Anime & Manga > Violet Evergarden
Segui la storia  |       
Autore: LatazzadiTea    04/10/2020    9 recensioni
Dal testo: Violet era la persona più sola che avesse mai conosciuto, per questo andava protetta. Invece, accecato dalla propria arroganza Dietfried l'aveva presa e strappata alla sua terra, pagando quella scelta disumana con la vita dei suoi uomini. Così, comprendendo solo troppo tardi la gravità di quell'errore, al fratello non era rimasto altro che sbarazzarsene.
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Claudia Hodgins, Dietfried Bougainvillea, Gilbert Bougainvillea, Violet Evergarden
Note: OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Cap.6

Lacrime: eterne lettere d'amore.




Violet aveva vegliato Dietfried un giorno e una notte prima di vederlo riprendersi alle luci dell'alba successiva, chiaro segno che le cose stessero finalmente migliorando. Lei e il dottore avevano fatto i turni per salvarlo, dormendo e mangiando a intermittenza fra una crisi e l'altra, quando la febbre lasciava il passo ai tremori e ai brividi di freddo, e loro dovevano sostituire l'acqua fresca con il brodo appena intiepidito per dissetarlo.

"Grazie...", fu la prima cosa che Violet gli sentì dire, dopo averle affettuosamente preso la mano nella sua.

La stretta era meno vigorosa del solito, notò Violet, non vergognandosi affatto di restituirla con gesto del tutto naturale ai suoi occhi. Dietfried non era riuscito ad aggiungere altro, e nemmeno serviva che lo facesse visto che la sincerità dei suoi sentimenti traspariva fin troppo chiaramente dal suo sguardo. Cosa che, senza sapere il perché, le strappò un sorriso. Era felice di non saperlo più in pericolo, perdendosi nel fondo di quei meravigliosi smeraldi che lentamente riprendevano vita illuminandosi.

Gli stessi occhi del Maggiore, si soffermò ancora una volta a pensare Violet, intristendosi d'improvviso.

Aveva progettato di partire per il campo di prigionia Gardarik proprio insieme all'uomo, ma dopo quell'imprevista situazione, sarebbe dovuta andare da sola. Non poteva più aspettare: era necessario sapere se la pista che stavano seguendo fosse o meno attendibile, per continuare le ricerche altrove. D'altronde, era stato proprio Dietfried a darle quella speranza e non si sarebbe arresa, si ripromise di fare Violet. Dopo tutto, avrebbe fatto qualsiasi cosa per riavere il Maggiore nella sua vita, malgrado il pensiero di lasciare Dietfried proprio in quel momento la facesse soffrire. Quel dolore inaspettato le salì fino in gola, spingendola letteralmente a fuggire dalla stanza per evitare che qualcuno se ne accorgesse.

Precipitandosi fuori dalla camera da letto di Dietfried sotto lo sguardo allibito del dottore, Violet si sforzò di ricacciare indietro l'inspiegabile emozione che da giorni le impediva di respirare. Ora le era chiaro: ciò che sentiva per lui non aveva nulla a che vedere con l'affetto che da sempre nutriva per Gilbert.

"Tutto a posto, signorina?", si preoccupò di chiederle il dottore, seguendola fino alle scale.

"Certo, Signore! È solo che dev'essermi finito qualcosa nell'occhio: dite pure al Capitano Bougainvillea che sarò subito di ritorno... ", si scusò goffamente Violet, celando inutilmente l'imbarazzo.

Scoppiare in lacrime l'avrebbe di certo tradita, così, cercando una via di fuga Violet si precipitò correndo nella propria camera, attirando l'inevitabile attenzione della Signora Bougainvillea.

"Va tutto bene, cara? Posso entrare?", chiese la donna da dietro la porta.

"Prego!", rispose Violet, affrettandosi a rinfrescarsi per nascondere il viso arrossato dal pianto.

Come intuendone lo stato d'animo, la Signora l'aveva premurosamente raggiunta, sedendole accanto sul letto. La madre di Gilbert era rassicurante e protettiva quanto lui, sentiva, respirandone l'odore particolare e dolciastro. Quel profumo le ricordò improvvisamente quello del Lisianthus, la pianta fiorita che Dietfried le aveva consigliato di omaggiarle prima che arrivasse in quella casa. Era possibile che la Signora l'avesse già interrata nel suo splendido giardino, pensò, invidiando quella pianta che avrebbe messo radici in luogo, lo stesso in cui anche lei avrebbe tanto voluto restare.

"Devi essere molto stanca, cara... Vuoi che chieda al dottore di fare a meno di te, per oggi?", esordì con preoccupazione la Signora Bougainvillea.

"Ma il Capitano ha ancora bisogno di cure...", replicò Violet improvvisamente in preda all'ansia.

"Dietfried non è più un bambino, se la caverà benissimo anche senza le tue continue attenzioni...", cercò di sdrammatizzare la donna, cambiando decisamente sia tono che espressione.

"Non è necessario, e comunque non riuscirei a dormire... Mi preoccuperei per lui, e non vederlo peggiorerebbe la situazione!", confessò ingenuamente la giovane.

"Come vuoi, ma domani scriveremo la nostra ultima lettera... Pensi di farcela anche così? ", la spiazzò l'anziana, alludendo all'evidente stato di prostrazione in cui versava dopo quella lunga notte.

"Certamente! Sarò sempre perfettamente in grado di assolvere al mio dovere, Signora!", le assicurò Violet, scattando istintivamente sull'attenti come un bravo soldatino.

"Bene, torna pure da lui adesso...", la congedò la donna, affrettandosi a lasciarla sola.

Avvilita, la ragazza si scostò una ciocca arruffata di capelli biondi dalla fronte: le parole della Signora avevano tutta l'aria di un ultimatum, pensò Violet. Era sempre troppo onesta e cristallina per riuscire a ingannare qualcuno: l'anziana si era certamente accorta di qualcosa, altrimenti non avrebbe mai cercato di allontanarla a quel modo dal figlio. Nonostante la vergogna, Violet era perfettamente cosciente che la donna non desiderasse altro che proteggerla visti i suoi trascorsi con Gilbert. Era più che normale che disapprovasse il suo coinvolgimento emotivo con Dietfried: era confusa su ciò che provava per lui, e quella vicinanza, di certo non l'aiutava. Avrebbe dovuto smettere di intromettersi nelle loro vite una volta per tutte, e allontanarsi da quella casa il prima possibile se voleva sopravvivere ai sussulti del suo cuore.

Cosa più facile a dirsi che a farsi, visto che non desiderava altro che tornare in quella stanza per stargli vicino.




Una volta arrivato alla stazione di Leiden, Claudia Hodgins scese dal treno attraversando di corsa uno sbuffo di vapore da cui riemerse senza cappello. Quattro giorni di viaggio erano decisamente troppi per uno abituato al silenzio quanto lo era lui, soprattutto in considerazione di come li aveva passati: nel vagone passeggeri di terza classe, notoriamente affollato di famiglie con padri assenti e madri isteriche, con plotoni di marmocchi urlanti e appiccicaticci al seguito. Così, una volta lasciatosi tutto alle spalle, Hodgins poté finalmente concentrarsi su una delle questioni che più gli stavano a cuore in quel momento, dire a Violet di Gilbert anche se c'era ancora un ostacolo fra loro.

Benché sembrasse cambiato, Dietfried restava pur sempre un'incognita. Anche fosse stato sincero riguardo a Violet, dicendo che non l'avrebbe mai coinvolta se Gilbert si fosse palesato, da bravo manipolatore qual'era sempre stato poteva ancora mentire. Ora che sapeva che il fratello era vivo, volendo una spiegazione non si sarebbe fermato. Ovviamente, il caro buon vecchio Capitano, non aveva la minima idea di quanto fosse sempre stato difficile per lui averci a che fare. Perciò, anche se sembrava non mentire, concluse Hodgins, doveva ugualmente sbrigarsi a parlare con Violet. Decidendo che sarebbe andato a riprenderla di persona se non avesse avuto sue notizie, e questo malgrado l'idea di incontrare di nuovo Dietfried, non gli piacesse affatto.





"Cos'è questo?", chiese disgustato Dietfried.

"Brodo di pollo e verdure!", gli annunciò Violet, prendendo il cucchiaio dalla ciotola colma di zuppa.

"Ancora? Non sono più un poppante! Avevo specificatamente chiesto alla cuoca carne e uova...", protestò l'ufficiale.

"Certo, se solo riusciste a mandar giù qualcosa di solido senza rimettere, ma non è così!", lo rimproverò la ragazza in un tono quasi militaresco.

Violet ghignò divertita, imboccandolo come avrebbe fatto con un poppante che faceva i capricci. Un'immagine del tutto irriverente e contrastante con l'aspetto virile e mascolino che il Capitano Bougainvillea aveva sempre avuto, sebbene fosse ancora febbricitante e del tutto esausto Dietfried restava l'uomo più forte e robusto che avesse mai incontrato. Era davvero una persona diversa da quella che aveva conosciuto molti anni prima, ora ne aveva la completa certezza. Con il nuovo Dietfried poteva conversare sentendosi del tutto a suo agio, esattamente come lo era stata molti anni prima col Maggiore, benché il loro rapporto si fosse limitato a quello esistente fra un subordinato e il suo superiore. La connessione che c'era fra loro andava ben oltre il travagliato passato che li accomunava, e lo percepirono entrambi.

"Che c'è? Perché hai quell'espressione triste?", volle infatti sapere Dietfried.

"È solo che domani dovrò lasciare la Villa, e non vorrei.", confessò la ragazza, realmente dispiaciuta.

"Mia madre ti ha chiesto di finire il lavoro, per caso?", indovinò l'uomo.

"Sì, ed è giusto ma, così... io...", balbettò Violet arrossendo.

"Così cosa?", insistette Dietfried.

"Non potrò più occuparmi di lei, Capitano...", riconobbe lei, rabbuiandosi in volto.

Sapeva cosa avrebbe dovuto risponderle, ma le parole non uscirono. Così, una volta appoggiatosi allo schienale del letto per potersi avvicinare di più a lei, a Dietfried bastò allungare un braccio per poterla toccare. Osservandola, l'uomo le sfiorò con la mano il volto pallido, arrivando a farsi scivolare una ciocca dorata fra le dita come fosse la cosa più normale e spontanea da fare in quel momento. Avrebbe dovuto consolarla e rassicurarla in qualche modo, ma l'unica cosa che riuscì a fare fu continuare ad accarezzarla con lo sguardo. Indugiando sul collo dalla pelle diafana e le forme aggraziate e perfette nascoste sotto i vestiti, Dietfried si sentì nuovamente rapire da quella fresca e delicata bellezza. Anche se ciò che più ammirava di lei, dovette ammettere l'uomo, non era certo l'aspetto fisico.

Violet era indubbiamente una bella ragazza, ma ciò che apprezzava più di tutto oltre il suo carattere, era il fatto che fosse una brava persona. Talmente genuina e buona da eclissare da quel punto di vista qualsiasi altra donna avesse mai incontrato, aveva concluso. Ed era proprio quello il punto, se Gilbert l'amava, l'amava per questo, e il fatto di essere attratto da lei allo stesso modo di certo non lo assolveva. In pochi giorni era scattato qualcosa di incomprensibile e totalmente sbagliato fra loro, qualcosa che doveva stroncare sul nascere visto che il fratello era vivo e stava tornando. Anche se probabilmente si stava innamorando, non sarebbe stato lui a impedire a quei due di stare insieme come meritavano. Doveva lasciarla andare, o avrebbe ferito entrambi, cosa che non poteva permettersi di fare se voleva essere perdonato.

"Sono felice di averti avuta tutta per me in questi giorni, ma mia madre ha ragione, sei qui per lei, non per me...", le rispose Dietfried con gli occhi lucidi.

"Quindi, se non potrò aiutarla a guarire, mi manderà a Gardarik da sola?", lo interrogò Violet, cambiando totalmente discorso.

"No, dato che la partenza è annullata. Mi dispiace Violet, ma la pista che avevamo si è rivelata falsa, purtroppo... Perdonami se a causa della febbre non sono riuscito a dirtelo prima... ", le mentì spudoratamente lui.

Per la millesima volta, Violet si sentì sprofondare, al punto da pensare che quell'ennesima delusione questa volta l'avrebbe uccisa. Si era nuovamente aggrappata a una vana speranza? Cedere alla disperazione sarebbe stato facile se non fosse stato per Dietfried, anche se rifugiarsi in quell'abbraccio caldo ed accogliente ogni volta che ne aveva bisogno poteva sembrare sbagliato. Era la sola ancora di salvezza che le restasse, l'unico appiglio a cui aggrapparsi per non arrendersi e affogare. Non poteva dimenticare Gilbert: avrebbe popolato i suoi sogni per sempre, anche illudendosi che un giorno il tempo l'avrebbe aiutata a sopportarne la mancanza. L'avrebbe cercato tutta la vita e non ci avrebbe mai rinunciato, seppur sentisse il bisogno di fuggire da quell'ulteriore pugnalata al petto. Era stata proprio quella bugia - quella che si era voluta raccontare per potersi svegliare ogni mattina senza di lui - a portarla fin lì. A insegnarle che la privazione poteva ferire qualcuno al punto da provocargli nella carne una vera e propria sofferenza fisica; sofferenza che avrebbe dovuto colmare se voleva sopravvivere. Come se il semplice fatto di averlo semplicemente pensato avesse materializzato d'un tratto ogni suo più intimo timore, Violet desiderò baciarlo. Se Gilbert era stato un punto fermo nella sua vita, Dietfried l'aveva destabilizzata come un terremoto capace di distruggere tutto.

"Violet, ascoltami... ", provò inutilmente a dire l'uomo prima di essere interrotto.

"Non posso, non ci riesco, non più...", replicò infatti lei, posando le labbra sulle sue.

"Dannazione!", bisbigliò alla fine Dietfried, incapace di respingerla.

Era totalmente e irrimediabilmente perduto: anche se l'avesse divorata, non avrebbe potuto saziarsi di lei. L'egoistico bisogno che aveva di quella ragazza aveva prevalso nell'esatto momento in cui lei aveva inclinato il capo per accoglierne la lingua avida. Non era possibile che Violet stesse facendo una cosa simile, era tutto completamente insensato e folle, continuava a ripetersi mentre la sentiva sciogliersi sopra di lui. Dietfried la scostò per riprendere fiato, sollevandole il mento con le dita per guardarla meglio negli occhi, che in quell'istante erano di un azzurro chiarissimo. Occhi splendidi, constatò fissandola. Troppo innocenti per appartenere a chi pensava di sapere cosa fosse meglio per se stesso, pensò l'ufficiale, asciugandone con le labbra le ciglia bagnate dal pianto. Dov'erano finiti tutti i suoi buoni propositi? Che fine avevano fatto il buon senso e la ragionevolezza che da sempre lo guidavano? Era folle pensare che Violet stesse veramente desiderando lui e non Gilbert, nel suo immaginario? Era possibile. Com'era probabile che non fosse così e quell'ingenua ragazzina nemmeno capisse cosa stesse facendo, si convinse Dietfried, ricambiando il secondo bacio che si scambiarono con estrema dolcezza.

Era davvero ciò che voleva? Certo che sì, benché si domandasse chi dei due stesse realmente mentendo al proprio cuore in quel momento. Chi aveva il coltello dalla parte del manico? Avere potere su qualcuno lo aveva sempre affascinato, peccato che al comando ci fosse lei adesso. Anche in quell'istante, mentre si concedeva alla sua bocca come si sarebbe concessa una distrazione, per lei non sarebbe stato altro che quello. Ciò che accadeva fra loro c'entrava con l'amore quanto lui, che non aveva mai veramente amato nessuno oltre se stesso e la propria famiglia, dovette ammettere Dietfried. Anche se in fondo, chi meglio di lui poteva capirla? Non era forse per quello che si era gettato anima e corpo nel lavoro e nell'alcol? Per dimenticare e soffocare un dolore, altrimenti insopportabile?

Per la prima volta dopo anni, Dietfried riuscì finalmente a piangere, annegando il suo cuore in acque così scure e profonde da non sapere più come fare a riemergere o respirare ancora. Non era stato in grado di rinunciare a lei, e questo pur sapendo che Violet s'aggrappava a lui come un moribondo si aggrappava all'ultima boccata d'aria che gli restava. Non gli faceva certo onore, tuttavia, le diede esattamente ciò che voleva. Incapace di dirle che l'alito di vita a cui tanto anelava, probabilmente la stava aspettando proprio fuori da quella porta.


 
   
 
Leggi le 9 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Violet Evergarden / Vai alla pagina dell'autore: LatazzadiTea