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Autore: elfin emrys    27/09/2020    3 recensioni
{post5x13, sorta di postApocalisse, Merthur, 121/121 + epilogo}
Dal capitolo 85:
Gli sarebbe piaciuto come l’aveva pensato secoli prima, quando era morto fra le braccia del suo amico, non ancora consapevole che sarebbe tornato, con Merlin, sempre, sempre con lui.
In fondo, non aveva mai desiderato null’altro.
Genere: Avventura, Fantasy, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Merlino, Nuovo personaggio, Principe Artù | Coppie: Gwen/Artù, Merlino/Artù
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Nel futuro
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Gli Arthur – Capitolo 23

 
Theodora si sporse un poco, vedendo il villaggio dei Lamont in lontananza. In quel giorno di festa, Arthur avrebbe battezzato la città, dandole finalmente un vero e proprio nome. Poiché ogni tribù non aveva più di uno stabilimento importante, nessuno dei loro centri aveva un modo in cui veniva chiamato, tranne Asgol Ewchradd a causa dei continui contatti con commercianti e viaggiatori di ogni dove. Quel villaggio, quindi, sarebbe stato il secondo nella foresta ad avere una sua identificazione, anche se poco fantasiosa, poiché Arthur aveva già annunciato che gli avrebbe dato il nome della vecchia tribù e del suo precedente sovrano.
Theodora, in realtà, concordava con la scelta, poiché era già nel parlato comune dire “la città di Lamont” e non ci sarebbero stati i problemi che, invece, sarebbero insorti in caso di un nome diverso.
La regina rallentò il cavallo quando giunsero dentro l’alto steccato che circondava il centro abitato. Già lungo tutto il tragitto una numerosa folla li aveva accompagnati in una gremita processione, ma in quel momento il numero di persone presenti era enorme.
Theodora salutò il popolo e si posizionò in disparte insieme a Donald e la sacerdotessa Jura. Avevano lasciato al villaggio principale Nicholas, Delilah e Jasper, poiché non era necessaria tutta la rappresentanza al completo, tuttavia in quel momento la regina si dispiacque di non avere con sé l’altro sovrano: sapeva, infatti, che lui aveva viaggiato più di lei, sebbene diversi anni prima, e le sarebbe piaciuto sapere se un numero così massiccio di persone era normale per quel luogo.
Arthur salutò il popolo riunito e scese dal proprio destriero per stringere la mano al Consiglio lì stanziato. Theodora alzò un sopracciglio vedendo fra di loro anche una bambina; Merlin aveva più volte parlato di una piccola di nome Lenore che aveva dimostrato di avere le sue stesse abilità, ma la regina non aveva capito che l’avevano messa in una così alta posizione.
La Niall vide scendere da cavallo anche il mago, il quale si avvicinò alla bimba, che lo abbracciò. Dietro di lei, c’erano una donna – dalla somiglianza probabilmente la madre o una sorella maggiore – e un uomo, il quale, dagli abiti, sembrava più un ex Grant che un ex Lamont. C’era anche uno zainetto.
Arthur fece un cenno e qualcuno suonò dei tamburi. Il biondo iniziò a parlare ad alta voce per farsi sentire da tutti i presenti. Probabilmente quella gente non capiva il prestigio che un evento del genere dava a quella tribù, eppure il loro capo stava riuscendo a emozionarli. Theodora si sorprese poiché Arthur non le era mai sembrato un oratore particolarmente bravo – era un uomo d’azione, lui, di corpo e presenza, che la gente seguiva per il carisma che emanava, non per quello che esprimeva.
La folla applaudì rumorosamente quando Arthur proclamò ufficialmente il nome della città, togliendo un panno dal cartello con la scritta “Lamont”. Passò poi a modificare pubblicamente alcuni documenti; quella era una parte più solenne e meno popolare e perciò Theodora lo vide fare in fretta per poi scendere fra la folla, che iniziò a gettargli petali.
Doveva essere molto amato, su quello non c’era dubbio.
La Niall si domandò cosa avesse reso quella tribù così attaccata a lui nonostante un cambiamento di re così repentino come quello che era stato fra lui e Lamont; aveva sentito di una specie di leggenda, del fatto che Arthur era uscito dal lago, ma possibile che quella storia fosse tanto sentita dalla popolazione?
Notò Donald e Judith muoversi e anche lei li seguì dietro ad Arthur, senza sapere se essere intimorita o sollevata.
 
Delilah caricò il fucile e alzò lo sguardo. Gridò “Tirare!” e un servitore lanciò verso il cielo una sfera colorata. La regina sparò e del fumo rosso apparve in aria. Un altro preso, sette su sette.
Stava attendendo che suo marito, Arthur e gli altri tornassero dal villaggio dei Lamont – anzi, da Lamont e basta, poiché quello stava divenendo il suo nome – e, dopo aver completato tutti i compiti della giornata, si era sentita in diritto di divertirsi un po’. All’inizio dell’allenamento una discreta folla di giovani si era avvicinata a guardare, poiché molti di loro non avevano mai visto dal vivo un’arma da fuoco. Non le era dispiaciuto; doveva ammettere che udire i loro versi di sorpresa e ammirazione era stato carburante per la sua autostima, sebbene Delilah sapesse di essere brava (non era di certo divenuta capo dell’esercito pettinando bambole, del resto). Lentamente, però, erano tutti tornati a lavoro e solamente un ragazzo era rimasto.
La regina lo riconosceva, poiché Arthur glielo aveva presentato due giorni prima come un membro del Consiglio, ma in realtà la donna doveva ammettere di essersi dimenticata quasi tutti i nomi.
Delilah gettò un’occhiata nella sua direzione; col passare dei minuti si era avvicinato e stava con le mani incrociate di fronte, con un piede in avanti e uno indietro. Sembrava fosse indeciso. La regina assottigliò gli occhi e lo squadrò da campo a piedi.
Ora che lo vedeva, sì, le pareva di averlo visto altrove. Non aveva forse fatto il messaggero per Grant? Sì, Delilah aveva il vago ricordo di un ragazzino balbettante… Non che ci avesse mai fatto caso, in realtà, però sembrava proprio lui, solo più adulto. Il suo viso era più rifinito, le sue guance meno tonde e i suoi zigomi più accentuati, era un po’ più alto, forse, e il suo corpo era robusto.
La donna si lasciò sfuggire uno sbuffo divertito; la trasformazione le ricordava quei ragazzini che entravano nell’accademia militare ancora senza un pelo sul mento per trovarsi, all’uscita, uomini finiti. Il duro allenamento li cambiava ancora più velocemente di quello che faceva la disciplina con la mente e, presto, si potevano vedere dei giovanotti camminare goffamente in giro mentre si mettevano in fila per mangiare; per un po’ si muovevano in modo rozzo e quasi sgraziato, come se non riconoscessero più come proprio il corpo che abitavano, totalmente diverso da quello con il quale erano entrati. Erano come bambini in un abito troppo grande per loro, un vestito che avrebbero riempito col tempo. Anche quel ragazzo, il consigliere di Arthur, anche lui aveva un fisico nuovo; era un uomo ormai e Delilah supponeva che la trasformazione fosse avvenuta rapidamente, con l’avvento del nuovo capo, eppure il giovane non sembrava a disagio. L’unico cenno di difficoltà era un’indecisione del momento, perché c’era qualcosa nel modo in cui si poneva che le faceva pensare che non avesse di fronte uno dei ragazzotti dell’accademia, che, al contrario loro, anche la sua mente fosse cresciuta dentro quel corpo; non era stato vittima di quel mutamento, anzi, lo aveva incoraggiato e accompagnato.
La regina inclinò il capo e gli fece cenno.
-Vuoi provare?
Il ragazzo arrossì e annuì, avvicinandosi. Delilah chiese.
-Come avevi detto di chiamarti?
-Frederick…
La regina lo guardò in viso, cercando di scolpirselo nella mente, ma evidentemente lui aveva preso la sua espressione come un sintomo di disapprovazione, visto che aggiunse un “Frederick, signora” che sembrava quasi una domanda.
Delilah sbuffò una risata e mise la sicura.
-Hai mai usato un’arma da fuoco prima d’ora?
Il giovane scosse la testa e la regina iniziò a indicargli i pezzi più importanti del fucile, spiegandogliene il funzionamento.
 
Elisa si chiuse i pantaloni. Si piegò sulle ginocchia fino a toccare terra con il sedere, poi si ritirò su; allungò le braccia in alto, provò a saltare, poi si chinò con le gambe ritte. Si rialzò. Sì, sembrava che reggessero bene. Si erano rotti durante l’ultima festa a causa dell’usura e li aveva dovuti ricucire in fretta. Da fuori, era quasi impossibile notare che erano stati riparati e pareva che fossero anche abbastanza resistenti.
La ragazza sorrise con soddisfazione. Un tempo avrebbe semplicemente provato a comprare dei pantaloni nuovi; non era mai stata una spendacciona, ma quando un capo, per quanto bello e comodo, era tanto rovinato da rompersi, Elisa aveva sempre preferito renderlo altro, come pezze per pulire, fodere per cuscini o toppe, e sostituirlo. Negli ultimi tempi, però, aveva deciso di risparmiare.
In realtà aveva una sorta di timore per le ragioni che l’avevano spinta a quella risoluzione, perciò continuava a dirsi che era solo per sicurezza personale; sapeva che, in fondo, c’era altro, ma dare un riconoscimento a quelle che erano ancora solo sensazioni sarebbe stato sciocco, credeva.
La ragazza uscì dalla propria stanzetta e controllò in giro che la casa fosse in ordine prima di andare alla festa. Alzò lo sguardo, notando suo padre che entrava. L’uomo le sorrise.
-Sei riuscita a sistemarli, vedo. Sembra tu abbia fatto un lavoro eccellente.
Lei annuì e aprì le labbra per dire una cosa, ma l’altro la fermò con un cenno della mano.
-Senza che tu me lo chieda, ho già capito. Mi vuoi dire che stasera torni tardi e che Frederick ti riaccompagna a casa. Fai pure.
Elisa lo abbracciò, ridendo. Suo padre non era una cattiva persona, ma era sempre stato testardo e protettivo – in fondo, la ragazza non poteva neanche dargli troppo torto, considerando in quanti pasticci lei si era sempre messa – ed era piacevole, rilassante e, sì, persino soddisfacente che, mano a mano, stesse iniziando a lasciarla più andare. In fondo, sapeva che sua figlia avrebbe fatto quello che le pareva in ogni caso, ma l’uomo non aveva mai ceduto il passo. La cosa era spiacevole in alcune situazioni, ma era anche vero che rendeva Elisa certa del suo apprezzamento, quando c’era, e sicura del suo sostegno.
La fanciulla lo salutò e uscì velocemente. Non vedeva l’ora di trovare Frederick e dirgli che poteva rimanere senza problemi. Al contrario di lei, il ragazzo era sempre stato piuttosto nervoso all’idea di far preoccupare suo padre in quel modo, anche se spesso aveva lasciato andare per il piacere di stare con lei.
La ragazza si infilò nelle stradine più strette della città. Con il nuovo piano urbanistico di Arthur, che prima o poi sarebbe iniziato, anche quella zona sarebbe dovuta divenire meno oscura; non era pericolosa (non più, almeno), ma era comunque cupa e i viottoli erano dissestati.
Elisa camminava velocemente senza accorgersene, tanta era l’emozione, finché non sbatté contro qualcuno.
-Oh, scus... Eveline?
La giovane la guardò come stupita e la ragazza guardò dietro le sue spalle, vedendo Callum uscire dalla stessa tenda dopo di lei.
Eveline le sorrise, senza che nel suo volto ci fosse imbarazzo.
-Oh, Elisa. Stai andando alla festa?
-Ehm… Sì?
-Mh. Mi piacerebbe rimanere qui a chiacchierare, ma devo andare a prendere la mia bambina. Sai, l’ho lasciata a casa dalla vicina e devo ancora prepararla per andare. A dopo.
-S… Sì, a dopo.
La donna si voltò e camminò velocemente. Elisa la seguì con lo sguardo, poi si girò verso Callum, che se n’era andato senza dire nulla. La ragazza osservò la tenda: era sicura che non appartenesse a nessuno dei due, ma non poteva certo entrare per vedere di chi fosse.
Rimase lì diversi secondi, ad ascoltare e solo per un attimo le parve di udire qualcosa dall'interno. Aggrottò le sopracciglia, pensando che non sembrava abitata, poi, incerta, lenta, ricominciò a camminare.
 
Betty sbadigliò, poi si diede degli schiaffetti alle guance, spalancando gli occhi.
Mi devo svegliare. Devo stare sveglia. Io non ho sonno.
La verità era che era molto stanca. Non era abituata a tutti quegli eventi uno di fila all’altro e, per stare dietro sia al lavoro che alle sue amiche, le sembrava di star correndo da giorni. Andava a dormire tardi, si svegliava prestissimo. Non era una ragazza che di solito faceva tutte quelle cose, non aveva, come Elisa, quell’energia senza fine che la poteva portare avanti a lungo.
In sé, non le dispiaceva quella stanchezza. In fondo, stava passando giornate molto divertenti e avere addirittura dei capi delle altre tribù nel villaggio era davvero emozionante. Era riuscita addirittura a vedere una delle regine usare un'arma da fuoco; ne aveva solo sentito parlare ed era stato impressionante. Inoltre, le aveva, con successo, distolto la mente dai problemi che si era fatta negli ultimi tempi in seguito al viaggio di Arthur e Merlin dagli Jura.
In quei giorni a marzo, infatti, si era sentita spenta, come se non avesse avuto nulla da fare, nulla per cui essere emozionata o felice. In realtà, si era accorta che era semplicemente tornata alla vita che faceva prima che Jacob si trasferisse in quella tribù.
Lo Jura non era il ragazzo migliore che si potesse pensare – era avventato, veloce a giudicare e condannare gli altri, un po’ troppo pomposo – ma era una brava persona e le faceva compagnia. Occupava il posto che era stato lasciato vuoto nel tempo, quando tutte le sue amiche avevano iniziato ad avere una vita diversa, una vita loro, e lei era rimasta lì, sola.
E aveva sentito dire che quella rissa in cui era finito era anche colpa sua, anche se non aveva idea del perché.
Aveva tremato al pensiero di vederlo tornare e, quando finalmente lo aveva fatto, tutto era tornato a essere diverso, più luminoso, ed era strano perché Betty non si era mai resa conto di essere stata triste per molto tempo, lo aveva scoperto solo dopo che non lo era stata più.
Quella realizzazione avrebbe dovuto sconvolgerla, ma era stato un altro pensiero a tenerla occupata a ragionare. Era stato stupido pensare che forse tutto quello significava che Jacob le piaceva?
Betty sbarrò ancora gli occhi e si strofinò le mani sul viso.
Il punto era che non era riuscita a darsi un “sì” o un “no” definitivi e, per quel che la riguardava, già quella era una risposta più che sufficiente. Ed era negativa. C’erano solo dei brevi momenti in cui sentiva un moto di intenso affetto dentro di sé
– forse addirittura dell'attrazione? Possibile? – poi il nulla anche per giorni o settimane, e dei singoli istanti non valevano nulla se si trattava di cambiare un’amicizia ormai stabile. Jacob, inoltre, non era interessato; questo Betty lo sapeva per certo perché, una volta tornato dagli Jura, lui le aveva detto che sentiva il bisogno di stare da solo per un po’ e aveva ribadito il concetto in più di un'occasione, come se fosse stata una realizzazione che aveva appena avuto. Betty non era a conoscenza delle ragioni che lo spingevano a quella risoluzione, ma di certo avevano un loro peso e, un giorno, forse, le avrebbe conosciute.
Sentì la stoffa che separava camera sua dal resto della tenda muoversi e vide sua sorella entrare. La ragazza le parlò velocemente.
-Senti, Betty, qui fuori c’è Elisa e dice che ti deve dire una cosa importante.
-Ah, davvero? Ehm, ok, va bene, finisco di mettermi le scarpe e arrivo.
La fanciulla si stiracchiò, si infilò gli stivali e uscì in fretta. Non si aspettava l’amica – si erano messe d’accordo per vedersi direttamente in piazza – quindi era un po' preoccupata. Il volto di lei era, infatti, turbato, forse anche un po’ pallido.
Le due si salutarono e iniziarono subito a camminare per raggiungere il centro del villaggio.
-Allora, questa "cosa importante" che sarebbe?
-Non ne sono sicura. Tu… Tu lo sapevi che…
-Che…?
-Hai presente Eveline?
-Eveline, certo. Le è successo qualcosa?
-Non credo, ma… Uhm… Ecco, l’hai mai vista con Callum?
Betty sbatté le palpebre.
-Callum?
-Eh.
La ragazza scoppiò a ridere ed Elisa la guardò esterrefatta dalla reazione. L’amica continuò a ridacchiare per un po’, finché non spiegò.
-Non ci posso credere che non lo sapevi! Ecco perché non avevi commentato la cosa. Ma non li hai visti ballare insieme a Natale?
-A Natale? No!
Betty ricominciò a ridere ed Elisa la osservò senza capire.
-Hai finito?
-Scusa, è che davvero sono stati così ovvi che non ci posso pensare che non li hai notati. E se non li hai visti te, suppongo che neanche Frederick ne sappia niente. Non capisco però cosa ti sconvolga.
Elisa abbassò la voce.
-Ti ricordo che è per Eveline che è scoppiata la rivolta contro Grant. È stato quando lui l’ha nuovamente aggredita e suo padre si è ribellato che la questione è degenerata. Poverina, ha addirittura avuto una bambina da quel coso.
La ragazza fece un’espressione disgustata e continuò.
-Sinceramente mi pare strano che, fra tutti, abbia iniziato una… Una relazione o quel che è con Callum.
Betty inclinò il capo e rimase in silenzio un attimo prima di rispondere.
-Posso ricordarti che non si è sicuri che Callum sia un altro figlio di Grant? E, in ogni caso, sono due persone diverse e, se dobbiamo essere sincere, non si somigliano per nulla.
-Però…
-Credi sia il caso di preoccuparsi? Quando li ho visti ballare a me lei è sembrata tranquilla e finora non ci sono stati problemi. In generale, credo lo saremmo venute a sapere, ormai, se qualcosa non fosse andato per il verso giusto. Capisco che tu non abbia un buon giudizio su Callum, ma questo non vuol dire che tutti debbano avere le stesse idee tue e di Frederick o di Jacob. Potrebbe avere qualità che non conosciamo e che sono apprezzabili. In ogni caso, non trovo corretto sparlare di questo argomento. Se sei in ansia per Eveline, bisognerebbe parlarne direttamente con lei.
Elisa si torse le mani.
-Ma non siamo abbastanza in confidenza per fare una cosa simile.
-Ma la cosa non ti ferma dall'occuparti di affari che non ti riguardano, mi sembra.
-Parli di me come se fossi una ficcanaso.
-Sei una ficcanaso.
Le due si guardarono ed Elisa si passò una mano sul volto, brontolando. Betty domandò.
-In ogni caso, come l’hai finalmente scoperto?
-Li ho visti poco lontano da casa mia, subito dopo la tenda del capo delle tessitrici. Capisci? Non è strano?
Betty alzò le spalle.
-Magari stavano andando a trovare un amico prima della festa?
Elisa scosse la testa.
-Non ne ho idea. Non ho riconosciuto la tenda e nessuno è uscito per salutarli. Ovviamente non sono entrata.
-Ci mancherebbe!
-Però tu non sei in ansia? Neanche un poco?
Betty inspirò e si fermò, prendendo l’amica per le spalle e guardandola negli occhi.
-No. Questo perché io, al contrario tuo, già sapevo che c’era qualcosa fra di loro e li ho visti e non mi è sembrato ci fosse nulla di anormale. Penso che tu possa essere influenzata dal parere che hai di lui; onestamente, però, Callum ne ha fatte tante nella sua vita, ma non l’ho mai visto fare nulla che possa far pensare che lei sia in pericolo con lui.
-Potrebbe averla manipolata.
-"Manipolata", addirittura? E che prove ne hai?
-Nessuna, ma…
-Eveline ha pure… Quanti anni in più di noi? Cinque? In ogni caso, è giovane, ma sappiamo che non è sciocca, ed è sempre stata forte.
-Ma suo padre è morto da poco, lei è stata lasciata sola con la bambina, non credi che…
-Merlin le ha dato una mano in questo senso, l'ha aiutata a trovare qualcuno che potesse darle una mano con la piccola e il fatto che ormai ci mandino tutti a studiare ha fatto il resto.
-Ma il posto dove stavano?
-Te l’ho detto, stavano da un amico, forse.
-Ma perché non si sono salutati quando sono usciti?
Betty esitò.
-Non si sono salutati fra di loro? In effetti questo è strano, ma potrebbero essere stati solo in imbarazzo perché tu avevi il tuo “sguardo della disapprovazione”.
-Io non ho uno “sguardo della disapprovazione”!
-No? Oh, guarda, lo stai facendo adesso.
Elisa boccheggiò e incrociò le braccia.
-Non è vero!
Un forte rumore le fece sobbalzare e guardarono in alto, vedendo un fuoco d’artificio illuminare il cielo. Le due risero e sentirono due ragazzi esclamare “Sono le prove!”; iniziarono tutti a correre un pochino più vicino e attesero che quello che doveva essere un giro di controllo finisse.
Quella serata si stava già presentando come molto interessante.

Note di Elfin
Buonasera :) Mi scuso per aver aggiornato a quest'ora. Vorrei dirvi che ho una scusa, ma è semplicemente che oggi non mi andava di fare niente :) Mi sono arrotolata in un piumino e ho guardato il nulla, riflettendo su quanto faccia freddo. Ecco. La mia splendida e produttiva giornata.
Comunque, capitolino un po' di passaggio, nei prossimi accadono tutte cose importanti e mi serviva fare da ponte. E vabbè. Non so se Eveline ve la ricordate perché non appare da tempo, ma Elisa ha rispiegato chi era quindi non ve lo dirò io di nuovo XD
Ancora non sono molto in ansia per l'arrivo della prossima tribù perché sono occupata a pensare alle cose delle prossime domeniche... Ma un pochino sento la pressione della prossima cosa importante addosso XD Uh, spero di fare tutto per bene!
Voglio anche dirvi che domani metto l'extra della Prova della Dea :3
Ringrazio tantissimo dreamlikeview e royal_donkey che hanno recensito lo scorso capitolo e lilyy che sta recuperando quello prima ;)
Visto che oggi sento un moto di coccole, voglio dirvi a tutti voi che leggete che vi voglio bene <3
Kiss

 

   
 
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