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Autore: Talitha_    03/10/2020    4 recensioni
In un’ipotetico futuro in cui Marinette e Adrien sono una coppia a tutti gli effetti, ecco a voi una serie What if? alla stregua del romanticismo e del fluff più assoluto.⁣

"Era tutta colpa di Marinette se adesso Adrien moriva dalla voglia di mettere le mani in posti dove non avrebbe dovuto, e di baciarla come mai aveva fatto prima.”⁣
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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1.

 

 

Una risata cristallina risuonò nell’atrio dell’istituto superiore François Dupont. 

“Certe volte sai essere proprio sadica, lo sai?” fece notare un imbarazzato Adrien, mentre si portava la mano libera dalla stretta di lei dietro la nuca. 

Marinette gli rivolse uno sguardo pieno d’adorazione, un pizzico non indifferente di malizia negli occhi. 

“Suvvia, gattino. Non prenderla così a male. Sei adorabile quando ti prendo in giro.”

Adrien si consolò un poco a quelle parole. “Dici davvero?”

Marinette non potè fare a meno di notare un po' del suo smisurato ego in quel tono. 

Alzò gli occhi al cielo, continuando a tenere ben salda la presa sulle loro dita intrecciate. 

“Sei sempre il solito” disse poi, voltando la testa per guardarlo dritto negli occhi. 

Lui sorrise sornione. 

“È per questo che sei pazza di me.”

Una leggera gomitata gli arrivò dritto nel fianco. 

“Sei cattiva” aggiunse poi. 

Lei ripetè in tono canzonatorio: “È per questo che sei pazzo di me.”

Adrien non fece in tempo a ribattere che uno sbuffo arrivò proprio dietro di loro. 

“Cosa ho fatto di male per meritarmi questi due che amoreggiano già alle otto di mattina?” Alya si passò una mano davanti alla faccia ancora assonnata. Da quando Marinette e Adrien si erano messi insieme, in circostanze che ancora non le erano molto chiare, non facevano altro che comportarsi da coppietta smielata per cui ogni occasione era buona per rivolgere sguardi o battute languide all’altro. 

Marinette si volse verso lei e Nino aggrottando le ciglia. “Noi non amoreggiamo mica” disse, calcando sulla parola in modo quasi eccessivo. 

“Oh, certo che sì” ribatté Alya, con un tono che Nino conosceva fin troppo bene.

“Innanzitutto vi lanciate certi sguardi capaci di spogliare l’altro con la forza del pensiero, inoltre… no no Marinette” esclamò, portandosi l’indice alle labbra facendole capire di non interromperla. 

L’amica richiuse la bocca, mentre iniziava a diventare sempre più rossa. Non sapeva dire se fosse per l’imbarazzo o per l’indignazione. Sta di fatto che non le piaceva la piega che stava prendendo la conversazione. 

Strinse più forte la mano sudaticcia di Adrien. 

Assicuratasi che Marinette non la interrompesse, Alya riprese: “Dicevo, inoltre, che vi chiamate con certi nomignoli capaci di far venire una carie persino a quella romanticona di Rose. ”

Adrien arrossì. Non aveva mai pensato a come sarebbero potuti risultare lui e Marinette visti dall’esterno. 

“Non riesco proprio a capire se siete le persone più dolci che io conosca o quelle più imbarazzanti. Insomma, Marinette, gattino? È davvero… ehm, come lo definiresti, Nino?

Marinette si spazientì. Nino fece per rispondere alla domanda della sua ragazza (non avrebbe osato pensare alle conseguenze del suo silenzio), quando Marinette gli parlò sopra: “E allora, che male c’è?” 

Aveva arricciato il labbro superiore, le gote più rosse che mai, e Adrien pensò che fosse davvero adorabile, in quel momento. 

Alya d’un tratto cambiò espressione. Da spazientita e arrabbiata iniziò a ridere come una matta, reggendosi la pancia con entrambe le mani. Tutti continuavano a non capire, Nino compreso. 

Alya si asciugò una lacrima con l’indice. “C’è che siete adorabili” un luccichio di orgoglio nel suo sguardo. “E, modestamente, è tutto merito mio.”

Marinette la fulminò con lo sguardo. Tuttavia, era sollevata al pensiero che la sua amica stesse solo scherzando. Sciolse la presa dalla mano di Adrien e strinse forte il suo braccio. Il possessore del braccio in questione diventò, se possibile, ancora più rosso. Nonostante non fosse la prima volta che… insomma, Marinette lo stringesse così, non era ancora abituato a quei piccoli gesti affettuosi e intimi che facevano parte della vita di coppia. 

“Non è stato tutto merito tuo” ribatté Marinette, ignara del livello di rossore raggiunto da Adrien qualche centimetro sopra la sua testa. 

Alya continuava a guardarli con occhi scintillanti, quei due erano proprio tenerissimi insieme. 

Nino sospirò un’altra volta, con lo sguardo diretto verso Adrien: “Scusala, amico. Sai come sono fatte, le ragazze.”
Si beccò una gomitata da parte di Alya, che, a differenza di Marinette, non fu così gentile nei confronti del suo ragazzo. Poi si rivolse a Marinette: “Scusami, tesoro. Solo che non mi sembra vero che voi due stiate finalmente insieme. Hai sbafato dietro ad Adrien per più di un anno che…”

Marinette, ormai, iniziava a sentire sempre più caldo, in quella stanza. Adrien assunse uno sguardo pomposo che andava a mascherare il rossore sulle guance. 

“Davvero?” le sussurrò all’orecchio, con un tono malizioso che fece venire i brividi a Marinette. 

Lei lo fulminò con lo sguardo, lasciando subito la presa sul suo braccio. 

“Scemo, ma se lo sai già.”

Alya batté le mani come una vera fangirl. “Ve l’ho già detto che siete troppo carini?”

 

***

“Parlando d’altro” si introdusse Nino, l’unico tra tutti a non essere talmente coinvolto dalla scena da non poter cambiare argomento: Alya era troppo impegnata nella contemplazione della coppia di fronte a loro; Adrien era a metà tra l’imbarazzato e il sornione e Marinette tra l’indignata e l’innamorata. “Siete tutti pronti per il test di scienze della quinta ora?”

Marinette lo guardò come se non avesse la minima idea di cosa stesse parlando. “Quale test di scienze.”

Tutti si voltarono a fissarla. 

“Ah” disse infine. “Il test di scienze per cui mi sono dimenticata di studiare.”

Emise un gemito di scoraggiamento. 

Alya la guardò preoccupata: “Ah, Marinette. Se non fossi la ragazza di Adrien ti chiederei cosa ti passi per la testa. Le prime due ore abbiamo ginnastica, vuoi che ti aiuti a ripassare?”

Marinette annuì sconsolata. “Mi dispiace, Alya. Me ne ero totalmente dimenticata.”

Adrien le passò una mano dietro il fianco. “Se vuoi posso aiutarti io.”

Alya scosse la testa con decisione. “Se l’aiuti tu il cervello le va in pappa dopo un secondo.” Marinette fece per ribattere, ma sapeva che Alya aveva ragione. 

Adrien arrossì, quindi non insistette. 

Marinette appoggiò la testa sulla spalla del suo ragazzo, mentre si chiedeva come cavolo avesse fatto lui a trovare il tempo di studiare, il giorno prima. Erano stati impegnati tutto il pomeriggio prima con un’attacco akuma, poi con un’intervista in diretta sul programma di Nadja Chamack. Era tornata a casa talmente spossata dalla giornata e dalle domande indiscrete di Nadja che si era buttata sul letto nonostante fossero appena le otto. 

Mentre si preparava col pensiero a due ore di immagazzinamento forzato di informazioni, si sentì chiamare da dietro le spalle. 

Era Camille, la rappresentante di classe di una seconda. 

“Ciao, Marinette. Scusami se ti disturbo. Ho parlato con la professoressa Bustier circa la riunione dei rappresentanti di classe, come mi avevi chiesto. Ha deciso di spostarla oggi pomeriggio dopo la fine delle lezioni. Per te è un problema?”

Marinette si costrinse a sorridere, anche se non aveva la minima voglia di partecipare a quella riunione. “Va benissimo Camille. Ci vediamo alle tre?”

La ragazza annuì. “Sì, alle tre in biblioteca.”

“A dopo, allora” la salutò la compagna. 

Poi si rivolse verso il suo gruppo di amici, mentre si spremeva una mano sulla faccia. “Questa giornata non finirà mai.”

Alya la prese per il braccio. “Su, non ti scoraggiare. Se iniziamo subito a ripassare vedrai che andrà meglio.”

Fece un cenno di saluto a Nino e Adrien, mentre si dirigeva in biblioteca con l’amica. 

“Adrien, dì al professore che Marinette non si sentiva bene e che l’ho accompagnata in infermeria. A te crederà. D’accordo?”

Adrien annuì, mentre salutava Marinette con un dolce e leggero bacio sulla tempia. 

 

 

2. 

 

“Bene, ragazzi. La lezione è finita. Andate in spogliatoio a cambiarvi e poi ognuno nella propria classe.”

Un coro di esulti si levò dall’ammasso di studenti che, dopo due ore di allenamento intensivo con il professor D’Argencourt, erano finalmente liberi di darsela a gambe. 

Tutti erano stanchi e sudati, tranne Adrien, abituato ai ritmi serrati delle sue lezioni, e ancora profumato come il culetto di un neonato. Marinette si stupiva ogni volta di come riuscisse ad essere sempre così impeccabile. Lei sudava sette camice ogni venerdì mattina, quando avevano le due ore di educazione fisica. 

Adrien fece per dirigersi verso lo spogliatoio dei maschi, in volto un’espressione molto triste. Durante tutto l’allenamento non era riuscito ad impedirsi di pensare a Marinette, e si era sentito terribilmente in colpa perché non si era assicurato che lei avesse studiato per il compito di scienze. Lui era già preparato sull’argomento, dato che nel periodo in cui prendeva lezioni private da Nathalie si era portato un po' avanti col normale programma, quindi aveva soltanto dovuto ripassare un’oretta dopo scuola per sentirsi pronto ad affrontare il test. Marinette invece era rimasta in classe ancora un po' a causa dei suoi impegni da rappresentante, e appena era tornata a casa era subito andata ad aiutarlo a sconfiggere l’akumizzato di turno. Avrebbe tanto voluto fare qualcosa per lei, ma ogni volta Marinette faceva troppo l’orgogliosa per chiedergli una mano, e lui era troppo tonno - questo lo ammetteva - per accorgersi che probabilmente lei aveva bisogno di aiuto. 

Si era scervellato per due ore intere nel cercare un modo per risolvere la situazione, e ancora ci stava pensando quando si sentì chiamare da dietro le spalle. 

Si voltò, cercando di individuare tra i volti dei suoi compagni quello da cui proveniva la voce femminile che aveva appena sentito, quando si ritrovò davanti una ragazza che non aveva mai visto prima. In realtà, la conosceva soltanto di vista, essendo anche lei un’alunna della sua stessa scuola. L’aveva vista spesso proprio durante le lezioni col professor D’Argencourt: la classe di Adrien non era molto numerosa, per cui il professore aveva deciso di incorporarla con un’altra durante le sue ore. 

“Ehm, ciao” la salutò, cercando di capire perché quella ragazza volesse parlare con lui. 

Sentendo la voce di Adrien, quella divenne tutta rossa. 

“Ah…Ciao, Adrien. Mi chiamo Coco Duval, frequento la 2a D…” sembrò voler dire qualcos’altro, ma le parole le morirono in gola. 

Adrien le sorrise gentilmente. “Ciao, Coco. Posso fare qualcosa per aiutarti?” 

Quella frase fu pronunciata con talmente tanta dolcezza che Coco sentì le gambe cedere. 

Prese un respiro profondo e mise da parte ogni imbarazzo. Quella era l’occasione giusta per aprirsi con Adrien circa i suoi sentimenti, e non doveva farsela assolutamente sfuggire. 

“Sì, io… volevo parlarti, di, ecco… una cosa. Posso rubarti due minuti?”

Adrien annuì, preoccupandosi per quella ragazza, che probabilmente si trovava in difficoltà in qualcosa. Magari voleva chiedergli di aiutarla con l’educazione fisica. Altrimenti perché avrebbe avuto bisogno di parlare con lui?

“So che sei già impegnato, e che sei innamorato della tua ragazza…”
Lo sguardo di Adrien si fece sempre più confuso. Cosa c’entrava Marinette con lo sport?

“… però non potevo fare a meno di confessarti i sentimenti che provo per te, Adrien. Sei il ragazzo più gentile e bello che io abbia mai visto. Sei sempre disponibile ad aiutare gli altri, sei buono e bravo in tutto. Mi sei piaciuto fin dal primo giorno che ti ho visto.”

Adrien non sapeva cosa dire. Non si aspettava minimamente una dichiarazione da parte di una ragazza con cui non aveva mai parlato. 

“So che tu non hai la minima idea di chi io sia, e il tuo sguardo confuso conferma quello che pensavo da tempo, però ci tenevo lo stesso a confessarti quello che provo per te. So che penserai che io sia una stupida, ma…”

“Non sei affatto stupida” la interruppe Adrien. 

Coco abbassò lo sguardo, terribilmente rossa in volto, mentre continuava a contorcersi le mani sudaticce come preda di un attacco di panico. 

“Coco, io…” sentire il suo nome pronunciato dalla voce di Adrien le fece perdere un battito “… sono lusingato dai tuoi sentimenti, e sono contento che tu mi abbia confidato ciò che provi, ma, come hai già detto, io amo Marinette. So cosa si prova a venire rifiutati dalla persona che si ama, credimi, ma purtroppo non posso accettare i tuoi sentimenti.”

Coco alzò un poco lo sguardo, mentre una silenziosa lacrima si faceva largo sul suo volto. 

Adrien era mortificato. “Ti prego, non piangere. Io non volevo…”

Lei scosse la testa. “Adrien, non hai niente di cui scusarti. Sapevo come stavano le cose sin da prima che mi facessi avanti, quindi non devi biasimarti per quello che mi stai dicendo. Dichiarandoti i miei sentimenti speravo che, con un tuo rifiuto, sarei finalmente riuscita a dimenticarti, invece sei talmente gentile che ti dispiace anche dirmi che non mi ricambi.” Sorrise tra le lacrime. 

Ci fu un attimo di pausa in cui nessuno dei due seppe cosa dire, poi Adrien chiese, con tono premuroso: “C’è qualcosa che posso fare per farti stare meglio?”

Lei lo guardò, forse ancora più innamorata di prima, e chiese in un sussurro: “Come posso dimenticarti? Hai detto che anche tu sei stato rifiutato, eppure ora sei felice con Marinette. Come hai fatto?”

Adrien rimase leggermente spiazzato da quella domanda. Lui era, sì, stato rifiutato da Ladybug più e più volte, ma la sua era una situazione completamente diversa, visto che comunque Marinette lo amava. Allora gli vennero in mente le parole che Katami gli aveva rivolto tanto tempo prima, quando aveva ricevuto l’ennesimo rifiuto da parte di Ladybug. 

“Cambia bersaglio” le disse, non senza una vena di imbarazzo. Non sapeva quanto quel consiglio potesse rivelarsi utile, ma era l’unica cosa che gli era venuta in mente, in quel momento. “So che potrà sembrarti impossibile, all’inizio, ma io non sono la persona giusta per te, Coco. Devi soltanto rivolgere il tuo sguardo da qualche altra parte, finché non colpirai il bersaglio giusto. Sono certo che prima o poi riuscirai a trovare il ragazzo degno di ricambiare i tuoi sentimenti.”

Coco lo guardò con gratitudine, cercando di imprimersi le sue parole nella mente. “Grazie mille, Adrien. Marinette è proprio fortunata ad averti.”

Adrien sorrise: “Ed io sono fortunato ad avere lei.”

“Posso chiederti un’ultima cosa?”

“Sì, certo.”

“Posso abbracciarti? Solo un abbraccio da amica. Sempre se alla tua ragazza non dà fastidio.”

Adrien non ci vide nulla di male in un abbraccio da amici. Annuì e allargò le braccia. 

Coco si ricordò troppo tardi di aver appena finito la lezione di ginnastica. Si chiese come diamine facesse Adrien, invece, a profumare di rose. 

 

3. 

 

Marinette tirò un sospiro di sollievo quando finalmente la riunione dei rappresentanti finì. Si era vicini alla fine dell’anno, e tutti i preparativi per la festa che avrebbe avuto luogo dopo la fine delle lezioni dell’ultimo giorno di scuola fremevano. 

Scese piano i gradini della Dupont, sentiva le gambe stanche e pesanti. Aveva soltanto bisogno di una bella dormita, ed era proprio fortunata che fosse venerdì. Il giorno successivo non avrebbe avuto l’urgenza di svegliarsi presto per andare a scuola, nonostante fosse decisa che lo avrebbe dedicato allo studio. Doveva portarsi avanti se non voleva fare delle corse all’ultimo minuto, e chiedere ai suoi amici di aiutarla perché non era riuscita ad organizzarsi. 

Prima di diventare Ladybug, Marinette aveva sempre ottimi voti a scuola. Non che ora non ne avesse più, soltanto che si ritrovava sempre più spesso con qualche sorpresa indesiderata. 

Non le piaceva prendere brutti voti, semplicemente perché sapeva che era abbastanza capace per andare meglio. 

Bastava organizzarsi, pensò. 

D’altronde, se Adrien riusciva nonostante la sua doppia vita da supereroe, non vedeva perché anche per lei non dovesse essere la stessa cosa. 

Erano ormai le cinque del pomeriggio - la riunione era durata più del previsto, e come se non bastasse era stata trattenuta dalla professoressa Bustier che le chiedeva spiegazioni sull’insufficienza dell’ultimo compito di storia - e non aveva voglia di fare nient’altro che una bella dormita. Mentre aspettava che il semaforo dell’incrocio sotto casa sua diventasse verde, controllò velocemente le notifiche del telefono. Aveva cinque chiamate perse di Adrien e altrettanti messaggi in cui le chiedeva di richiamarlo, se stesse bene, a che ora avrebbe finito la riunione, di nuovo se stesse bene, e di come fosse andato il compito di scienze. Subito dopo la quinta ora aveva avuto lezioni di scherma e non era riuscito a chiederglielo. 

Marinette ripose il telefono nello zaino ed attraversò la strada, entrò nella pasticceria per salutare i suoi, salì le scale del pianerottolo e finalmente si ritrovò a casa. Per prima cosa si tolse le scarpe, poi corse in camera sua a mettere il pigiama. Impostò la sveglia per le otto di sera e digitò a memoria il numero di Adrien. 

“Marinette, finalmente. Mi stavo preoccupando sul serio.”

Marinette ridacchiò. “Tu ti preoccupi sul serio anche se non rispondo subito al primo squillo.”

“Non è vero” protestò lui.
“Oh, sì che è vero” annuì Marinette, mentre si infilava al calduccio sotto le coperte. 

Quanto meritato e agognato riposo. 

“Allora, hai finito adesso la riunione? Come mai ci avete messo così tanto?”

Marinette si tirò le coperte fin sotto al naso, rannicchiandosi in posizione fetale. “Sai com’è, siamo partiti da una cosa e siamo arrivati da tutt’altra parte. E poi” aggiunse “mi ha trattenuta la signorina Bustier.”

“Perché? C’è qualche problema?”

“Ma no, niente di che.”

“Guarda che lo capisco se mi menti.”

Lei sbuffò. “Non sapevo che come super potere avessi anche quello di scovare le bugie.”

“Quelle della mia ragazza, sì” rispose Adrien con tono solenne. 

“Ma sentilo…” lo canzonò lei. 

“È per il compito di storia?”

“Mmh?”

“La signorina Bustier ti ha voluto parlare perché sei andata male al compito di storia?”

“Sei un impiccione.”

“Mi preoccupo per te.”

Marinette sorrise. 

“Ehi” disse allora lui, in un tono talmente dolce che il cuore di Marinette si sciolse. “Possiamo vederci?”

“Adesso?”

“Sì. Perché, hai da fare?”
“In realtà avevo in programma una bella dormita.” 

“Il tuo sonno di bellezza non può proprio aspettare?”

“Se me lo chiedi per favore, ci posso pensare.”

Lui ridacchiò in risposta. “Milady, luce dei miei occhi, amore della mia vita. Faresti l’onore della tua compagnia a questo povero gatto solo e perdutamente innamorato, questa sera?”

Marinette arrossì, mentre prese a mordicchiarsi nervosamente un labbro. Aveva improvvisamente voglia di averlo lì, tra le sue braccia. Di sentirne il calore, il profumo. 

“Onore concesso.”

“Parto immediatamente, allora.”

“Ti aspetto.”

Marinette riattaccò col sorriso sulle labbra. 

 

***

Qualche minuto dopo avvertì un gentile bussare proveniente dalla botola che dava sulla terrazza. Marinette si scostò dalle coperte, avvertendo subito un brivido di freddo, e si diresse carponi ai piedi del letto. Aperta la botola, si ritrovò di fronte un gatto tutto solo e infreddolito. Lo fece subito entrare, mentre quello si ritrasformava. 

“Me lo avevi promesso, Adrien” subito una voce esigente fece capolino. Il ragazzo sbuffò, mentre prese a frugare nella borsa. 

“Tieni, una gustosa porzione di camembert al sidro stagionato, appositamente per te dalla dispensa del mio chef pluristellato.”

Plagg guardò il formaggio con due occhi famelici, strofinò per bene le mani pregustando l’attimo in cui avrebbe potuto addentare quella prelibatezza, che subito rubò dalle mani di Adrien. “Ora mi levo dai piedi” annunciò. 

“Ecco, bravo.” 

Marinette ridacchiò, i battibecchi tra Adrien e il suo kwami erano sempre estremamente divertenti per lei. 

Adrien si guardò un attimo intorno. “E Tikki, dov’è finita?”

“Si è dileguata quando ha saputo che saresti venuto.”
Adrien annuì, l’espressione del viso si rilassò, mentre iniziò a scrutare più attentamente la sua ragazza. Aveva il volto visibilmente stanco, i grandi occhi azzurri lucidi, i capelli sciolti e spettinati e un adorabile pigiama rosa a pois bianchi. 

Marinette si sentiva un po’ a disagio sotto il suo sguardo scrutatore. “Mi chiedi di Tikki soltanto per sapere se puoi dare libero sfogo alle tue sconce fantasie?”

Adrien arrossì in un modo che a Marinette parve adorabile. 

“Non dire sciocchezze.”

Marinette ridacchiò divertita. Poi lo prese per mano, dato che erano entrambi seduti sul bordo del letto, e gli chiese di togliersi le scarpe. 

“Perché?”

“Perché lo dico io.”

Adrien si arrese al suo ordine, slacciò le scarpe e le lasciò scivolare sotto le scale. Appena si voltò vide che Marinette si era già sepolta sotto le coperte. Due occhioni blu spuntarono da dietro le lenzuola. “Non vieni?”

Adrien credette di non aver sentito bene. 

Marinette cacciò una mano e la sbatté sulle coperte per indicargli dove doveva sedersi. O sdraiarsi. Si avvicinò lentamente carponi, ancora convinto di aver frainteso quello che lei aveva cercato di dirgli. 

“Muoviti, che sento freddo” si spazientì lei, mentre gli sistemava amorevolmente la coperta sulle gambe, poi su tutto il corpo. 

Adrien pareva sempre più confuso. 

“Marinette, ma cos…”

Non potè continuare a parlare quando se la ritrovò accucciata tra le braccia, il profumo al gelsomino dei suoi capelli nelle narici, il calore del suo corpo contro. 

“Te l’ho detto che avevo sonno” bofonchiò lei, gli occhi già mezzi chiusi. 

Per farla stare più comoda, Adrien fece scivolare un braccio sotto il suo collo, mentre con l’altro le accarezzava la vita. 

“Ma noi dovevamo parlare” protestò lui. 

Marinette alzò di poco lo sguardo. “Se mi devi fare la paternale giuro che ti caccio.”

“Ma quale paternal…”

Lei gli lanciò uno sguardo di fuoco. “Va bene” si arrese “niente paternale.”

“Bravo” mugugnò Marinette, ritornando ad accucciarsi sul suo petto. 

Ad Adrien sarebbe piaciuto tantissimo stare lì semplicemente a godersi quel momento, eppure non poteva ancora rimandare l’argomento. Dopo l’ora di educazione fisica non aveva avuto neanche un’occasione per parlare a Marinette di cosa era successo in palestra, e si sentiva decisamente a disagio. Non voleva rovinare l’atmosfera parlandole di Coco, però non voleva neanche nasconderle quello che era accaduto. 

Semplicemente, disse: “Oggi ho ricevuto una dichiarazione d’amore.”

Sentì Marinette irrigidirsi, mentre alzava piano la testa dal suo petto. 

“Mi stai prendendo in giro? Perché se è così non è affatto divertente.”

Adrien si rese conto all’improvviso dell’atmosfera tesa che si era venuta a creare. Forse aveva introdotto l’argomento in maniera un po' tempestiva, però sapeva che non si sarebbe dato pace fino a quando non ne avrebbe parlato con lei. 

Marinette si scostò un po' di più da lui, cercando di capire dove il suo discorso volesse andare a parare. Era chiaro che non si trattava di uno scherzo, dall’espressione mista di terrore e nervosismo che le stava rivolgendo. 

“Adrien?”

“Sì?” lui si riscosse come da un sogno. Meglio definirlo un incubo. 

“Sto aspettando una risposta.” 

Ora si era scostata completamente da lui, e Adrien avvertì uno sgradevole senso di freddo e vuoto nel punto di cui prima si trovava il corpo di Marinette. 

“È… è successo durante l’ora di motoria. In realtà, alla fine. Sento una ragazza dell’altra classe classe che mi chiama e…”
“Chi è” chiese con tono quasi glaciale. Adrien non l’aveva mai vista così, e divenne ancora più nervoso. 

“Si chiama Coco.”

“Coco Duval”

“Ehm… credo di sì.”

“E che ti ha detto.”

Adrien prese a contorcersi le mani. Non riusciva a capire perché Marinette fosse così infastidita. Dopotutto, lui non aveva fatto niente di male. 

“Mi ha detto che le piacevo. Lei sapeva già che sono innamorato di te, però ci teneva a confessarmi i suoi sentimenti. Sperava che così sarebbe riuscita a dimenticarmi.”
“Sperava?” Marinette alzò un sopracciglio, le labbra corrucciate. 

“In che senso?”

Sperava? Al passato?”

“C-credo di sì. Insomma, non è così semplice dimenticarsi della persona di cui si è innamorati.”

Marinette sbuffò. “Ma quale innamorati? Quella muore per te solo perché sei oggettivamente bellissimo.”

Adrien si indispettì. 

“Non è vero. Da come me ne parlava, sembrava che i suoi sentimenti fossero davvero sinceri.”

Marinette puntellò il gomito sul cuscino. “La stai difendendo, per caso?”

“N-no! Certo che no! Milady, puoi stare tranquilla. Lo sai che amo solo te. Non c’è bisogno di essere gelosa.”

Il tono di Adrien era calmo, cercava di tranquillizzarla. Ma non riuscì nel suo intento. 

“Gelosa?! Io non sono gelosa.” Ricadde a braccia conserte sul letto, troppo lontana da lui. 

“N-non volevo dire proprio gelosa. Solo… infastidita?”

“Io non sono infastidita. Sono arrabbiata.”

“Perché? Si può sapere?” Adrien iniziava a spazientirsi. Non aveva fatto niente di male, lui. Anzi, appena aveva avuto modo di parlare con lei, subito le aveva raccontato l’accaduto. 

“Perché?! Perché ti dico che sono stanca morta e tu fai finta di niente e mi dici che una ragazza ti ha detto che è follemente innamorata di te, e che ti dispiace di averle detto che stai già con un’altra!”

Marinette era scattata seduta, le braccia conserte. Adrien non l’aveva mai vista così arrabbiata. 

“Ma si può sapere che ti prende? Innanzitutto, io non l’ho rifiutata soltanto perché sono già impegnato. M-ma ti senti quando parli? È assurdo. Ti ripeto ogni giorno che sei l’unica ragazza che amo, e mi vieni a dire una cosa simile? E se la vuoi sapere tutta, ci siamo anche abbracciati. Ma era soltanto un abbraccio da amici, e gliel’ho dato da amico.”

Marinette tremava. 

“Anche di me dicevi che ero solo un’amica” sussurrò, livida in volto. 

Adrien si portò una mano sul viso. “Ma non c’entra niente! E prima di urlarmi contro cose cattive come poco fa, potresti fermarti ad apprezzare il fatto che te lo abbia detto subito, appena ti ho vista. So che magari potevo essere più delicato, e introdurre meglio l’argomento, però non mi merito questo atteggiamento. Avresti preferito forse che non ti avessi detto niente?”

Marinette sentì le lacrime salirle agli occhi. Adrien aveva ragione. Come sempre. 

Si sentì malissimo rendendosi conto delle parole brutte che gli aveva rivolto. 

“Mi dispiace” mormorò, portandosi le mani agli occhi per nascondergli le lacrime. “È che questa settimana è stata orribile. Sto andando male a scuola, non trovo un attimo di tempo per me, per noi. Non riesco neanche a dormire. Sono esplosa. N-non dovevo dirti quelle parole, mi dispiace così tanto.”

Il cuore di Adrien si strinse in una morsa vedendola in quello stato, rannicchiata su se stessa in lacrime. Tutto per colpa sua. Perché non era riuscito a capire quanto a lei servisse il suo aiuto, il suo supporto. 

La prese tra le braccia e la strinse forte. La fece sdraiare e allungò il braccio per afferrare la scatola di fazzoletti sullo scaffale dietro la testiera. Le asciugò il viso dalle lacrime, le lasciò scie di baci sul volto. 

“Non è colpa tua, Marinette. Sono io quello da biasimare. Sono il tuo ragazzo e non mi sono neanche accorto di che periodo difficile fosse, per te.” Le carezzava dolcemente i capelli con una mano, portandole dietro la testa i ciuffi che aveva davanti agli occhi. “Ti prometto che d’ora in avanti farò del mio meglio per supportarti sempre. Va bene?”

Lei scosse la testa tra i singhiozzi. Il cuscino era tutto bagnato. 

“Ma che cosa dici. Tu sei sempre perfetto. Ti preoccupi per me come nessun altro. Mi sei sempre vicino, anche troppo, a volte” sorrise tra le lacrime. 

Adrien le baciò la fronte. 

“Ti amo, Marinette. Te e nessun’altra. Ricordatelo sempre, d’accordo?”

Lei annuì sotto le coperte, un fazzoletto di carta stropicciato nel pugno. 

Adrien le rimboccò per bene le lenzuola. “Dormi, adesso. Hai bisogno di qualcosa?”

Marinette scosse la testa. Poi, forse, ci ripensò. 

“Potresti restare ancora un po’? Solo fino a quando non mi addormento.”

Adrien sorrise e se la strinse al petto. 

“Tutto il tempo che vuoi, Milady.”

Marinette sorrise sotto le coperte, aspirando il suo profumo. “Mmh, effettivamente è vero che sono un po' gelosa.”

“Soltanto un po’?”

“Non fare tanto il gradasso, che tu lo sei molto più di me.” Il suo tono era divertito, ma anche terribilmente stanco.  

“Lo ammetto” le sussurrò tra i capelli. “Non permetterò mai a nessuno di portarti via da me.”

Marinette sorrise un’ultima volta, prima di abbandonarsi al mondo dei sogni. 

 

 

Convenevoli finali:

Eccoci arrivati al secondo capitolo di questa raccolta di os! Sono molto contenta di essere riuscita ad aggiornare dopo neanche una settimana (non abituatevi troppo, però, stiamo pur sempre parlando di me xD). Ad essere sincera, non credo che questa storia abbia molto senso, però il risultato finale mi pareva carino, e quindi le ho dato un’opportunità. Fatemi sapere cosa ne pensate :)

 

A presto (spero),

Talitha_

   
 
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