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Autore: FairyCleo    28/09/2020    2 recensioni
Dal capitolo 1:
"E poi, sorprendendosi ancora una volta per quel gesto che non gli apparteneva, aveva sorriso, seppur con mestizia, alla vista di chi ancora era in grado di fornirgli una ragione per continuare a vivere, per andare avanti in quel mondo che aveva rinnegato chiunque, re, principi, cavalieri e popolani".
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Goku, Goten, Trunks, Vegeta
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Vite parallele
 
Era trascorsa una settimana dal giorno in cui avevano messo piede in quella pazza, rumorosa, bizzarra cittadina*, e le cose, per Vegeta, Trunks e il piccolo Goten, sembravano finalmente migliorate.
Il principe dei saiyan aveva dovuto accettare il lavoro per cui era stato scelto. Dire che gli era stato “generosamente offerto” sarebbe stato un autentico eufemismo, considerando che non aveva avuto alcun tipo di scelta: se non avesse lavorato sarebbe dovuto andare via e, per come gli era stato ordinato, avrebbe dovuto farlo senza i ragazzi.
Si era ben guardato dal fare domande. Leon, il tizio che gli aveva dato lavoro, non sembrava un tipo particolarmente affabile: il suo voler essere così ostentatamente melenso e diretto aveva celato un carattere da vero e proprio squalo, degno del nome che gli era stato dato alla nascita. Non perdeva occasione per sferzare la frusta sulla schiena di un suo sottoposto, non la smetteva mai di urlare e rimproverare duramente chi lavorava tutto il giorno per una paga da fame. L’aspetto esteriore si era rivelato un autentico inganno: dietro quelle membra così sottili si nascondeva il peggiore dei mostri.
 
Vegeta aveva già dovuto ingoiare diversi rospi: aveva dovuto accettare il fatto di prendere ordini da uno come Leon, aveva dovuto abbassarsi a lavorare la terra, raccogliere ciò che era stato seminato e stiparlo in pesanti sacchi di iuta che trasportava sulle spalle. In meno di tre giorni, le mani avevano cominciato a sanguinare per colpa della fatica fatta nei campi e di quella fatta a casa, perché sì, almeno avevano trovato un tetto sotto cui vivere, ma dire che una stalla sarebbe stato un rifugio migliore sarebbe stato troppo riduttivo. Così, Vegeta lavorava di giorno nei campi e di notte (chi lo avrebbe mai detto) riparava il tetto, le finestre, tappava gli spifferi, riempiva i materassi, spazzava i pavimenti e cercava di mettere in tavola un pasto decente, tutto sotto la supervisione dei ragazzi che, instancabili nonostante le avversità, avevano deciso di aiutarlo malgrado avessero iniziato la scuola. Su questo, sua altezza non aveva voluto sentire ragioni, sebbene i piccoli avessero protestato con vigore: sarebbero andati a scuola, volenti o nolenti.
 
Goten e Trunks non avrebbero mai dimenticato il momento in cui Vegeta li aveva accompagnati in quello strano edificio a un piano dal tetto di paglia e dalle pareti di pietra. Era così diverso da quello che avevano frequentato fino a poco tempo prima: non c’era una scalinata, non c’era un’uscita di sicurezza, delle tende, un bar, una palestra, non c’era niente. C’erano solo sei immense stanze separate da un lungo corridoio con alla fine l’ufficio del preside, un uomo calvo dagli strani baffi all’insù che aveva osservato il principe dei saiyan con aria a dir poco disgustata.
 
“E così, questi sono figli suoi?” – aveva chiesto, scrutandolo con quegli occhi di ghiaccio.
“Sì”.
 
Vegeta aveva detto una bugia bella e buona, lo sapevano benissimo entrambi i bambini, ma quel giorno avevano imparato che a volte, le bugie, se dette a fin di bene, possono essere bugie buone.
 
“E la madre?”.
“La madre dei ragazzi è… sparita”.
“Mmm… Era sua moglie? No?”.
“Sì”.
“Capisco… Non deve essere facile avere a che fare con ragazzi così piccoli… Avrà sicuramente un bel po’ da fare… Perché non farli lavorare? Sarebbero di maggior aiuto, date le condizioni misere in cui versate, non trova?”.
 
Quella era stata la seconda volta che Vegeta aveva dovuto mordersi la lingua e ingoiare veleno in silenzio. I bambini si erano sentiti giudicati e umiliati come mai prima di allora, ma vedere il loro papà così fiero, impassibile, li aveva confortati nel profondo.
 
“I ragazzi andranno a scuola. E lo faranno proprio perché l’istruzione e la disciplina li aiuteranno a uscire dalle misere condizioni in cui si trovano attualmente. Siamo venuti al mondo, per evolverci, non è quello che insegnate qui dentro?”.
 
Trunks aveva sentito parlare solo un’altra persona in quel modo: sua mamma. Era evidente che Vegeta avesse ascoltato attentamente le sue parole e le avesse profondamente interiorizzate, al punto di convincere il preside che anche dei miserabili pezzenti come loro avevano diritto allo studio, forse più di tutti gli altri.
 
“Inizieranno domani mattina. Spero per loro che saranno pronti. Qui, mio caro signore, non facciamo sconti a nessuno”.
 
Nonostante la durezza di quell’affermazione, Vegeta era sicuro di aver visto qualcosa di diverso nel gelido sguardo di quell’uomo così duro: una reminiscenza lontana, un ricordo sepolto che era stato in grado di riaffiorare per qualche brevissimo istante. Forse, una memoria della sua vita precedente, magari di quando era stato preside nel mondo normale, quello da cui venivano e in cui i ragazzi speravano di tornare al più presto.
 
Così, Vegeta aveva dovuto prendere penne e quaderni (per sua fortuna: se avesse dovuto acquistare Tablet e PC avrebbe dovuto vendersi entrambi i reni) chiedendo un anticipo sul salario settimanale e aveva accompagnato i ragazzi a scuola, con la promessa di tirarli via da quel covo di bambini pallidi che credevano di essere figli di gran signori.
Ai bambini, in un primo momento, quella vita non era sembrata poi tanto male. Certo, non avevano cibo a sufficienza e vedevano pochissimo il loro papà, ma erano una vera famiglia. Finalmente erano insieme, e cosa poteva essere quello se non un sogno divenuto realtà? Trunks e Goten dormivano nello stesso letto, frequentavano la stessa classe, giocavano insieme, aiutavano Vegeta a riparare la loro casetta, erano tutto sommato molto felici. Ed era proprio questo quello che, da un lato, aveva spaventato Trunks così tanto: come poteva essere felice considerando tutto quello che era accaduto? Considerando il segreto che custodiva?
 
Il bambino era diventato quasi paranoico. Cercava in ogni modo di nascondere il suo prezioso bottino da occhi indiscreti, e si sentiva in colpa, considerando che quegli occhi erano di suo padre e di Goten, ma si era ripromesso di non rischiare. Neanche lui sapeva bene come funzionava quello strano oggetto, ma continuava a esserne attratto in maniera ossessiva. Ne era quasi geloso. Si era convinto che il quaderno lo avesse scelto, che lui fosse una sorta di eletto, anche se non ne conosceva la ragione, che qualcuno lo avesse destinato a lui. Per tutte queste ragioni, doveva assolutamente custodirlo, evitare che qualcuno ne scoprisse l’esistenza, e doveva ammettere che non era facile considerando che viveva in due sole stanze a strettissimo contatto con persone che non lo perdevano mai di vista.
 
La prima volta che aveva deciso di tirarlo fuori dallo zaino, si era nascosto sotto il letto. Aveva aspettato che suo padre crollasse per la stanchezza e che Goten si girasse dall’altra parte per scendere in punta di piedi, infilarsi sotto la vecchia rete di metallo e togliere l’asse divelta dal pavimento di legno, estrarre delicatamente lo zaino e da lì prendere il quaderno nero. Avrebbe dovuto prendere una candela e portarla sotto il letto, ma questo avrebbe rischiato di generare un incendio e di mettere tutti in pericolo. Per questo, aveva aspettato la notte di luna piena per posizionarsi esattamente ai piedi del letto, sempre nascosto sotto il pesante materasso, e sfruttare i timidi, pallidi raggi per leggere e scrivere quanto si trovava su quelle pagine magiche. E, con gran sorpresa, si era reso conto di leggere i caratteri alla perfezione, neanche quei raggi fossero stati quelli del sole di mezzogiorno del mese di agosto.
 
“Wow… Tutto questo è straordinario”.
 
E sì, lo era. Era straordinario e spaventoso allo stesso tempo, ma lui non poteva fare a meno di farlo.
 
“Ehi”.
 
Si era limitato a scrivere quello, per cominciare. Cosa avrebbe dovuto dire, del resto?
 
BENTORNATO.
 
“Abbiamo trovato casa. Sto andando a scuola… Per questo manco da un po’ di tempo…”.
LO SO.
E NE SONO FELICE.
 
“Dai, come fai a saperlo? Questa, e tutte le altre cose, come le sai?”.
 
SEI STATO TU A DIRE CHE SONO MAGICO.
O MALEDETTO.
NON LO RICORDI PIÚ?
 
Aveva pensato tante di quelle cose, Trunks, da non averne più memoria. Avrebbe potuto scorrere le pagine a ritroso, ma non gli sembrava un gesto cortese. Non voleva suscitare l’ira di quel coso dentro il quaderno, qualunque cosa fosse.
 
“Ma chi sei? E non dirmi un amico… voglio sapere chi sei veramente. Puoi dirmelo?”
 
SEI MOLTO CURIOSO.
 
“Come tutti i bambini della mia età”.
 
TE LO CONCEDO.
IO SONO DAVVERO UN AMICO, TRUNKS.
UNO MOLTO SPECIALE.
REALIZZO DESIDERI.
 
“Io, però, non ti ho chiesto di far sparire la mamma, Chichi, e di far sparire i nostri poteri. Né di tornare indietro nel tempo, perché sembra che sia successo proprio questo”.
 
NON È ESATTO.
IO NON VI HO FATTO TORNARE INDIETRO NEL TEMPO.
 
“E allora cosa hai fatto?”.
 
MI HAI LIBERATO, TRUNKS.
E HO VOLUTO RINGRAZIARTI.
TUTTO QUI.
 
“Sai che è una bugia”.
 
SEI SCORTESE.
 
“Non era mia intenzione. Ma non capisco. Goku diventa sempre più forte. Noi, invece…”.
 
I DESIDERI HANNO UN PREZZO.
 
“Non volevo pagarne uno così alto. E Shenron non vuole niente in cambio, comunque”.
 
QUESTO LO PENSANO GLI SCIOCCHI.
E TU NON SEI UNO SCIOCCO.
NESSUNO FA NIENTE IN CAMBIIO DI NIENTE,
NEANCHE IL DRAGO.
IMPARALO E VIVRAI MEGLIO.
 
“La mia mamma non voleva niente in cambio. Neanche la zia Chichi. O Gohan. O Ouji”.
 
SUL SERIO?
NON HANNO ORGANIZZARTO QUELLA FESTA
PER RIAVERE GOKU INDIETRO?
 
“Sì, ma…”.
 
IMPARA COME FUNZIONA.
VIVRAI MEGLIO.
 
“Come faccio a sistemare le cose?”.
 
PREGO?
 
“Vorrei tornare indietro. Riavere la mia mamma, tutti quelli che amo. Mi mancano molto”.
 
MA SE HAI QUELLI CHE AMI DI PIÚ.
 
“Eh?”.
 
LO SAI ANCHE TU.
SAI ANCHE TU DI AMARE MAGGIORMENTE
COLORO CHE SONO RIMASTI.
NON SAREBBERO QUI,
ALTRIMENTI.
E SAI DI ODIARE GOKU.
E ORA NE CONOSCI LA RAGIONE.
LUI DISTRUGGE,
NON SALVA.
LUI È UN PARASSITA.
E TUO PADRE…
LUI HA RINUNCIATO ALLA LOTTA.
È VENUTO MENO AL SUO RUOLO DI RE E GUERRIERO.
ORA PUÓ VIVERE SENZA PREOCCUPAZIONI.
 
“Non capisco…”.
 
QUESTO MONDO, ORA È QUASI PERFETTO.
E LO È GRAZIE A TE.
TU SEI SPECIALE.
CREDI DI AVERMI TROVATO PER PURO CASO?
AVANTI...
SAI CHE NON ACCADE MAI NIENTE PER CASO.
 
Sì, lo sapeva, lo sapeva alla perfezione.
 
“Ma perché nessuno ricorda? Solo le donne… Perché?”.
 
LE LORO MENTI SONO DIVERSE.
I LORO SPIRITI SONO… DIVERSI.
SONO AMMIREVOLI PER LA TENACIA,
PER LO SPIRITO DI SOPRAVVIVENZA.
IMPARERAI DA LORO.
 
Lo strano tono di quelle frasi lo aveva stranito.
Sembrava che quello stupido affare sapesse le cose a prescindere da quello che scriveva. Se n’era accorto da un pochino, a dire il vero, ma in un primo momento non vi aveva voluto dare troppo peso. Più passava il tempo, però, più si rendeva conto che i suoi sospetti erano fondati. Ma questo cosa poteva significare? Che la cosa nel quaderno lo stava prendendo in giro? Proprio non riusciva a capire in che modo agisse, quale fosse il suo ruolo in tutta quella faccenda.
E Goku? A quel punto, cosa sapeva di Goku?
 
PUOI CHIEDERMI OGNI COSA.
NON TI MENTIRÓ.


 
“Che ne è stato di Goku? E… Cosa vuoi farne di lui?”.
 
DIMOSTRARE CHE NON È UN EROE.
NON ERA QUESTO QUELLO CHE VOLEVI, TRUNKS?
 
“Continui a travisare ogni cosa, e non sai quanto questo mi faccia male”.
 
Sì. Faceva male. Un male immenso. Perché faceva sentire il bambino tremendamente in colpa.
 
VAI A RIPOSARE.
SEI STANCO.
PARLEREMO DOMANI.
 
Aveva esitato per un breve istante, ma poi, non sapendo neanche perché, aveva ubbidito, aveva riposto in quaderno nello zaino, lo zaino sotto l’asse del pavimento e si era infilato sotto le coperte, appiattendosi il più possibile contro il muro.
In un’altra circostanza, si sarebbe stretto a Goten, ma non in quella. Non dopo aver scoperto quanto profondo e spaventoso potesse essere il senso di colpa. Viveva una vita parallela, Trunks, una vita vissuta nella consapevolezza di essere stato in parte causa di quella trasformazione indesiderata. Una vita vissuta nella menzogna e nel disonore.
 
Continua…


E tanto per cambiare,
Sono di nuovo in ritardo! XD
A mia discolpa, posso solo dire di aver scritto questo capitolo sabato e di averlo potuto revisionare solo oggi!
Abbiamo visto come se la passa questa bizzarra famiglia dopo appena una settimana. Povero Trunks, mi fa pena. Ha mille dubbi, mille pensieri, e si sta lasciando divorare dal senso di colpa. E Vegeta? Che si è scoperto contadino e carpentiere? L’uomo dei miei sogni, in pratica! XD
E voi, che opinioni avete in merito?
 
A presto!
Un bacino
Cleo
*Sì, lo so, sono leggermente fissata con Jojo. XD

 
   
 
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