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Autore: Chiara PuroLuce    30/09/2020    6 recensioni
Patty è sempre stata gelosa del rapporto di amicizia che lega Holly ad Amy, ma ora ha deciso di cambiare rotta.
Amy ha sempre cercato di avvicinare Patty, ma lei le si era sempre negata e con che grinta, ma se un bel giorno...
Una storia che tratta di un legame di amicizia, tanto insolito quanto vero che riserverà non poche sorprese alle due ragazze e non solo a loro.
Tratto dal prologo:
Cosa ci azzeccavano loro due insieme? Niente, eppure…
«Amy, lasciamelo dire, ho l’impressione che da oggi si scriverà un nuovo inizio per noi due. Ma che non lo sappia nessuno, mi raccomando.»
«Come? E perché?»
«Perché io non ti sopporto, ufficialmente. Lo sanno tutti. E così dovrà continuare a essere.»
Genere: Romantico, Sentimentale, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Sanae Nakazawa/Patty Gatsby, Yayoi Aoba/Amy
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Patty e Amy erano arrivate verso metà mattina, cariche di un borsone a testa. I ragazzi stavano facendo dei passaggi liberi a coppie, quando le avevano scorte in lontananza e, prima ancora, sentite parlottare tra loro e ridere.
Dovevano ancora abituarsi a quella novità.

 
«Ehi, voi due chiacchierone, finalmente siete arrivate»

«Ah, Bruce, non abitiamo dietro l’angolo, sai? Il traffico ci ha bloccate» gli rispose Patty mentre li raggiungeva al campo tra i saluti generali.

«Però adesso siamo qui a dare man forte alle nostre amiche nelle retrovie, ed è questo quello che conta» intervenne Amy, ricevendo un abbraccio da entrambe le amiche.

«E di riflesso aiutare anche noi, voglio sperare» le rispose Julian, facendola arrossire.

«Bene, sono contento di rivederla signorina Gatsby e di riavere tra le nostre file anche lei, signorina Amy, ma… adesso che vi siete salutati tutti con loro, vedete di ritornare al lavoro, lavativi!» intervenne Mr. Gamo senza mezzi termini.

Loro sorrisero a quelle parole – erano ormai abituati ai suoi modi bruschi – e subito tornarono a concentrarsi sugli allenamenti.
Quando arrivò l’ora di pranzo si diressero tutti agli spogliatoi e si rinfrescarono alla bene in meglio, la doccia era esclusa visto ciò che li aspettava nel pomeriggio – ovvero una mini partita di allenamento con l’Argentina. Sì, proprio con la squadra di Diaz. Quando avevano chiesto il perché al mister, lui aveva detto che il loro avversario voleva una rivincita in una partita amichevole. Sarebbero arrivati alle 14 ed essendo già mezzogiorno e mezzo…

 
«Diaz non sa accettare la sconfitta e guarda cosa si è inventato pur di provare a batterci» esordì Philip.

«Gli si può dare torto per volerci riprovare? Holly l’ha asfaltato e ci è ripassato sopra più volte. Gli brucerà ancora» gli rispose Johnny.

«Ah, sì, quel giorno era proprio imbestialito. E tutto grazie ad Amy e alle sue rivelazioni di quella mattina» disse Paul.

E su quella frase scoppiarono tutti a ridere di gusto.
 
«Ma magari vuole solo darci una mano. Se non erro, lui non nutre molta simpatia per il Brasile.»

«Rob, tu vedi sempre il lato positivo in tutto e quello buono in chiunque tu conosca, Non so come fai» gli disse Bruce, guadagnandosi il consenso di tutti.

«È una qualità di famiglia, credo» rispose lui alzando le spalle per liquidare la questione.

Stavano per entrare in sala da pranzo quando le voci delle loro manager giunsero dalla cucina e, visto che c’era ancora tempo per il pranzo, si fermarono nella sala relax lì a fianco a riposarsi e… ascoltare.
 
«E così la riunione è andata bene» si stava informando Eve.

«Sì, la nostra Patty è una forza. Li ha messi tutti sull’attenti, ma era prevedibile. È sempre stata una tipa tosta lei» rispose Amy.

«Non posso lamentarmi. Abbiamo dei coinquilini strambi, ma simpatici. Solo una volta l’anziana vedova del secondo piano ha voluto creare un po’ di tensione con una richiesta assurda, ma la tizia del quarto piano – che abita proprio sotto di noi tra l’altro – l’ha ripresa col sarcasmo. Le ha detto che, se era così nervosa era perché aveva un qualche tipo di tensione da scaricare e che le spalle e si erano contratte per quello. Così ci avrebbe pensato lei ad aiutarla con un massaggio.»

A quel punto Amy scoppiò a ridere. Patty si unì a lei e nessuno fiatò più per un po’, persino loro se ne stavano in silenzio incuriositi… come mai quelle due ridevano così sguaiatamente? Per fortuna Susie glielo chiese e la risposta di Patty, per poco, non li fece scoprire.
 
«Il fatto è che… Vanesia, così si chiama quella del quarto piano, è una bellissima donna africana che è specializzata in sessuologia e tutto ciò che comporta questa professione, massaggi compresi, ma nessuno lo sa, a parte noi due. In pratica le ha proposto un massaggio erotico per scaricare queste energie bloccate, secondo me le darà anche altri consigli… speciali.»

«Ma… ma scherzi, vero?» saltò su a quel punto Eve «È una specie di… di…»

«No, in realtà è molto soft quello che fa, almeno credo» le rispose la manager capo con nonchalance «Vanesia non è volgare per niente ed è sempre gentile e disponibile con tutti, specie con le coppie di anziani coniugi del primo piano e con la giovane vedova col bimbetto del secondo» poteva già bastare così, ma poi aggiunse «il problema, semmai, è che Vanesia è un uomo.»

E nello shock generale – i ragazzi immaginarono che anche in cucina le amiche erano messe come loro ovvero a bocca aperta – fu Amy a dare il colpo di grazia a tutti.
 
«È stato molto difficile mantenersi serie e non scoppiare a riderle in faccia. Vanesia è un uomo, sì, ma solo all’anagrafe, perché fuori è decisamente una donna. Non le ho ancora chiesto se si è fatta operare completamente o cosa, mi farò coraggio e poi sarà la prima cosa che farò appena la incrocerò in ascensore. Sono curiosa. Anche perché con i vestitini che a volte si mette, credo gli risulterebbe difficile nascondere la verità, se non fosse così.»

Chissà perché gli occhi di tutti corsero con lo sguardo a Julian che non sapeva più a cosa pensare e stava scuotendo la testa sconsolato. Poteva bastare così e fecero per alzarsi, quando una nuova domanda di Eve li bloccò nuovamente sul posto e, questo giro, era Holly l’interessato a sentire la risposta di Patty.
 
«E… che ci dici del vichingo, Patty? C’era anche lui?»

«Be’, per forza, abita lì» rispose lei.

«Sì, ma questa volta era vestito. Lo dico perché sento la domanda nell’aria e così anticipo la risposta» rincarò la dose Amy.

«E per fortuna, dico io, o l’avreste sentita urlare fino a qui. È già un miracolo non sia successo la volta scorsa» la prese in giro Patty.

«Peccato» disse Susie «alla prossima riunione avvisatemi così vengo anch’io. No, niente sguardi storti ora, verrei solo per vedere la famosa Vanesia» e poi risero tutte.

«E tra voi le cose come vanno? No, lo chiedo perché l’ho visto molto preso da te quel giorno che è passato di qua con voi» l’interrogò Eve una volta che si furono calmate.
 
 
 


Ecco, brava, come vanno le cose col vichingo?, si chiese Holly, improvvisamente nervoso.

 
«In realtà non lo so e poi non c’è nessun noi. Vi faccio un piccolo riassunto. Ieri sera mi ha baciata e mi ha detto che è si è innamorato di me.»

L’ha baciata? Ancora? Di male in peggio. E così si è innamorato, è? Gliela faccio passare io questa cotta per lei, appena lo becco. Per fortuna ora sei qua, amore mio e ci penso io a fartelo scordare. È una promessa questa. Le mani di Holly strinsero così forte i braccioli della poltrona che sbiancarono.
 
«A me questi sembrano progressi» le disse Susie «E com’è stato? Bello?»

«Mh… a dire il vero… passabile. Carino, ma non mi ha detto nulla, non mi ha sconvolta o lasciata talmente confusa da non sapere neanche più il mio nome, capisci?»

Un ricordo lo colpì e Holly si ritrovò a sorridere, sotto lo sguardo allibito di tutti gli amici.
 

Quando era andato a Tokyo a trovarla, lui e Patty avevano avuto un confronto piccante e si erano baciati due volte. Alla terza, dopo averla baciata velocemente e a tradimento, era suonato il campanello alla porta e, visto che lei non si muoveva e continuava a fissarlo con sconcerto, lui l’aveva chiamata.

 
«Patty?» le aveva detto.

«È? Sì? Sono io» gli aveva risposto ancora sulle nuvole

E lui si era compiaciuto, felice che un suo bacio l’avesse mandata in tilt.
 

Fantastico, uno a zero per lui. Il vichingo non le faceva lo stesso effetto. C’era di che camminare sulle nuvole per una settimana intera. Una cosa era certa, quella era stata l’ultima volta che il vichingo Steffen l’aveva baciata. Le labbra di Patty erano una sua esclusiva e il giorno dopo, se ne sarebbe reso conto anche il nordico.
Le successive parole di Patty gli confermarono quanto il suo piano di conquista stesse procedendo bene.

 
«Abbiamo anche discusso e mi ha dato sui nervi. In pratica non gli andava a genio che venissi qua a causa della presenza di Holly. E mi sono saltati i cinque minuti, non ce l’ho fatta più a sentire che lo denigrava e gli ho risposto per le rime. Ma come si permette. Non lo conosce neanche» urlò, stizzita.

Giusto, bravissima Patty, pensò. Poi si guardò in giro e vide i suoi amici fissarlo con aria felice e alcuni avevano anche i pollici sollevati. Ma la felicità durò poco.
 
«Però non mi andava di restare arrabbiata con Steffen» riprese Patty «e allora stamattina, prima di partire, sono andata da lui e ci siamo chiariti.»

Dannazione. Dannato vichingo.
 
«Ma sono irritata lo stesso e, anche se in apparenza è tutto tornato a posto, me la sono legata al dito e credo che questo abbia minato un po’ quella complicità che avevamo. Staremo a vedere come procederà la cosa.»

«Sì, ma intanto ha già messo giù il menù per il dopo vittoria, vero Patty?»

«Sì, amica mia, così ha detto. Ah, e stamattina mi ha anche informata che si è messo in società con due membri dello staff della sua cucina e apriranno un ristorante tutto loro. Ormai il loro capo non riapre, ed era l’unica opzione che aveva per realizzare il suo sogno. Quindi, alla fine, rimarrà qua in Giappone.»

Questo non va bene, non va assolutamente bene, si disse. Poi fece cenno agli amici che forse era ora di smetterla di origliare e di palesarsi in sala da pranzo e così fecero.
Durante il pranzo, Holly riuscì a sedersi accanto a Patty e, per gran parte del tempo, le tenne una mano sulla gamba. Lei si era dapprima irrigidita ed era arrossita lievemente, ma alla fine non gliel’aveva spostata e lui, quando la manager capo si alzava per andare in cucina, ne sentiva la mancanza.
Al termine, mentre gli altri si riposavano in vista dell’incontro, lui raggiunse Patty in cucina. La trovò che stava asciugando gli ultimi piatti, tutta da sola.
Holly era felice, molto felice. La sua Patty era arrivata veramente al ritiro e, anche se per soli due giorni, l’avrebbe avuta vicinissima.
La raggiunse di soppiatto e l’abbracciò da dietro con un braccio, mentre con la mano libera le scostò i capelli di lato e le baciò il collo con dolcezza. Holly la sentì trattenere il fiato.

 
«È bellissimo averti qui, amore mio» le sussurrò all’orecchio «quanto sei bella. Te l’ho già detto che adoro questo tuo nuovo taglio di capelli?»

«Holly» disse lei sospirando e appoggiandosi a lui «io… grazie e no, non me l’avevi mai detto. Sei a caccia di complimenti?»

«Da parte tua? Sempre. Sarebbero un onore.»

«Scemo!» gli rispose lei rigirandosi tra le sue braccia e allacciando le mani dietro il suo collo.

Quella ragazza lo mandava in tilt. Era così vicina che sarebbe bastato un niente per baciarla, ma le aveva fatto una promessa e doveva mantenerla. Se dava la sua parola, quella era sacra per lui e così, a fatica, si limitò a chiudere gli occhi e ad appoggiare la fronte alla sua.
 
«Se il mese scorso mi avessero detto che saremmo stati così vicini, probabilmente avrei riso a crepapelle, prima di mettere ko il malcapitato» gli disse Patty.

«Se il mese scorso mi avessero detto che avrei faticato tanto per ricevere un tuo bacio o anche solo un tuo sorriso, probabilmente l’avrei fatto anch’io» rilanciò lui.

Sentì Patty ridacchiare a quelle parole e quel suono gli entrò sottopelle.
 
«Hai pensato alla mia proposta?» le chiese a bruciapelo.

«Quella di baciarti in mezzo al campo?»

«Precisamente. Hai già preso una decisione?» s’informò con il cuore al galoppo.

«In teoria saresti tu a dovere baciare me e sempre tu vuoi che lo farlo davanti a tutti.»

«Oh, tu dici?» finse di pensarci «Oh, sì, hai ragione. Ma sarai tu che dovrai raggiungermi lì in mezzo» le ricordò e lei arrossì «allora, che hai deciso di fare?»

«Be’, vedi, io avrei pensato di…»

«Ehi, capitano, muovi quelle chiappe da lì e lascia stare la nostra manager capo, te la spupazzerai più tardi. Dio, quasi quasi vi preferivo quando vi odiavate a morte. Muoviti, stanno arrivando i nostri avversari!» li interruppe Bruce, cacciando dentro la testa in cucina.

A quella frase del loro difensore, entrambi scoppiarono a ridere di gusto. Quel ragazzo aveva il dono di comparire sempre quando non doveva. Ma aveva ragione, ora doveva pensare alla partita che di lì a poco sarebbe iniziata.
 
«Continuiamo questo discoro dopo?» le chiese senza accennare a muoversi.

«No, mio caro capitano, sarò impegnatissima per tutto il pomeriggio. Facciamo dopo cena, alla nostra panchina?» gli propose.

«Dio, sarà dura aspettare così tanto. E va bene, e sia… ti guarderò da lontano e aspetterò con ansia quel momento. Ciao, amore mio, a più tardi e… e grazie ancora per essere venuta qua.»

Subito dopo le baciò la fronte e corse al campo dove lo stavano aspettando tutti, giusto in tempo per vedere il pullman degli argentini entrare al ritiro.


 
 
 
Un’ora e mezza dopo con il risultato di 1-1 l’insolita partita d’allenamento si concluse e Diaz, abbastanza soddisfatto del risultato si avvicinò a Holly per congratularsi.

 
«Ehi, Hutton, oggi sì che ti ho riconosciuto in campo. Che diamine ti era preso l’altro giorno?» gli chiese.

«Em… sì, a questo proposito, volevo scusarmi. Ero arrabbiato e…»

«Sì, me l’aveva detto Bruce, pene d’amore. Ma dai, non volevo crederci e invece oggi ho capito che aveva ragione. Per caso hai risolto tutto?»

«Ci sto lavorando, ma sono a buon punto» gli rispose quello guardando oltre il campo.

Diaz seguì lo sguardo del numero 10 giapponese e vide il gruppetto di manager, intente a parlottare tra loro. Erano quattro. Una un po’ più altra delle altre con una lunga coda castana di cavallo che, se non aveva visto male, sorrideva a Bruce e lui la ricambiava, pazzesco; una seconda con una cartellina in mano, i capelli neri scalati e uno sguardo determinato, un po’ più formosa delle altre; una con i capelli rossi lunghi, davvero niente male, che aveva occhi solo per Ross che le si era avvicinato con fare possessivo; e infine una con i capelli corti castani piccoletta e magrolina che sembrava avere l’argento vivo addosso, non riusciva a starsene ferma e rideva. Wow, quella sì che meritava un secondo sguardo. Sperava non fosse lei la causa del tormento del capitano giapponese, così lo fissò meglio e… no, cavoli, era la mora che lo attraeva come una calamita. Per fortuna. Un momento… cosa aveva appena detto?
 
«Senti, Hutton, una domanda» e quello lo guardò con curiosità mentre raggiungevano il quartetto femminile «la piccoletta con i capelli corti…» chiese in tono casuale.

«Susie» lo informò lui dopo avere guardato il gruppetto.

«Susie» ripeté lui in un sussurro «sta con qualcuno di voi o…»

«Che cosa ti sei messo in testa Diaz? Una volta, molto tempo fa, aveva un debole per me, ma l’ho respinta. Guarda che se anche non sta con nessuno di noi, è sotto la nostra protezione e guai a te se…»

«Tranquillo, Hutton, era solo una domanda» lo calmò lui.

E poi non vengo certo a dire a te i miei piani per lei, pensò. Così, non appena le fu vicino le sorrise e lei, dopo essersi guardata un attimo attorno, ricambiò. Forse non era abituata a ricevere attenzioni. Ma dove avevano gli occhi i suoi connazionali?
 
«Diaz, che ne dici se invitassi tutti voi a festeggiare la nostra vittoria di domani?»

«Cosa? Sei molto sicuro di te, vedo. Ti ricordo che il Brasile – come tu ben sai – non è una passeggiata da battere.»

«O, lo so bene, ma vedi… io ho un asso nella manica e… una promessa da mantenere» disse guardando ancora la bruna e sorridendo come un ebete.

Era veramente innamorato di quella tizia. Ma che stava succedendo a quella squadra?
 
«Grazie, ma… primo, sembrerebbe un po’ strano che festeggiassimo con voi dopo la sconfitta che ci avete inflitto e secondo, ripartiremo subito dopo la partita, è ora di rientrare. Ci siamo trattenuti solo per il campionato. Anche se potrei prolungare il soggiorno di qualche giorno…» aggiunse infine sempre guardando Susie.

«No, non credo proprio» intervenne un lapidario Clifford «buon viaggio di rientro Diaz.»

«Pazzesco, quasi non ci si crede. Ma vi ha colpito Cupido in massa a voi? Cos’è, si è messo a fare lo sconto comitiva e io non lo sapevo? Mi stai dicendo di girarle alla larga Yuma?»

A giudicare dalla faccia di Hutton, quella era una novità anche per lui. Ma quella ragazza l’aveva colpito e lui, Diaz, non era uno che si arrendeva al primo ostacolo.
 
«Non ti credere di esserti liberato di me così facilmente. Tornerò quando meno te lo aspetti, stai all’erta,Yuma.»

«Ti stanno aspettando al pullman» gli rispose quello «addio, Diaz, buon rientro in Argentina, non mi mancherai» gli disse mettendosi proprio sulla traiettoria a braccia conserte e sguardo cupo, togliendogli la visuale della bella Susie.

«Ricordati le mie parole» gli rispose quello stringendogli una spalla e poi, sporgendosi oltre, si rivolse alla ragazza facendola arrossire «alla prossima, signorina, sappia che la sua sola vista mi ha rallegrato la giornata. A presto.»

Poi se ne andò, lasciando dietro di sé una Susie basita, un Clifford incavolato nero e un Hutton interdetto da quell’ultimo sviluppo che fissava l’amico con sconcerto.
 
 


 
«Scusate ragazze, è questa la sede della Nazionale Giapponese di calcio?»

Eve e Susie si bloccarono all’istante. Stavano per raggiungere gli amici, dopo aver terminato di sistemare i palloni, quando una voce anziana le fece sobbalzare.
 
«Sì, signora, cerca qualcuno?» le chiese Eve.

«La Nazionale, mi sembra ovvio se sono venuta fino a qui… ah, e mia nipote. Mi ha detto che sarebbe rimasta qua per un paio di giorni fino alla partita. Ho urgenza di parlarle, è possibile?»

«Certo, spero non sia accaduto niente di grave. Oltre a noi, ci sono solo Patty e Amy come ragazze qua dentro. Chi cerca delle due?» s’informò Susie.

«La mia dolce Patricia. Sono la nonna.»
   
 
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