«Sei
sicura che sia qui?» domandò Chloe, scrutando l'oscurità
del porto che avvolgeva l'auto, interrotta da qualche
lampione e qualche faro solitari. «È passata quasi una
settimana, avrà già lasciato la città, se non lo stato...»
Mazikeen aveva le caviglie incrociate sopra il cruscotto.
«No, è ancora a Los Angeles. Se avesse cercato di
andarsene, avrebbe dovuto usare i canali ufficiali e
l'avremmo pizzicato subito» rispose annoiata. «Fidati, le
mie fonti mi hanno assicurato che partirà questa notte.
Salirà sulla MSC Maxine, diretta a Mombasa. Che dovrebbe
essere da qualche parte in Africa» aggiunse.
Chloe prese il cellulare e fece una rapida ricerca,
strinse le labbra. «È una nave mercantile... I tuoi
informatori sanno in che giri è invischiato?»
«Importa avorio illegalmente» rispose il demone.
La detective ricordò le diverse cornici in avorio a casa
O'Neil, le pareva di aver visto anche altri soprammobili
di quel raro materiale, ma non sapeva dire se fosse avorio
importato legalmente o no.
Un movimento attirò lo sguardo di entrambe. Da dietro uno
dei magazzini, una figura con una giacca a vento e un
berretto ben calato sulle tempie era sbucato sul molo. Era
solo un'ombra in mezzo alla foschia che stava arrivando
dalla baia. Se si fosse comportata come suo solito, nel
giro di un'ora si sarebbero ritrovati con un muro di
nebbia, uno dei primi segni della fine dell'estate.
Scesero dall'auto e iniziarono a seguirlo. Quando furono
abbastanza vicini, Chloe riuscì a scorgere il colore fulvo
della barba dell'uomo, mentre passava sotto alla luce di
uno dei fari all'ingresso di un magazzino.
«Dorian O'Neil, LAPD, fermo!» ordinò Chloe.
L'uomo voltò il capo, ma come sentì nominare il
dipartimento di polizia, iniziò a correre nella direzione
opposta.
Mazikeen allargò le braccia e guardò la detective
incredula. «Perché li avvertite ogni volta? Volete proprio
che scappino?»
«Perché c'è una procedura da seguire, se non vogliamo
vederci annullare l'arresto da un giudice» rispose lei,
mettendosi a correre.
La demone sorrise divertita. «Be', meglio. Mi diverte
correre dietro ai questi rifiuti» disse, per poi iniziare
a correre a sua volta.
«Qui è l'unità 831, ho bisogno di un paio di pattuglie al
porto a controllare che nessuno salga a bordo della MSC
Maxine» spiegò Chloe al telefono, continuando a correre.
Non si curò della risposta, infilò il cellulare nella
tasca della giacca di jeans e curvò a destra, correndo
dietro al fuggitivo. Si ritrovò davanti al deposito di
container del porto, un dedalo di metallo ideale per
nascondersi o per un agguato.
Raggiunse una delle pareti di acciaio verniciato, vi posò
contro le spalle ed estrasse la pistola dalla fondina.
Rimosse la sicura e si sporse un istante oltre lo spigolo,
per poi tornare a nascondersi. Provò di nuovo, stavolta
scrutando la gola articiale più a lungo. Non vide alcun
movimento tra ombre che i container gettavano a terra. Si
infilò lungo il sentiero e avanzò a passo svelto, sino al
primo incrocio. Si avvicinò al limitar della parete,
tenendo la pistola con entrambe le mani, poi fece capolino
tendendo l'arma verso un vicolo chiuso. Fece una smorfia e
proseguì sino all'incrocio a T che trovò più avanti. Lì,
la luce della gru illuminava il percorso, se si fosse
buttata avanti, sarebbe stata un bersaglio facile. Se
fosse andata a sinistra, avrebbe avuto la luce alle
spalle, luce che era abbastanza bassa per dare noia agli
occhi nel caso fosse andata a destra. Se Dorian era
abbastanza disperato, avrebbe tranquillamento potuto
spararle. Forse non era così esperto da tenersi la luce
alle spalle, ma lui e il suo complice avevano ucciso un
uomo tramortito a sangue freddo, non poteva escludere che
avesse un minimo di addestramento. Tenne quindi le spalle
contro la parete destra, scrutando la via a sinistra, fin
dove lo sguardo riusciva ad arrivare senza sporgersi. Si
umettò le labbra e si sporse puntando l'arma verso destra.
La luce l'acceccò per un istante, sentì l'esplosione, il
colpo impattò contro il metallo alla sua destra, rimbalzò
colpendo la parete opposta. Chloe rispose al fuoco e tornò
a nascondersi.
Sentiva il cuore martellarle nel petto e rimbombarle tra
le orecchie. Un po' più a sinistra e il proiettile
l'avrebbe colpita. Sarebbe potuta morire. Se fosse morta,
forse avrebbe potuto raggiungere Lucifer. Per poco non si
buttò nel corridoio, sparando all'impazzata, inseguendo
quella folle idea, ma a fermarla fu il pensiero di Trixie.
Non poteva abbandonare sua figlia. Strinse il calcio della
pistola tra le dita, avvicinandosi nuovamente all'angolo,
quando udì un clangore metallico ovattato, seguito da un
gemito, un altro sparo, un urlo e poi silenzio.
Si sporse titubante, nulla accadde. Quindi si immise sul
sentiero e raggiunse l'estremità del container dietro al
quale trovò Mazikeen che troneggiava sul loro sospettato,
il cui braccio destro era piegato in maniera innaturale. A
quella vista, Chloe incassò la testa tra le spalle e provò
dolore per il malcapitato, ma si avvicinò, mentre Maze
giocherellava con la pistola sottratta al fulvo.
«Dorian O'Neil, la dichiaro in arresto» sentenziò Chloe,
ammanettandolo nonostante i versi di dolore del ragazzo.
Chloe
raggiunse
la propria scrivania e si sedette, inserendo la password
per accedere al computer.
Mazikeen la seguì e si accomodò in parte sul tavolo.
«Quindi abbiamo preso il cattivo, giusto?»
«Così sembra, ma dovrò prima interrogarlo, solo che lo hai
conciato così male che dovrà stare in ospedale per la
notte. Dovrò aspettare domani» rispose lei, iniziando a
compilare il rapporto.
«Non è colpa mia, voi umani siete così fragili...» rispose
la demone. Arricciò le labbra annoiata, si guardò le
unghie smaltate di nero e poi guardò Chloe. «Quindi ora
che fai?»
«Devo stilare il rapporto dell'operazione e poi andrò a
casa.»
«Ti guardi un film con Trixie?» chiese l'altra.
Chloe scosse il capo, mentre le dita si muovevano sulla
tastiera del computer come quelle di un pianista. «Sono le
due passate» rispose con un sorriso divertito. «Il
finesettimana lo passa con Dan» aggiunse assorta.
Maze schiuse le labbra. «Ah... vero. Quindi, ti va di
andare a festeggiare, dopo che hai finito con le
scartoffie?»
«Il caso non è ancora chiuso. Devo prima scoprire il
movente, capire perché Josh è stato ucciso.»
«Ma abbiamo preso il killer!» replicò Maze. «Poi è ovvio
che è stato ucciso perché aveva visto o sentito troppo,
no?»
«Troppo riguardo cosa?» chiese Chloe, fissandola con le
labbra tirate in una sorriso sarcastico.
La donna scrollò le spalle. «Non lo so, chi se ne frega!»
esordì, poi sbuffò. «Dai, Chloe... Linda è presa da
Charlie e ho bisogno di distrarmi» mormorò, assumendo
un'espressione dura.
Lucifer era tornato all'Inferno, lasciandola lì. Eve se
n'era andata, in cerca della sua strada, lasciandola lì.
Finiva per restare sempre sola, tutti l'abbandonavano. Era
la storia della sua vita, sin da quando era nata.
La detective ne scrutò il volto. A quelle parole, il cuore
le aveva mancato un paio di battiti. «D'accordo» concesse
infine.
La
musica picchiava nelle casse, le luci brillavano
seguendone il ritmo.
«Potevi cambiarti» commentò Mazikeen, scendendo i gradini
del Lux. Era rivestita di pelle, tutto il suo essere era
un invito che poteva far fantasticare anche il più santo
degli uomini.
Chloe indossava un paio di jeans, una camicetta blu e un
giubetto di jeans; lo stesso outfit con il quale aveva
lasciato il lavoro dopo l'operazione al porto e le
mansioni d'ufficio. «Ormai il Lux starà chiudendo e tu hai
insistito troppo per venire qua...» Non era contenta di
quella scelta. Quel posto gli risvegliava dolorosi
ricordi.
Maze si diresse al bancone, sorridendo sorniona. Fece un
cenno al barman, prendendo posto sullo sgabello. «Whisky.»
«Anche a me» disse la detective sedendosi accanto a lei.
Il barista preparò i due bicchieri davanti a loro e li
riempì. Mazikeen sorbì il proprio lentamente, poi si voltò
a guardare Chloe. «Dobbiamo ballare!»
Lei scosse il capo. «No, mi spiace, io proprio...»
«Dai! Dobbiamo festeggiare, non puoi essere sempre così...
Chloe, lasciatelo dire: sei penosa. Si vede che piangi di
notte, per cosa? Per un uomo che se n'è andato? Tsk! Vuoi
continuarti a struggerti? Ascolta me, al diavolo tutto!
Noi siamo qua, noi abbiamo diritto di divertirci» ringhiò,
svuotò il bicchiere e ancheggiando si diresse verso la
pista da ballo.
Le parole della demone erano state una coltellata, Chloe
era sul punto di rimettersi a piangere. Chiuse gli occhi,
posando la fronte contro il dorso della mano che sosteneva
il bicchiere. L'odore dell'alcolico le invadeva le narici.
«Chloe?»
La voce di Amenadiel la prese di sorpresa. Sollevò lo
sguardo e l'osservò per un istante. «Oh, Amenadiel,
ciao...» disse, sorridendo. Alzò le sopracciglia stupita e
ammirata. «Accidenti, come sei elegante...»
Amenadiel indossava un completo d'alta sartoria grigio, un
gilet scuro, probabilmente nero o blu, ma all'interno del
locale non si capiva bene, una camicia bianca e una
cravatta intonata con il gilet. «Grazie» rispose lui,
sedendosi al fianco dell'amica. «Non ti ho più visto, mi
stavo preoccupando e pensavo di venirti a trovare.»
Lei scosse il capo, portandosi una ciocca di capelli
dietro l'orecchio con una mano. «Va tutto bene, non
preoccuparti. Mi sono tuffata nel lavoro...» rispose.
Amenadiel la guardò con quell'intensità che solo lui
possedeva. Lucifer era magnetico, mentre il fratello
era... sembrava lo sguardo di Dio, pieno di amore e
comprensione.
Chloe si schiarì la voce e finì il proprio drink. «Quindi,
ora il Lux lo gestisci tu?»
L'angelo portò le iridi scure sulle persone che ballavano,
sorrise. «Mi sembrava l'unica cosa giusta da fare. Non
voglio che tutto quello di buono, che mio fratello ha
fatto, vada sprecato.»
Lei annuì, dando le spalle al bancone. Era giusto, Lucifer
teneva così tanto a quel posto. Ricordava con quanta
tenacia aveva lottato per non farlo demolire, meno di due
anni prima. «È giusto... sarebbe un peccato che il Lux
chiudesse...» ammise con voce malinconica. Non riuscì a
nascondere l'emozione nel tono di quelle parole.
Amenadiel riportò lo sguardo su di lei. «Ti rialzerai,
Chloe. Sei una donna forte, hai tutta la vita davanti...»
Lei puntò le iridi lucide nelle sue. «Mi ha lasciato. L'ho
supplicato di non andare, ma è andato via lo stesso»
disse, con la voce rotta. Strinse le labbra, chiuse gli
occhi e inspirò a fondo. «E ogni giorno mi dico che è
l'unica cosa che poteva fare, che dovrei essergli
grata...» Inspirò di nuovo e appoggiò il bicchiere vuoto
sul bancone. «Ma non ci riesco. Penso solo a tutto il
tempo che gli ho taciuto i miei sentimenti... se non ne
fossi stata così spaventata, Eve non avrebbe spinto
Lucifer nella direzione sbagliata, i demoni non sarebbero
venuti sulla Terra e non avrebbero rapito Charlie...»
disse, asciugandosi il viso con le dita, recuperando il
contegno. «È colpa mia se se n'è andato...»
Amenadiel le mise una mano sulla spalla. «Non è colpa tua,
Chloe. Fa male anche a me sapere che mio fratello è
tornato in quel luogo a scontare la sua punizione...
Punizione che ora non trovo più giusta. Lucifer è
cambiato, non merita più di stare là... Ma sono così
orgoglioso di quello che ha fatto» asserì con quella voce
angelica che rasserenava i cuori.
La donna scese dallo sgabello, sottraendosi al suo tocco.
«Non voglio parlarne. Non voglio pensarci. Vorrei
dimenticare tutto, Amenadiel. Mazikeen ha ragione, devo
festeggiare e lasciar perdere il resto...»
«Ascoltami, Chloe. So quello che stai passando, ma non
puoi tenerti tutto dentro. Parlane con Linda...» le disse
preoccupato.
Chloe deglutì, inspirò a fondo e scrollò le spalle. «Ho
cose più importanti...» mormorò, dirigendosi verso la
pista da ballo. Si affiancò a Maze e iniziò a danzare,
lasciando che i bassi delle casse le vibrassero nel petto,
nella testa, sino ad allontanare i pensieri. Prese uno
shot da uno dei vassoi di una cameriera che passava vicino
e bevve. Non voleva pensare, non voleva ricordare.