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Autore: Pandora_chan    02/10/2020    2 recensioni
{Questa storia partecipa al #Writober2020 indetto dal sito “Fanwriter.it”}
Li vedi i cuori sconfitti. Sono quelli che in treno fissano un riflesso sul vetro anziché il cielo che è fuori.
Hanno occhi che bisbigliano “ormai è tardi”.
(Fabrizio Caramagna)
________
Coppia: Ugetsu Murata - Akihiko Kaji
Prompt:
Capitolo 1 - RIFLESSO
Capitolo 2 - DOMESTIC
Capitolo 3 - HANAHAKI
Genere: Angst, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Akihiko Kaji, Ugetsu Murata
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Questa storia partecipa al #writober2020 indetto dal sito Fanwriter.it
 
 
Behind The Eyes
Prompt 2 – Domestic

 
Tornò tardi quella sera Ugetsu a casa. Era zuppo, l’acqua che cadde quella sera lo colpì in pieno nascondendo, a chi si trovava a passargli vicino, le lacrime. Sì, perché difficilmente lui piangeva. Ma le emozioni contrastanti di quella sera trovarono libero sfogo in quel gesto che lo rendeva vulnerabile agli occhi degli altri e al quale si imponeva di non cedere mai.
Entrò in casa senza neanche spogliarsi, accese tutte le luci. Aveva bisogno di luce in quel momento, per non cadere di nuovo nell’oscurità che lo stava inghiottendo lentamente. Ebbe la sensazione di non appartenere a quel mondo, che quel mondo così non avesse più senso per lui.
Oltre al violino cosa gli era rimasto? Il vuoto. L’essenza della sua vita gravava intorno ad Akihiko, ed ora che lui era libero a lui cosa restava?

Solitudine. Rimorso. Rancore.

«Ugetsu sei… sei bagnato. Vieni qui. Devi asciugarti subito, altrimenti ti ammalerai.»
Natsu lo prese per mano e lo condusse verso il bagno. Quasi di peso. Il corpo di Ugetsu si mosse involontariamente seguendolo e poggiandosi a lui. Con dolcezza Natsu, dopo avergli asciugato leggermente i capelli, iniziò a spogliarlo. Tolse la giacca, poi la maglia. Scese a togliere le scarpe e sfilò poi i pantaloni ed i boxer. Lo portò verso la vasca da bagno dove l’acqua già calda lo accolse. Restò con lui, in silenzio. Gli occhi di Ugetsu erano gonfi e rossi, notò subito che il suo compagno aveva pianto. Ma restò in silenzio. Lo accarezzò, lo coccolò nell’acqua e lo lavò. Lo aiutò ad uscire e, come fatto in precedenza, lo asciugò e lo rivestì.
Sempre tenendolo per mano lo accompagnò in quello che ormai era il loro letto, lo fece sdraiare e gli accarezzò i capelli aspettando che si addormentasse.

Lo conobbe alcuni anni prima, in una delle loro tournée. Natsu si occupava dell’organizzazione di tutto ciò che riguardava le competizioni e gli spettacoli di violino. Ugetsu era già un violinista affermato e nonostante questo la sua precisione sul palco era invidiabile. Provava fino a notte fonda, finché anche la singola nota non uscisse precisa. Era testardo e caparbio, ma sapeva anche sorridere con loro nei momenti di relax.
Quel sorriso lo colpì in pieno petto. Brillava, brillava di una luce che solo i grandi artisti possedevano. E quella luce lo inghiottì. Si avvicinò a lui e poco dopo iniziarono a frequentarsi, complice anche le tante serate passate insieme sul palcoscenico.
Si ritrovarono spesso a parlare di Akihiko, e per Natsu l’ossessione di Ugetsu non era un segreto. Aveva imparato a conviverci, speranzoso che prima o poi i suoi occhi avrebbero visto solo lui.
Gli occhi cominciarono a farsi pesanti e li socchiuse anche lui, cadendo in un sonno profondo accanto al suo compagno.

Alle prime luci dell’alba Ugetsu si svegliò, sentì qualcosa di pesante su di lui e di accorse che Natsu era lì, accanto a lui e dormiva rilassato. Lo scostò e si alzò per preparare del caffè.
L’odore del caffè iniziò a propagarsi all’interno dell’open space dove abitavano. Natsu si alzò dal letto e si avvicinò a Ugetsu per abbracciarlo.
Non appena le sue mani toccarono il torace del compagno, le sentì scansare velocemente e sentì il suo corpo andar via da quella presa.
Lo sguardo che lanciò Ugetsu a Natsu era carico di disprezzo.
«Non toccarmi. Non toccarmi con quelle mani.»
Disse, rivolgendosi a Natsu.
«Ugetsu… sono io. Sono Natsu, e queste mani sono due anni che ti toccano. Cosa c’è che non va?»
Natsu cercò di avvicinarsi a Ugetsu, ma ad ogni suo passo in avanti ne corrispondeva uno del suo ragazzo di allontanamento.
«Non sei lui. Non sei mai stato lui e… mai lo sarai. Ti prego, non toccarmi.»
Le lacrime iniziarono a rigare il suo volto, quasi involontariamente cadevano. Si passò più volte il braccio sul volto per asciugarle, ma più le asciugava più scendevano.
Glielo disse anche Aki la sera prima di dare una possibilità a Natsu, ma Natsu non era Aki e lui non era più l’Ugetsu che conobbe tanti anni fa. Era l’ombra di sé stesso, consapevole di aver detto addio ad una parte della sua vita.
«Lo so.» Esordì Natsu «Lo so che non sono Akihiko. Sono Natsu, e sto con te da due anni. Credi che io abbia mai visto i tuoi occhi quando parlavi di lui? Quando insieme andavamo a vedere i suoi live? Quando lui passava qui il suo tempo a suonare? Credi che io sia rimasto indifferente a tutto questo perché di te non mi importa nulla? No! Sono rimasto qui, a guardarti… a guardarvi. Ad aspettare che ti accorgessi di chi avessi accanto.»
Continuò a parlare avvicinandosi di più a lui fino ad arrivare ad abbracciare quel corpo esile e che gli parve tanto indifeso. Indifeso davanti alle scelte e agli avvenimenti che erano lì a susseguirsi come un macigno per lui. Per loro.
«Mi sono innamorato di te per questa tua testardaggine. Hai dei lati che mostri solo in intimità ed è questo che amo di te. Ti prego… Ti prego. Dammi la possibilità di prendermi cura di te. Dammi la possibilità di rimanerti accanto. Rialzati con me, fatti aiutare da me. Io ci sono.» Glielo disse stringendolo, ad ogni parola sempre di più. Si lasciò andare ad un pianto liberatorio, un pianto quasi d’addio. Pianse tanto, tra le sue braccia. E le braccia di Natsu lo sostennero, senza lasciarlo.
***  
     
La notte la passarono dormendo abbracciati, non ebbe bisogno di sapere la sua riposta. Era tutta lì, in quel piccolo gesto. Nella condivisione di quel letto, nella loro quotidianità.
«Buongiorno… dormito bene?»
Natsu gli accarezzò il volto e ne spostò una ciocca scura dalla fronte. Ugetsu seguì quel movimento con il capo, come a farsi coccolare da quel caldo tocco.
«Mmm… abbastanza. Sto bene.»
Si liberò da quel tocco e alzò il suo volto per avvicinarlo a quello del ragazzo e stampargli un piccolo bacio sulle labbra. Ripensò all’ultimo bacio con Akihiko. Il tocco, il calore, il sapore… Tutto era diverso. Tutto sarebbe stato diverso, da adesso.
Natsu fu sorpreso da quel gesto. Sapeva che il violinista era capace di gesti dolci, ma in quegli anni gliene concesse pochissimi. Poteva contarli sulle dita di una mano.
«Grazie.» Disse Natsu alzandosi dal letto per preparare del caffè. «Grazie per avermi dato la possibilità di starti accanto.»
Non ricevette risposta. Lo sapeva. Ugetsu non avrebbe mai risposto ad un’affermazione di questo tipo. Lo vide alzarsi dal letto ed avvicinarsi all’angolo cottura di quel piccolo open space.
Lo vide andare vicino ad una mensola e prendere una tazza, prenderla e gettarla nella pattumiera. Fu il suo modo di rispondergli.
Da lì in poi ci sarebbero stati loro due e basta. Avrebbe concesso a Natsu di stargli vicino non perché simile ad Aki, ma perché era Natsu.

"No one knows what it's like
To feel these feelings
Like I do
   And I blame you"
 
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NdA: Ecco qui il secondo capitolo di questa mini-long incentrato principalmente su Ugetsu. Il prompt usato in questo capitolo è Domestic, di solito si immagina una realtà molto kawaii. Ed in parte lo è. Però è nell’ambiente domestico che Ugetsu Murata ritrova in parte sé stesso. Ritrova il suo nuovo compagno, Natsu. Viene accolto, coccolato e amato.
Come sempre, ringrazio chi passerà e chi lascerà qui un suo pensiero! 😊
   
 
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