci e pugni alle
frecce?”
Becks
scoppiò a ridere- una risata che fece arrossire Eliot,
perché gli ricordava in
modo impressionante la sua la volta che Becks gli aveva chiesto di
fingersi il
suo ragazzo, prima che si mettessero insieme per davvero –
una risata un po’
cattivella, se doveva essere sincero. “Mi fa piacere che
trovi la situazione
divertente.”
Becks
diede una rapida occhiata allo schermo, controllando che tutto fosse a
posto e
che le cose stessero andando per il meglio; constatato che Hardison e
Parker se
la cavavano alla grande, lasciò la sua posizione per
raggiungere Eliot. Si
tolse l’auricolare e, dopo
avergli
allacciato le braccia al collo, fece lo stesso per lui.
“Stai
cercando di traviarmi col sesso?”
Finalmente, Eliot sorrise, sornione, mentre la teneva stretta per la
vita.
“Perché sta funzionando. Alla grande.”
Becks
rise di gusto, affondando il volto sul petto di Eliot, nel ruvido
tessuto della
camicia di jeans. Gli diede un veloce bacio sulle labbra, e poi lo
guardò in
quei grandi occhi azzurri. “In realtà, ridevo
perché più che Robin Hood, io ti
ho sempre visto come il cacciatore. All’inizio della fiaba il
cacciatore lavora
per chiunque abbia un po’ di potere e lo paghi, ma alla fine
si redime, e si
mette al servizio del bene per annientare gli stessi da cui aveva preso
ordini.”
Le
passò una mano tra i capelli rossi, e le baciò la
fronte. “Quindi, non sono
così male come essere umano? Anche se ho fatto cose di cui
mi vergogno, c’è
ancora una possibilità per me?”
Mordendosi
le labbra, fece segno di sì. “E poi, guarda, io ti
ci vedo, vestito di pelle,
con tanto di ascia e un falco sulla spalla. Davvero, mi sembra di
averti qui
davanti agli occhi!”
Ridendo,
Eliot la strinse forte a sé.
“Tu,
ragazza mia,” le disse tra un bacio e l’altro,
“sei completamente pazza.”