Lui detestava i dolci, con tutto se stesso. A tutti i bambini piacevano, ma a lui no.
E poi era sempre di malumore, durante le lezioni non stava mai attento, e preferiva starsene solo in un angolo.
Poi accadde tutto quel giorno piovoso: ricordo di non essermi mai spaventato tanto.
Durante la notte alcuni dell’ala est avevano sentito degli strani rumori provenire dalla sua stanza, così hanno avvertito Roger, che si era precipitato a controllare. Ricordo ancora tutte le bambine presenti piangere, una quasi svenuta, mentre lo scortavano fuori con una barella.
Dalle voci che giravano i giorni seguenti, l’ipotesi prese forma: aveva tentato di soffocarsi col cuscino. Nessuno sapeva il perché, volevano solo che stesse calmo e tranquillo.

Un giorno mi tagliai il dito abbastanza in profondità con una forbice, perciò corsi in infermeria. Mentre una delle vecchie grassone mi controllava il dito, assistetti alla scena.
L’infermiera buona, quella magra e carina, lo accarezzava sulla testa, per svegliarlo; quando lui aprì gli occhi, si trovò davanti una tavoletta rettangolare ricoperta da un sottile strato di carta stagnola.
“Mangia, è cioccolata, ti farà bene”.
Timidamente, il bambino dai capelli dorati scartò la tavoletta e la addentò in un angolo, masticando con aria incuriosita. L’infermiera lo guardava con l’aria apprensiva tipica di una madre, e lui ricambiò lo sguardo, i piccoli occhi azzurri velati di lacrime.

Col passare degli anni venne a galla la verità: al ragazzo dai capelli dorati mancava la voglia di vivere, un obbiettivo, qualcosa da seguire, per cui soffrire o gioire.

Adesso, l’uomo dai capelli dorati ha un obbiettivo ben preciso, una missione che solo lui può portare a termine.
La fedele tavoletta di cioccolato non lo ha mai abbandonato, fino al giorno in cui la sua missione si è conclusa.

Tutto per il ragazzino dai capelli come la neve.