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Autore: Sinden    13/10/2020    0 recensioni
Heloise é una giovane studiosa. Il suo sogno é quello di essere ammessa a Orthanc, la Torre di Isengard, in cui vengono istruiti e formati i futuri Stregoni.
Per farlo, dovrà prima superare una difficilissima prova.
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FF tolkeniana, genere avventuroso, basata anche su film Lo Hobbit - La desolazione di Smaug.
Nuovo personaggio.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Compagnia di Thorin Scudodiquercia, Thorin Scudodiquercia
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Cora osservava afflitta quella porzione di terreno bruno che non si decideva a popolarsi di Iris blu. Le sue piante preferite.

Eppure aveva fatto tutto come da procedura: aveva atteso l'inizio della primavera, aveva scelto una parte del giardino con terra soffice e ben drenante, aveva piantato i bulbi a tre palmi uno dall'altro, aveva mantenuto umido il terreno. Ma le piantine non venivano su.

Sospirò pensando alla bellezza dei suoi fiori quando viveva ancora a Midlothian.  Otto anni erano passati dal suo trasferimento nella Vecchia Foresta e ancora non era riuscita a ricreare quel bell'ambiente bucolico che aveva caratterizzato la sua prima casa.

In un gesto di frustrazione, gettó la vanghetta a terra e si sedette su un ceppo di legno. Sbuffó sonoramente.

"Ancora con quegli iris?!" urló Alice, dall'orto. Aveva tirato su la gonna fino alle ginocchia, mentre esaminava le nuove foglioline verdi appena spuntate dalla terra. "Te l'ho detto, hai innaffiato troppo! I bulbi saranno marci!"

"No. É che non passano i raggi del sole attraverso i rami." rispose Cora, alzando lo sguardo a guardare le fronde degli alberi. "I fiori hanno bisogno del calore del sole."

"Cos'hai detto?! Non sento!" ribatté Alice. "Hey, i semi che mi ha dato quell'hobbit hanno attecchito! Avremo le carote quest'estate!" annunciò, raggiante.    

"Tanto mi fanno schifo." rispose Cora. Pensó che sarebbe dovuta tornare nel villaggio di Brèa e trovare il piccolo mercante della Contea, quell'Angus Biancoriccio che vendeva bulbi di fiori e sementi agli Uomini.

Biancoriccio, pensó Cora, che cognomi stupidi hanno quei piccoletti.

"Ma la finisci di bofonchiare?" le disse Alice, avvicinandosi. Aveva mani e avambracci sporchi di terriccio d'orto. Si passó il dorso della mano su una guancia, per scostare una ciocca di capelli biondo miele.

Cora si alzó in piedi, con una smorfia. Il punto più basso della sua schiena esplose in una fitta dolorosa, e la donna gemette. Era sicura che fossero i reumi. Da una settimana  aveva compiuto quarant'anni e cominciava a sentire dolore alla schiena, quando si alzava bruscamente. Era il suo fisico che pian piano dava segni di cedimento.

"E' quel dolore? Non ti avevo consigliato di mettere impacchi caldi sulla schiena? Con mia madre funzionava." le disse Alice.

"Beh, siamo ridotte a prendere esempio da tua madre. Che gioia..." grugnì Cora, che per la signora Huxley non provava un briciolo di simpatia. Non dopo che quest'ultima le aveva puntato un forcone da fieno contro minacciando di lasciar stare la sua Alice.

"O troviamo un rimedio, o saremo costrette ad andare da uno speziale. E ad andarci insieme. Sai cosa vuol dire?" le chiese Alice.

"Non essere sciocca. Semmai, ci andrei da sola. E poi, è solo un dolorino. Passerà con i primi caldi. La Foresta é umida, le ultime piogge hanno creato un ambiente malsano attorno a casa nostra. Specie quel temporale dell'altra sera." rispose Cora, massaggiandosi i lombi. "Vieni qui."

Alice si avvicinó. Con una manica dell'abito, Cora le pulì la guancia sporca. "Non mi piace vederti tutta scombinata. Mi piace vederti carina." le disse.

La donna bionda sorrise, e poi depositó un leggero bacio sulle labbra dell'altra. "Vale anche per me, anzi..." aggiunse, poggiando le mani prima sui fianchi, poi facendole scivolare in alto, sul petto di Cora. "... abbiamo fatto abbastanza le contadine per oggi. Che ne dici di un po' di svago? Me lo merito, non credi?"

"Non adesso." la fermó Cora, afferrandole i polsi. "Sto pensando che finché c'é luce vorrei andare a Brèa. Se mi sbrigo, posso tornare prima di cena."

"A Brèa?! Oh santa pazienza! Lascia perdere quei fiori, ci penseremo più avanti! E poi, chi l'ha stabilito che questo giardino deve essere la copia di quello che avevamo a Midlothian? Perché vivi immersa nei ricordi?" reagì Alice, indispettita. "Tutti le primavere questa storia."

"Perché amavo quella vecchia casa. Stavo bene lì. L'avevo dipinta tutta di rosa, io da sola. Avevo curato tutto nei minimi dettagli. Era casa mia." rispose Cora, osservando l'abitazione che le ospitava lì nella Vecchia Foresta.

Non era male, una sorta di piccola baita tutta di legno, che lei, Alice e qualche contadino pagato profumatamente per aiutarle, avevano messo in piedi in pochi mesi, otto anni prima.  Dopo la loro fuga dal Minhiriath, dove la loro relazione sentimentale non era stata affatto compresa, ma al contrario osteggiata, stigmatizzata e infine motivo di vere e proprie aggressioni nei loro confronti. Se lo ricordava bene, il giorno in cui quel vecchio schifoso bastardo di Simon Cowell aveva sputato addosso ad Alice, in drogheria, e lei, Cora, furiosa lo aveva raggiunto a casa e lo aveva minacciato di tagliargli via il coso con una falce se solo ci avesse riprovato.

Quella baita in mezzo ai boschi era tutto sommato accogliente, tenuta con cura e le due donne ci avevano messo tutto il loro impegno per renderla un nido d'amore.

Ma a Cora continuava a non piacere. Non riusciva a percepire lo stesso calore che sentiva nella loro villetta rosa di Midlothian.

La verità era che il paese, quel paese contadino e bigotto, le mancava. 
Era nata lì. 
Era terra sua. 
La terra rossa di Midlothian.

"Alice...c'è una cosa di cui ti dovrei parlare." disse allora Cora.

"Quale." chiese l'altra, mentre la solita espressione ansiosa giá le compariva sul volto pallido. Era più giovane di dieci anni della sua compagna, ed era anche più insicura. Molto più insicura e fragile.

"Credo che ...ecco...continuare questo tipo di vita non vada bene. Siamo troppo sole. Troppo isolate, qui." spiegó Cora. "É una cosa a cui penso spesso."

Alice deglutì. "Cosa significa? Cosa c'é che non va qui?"

"Dobbiamo tornare alla civiltà. Insomma, dopo otto anni credo che dovremmo tornare a vivere in una comunità. Smettere di fare le eremite. Capisci?" continuó la donna bruna. Si tolse il laccio che teneva legati i suoi meravigliosi capelli mori e ondulati. Le caddero giù fino ai fianchi. Una cosa che la rallegrava, era che non avesse nemmeno un capello bianco. Nemmeno uno, nonostante le quattro decadi di vita.

Alice si morse l'interno delle guance. Cora riconobbe in quella smorfia un prossimo sbotto di rabbia. Che infatti arrivó.

"Insomma, sei stufa di me? Della vita che fai con me?! Questo vuoi dire?!" gridó la bionda.

"Piantala! Non fraintendere! Non ho detto questo!" rispose subito Cora. "Ti amo più della mia vita... ma ho bisogno anche di altro! Contatti umani, tornare a parlare con la gente, andare in una bottega a fare acquisti! Le cose normali, voglio dire."

"Normali?!" sbottó Alice. "Usi questa parola?! Quante volte siamo state definite anormali io e te? Quante volte, Cora, in quell'inutile paese ci hanno fatto sentire sporche e malate! E tu vuoi tornare lì?!"

"Siamo scappate!" rispose Cora. "É questa la verità. Come due vigliacche. Tu mi hai convinta ad andarmene."

Suonó come un'accusa, che parve colpire Alice con la stessa forza di un ceffone. Aprì la bocca incredula, senza tuttavia riuscire a replicare.

"Scusami." disse Cora, subito pentita.
Sapeva di averla ferita.

La sua compagna odiava ferocemente Midlothian, e non solo per l'episodio di Simon Cowell. Per i pettegolezzi, le occhiate di traverso dei cittadini, i risolini quando le due passeggiavano insieme. Per quel brutto atto di vandalismo ai danni di casa loro, quegli insulti scritti su uno dei muri.

E soprattutto... per Isadora Foley.

Alice detestava la più grande di quelle due dannate sorelle con tutta se stessa. Un odio che non aveva confini, perché era stata lei a diffondere maldicenze e insinuazioni su loro due. Era stata lei a sorprenderle mentre si stavano baciando dietro a un cespuglio, quando ancora non vivevano insieme e Alice aveva appena vent'anni. Entrambe stavano lentamente e dolcemente scoprendo la loro natura, erano i primi timidi approcci, le prime uscite clandestine, i primi incontri lontano da occhi indiscreti.

Ma quell'oca bionda, figlia di Norman Foley, le aveva scoperte, mentre a sua volta cercava un punto per appartarsi con un ragazzo. Isadora aveva tredici anni al tempo, ma già scodinzolava attorno ai maschietti della città come una gatta in calore. Precoce a dir poco.

E velenosa come una serpe, aveva raccontato in giro quello che aveva visto, prima a sua madre Jemma, e poi a tutte le comari di Midlothian. Da quel momento, era iniziato il loro calvario sociale.

Alice le aveva detto di detestare quella ragazza al punto che sarebbe stata capace di cavarle personalmente gli occhi. E lo avrebbe fatto, magari, se non ci fosse stata Cora a tenere a bada la sua furia vendicativa. Alice era esile e fragile, ma poteva tirar fuori un caratteraccio inaspettato, se provocata. Sembrava una farfalla che improvvisamente si trasformava in vespa, le aveva detto una volta, facendola ridere.

"Non so perché dici queste cose, ma ascoltami..." rispose Alice. "...ascoltami bene. Io non torneró mai a Midlothian. Mai. E se tu vorrai tornarci, io resteró qui. Sola, piuttosto. Ma non mi trascinerai mai più laggiù. Te lo giuro, Cora."

"Lo so." si arrese l'altra. "Ma potremmo considerare altre destinazioni. Una grande città, moderna. Minas Tirith, ad esempio. Due come noi, lì non verrebbero nemmeno notate. Ci sono migliaia di abitanti."

Alice alzó gli occhi al cielo. Deglutì di nuovo. "Io da qui non me ne vado. Non me ne vado da nessuna parte."

Cora decise di lasciar perdere per il momento. Convincere Alice a tornare alla civiltà sarebbe stara un'impresa durissima, ma ci avrebbe provato. Mica potevano invecchiare da sole, in un bosco. Presto o tardi avrebbero avuto bisogno di aiuto. Cosa sarebbe successo se una delle due si fosse gravemente malata, ad esempio? O se ci fosse stato un incindente? Chi avrebbe pensato all'altra? Inoltre, due donne sole in una zona isolata non erano certo al sicuro. C'erano briganti in giro. Ladri, gente senza scrupoli. Nulla era capitato in quegli otto anni ma ció non voleva dire che non sarebbe potuto succedere.

Rabbrividì all'idea.

"Va bene, tesoro. Basta, non parliamone più." disse Cora, avvicinandosi a lei e dandole una carezza. "Dai, torniamo in casa e prepariamoci un té. Vorrà dire che andró a Brea un altro giorno. Comunque, é già pomeriggio."

Alice tiró su col naso e annuì. "Non vuoi lasciarmi, vero?" mugoló.

"Amore, guardami." disse l'altra, sollevandole il mento con un dito. "Non ti lasceró mai. Te l'ho promesso, no? E l'ho detto anche a tua madre. Niente ci dividerà."

Alice chiuse gli occhi. "Sì...bene, perché se tu dovessi..."

Non finì la frase, perché il suono secco di un ramo spezzato fece sobbalzare entrambe. Si guardarono intorno spaventate.

"Oddio, cos'é?!" chiese Alice.

"Calma, sará un altro cerbiatto." provó a tranquillizzarla Cora.

La donna scrutó fra i tronchi d'albero e le parve di distinguere una forma. Una forma umana, e dalle proporzioni della sagoma, capì che era di sesso maschile. 
Subito l'istinto la mise sull'attenti.

Un uomo. Un uomo in una zona isolata con due donne sole. Pericolo.

"Svelta, va' in casa." comandó ad Alice. "Corri in casa e spranga la porta. Abbiamo un visitatore. Ci penso io."

"Non ti lascio sola." balbettó l'altra. Le sue pupille si erano allargate dal terrore.

"Ho detto...va' in casa. Magari é un contadino o un mendicante. Per favore. Alice!" insisté Cora.

Alice obbedì. Corse su per le scalinata di legno e chiuse sonoramente la porta. Poi si avvicinó a una finestra e spió fuori.

"Chi è là?!" urló Cora, cercando con lo sguardo un'arma. C'era un rastrello poggiato a una parete della casa, e una piccola ascia conficcata in un ciocco di legno, a due passi da lei. Si mosse lentamente verso quest'ultimo.

"Fermatevi, vengo in pace." disse una voce, e d'un tratto i cespugli si mossero.

Fece la sua comparsa un uomo alto, prestante, che poteva avere sui trentacinque anni. Dalla lunga spada portata a spalla, Cora capì che era un guerriero. Di nuovo l'istinto la mise in agitazione.

"Senti...non abbiamo niente qui. Che vuoi?" gli chiese, sforzandosi di non tremare.

"Niente di quello che pensate." rispose l'altro. Aveva la barba lunga e pareva stanco. "Sono in viaggio con quattro compagni. Due sono ragazze, sono nel bosco e stanno aspettando un mio segnale per venire avanti. Cerchiamo solo acqua fresca e un giaciglio per stanotte. Da tre giorni siamo partiti dalle paludi di Sachem, siamo diretti a Nord. É stagione di piogge e temo stanotte arriverà un altro acquazzone. Ci serve un riparo, anche una stalla va bene. Con umiltà chiediamo il vostro aiuto, mia signora."

Cora rifletté un attimo. Si giró a guardare verso Alice, che dall'interno della casa osservava la situazione, preoccupata.

"Ce ne andremo domattina. Lo prometto." continuó l'uomo. "Io mi chiamo Eradan. Onorato di conoscervi, signora."

 

   
 
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