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Autore: Lady I H V E Byron    04/10/2020    0 recensioni
(DescendantsXKingdom Hearts crossover)
Auradon è stata distrutta da creature oscure chiamate Heartless: i sopravvissuti decidono di divenire custodi dell'arma chiamata Keyblade per difendere ciò che è rimasto loro. Ma dovranno superare una prova...
(Un AU in cui gli eventi ed i personaggi di "Descendants" si incrociano con quelli di Kingdom Hearts. Un AU dove i personaggi di Descendants hanno vissuto nei mondi dei loro genitori fino ad essere condotti o abbandonati da essi su Auradon o nell'Isola degli Sperduti. Un AU dove Auradon non è un regno, ma un mondo. Un AU in cui, ad ogni capitolo, verrà raccontata la storia di ognuno dei personaggi principali di Descendants.)
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Organizzazione XIII, Riku, Sora, Terra, Yen Sid
Note: AU, Cross-over, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Note dell'autrice: e... si continua con il trio dei pirati!

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Uma's Story
 

Si narrava, tra i marinai, che i sovrani di Atlantica discendessero direttamente dalle antiche divinità del mare. La prova era il tridente che brandivano, un tempo appartenuta a Poseidone, dio greco dei mari.
Infatti, proprio in onore a questo dio, il nome dell’attuale sovrano di Atlantica era proprio Poseidone. Un tempo un sovrano giusto; tuttavia, dalla morte dell’amata moglie per mano dei pirati, il suo cuore si era indurito e aveva giurato vendetta contro gli umani.
Poseidone aveva due figlie, Ursula e Morgana, molto amate dai genitori.
La madre aveva insegnato loro il canto.
E tra di loro, Ursula, la maggiore, aveva la voce più bella.
Poseidone, per adempiere alla sua brama di vendetta, decise di sfruttarla a proprio vantaggio; infatti, da quel giorno, molte navi, barche, scomparivano misteriosamente, senza più tornare nei porti.
E le navi dei pirati non erano da meno.
Inizialmente, Ursula aveva appoggiato il piano del padre, principalmente per timore nei suoi confronti. Ma dopo aver visto ciò che stava causando, una sera decise di non cantare: c’era una nave, in avvicinamento. Non era chiaro se fosse una nave mercantile o pirata, ma Ursula, tutt’a un tratto, aveva smesso di cantare.
Ciò non sfuggì agli occhi di Poseidone.
Ursula non voleva più fare del male alle persone. Si era ribellata agli ordini del padre.
Questi, deluso, le diede un ultimatum: -Fai come ti pare, ma per la marea alta ti rivoglio qui!-
Ursula aveva preso la sua decisione: rubò un bracciale incantato e andò nel mondo degli umani.
Voleva viaggiare e cantare per loro, allietare le loro anime, non distruggerli, come il padre le aveva ordinato.
In una taverna, incontrò un pirata, uno sfuggito al suo richiamo. Per ringraziarla di aver risparmiato la sua vita, le aveva offerto un passaggio sulla sua nave, per realizzare il suo sogno di viaggiare per il mondo.
Non passò molto tempo, prima che i due si innamorassero.
Ma la loro storia non poteva durare: il pirata l'aveva venduta al padre Poseidone, in cambio di ricchezze.
E per ottenerle, doveva privare la ragazza del suo canto.
E così aveva fatto.
Era questa la lezione che Poseidone voleva impartire alla figlia, sugli umani.
Lei non lo avrebbe dimenticato. Quell'esperienza la cambiò per sempre.
Poseidone sperò si sarebbe finalmente schierata dalla sua parte, contro gli umani. Ma lei, con uno sguardo carico di odio sul volto, aveva preso il suo tridente.
-Il mio unico reato è stato quello di ribellarmi alla tua tirannia, padre!- esclamò lei, puntando il tridente contro di lui, di fronte allo sguardo sgomento dell'intero regno -Cantare era tutto quello che avevo e tu me lo hai portato via! Come mi hai portato via l'amore! Sì, io amavo davvero quell'umano e tu me lo hai portato via! Tu mi hai rovinata, padre, e ora la pagherai!-
-Ursula, cosa vuoi fare?!-
Era palese la paura negli occhi di Poseidone.
-Tu mi hai chiamata Ursula, come un'antica regina dei mari, e secondo la leggenda lei era potente! E io diventerò come lei!-
La sua coda, grazie al potere del tridente, si divise in otto tentacoli neri.
L'Oscurità si era insidiata in lei dal momento in cui era stata privata del suo canto. Non sarebbe più tornata indietro.
-Sento i miei poteri divenire sempre più forti.- disse, con tono cupo e sguardo freddo -Ora tutti mi temeranno e i sette mari saranno sotto il mio potere. E coloro che oseranno deludermi od ostacolarmi verranno eliminati. A cominciare da te, padre.-
Dal tridente venne scagliato un fulmine, che colpì e scaraventò Poseidone contro la parete del palazzo. Il colpo fu fatale, per lui.
Quel giorno, iniziò il regno di Ursula.
Alcuni scapparono da Atlantica, tra cui Morgana, la sorella minore.
Gli altri, per paura della nuova sovrana, decisero di sottomettersi.
L'esperienza sulla terraferma non lasciò Ursula senza conseguenze: nove mesi dopo, diede alla luce una figlia. Polpo, come lei. Ma con sangue umano.
La chiamò Uma.
Per fortuna, assomigliava alla madre. Non c'erano segni del padre.
Uma crebbe tra feste e musica: Ursula sentiva molto la mancanza della musica. Voleva sentirla di continuo, per colmare il vuoto dentro di lei.
Aveva perso la sua voce, ma era riuscita comunque ad insegnare alla figlia come cantare.
Ed esattamente come lei alla sua età, la voce di Uma incantava chiunque la ascoltasse.
Tutti, ad Atlantica, conoscevano il nome della principessa Uma.
Ogni sera veniva allestita una festa, nel palazzo. Tutti erano invitati. E una grande orchestra per accompagnare l'atmosfera ed il canto di Uma.
Ma queste feste costavano molto. Ursula aveva raddoppiato le tasse, per pagarle.
Il palazzo risplendeva, ma il regno cadeva nella miseria ogni giorno.
E chi supplicava la regina, finiva per firmare un contratto con lei: lei li avrebbe aiutati, ma loro dovevano sempre fare qualcosa per lei.
Circolavano voci strane, su Ursula, tra cui che praticasse le arti magiche per ipnotizzare il regno ed impedire una rivoluzione.
Ed era così. Usando il potere del tridente, era riuscita ad incantare gli strumenti musicali, per ipnotizzare gli invitati: incantati dalla musica, tornavano poi nelle loro case senza avere alcuna memoria della serata e delle loro intenzioni di ribellarsi contro la regina. E forse anche la voce della figlia.
Non la odiava, nonostante fosse frutto dell'amore con un umano che l'aveva tradita, ma nemmeno era affettuosa con lei.
Uma, esattamente come la madre, amava la musica. Ma sentiva la sua vita vuota.
Il suo volto era sempre triste.
Durante le feste, sedeva sempre al fianco della madre, quando non cantava: con gli anni, Ursula era divenuta una regina bellissima. Tanti re e principi provenienti da lontano avevano chiesto la sua mano, invano.
I suoi prossimi piani, però, avrebbero coinvolto il futuro matrimonio della figlia.
Infatti, le feste erano incentrate sul cercare un ottimo partito. O così diceva.
Ma Uma non sembrava interessata.
-Uma, dolcezza, cosa ti turba?- le chiese una sera, nonostante il volume della musica dell'orchestra fosse alto.
Anche Uma aveva timore della madre: bastava poco per farla infuriare.
Ma doveva dire quello che si stava tenendo dentro da tempo.
-Madre, non credo sia giusto quello che stiamo facendo.- rivelò, infatti -Noi dovremo aiutare la nostra gente. E allietarla con la musica, non controllarli. Guardo fuori dalla finestra di camera mia e vedo che stanno morendo di fame. Ma tu sei sempre impegnata ad organizzare queste feste! Stai condannando alla fame il nostro regno, madre! Io vorrei cantare per rendere la gente felice, non per far loro del male!-
Esattamente le stesse parole che Ursula aveva rivolto al padre anni prima.
Avrebbe voluto ridere, per quella coincidenza.
Ma fece esattamente la stessa cosa che suo padre fece con lei: rimproverò la figlia e la cacciò dalla sala.
Uma era stufa della condizione cui la sottoponeva la madre. Nel regno temevano anche lei, esattamente come temevano la regina.
Per questo non aveva mai avuto amici. Era cresciuta da sola, con la sola compagnia della madre e della servitù.
Di rado si concedeva una piccola fuga dal palazzo, stando bene attenta a non farsi sorgere dalle guardie, soprattutto dopo una discussione con la madre. E non erano poche. Una piccola passeggiata per sbollire la rabbia.
Infatti, anche quella sera, scappò dal palazzo.
Solitamente, riusciva a camminare nell'ombra, per non farsi scorgere nemmeno dagli abitanti. Per non farsi riconoscere, cercava di coprire i tentacoli e si liberava degli abiti regali.
Casualmente, però, si era scontrata con un giovane tritone.
-Principessa Uma!- esclamò lui, sorpreso e facendo un lieve inchino -Perdonatemi. Sono un vero sbadato.-
Uma fu quasi stranita. Si chiese come avesse fatto a riconoscerla.
Poi guardò in basso: nell'urto, un tentacolo era fuoriuscito dalla coda fasulla.
Imbarazzata, cercò di rimetterlo dentro. Ma era impossibile: si era creato uno strappo. Si potevano scorgere tutti i tentacoli.
Osservò il giovane tritone negli occhi, con aria supplichevole.
-Ti prego, non dirlo a nessuno. Mi riporteranno a palazzo.-
Ma il tritone sorrise dolcemente e fece un lieve inchino.
-State tranquilla.-
Gli occhi erano azzurri. Ed aveva dei brillanti capelli rossi.
-Vi sento spesso cantare, principessa.- complimentò -Perdonate la mia sfrontatezza, ma... eheh...- ridacchiò, anche lui imbarazzato -A volte vorrei che poteste cantare solo per me. No, aspettate! Mi sono espresso male! Ecco, vorrei... vorrei... che poteste cantare per il regno, non obbligata in una festa. Oh, per gli dei del mare, sono così imbranato...-
Uma rise. Non aveva mai sorriso così in vita sua.
-Stai tranquillo. Va tutto bene.- cercò di confortarlo -Sarebbe davvero bellissimo, comunque, poter cantare per i miei sudditi.-
Qualcosa li fece voltare entrambi: due narvali dall'aria minacciosa.
-Eccola là!-
-Fermo, tu! Allontanati dalla principessa!-
Uma impallidì.
-No, le guardie! Presto, fuggiamo!-
Liberatasi del travestimento, Uma nuotò più velocemente che poteva, stringendo il polso del giovane tritone, che seguì i suoi movimenti.
-Fermi!-
-Fermatevi, principessa! In nome di vostra madre!-
Ma Uma non si fermava. Non voleva affrontare l'ira di sua madre.
Riuscirono a nascondersi dietro un riff. I due narvali non riuscirono a trovarli, quindi decisero di rinunciare alla ricerca e tornare indietro.
Uma ed il tritone riuscirono a tirare un sospiro di sollievo.
-Ora sono un ricercato...- mormorò lui, con tono sarcastico.
-Quando tornerò a palazzo, spiegherò tutto. “Se” tornerò a palazzo...- assicurò Uma -Scusa se ti ho trascinato via, ma non volevo che ti catturassero per colpa mia.-
-Non era necessario, principessa. Ma vi ringrazio.-
Uma sorrise.
Poi guardò in alto: una strana luce provenire dal mondo della superficie.
-Che cos'è?- fece, prima di nuotare in alto.
Riuscì a far emergere la testa.
Era vicina ad una riva. E su quella riva si ergeva un paese.
C'erano tante luci, e voci di persone che ridevano. Fuochi strani che esplodevano in cielo.
Sentiva della musica. Della musica allegra. E gente che cantava.
Non vedeva bene, a causa delle case, ma se c'era della musica, allora dovevano esserci anche persone che ballavano.
Uma non riuscì a fare a meno di sorridere.
Ecco come voleva usare il suo canto. Ecco il mondo a cui aspirava.
-Principessa!-
Uma sobbalzò, distolta improvvisamente dai suoi pensieri. Il tritone era emerso accanto a lei.
-Perdonatemi. È solo che... vi ho vista salire improvvisamente sulla superficie e mi sono preoccupato. Non dovremo stare qui. Vostra madre...-
-Ascolta... la musica.- chiuse gli occhi, senza smettere di sorridere; addirittura si mosse un pochino, seguendo le note -Oh, se potessi unirmi e ballare insieme agli umani... Mi basterebbe per essere felice.-
-Vorrei tanto aiutarvi.- commentò il tritone -Ma nelle mie condizioni non ne sono davvero in grado.-
-Oh, sì che puoi!- ribatté Uma, voltandosi verso di lui -Ma certo! Se riesco a convincere mia madre a fare di te la mia guardia del corpo, sicuramente mi lascerà libera di girare per il regno! Invece verremo qui, a ballare insieme agli umani! Eh, che ne dici?-
-Principessa, io...-
Il tritone aprì la bocca, inizialmente senza dare alcuna risposta. La mosse, come per dire qualcosa.
-Non vedo come sia possibile! Guardateci! Siamo due creature del mare. E si dice che questi della superficie ci odiano! Come potete pensare di potervi confondere tra di loro.-
-Io conosco un modo. Nessuno scoprirà che apparteniamo al popolo del mare, tranquillo. Ti prego, è tutto quello che desidero. Io ti ho aiutato contro le guardie di mia madre. Ora ti chiedo di esaudire questo piccolo desiderio. Non chiederò altro, promesso.-
Non sembrava nulla di male. In fondo, era solo per un ballo. E non poteva dire di no alla richiesta di una principessa.
Sospirò e fece una lieve riverenza.
-Io... sì, accetto. Ogni vostro desiderio è ordine, principessa.-
Uma, senza pensarci due volte, lo abbracciò, colma di gioia.
-Grazie, grazie infinite! Aspetta, non ho ancora chiesto come ti chiami.-
-Delfino, principessa Uma.-
Al suo ritorno, Ursula le diede un notevole rimprovero. Ma Uma aveva creato una storia, per giustificare la sua fuga da Atlantica: lei si era spaventata, alla vista delle guardie, e il ragazzo che era tornato nel palazzo con lei li aveva semplicemente scambiati per malviventi, per questo erano scappati insieme. Non aveva intenzione di rapirla, come avevano intuito le due guardie.
Poi arrivò il momento della richiesta di una guardia del corpo.
Ursula non era affettuosa con la figlia; ma era molto protettiva con lei. Avrebbe preferito qualcuno di più fidato, al suo fianco, ma Uma aveva esplicitamente richiesto il ragazzo che l'aveva riportata a casa. Illesa.
A malincuore, Ursula acconsentì: non voleva vedere la figlia infelice. Al fianco di quel popolano, però, sembrava felice e sicura di sé.
E Uma riuscì a mantenere la sua promessa: il giorno seguente, infatti, lei e Delfino se ne andarono da Atlantica di buon'ora, per raggiungere il mondo in superficie.
Il giovane tritone aveva qualcosa sul polso: un bracciale. Rubato da Uma dalla stanza della madre. Lo stesso bracciale che ella stessa, anni prima, aveva indossato per diventare un'abitante della superficie.
Infatti, appena vicino alla superficie, Delfino sentì la sua coda dividersi e divenire un paio di gambe.
Abituato a nuotare ed essendo incapace di camminare, cadde sulla sabbia: al posto della coda era comparso una specie di telo che lo copriva dalla vita ai piedi.
Ma non fu scoraggiato o spaventato, anzi: era entusiasta.
-È incredibile! Io... bipede?!-
Ma poi osservò la principessa.
-Aspettate, ma voi...?-
Uma stava sorridendo. Non sembrava infelice o preoccupata.
Si avvicinò sempre più alla riva.
Delfino fu quasi sorpreso di vederla avanzare verso di lui, camminando sulla sabbia. I suoi tentacoli erano divenuti una gonna. Due gambe brune muovevano quelle pieghe.
-L'ho scoperto per caso quando ero piccola.- raccontò lei -Non avevo bisogno di artefatti magici o incantesimi. Mi è sempre bastato toccare la terraferma. A corte dicono che sono benedetta dagli antichi dèi del mare, per avere questo dono. O maledetta. Ma mia madre non mi ha mai detto perché posso trasformarmi in bipede.-
Una scoperta avvenuta per puro caso. Ma che da quel giorno e per tanti anni non aveva fatto altro che creare un vortice di domande, nella testa di Uma: perché poteva trasformarsi in bipede? Era davvero maledetta o benedetta dagli antichi dèi del mare? Era un incantesimo della madre?
Ma la più importante, per la ragazza, era una sola: chi era suo padre?
Ursula le aveva raccontato che, un tempo, aveva avuto una relazione con un tritone, ma, purtroppo, era stato ucciso dai pirati. Non aggiungeva mai altro. Ed era molto evasiva sull'argomento.
Ma Uma sapeva, nel profondo, che stava mentendo: aveva cominciato a dubitare della madre, dal giorno in cui, per caso, aveva scoperto di poter camminare e respirare sulla terraferma.
Era anche per quel motivo che era sempre triste e malinconica.
Ma quel giorno non ebbe alcun pensiero: voleva solo ballare e divertirsi con Delfino.
Grazie ad Uma, stava imparando a stare stabile in piedi ed aveva imparato a camminare in poche ore.
Dovettero rubare dei vestiti appesi ad un filo, per imbucarsi nella festa di paese.
La musica era decisamente più allegra di quella suonata nel palazzo di Atlantica.
Uma sorrideva. Quel sorriso partiva dal cuore.
Non resistette e ballò a quelle note, trascinando Delfino con sé.
Era più complicato che danzare in acqua, con le code.
Non furono rari i momenti in cui il tritone barcollava e cadeva per terra, spesso facendo cadere anche la principessa. Ma anche lui si divertì.
Non fu l'unica volta in cui danzarono sulla terraferma: ogni volta che ne venivano a conoscenza, Uma riprendeva il bracciale magico per Delfino e, insieme, tornavano sulla terraferma.
E Delfino si stava ormai abituando alle gambe ed si rivelò, inoltre, un ottimo ballerino.
La loro presenza, però, non passava inosservata, tra gli abitanti del paese: non avevano mai visto quei due giovani, per le strade. Non erano paesani. Ma comparivano solo durante le feste ed i balli.
E come comparivano così scomparivano.
Continuavano a chiedersi chi fossero quei due forestieri.
Le voci raggiunsero anche le più improbabili delle orecchie.
Erano ormai da settimane che Uma e Delfino si imbucavano nelle feste.
Conoscevano i balli, persino le canzoni a memoria.
Una sera, tuttavia, il ballo era stato annullato, poiché il cantante della banda aveva perso la voce.
Uma non si tirò indietro: salì sul palco, proponendosi come nuova cantante.
Fu una sorpresa, per tutti i paesani, sentire la voce della ragazza: così soave, melodiosa, quasi ipnotica.
Il ballo non fu affatto annullato, anzi. I festeggiamenti durarono a notte fonda. Tutti incitavano Uma a fare il bis, persino i membri della banda paesana.
E Delfino era tra i primi ad acclamarla. Danzare sulla sua voce non era come danzare con le altre canzoni.
In quella voce aveva come l'impressione di percepire il cuore ed i sentimenti della principessa.
E si commosse, infatti.
Le applaudì, appena ella tornò da lui.
-Principessa, lasciatemelo dire. La vostra voce è davvero stupenda.-
-Delfino, basta con queste formalità. Ti prego, chiamami Uma e dammi del “tu”.-
Erano giorni che si avventuravano insieme nel mondo degli umani, ma ancora il tritone non aveva il coraggio di trattarla come pari. Aveva paura della sua reazione. La frase di Uma lo confortò non poco.
-E, comunque, anche tu sei un ottimo ballerino.-
Più sere Uma sostituì il cantante della banda; tutti acclamavano la sua voce e non per effetto di un incantesimo. La gente era davvero felice. E anche lei era felice. Aveva realizzato il suo sogno.
Avrebbe continuato quella vita per sempre.
Da sola non ci sarebbe mai riuscita: Delfino le dava la forza e la sicurezza cui aveva bisogno.
Si sentiva al sicuro con lui. Non era solo un ottimo ballerino, ma anche una valida guardia del corpo.
Una sera, infatti, Uma si era seduta da una parte, attendendo che Delfino le portasse da bere.
Tre giovani paesani l'avevano circondata, apparentemente per chiederle di danzare con loro; ma le loro intenzioni erano altre.
Delfino, per fortuna, era tornato in tempo: da solo, era riuscito ad affrontare i tre giovani.
Uma fu colpita.
-Mio fratello ed io facciamo spesso a botte e lui è più largo di loro.- spiegò il ragazzo, ridacchiando soddisfatto.
Non nascondeva a se stessa di starsi affezionando a lui. E i sentimenti che provava per lui, lui provava lo stesso per lei.
Lo scoprirono, infatti, quella sera della rissa, tornando al litorale. Si erano avvicinati l'un l'altra, più del solito, non per un abbraccio. Si erano scambiati un bacio.
Lo avevano visto fare da una coppia nella piazza. Volevano provare anche loro. Scoprire come amavano gli umani, rispetto ai marini.
E quella sera avevano scoperto l'amore.
Quando non andavano sulla terraferma, si incontravano nei giardini di Atlantica, lontani dalle guardie.
Ma il loro posto preferito rimaneva la terraferma, dove entrambi potevano essere liberi, lontani da Ursula.
Stavano iniziando a pianificare di scappare per sempre da Atlantica e vivere come umani.
Uma doveva solo scoprire la pozione che avrebbe reso Delfino un umano per sempre, senza usare il bracciale.
Ma il talento di Uma non era passato inosservato.
I due abitanti del mare, infatti, una sera, tornando al litorale, non si erano accorti di essere seguiti.
E quella persona, un uomo grasso e dall'alito alcolico, li aveva visti mutare forma, non appena avevano toccato l'acqua del mare.
Da un certo punto di vista, la loro vera natura era stata scoperta. O poteva essere anche un'allucinazione dovuta al rum.
Uma e Delfino erano sempre più curiosi sulla vita degli umani. Il paese dove si recavano spesso non poteva essere tutto il mondo; dovevano pur esserci posti come quello. Avevano, però, bisogno di denaro, per viaggiare.
La loro occasione si era presentata con un uomo che stava trainando, a fatica, un carro: Delfino ed Uma non ci pensarono due volte, ad aiutarlo.
Disse di essere un mercante, di viaggiare molto e che, effettivamente, aveva bisogno di un paio di braccia in più, per la sua attività.
I due ragazzi accettarono subito.
L'uomo possedeva una nave; era così che viaggiava.
Uma e Delfino sarebbero stati finalmente lontani da Ursula e da Atlantica, e avrebbero vissuto la loro vita.
Ma l'uomo non era un mercante. Appena saliti sul ponte, Uma e Delfino furono circondati dai pirati.
E chi li aveva portati non era il capitano, ma il nostromo.
-Capitano, sono loro. Cioè, almeno credo che lo siano. Sembrano umani, ma vi assicuro che se toccano l'acqua sono diventano creature marine.-
Dall'ombra era apparso un uomo molto alto. Era orrendo, volto lungo con il mento appuntito, capelli che sembravano candele nere. Gli occhi erano azzurro glaciale, forse l'unica caratteristica “bella” di quell'uomo.
-Quindi questi due sarebbero creature marine...?-
Il suo sguardo era fisso su Uma.
-Tu hai un'aria familiare, ragazzina.- disse; persino la voce era sibilante -Dove ti ho già vista?-
Uma non rispose. Delfino si fece avanti per lei.
-Come osi rivolgerti alla principessa Uma in questo modo?-
La minaccia non arretrò il capitano; anzi, per poco non rideva.
-Oh, addirittura una principessa? Quindi il prezzo aumenta, quando chiederò il riscatto dai tuoi genitori! Dell'altro non so che farmene, quindi, uomini, è tutto vostro, ma la principessina viene con me.-
Delfino non poteva permettere un simile affronto alla principessa.
Si morse il labbro e, lesto, spinse Uma fuori dalla nave.
-Scappa, Uma! Mettiti in salvo! Tornerò presto!- urlò.
Lei non fece in tempo a protestare che cadde in acqua.
Da umana tornò mezza polpo.
Dalla paura, non aveva agito.
Delfino le aveva implorato di scappare. Lei si allontanò dalla nave, ma per cercare aiuto.
Tornò al palazzo, dove, per fortuna, trovò delle guardie. Spiegò che lei e la sua guardia del corpo erano stati attaccati dagli umani e lui era rimasto a combattere contro di loro, per permetterle di scappare.
Uma tornò allo stesso punto dove Delfino l'aveva spinta, con mezza dozzina di guardie.
Ma la nave era sparita.
Notò qualcosa sprofondare sempre più sul fondale: un tritone. Delfino.
Non si muoveva. E la testa era pericolosamente piegata in avanti.
Uma si avvicinò, per poi impallidire: Delfino era morto!
Guardò il suo braccio: la mano su cui portava il bracciale era stata tagliata. Si erano presi il bracciale.
Ed il suo corpo era stato mutilato.
Tornò ad Atlantica, con il corpo di Delfino tra le braccia. Non riuscì a nascondere le lacrime. Piangeva a dirotto.
Le guardie non sapevano cosa dire.
Tutta una folla si era riunita intorno alla principessa, quando mise piede nella città. La stavano osservando sgomenti.
Lei si guardò intorno, spaventata, disorientata, ancora scioccata dalla morte di Delfino.
-Non sono stata io...- mormorò, tra le lacrime.
Udì una voce e qualcuno farsi largo tra la folla, per avvicinarsi alla principessa.
-Delfino!-
Era un tritone di qualche anno più grande di Uma e anche di Delfino, dai lunghi capelli rossi.
Il suo sguardo era fisso su di lui. Impallidì e lo strappò dalle braccia della principessa.
-No! Delfino! Fratello mio!-
Anche una donna si era unita a lui. Da come aveva urlato, doveva essere la madre.
Un'altra persona si unì alla folla: la regina Ursula.
-Cos'è questo casino?!- esclamò -Cosa sta succedendo?!-
Poi notò la figlia, le persone intorno al tritone morto.
Ebbe una lieve sincope di sorpresa allo spettacolo.
-Chi è stato?- domandò.
Il giovane tritone alzò lo sguardo. Prima osservò la regina. Poi la principessa.
-Lei! È stata lei!- esclamò, indicando la principessa.
Tutti gli occhi erano puntati su Uma.
-No! Madre! Non lo farei mai!-
Ursula credette alla figlia. Ma il popolo no.
-Non vi bastava prendere il nostro denaro, regina Ursula? Ora prendete anche le vite dei vostri sudditi!?-
Per quella sera, furono le guardie a sedare la rabbia del popolo.
Ursula, dopo aver ascoltato tutta la storia, aveva messo in castigo la figlia, per essersi allontanata dal regno ed aver osato salire sulla superficie.
Uma era rimasta chiusa per due giorni in camera sua, a piangere. Era di nuovo da sola.
Da lì, però, assistette ad una scena che non avrebbe mai dimenticato: tutto il popolo si era riunito nella piazza principale. Al centro vi stava il fratello di Delfino, Tritone.
-La morte di mio fratello Delfino non sarà vana. Noi tutti siamo qui riuniti contro la tirannia della regina Ursula! Ci ha costretti alla povertà, per pagare le sue feste, ha eliminato tutti coloro che si erano recati da lei in cerca di aiuto. E ora ha preso la vita di un innocente! Abbiamo sopportato anche troppo! Atlantica! Insorgiamo contro Ursula, la Strega del Mare!-
Non erano bastate le guardie, contro il popolo: i cancelli furono sfondati, e tutti gli abitanti di Atlantica avevano assediato il castello.
Avrebbero cercato anche lei, oltre la madre. Doveva scappare da Atlantica, per sempre.
Fece come era solita fare quando si incontrava di nascosto con Delfino, uscendo dalla finestra.
Nuotò per giorni, senza avere una meta.
In quanto abitante del mare e membro della famiglia reale di Atlantica, era in grado di viaggiare attraverso i mondi.
La paura era stata la chiave per scoprire un aspetto di se stessa: i poteri magici.
Lo aveva scoperto quando si era trovata faccia a faccia con uno squalo.
Non c'era più Delfino a proteggerla. Temeva sarebbe stata la fine, per lei.
Ma le era bastato allungare le braccia in avanti, per scagliare una corrente d'acqua violenta che scaraventò lontano lo squalo.
Non doveva più avere paura.
Quegli stessi poteri le permettevano di viaggiare nei mondi. Le bastava pensare a qualcosa che questo si avverava.
Stava soffrendo della solitudine, dalla morte di Defino.
Questo l'aveva condotta al salvataggio di due ragazzi della sua età, annegati in acqua.
Per farli respirare, aveva circondato le loro teste con due bolle.
Ma non poteva viaggiare a lungo. Tutti e tre avevano bisogno di un posto sicuro in cui stare.
Le bastò pensarlo; e poi si trovò di fronte ad un nuovo litorale, dove adagiò i due ragazzi.
I loro nomi erano Harry e Gil.
E furono sorpresi della doppia natura della loro salvatrice, ma non spaventati.
I tre divennero inseparabili. Avevano una cosa in comune: tutti e tre non erano apprezzati da coloro cui erano circondati.
Uma continuò ad esercitarsi con i suoi poteri. Continuava a pensare a Delfino. Anche nella morte, continuava ad essere la sua forza ed il suo incentivo a divenire più forte.
Nel luogo in cui si trovava, l'Isola degli Sperduti, venne a conoscenza di quanto avvenuto ad Atlantica, dopo la sua fuga: Tritone, il fratello maggiore di Delfino, aveva spodestato Ursula, costringendola all'esilio, ed era divenuto re di Atlantica.
Non era più una principessa. La notizia non la sconvolse. Odiava essere una principessa, in fondo.
Con Harry e Gil, si erano promessi di divenire pirati. Per aiutare Uma a vendicarsi dei pirati che le avevano portato via il suo primo amore.
Ma dovevano unire tante persone per formare una ciurma.
Fu in questo progetto che Uma e Mal si incontrarono.
Uma le aveva proposto di unirsi alla ciurma, ma Mal rifiutò, dicendo di non voler prendere parte ad una causa persa. E, per schernirla, l'aveva persino chiamata “gamberetto”.
Aveva visto come si atteggiava Mal: sembrava una specie di reginetta, sicura di se stessa.
Se Uma doveva raggiungere il suo scopo, doveva avere anche lei quell'atteggiamento.
Doveva fingere di essere come la madre.
Da quel momento, infatti, divenne più autoritaria, più aggressiva.
Chiedeva continuamente ai suoi seguaci: -Come mi chiamo?-
Si era legata al dito il nomignolo datole da Mal.
Per qualche giorno, anche alcuni ragazzi della sua ciurma la chiamavano “gamberetto”, compreso Gil. Anche per questo aveva cambiato atteggiamento.
Da allora, tutti iniziarono a rispettarla, come veniva rispettata ad Atlantica.
Si era creata un'armatura, dietro la quale nascondeva il suo cuore spezzato. Solo la notte riusciva a sfogare tutte le lacrime che reprimeva nel giorno.
In realtà, c'era un motivo reale per cui era ossessionata dal voler far ricordare a tutti il suo nome: una volta ottenuta la libertà, avrebbe gridato il suo nome ai sette mari, non per dare inizio alla sua egemonia, ma per trovare presto il pirata che aveva ucciso Delfino.
Se si fosse fatta un nome, lui sarebbe giunto da lei, curioso di misurarsi con un pirata temuto tanto quanto lui. E lì, Uma avrebbe consumato la sua vendetta.
Avrebbe atteso per tutta la vita, se necessario.
Tuttavia, la sua invidia per Mal aumentò con il decreto di re Ben: lei non era stata scelta per il progetto di integrazione con Auradon.
Nell'Isola degli Sperduti aveva scoperto di non poter più usare il suo potere per viaggiare nei mondi. Se fosse stata scelta per andare ad Auradon, avrebbe continuato la sua ricerca dell'assassino di Delfino, oltre a scoprire qualcosa di più sulle sue origini, su chi fosse suo padre.
L'occasione arrivò con il ritorno di Mal nell'isola.
Uno strano forestiero era giunto sull'isola: un uomo con un cappotto nero. Non rivelò il suo nome.
Ma le rivelò del ritorno di Mal e dell'inseguimento di Ben.
Sapeva della sua origine, chi fosse, sua madre, sapeva tutto di lei.
Anche della sua perdita.
Sfruttando quest'ultimo elemento, le aveva fatto un'offerta: lei si sarebbe impegnata a rapire Benjamin e lui le avrebbe rivelato come uscire dall'Isola, per adempiere alla sua vendetta.
A quanto pare, l'unico modo per uscire davvero era la bacchetta della Fata Smemorina, in quanto essa aveva creato la barriera.
Fece quanto proposto dall'uomo: rapì Benjamin e ricattò Mal.
Ma fu ingannata e la bacchetta datole da Mal era falsa.
Non le rimase altro che ingannare Ben, sottoponendolo ad un incantesimo di amore.
Così lo avrebbe costretto senza usare la forza a dissolvere la barriera magica e permettere a lei ed alla sua ciurma di viaggiare per i mondi, alla ricerca dell'assassino di Delfino. In realtà, avrebbe potuto farlo da sola, con il suo potere di viaggiare tra i mondi. Ma non ne aveva la forza o il coraggio. Si era affezionata alla sua ciurma, a modo suo. Da sola sentiva di non poter partire per il suo viaggio.
Ma il bacio che Mal aveva dato a Ben vanificò i suoi progetti.
Colma di rabbia, Uma si gettò in mare.
Nell'Isola degli Sperduti non c'era magia. Ma, una volta superata la barriera, sentiva qualcosa bruciarle nelle vene. Era il potere derivato dalla rabbia che aveva covato per tanti anni, e le stava “dicendo” di farlo uscire.
Quando riemerse, Uma non era più la stessa: si era trasformata in un mostro simile al Kraken.
Prima di gettarsi in acqua, infatti, c'era qualcosa di strano nei suoi occhi: erano diventati neri, con una piccola pupilla gialla in mezzo.
Anche Mal si trasformò, per proteggere Auradon.
Drago e Kraken si affrontarono.
Ben fu costretto ad intervenire, per evitare che si uccidessero l'un l'altra.
Uma scomparve dopo quella sera.
Si diceva che stesse pianificando la sua vendetta, attendendo che Auradon abbassasse le proprie difese, ma non era così.
E Mal lo scoprì durante la maledizione scagliata da Audrey: voleva trovare solo una falla nella barriera per poter uscire dall'Isola.
Le due ragazze raggiunsero un compromesso: Uma avrebbe aiutato Mal contro Audrey con la promessa di aprire la barriera per sempre.
L'aiuto di Uma fu indispensabile contro Audrey.
E lei e Mal ebbero modo di scoprire, inoltre, di avere molto in comune.
Chiarirono gli errori del passato e si perdonarono a vicenda.
Uma, Harry e Gil decisero di stabilirsi ad Auradon, una volta salvata Audrey e con la distruzione della barriera dell'Isola degli Sperduti. Avevano ormai legato con coloro che avevano sempre considerato i loro rivali.
Poi, giunsero gli Heartless. Anche Uma, nonostante avesse provato a contrastarli con i suoi poteri, cadde a causa loro, sprofondando nell'Oscurità, insieme agli abitanti di Auradon. Il suo desiderio di vendetta non si sarebbe più esaudito.
Al suo risveglio, temeva di essere di nuovo da sola, come quando era fuggita da Atlantica.
Ma, per fortuna, Harry e Gil erano con lei. E anche Mal e gli altri ragazzi di Auradon con cui avevano legato.

Nonostante gli ultimi avvenimenti, Uma non ha mai dimenticato ciò che stava cercando da anni: l'uomo che ha ucciso Delfino e suo padre. Alla proposta di Carlos di divenire Custode del Keyblade, Uma trova una possibilità che la avvicini al suo obiettivo, oltre a controllare i suoi poteri. Per tutta una vita, le persone hanno protetto lei: le guardie di Atlantica, Delfino, Harry, Gil... ora tocca a lei proteggere le persone a lei care. E ottenere le risposte che cerca. Ma il Tuffo nel Cuore rivela sempre sorprese inaspettate...

   
 
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